10 Ottobre 2024
Interviste

Complottismi, il nuovo libro di Paolo Toselli

A inizio dicembre l’Editrice Bibliografica di Milano ha pubblicato Complottismi, il nuovo libro di Paolo Toselli, studioso da decenni di leggendario contemporaneo e ufologo di orientamento scientifico (è membro del Centro Italiano Studi Ufologici di Torino, il solo gruppo italiano che possieda un approccio critico alle testimonianze e ad altri racconti ufologici). Giuseppe Stilo lo ha intervistato per Query Online.

 

Spiegaci com’è fatto il tuo libro. Che cosa raccontano gli otto capitoli? Non dev’essere stato agevole scegliere che cosa privilegiare: il complottismo è un universo vastissimo, in perenne movimento. Ci è parso un testo molto denso, molto ricco di nomi, di titoli, di esempi.

Considerato lo spazio limitato che avevo a disposizione, il libro è un vero e proprio tascabile. Ho dovuto fare delle scelte, privilegiando alcune fra le teorie di complotto più diffuse o più discusse negli ultimi decenni. A parte un inquadramento storico dal Diciottesimo secolo – post-rivoluzione francese – che mi pare necessario per comprendere molte fra le successive e attuali credenze, ho preso in esame e ricostruito in modo specifico le tappe salienti del negazionismo degli sbarchi sulla Luna, del terrapiattismo, per passare poi alle scie chimiche (e lì c’è anche una mia esperienza personale con i terrapiattisti italiani!), il panico satanico degli anni Ottanta, gli alieni conquistatori, i sospetti attorno all’11 settembre, il Pizzagate, il movimento QAnon  (di QAnon Query Online si è occupato in modo approfondito qui, qui e qui), le teorie complottiste legate alle pandemie recenti sino a quella che stiamo tuttora vivendo. Insomma, un excursus su ideologie pericolose e tossiche o anche su semplici affermazioni stravaganti. Mi occupo però anche di alcuni personaggi chiave tra i cospirazionisti. In particolare, mi interessano lo statunitense Milton William Cooper e l’inglese David Icke, dei quali ho cercato di ricostruire con obiettività storia e pensiero. E poi ho usato analisi e considerazioni dei ricercatori recenti e più qualificati. Ho attinto alla letteratura accademica degli ultimi anni. Molto altro avrei voluto scrivere, ma l’equilibrio che ho cercato di raggiungere nel libro tutto sommato, alla fine, mi trova soddisfatto.

Paolo, tu sei il coordinatore di un’associazione, il CeRaVoLC, che dal 1990 si occupa soprattutto di leggendario contemporaneo. Dov’è che il complottismo si mescola e dove si diversifica dalle voci e dalle leggende metropolitane?

I due temi sovente si compenetrano: ci sono molte affinità ma anche alcune differenze. In entrambi i casi abbiamo a che fare con narrazioni che trovano la loro linfa vitale in situazioni ansiogene che portano all’incertezza per il domani, per i nostri cari, per la nostra stessa sopravvivenza. Le leggende metropolitane sono quelle storie strane, ma apparentemente credibili, che accadono di solito all’amico dell’amico e riflettono le nostre ansie e paure riguardo al contatto con culture diverse dalla nostra, oppure verso le nuove tecnologie, la criminalità diffusa, gli “altri mondi” in senso lato. Sono una specie di esorcismo e servono per calmierare le nostre inquietudini. Una teoria del complotto invece potremmo definirla una spiegazione di eventi o situazioni che attribuisce cause e responsabilità a una cospirazione ordita in segreto da forze potenti (i cospiratori, insomma) con l’intento di nuocere. Altri ricercatori preferiscono leggere le teorie del complotto come una costruzione collettiva di leggende che, attraverso interpretazioni e dialoghi, spiegano gli eventi stressanti che ci circondano. Davvero difficile, dunque, tracciare una linea di demarcazione, anche perché una leggenda metropolitana può alimentare una teoria del complotto o viceversa, così come accade per le voci infondate e per le fake news, cioè le informazioni fabbricate ad arte che imitano quelle reali e che contraddistinguono tanta parte del dibattito sociopolitico di questi anni.

Se tu dovessi dire a chi ci legge che cosa sta al cuore del pensiero complottista, quali ne sono i tratti ricorrenti, quelli che lo definiscono, che cosa ci suggeriresti?

Di solito ci troviamo di fronte a un’interpretazione della storia che afferma che niente è come sembra e che gli eventi non sono semplicemente accaduti per coincidenze, in modo più o meno casuale, ma che si sono realizzati esattamente in quel modo perché qualcuno con intenzioni malevole li aveva pianificati. Insomma, per il pensiero complottista tutto è connesso e tutto è spiegabile con estrema precisione. E poi c’è la forte sfiducia nelle istituzioni e nei media mainstream. Complottismo è anche l’atto di produrre un significato nel momento in cui la mente si rapporta a una realtà complessa. Alla radice della convinzione che l’omicidio di Kennedy e la morte di Lady Diana, oppure gli attentati dell’11 settembre, o anche la comparsa dell’AIDS e le varie pandemie, ma anche dietro i cieli imbrattati da misteriose scie c’è un piano ordito da qualcuno al fine di raggiungere un obiettivo scellerato. È la necessità di dare ordine, di riconoscere un’intenzione nelle cose del mondo, per quanto malvagia essa sia. E poi c’è la lotta classica tra il bene e il male, dove chi aderisce a una teoria del complotto è convinto di essere dalla parte dei buoni e di ergersi come un paladino contro il male, a volte letto come un male assoluto, un male metafisico, qualcosa di definitivo e di ultimo nell’ordine del mondo.

In quell’universo, ogni singolo individuo può sentirsi protagonista e chi non la pensa come lui, diventa nella migliore delle ipotesi un utile idiota, nella peggiore, parte del complotto. Ma la fallacia di questo pensiero del tipo o “tutto o niente” è evidente. È ingenuo dividere il mondo in bianco o nero, o in noi contro loro. I complottisti sembrano di solito mostrare grande difficoltà nell’accettare la complessità. D’altro canto, ho cercato anche di offrire spunti sul perché così tanti di noi sono attratti dalle teorie del complotto senza necessariamente dover per questo essere considerati dei fanatici o persone convinte di una visione del mondo del tutto alternativa alla realtà. Tutti noi, prima o poi, ci troviamo di fronte a ragionamenti supportati da alcune delle stranezze e delle debolezze intrinseche del nostro cervello, che attingono ai nostri più profondi desideri, paure e supposizioni. Ecco perché siamo un po’ tutti teorici della cospirazione, anche se alcuni lo nascondono meglio di altri…

Una parte non irrilevante del tuo lavoro discute del complottismo ufologico. Come me, tu ti interessi di ufologia da molto tempo. Oggi, secondo te, quanta parte dell’ufologia è diventata una corrente, o un aspetto particolare, dell’universo complottista?

Il mondo delle cospirazioni è collegato con la credenza negli UFO sin da quando si chiamavano dischi volanti. In pratica, fin dall’inizio fece la sua comparsa la convinzione che il governo degli Stati Uniti stesse deliberatamente sopprimendo le informazioni sulla realtà del fenomeno. Un’idea che ha continuato ad attrarre gli appassionati di UFO. Oggi, gli UFO, o meglio, gli alieni, sono parte integrante di un gran numero di teorie del complotto. Diverse fra loro. In questo senso, la svolta si è avuta all’inizio degli anni ’80, con la riscoperta della storia del disco volante precipitato nel 1947 a Roswell, New Mexico, e la comparsa di uno pseudo-documento (un falso acclarato) noto come “Majestic-12”, che affermava come il presidente Truman avesse istituito un gruppo segreto per occuparsi degli UFO precipitati e dei cadaveri di extraterrestri recuperati. Subito dopo, nel 1988, giunsero le affermazioni di individui come Bob Lazar sulle operazioni di retroingegneria nella mitica Area 51, sino al farlocco filmato dell’autopsia aliena, che fece clamore nel 1994-95. Al contempo, le credenze sull’avvento del Nuovo Ordine Mondiale e l’esistenza di un Governo Ombra si fondevano con le teorie cospirazioniste sugli UFO.

Tutto ciò senza dimenticare le tesi sugli “antichi astronauti”, popolari anche in ambienti New Age, e il letteralismo religioso, che ha preso così grande forza negli ultimi decenni sia in ambito cristiano, sia in altre religioni. Così è stato possibile a molti esponenti di punta del cospirazionismo moderno utilizzare gli alieni. Anzi, un professionista del complotto come David Icke li ha posti con la sua tesi rettiliana in cima alla piramide del comando. Malgrado queste teorie un tempo fossero imbarazzanti per la comunità UFO allora più mainstream, oggi in quell’ambito il pensiero complottista ha prevalso, e non solo negli Stati Uniti. Pressoché tutta l’ufologia gira intorno ad esso. Resto però convinto che si possa ancora fare ricerca ufologica mantenendo un sano e doveroso atteggiamento critico e perseguendo un approccio scientifico verso le testimonianze.

Non so se la domanda abbia un senso: se dovessi scegliere un complotto che ti piace, che ti affascina in modo particolare, a quale penseresti?

Quello del gruppo Birds aren’t real, ovvero “Gli uccelli non sono reali”. Secondo questa teoria tutti gli uccelli del pianeta sarebbero stati sterminati e sostituiti da droni-spia del governo per monitorare gli ignari cittadini. Si tratterebbe di un’operazione gestita alla CIA e cominciata negli anni Cinquanta del secolo scorso. Il creatore del movimento è Peter McIndoe, uno studente di letteratura e filosofia all’università di Memphis. La cosa è iniziata nel gennaio 2017, quando McIndoe si è fatto fotografare in una manifestazione con un cartello che incitava gli americani a svegliarsi perché gli uccelli erano un mito. L’idea ha iniziato a diffondersi sui social: McIndoe si è ritrovato con alcune centinaia di migliaia di followers e con branche locali del movimento in diversi Stati degli Usa.

Malgrado McIndoe abbia continuato a presentare la sua teoria in modo serio, come ha fatto di recente anche per Newsweek, in realtà lui stesso ha fatto capire con chiarezza che all’origine c’era la volontà di creare qualcosa “per fare satira in un periodo buio e di tensione nella cultura americana” e, come ha dichiarato al New York Times in dicembre, un vero e proprio esperimento sociale per la Generazione-Z. Malgrado questo intento per certi versi paradossale e giocoso, ancora la scorsa estate sono stati organizzati anche tour in diverse città americane destinati a “far conoscere la verità sugli uccelli”. E maglie, felpe, canotte con la scritta “Birds Aren’t Real. They’r Government Drones”, oltre a vari gadget sono venduti con buon successo su siti di e-commerce, anche su quelli italiani italiani.

Anche se la versione del complottismo del movimento anti-passerotti è divertente, tutto ciò ci ricorda che l’industria che si rivolge ai sostenitori delle teorie di complotto è sempre più fiorente (quello dei complottisti per certi versi si potrebbe definire un contesto nerd): un aspetto interessante e di rilievo, ancora non studiato in modo adeguato.

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