Il complotto di QAnon: perché funziona?
Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
Il mondo complottista di QAnon è talmente complicato che un piccolo indice del contenuto di questo articolo vi permetterà di passare rapidamente, scorrendo i capitoli, alle parti che più vi interessano. Lo abbiamo infatti organizzato in modo da poter leggere con relativa facilità sia l’insieme del testo, sia una o più parti, saltando da una all’altra.
Sommario
- Introduzione
- La gola profonda
- I bambini, qualcuno pensi ai bambini!
- Le radici di QAnon
- L’ottimismo è il profumo di QAnon
- Dove va uno, andiamo tutti: l’esercito dei trestellini
- QAnon il mutaforma
- I messaggi in codice del Patriota Q
- Un movimento consumatori sui generis
- QAnons e violenza
- In vista una condanna da parte del Congresso USA?
- La strategia del giro di vite
- QAnons e politica tradizionale
- Il complotto alla prova della pandemia
- QAnon come hub per le spiritualità alternative?
- E in Italia?
- Ultimissime incarnazioni del mutaforma
- Un equivalente del panico satanico degli anni ‘90?
Tanta roba, vero? Eppure, vi garantiamo, questa è solo una piccola parte di ciò che si sta muovendo in quell’incredibile universo.
Introduzione
È accaduto quello che pochi avrebbero ritenuto possibile: il complotto di QAnon, nato in sordina nell’autunno del 2017 in qualche oscuro angolino degli Stati Uniti, si è trasformato in un fenomeno sociale di portata internazionale. Un piccolo riassunto per chi non ne ha mai sentito parlare: lo prendiamo da Travis View, uno dei primi giornalisti americani ad aver riflettuto in modo serio su questo fenomeno:
QAnon si basa sull’idea che vi sia una congrega mondiale di pedofili satanisti che in sostanza governano il mondo e che controllano tutto… Controllano i politici, che a loro volta controllano i media. Controllano Hollywood e quest’ultima di fatto ne copre l’esistenza. Avrebbero continuato a dominare il mondo, se non fosse stato per l’elezione a presidente di Donald Trump. In questa teoria del complotto, Donald Trump sa tutto delle malefatte di queste congreghe malvagie. In pratica, una delle ragione per le quali Donald Trump è stato eletto è per farli smettere. Saremmo rimasti all’oscuro della battaglia che dietro le quinte Donald Trump e i militari stanno combattendo – tutti appoggiano o lui o la congrega del male – se non fosse stato per “Q”. In ultima analisi, “Q” è uno che ha fatto dei post su 4chan e che poi si è trasferito su 8chan: lui rivela i dettagli di questa battaglia segreta che si combatte dietro le quinte e anche i segreti su ciò che la congrega fa, e poi sui prossimi arresti di massa che ci saranno”.
Dite la verità: non avreste dato due lire a un’ipotesi di complotto così sgangherata. E invece questa idea è cresciuta, ha fatto proseliti, è esplosa nei meandri della destra americana e dei successori del tea party, vanta ora diversi sostenitori tra i candidati al Congresso e sta mettendo radici anche fuori dagli Stati Uniti.
Vale allora la pena chiedersi il perché di tanto successo, quali siano i suoi punti di forza e le novità rispetto ad altre teorie del complotto che sono rimaste confinate negli ambienti più estremi del cospirazionismo americano. Tutto sommato, credere che una congrega di pedofili satanisti domini il mondo non è tanto più strano di credere che i grandi della Terra siano, in realtà, alieni rettiloidi – sì, David Icke, parliamo di te. Eccovi qualche spunto e qualche ipotesi.
La gola profonda
QAnon è una “teoria” che nasce e cresce in rete, e se lo diciamo non è per trovare una conferma all’abusata citazione di Eco, ma perché senza il meccanismo del web 2.0 quel mondo non avrebbe potuto esistere. Partiamo dal nome. QAnon sta per “utente anonimo” (Anon) con un livello di autorizzazione Q (nella classificazione degli Stati Uniti, la più alta possibile, quella che permette di aver accesso alla documentazione più segreta nel Dipartimento dell’Energia USA). Con questo nickname, il 28 ottobre 2017, è apparso su 4chan (e poi su 8chan) il Patriota Q: un utente che, in una serie di messaggi, faceva le prime scottanti rivelazioni sulla pedofilia satanica dilagante e il ruolo di Donald Trump in tutta la faccenda.
Nessuna novità: siamo alla figura del rivelatore di segreti indicibili, dell’insider che ha cambiato idea su ciò che è bene e ciò che è male, alla figura del funzionario pubblico disgustato dall’aver scoperto l’orribile verità.
Quello su cui vale la pena di focalizzarsi, però, è il luogo di questa prima apparizione: 4chan e 8chan sono tra le piattaforme della rete più liquide e sfuggenti: si tratta infatti delle maggiori imageboard del mondo. Le imageboard sono siti ottimizzati per la pubblicazione di immagini, nate inizialmente per occuparsi di anime giapponesi. Sono luoghi virtuali che incoraggiano l’anonimato, perché vi si accede usando un sistema detto di secure tripcode. È quindi impossibile ricostruire chi possa esserci dietro a questa prima, sfuggente, gola profonda: c’è chi ha ipotizzato fosse un troll che voleva prendersi gioco dei repubblicani americani, chi agenti di disinformazione russa, chi ha tirato in campo un possibile esperimento sociale (in Italia il collettivo Wu Ming ha ipotizzato di esserne stato l’ispiratore, attraverso il suo bestseller Q. Il che sarebbe un bel paradosso: il maggior movimento di destra degli ultimi anni ispirato da attivisti di sinistra!)
Eppure, progetti come Wikileaks hanno ribadito al mondo del XXI secolo che è davvero possibile che qualcuno divulghi al “popolo” informazioni top secret o almeno riservate. Questa è forse la prima ragione del successo di QAnon: al netto dei dettagli più estremi, l’idea di fondo è plausibile.
I bambini, qualcuno pensi ai bambini!
Entriamo, allora, nel merito. QAnon è un’area cospirazionista ossessionata da cose diverse fra loro, ma, come avviene da millenni, la minaccia centrale che preoccupa i suoi aderenti è quella che sarebbe rivolta ai bambini. In sostanza, queste paure mettono insieme e miscelano alcuni elementi:
1) l’orrore per la pedofilia;
2) la convinzione fondamentalista che in giro, nel segreto, esista un gran numero di satanisti perversi, crudeli, dotati di mezzi messi al loro servizio da una medicina corrotta e agli ordini dei dominatori del mondo (il Deep State, una sorta di governo parallelo a quello legittimo ma che agisce nell’ombra);
3) la più profonda disistima per vertici e i militanti del partito democratico americano e per le opinioni liberal;
4) l’antica attrazione/repulsione per i vip del cinema hollywoodiano, in cui sovente i QAnons vedono sommarsi le mostruosità che abbiamo riassunto nei punti da 1 a 3.
Questi pedofili-satanisti-democratici, guidati da Hilary Clinton, rapiscono bambini americani e di altri Paesi rinchiudendoli in prigioni segrete (spesso sotterranee), dove i satanisti li torturano per ottenere adrenocromo. Questa sostanza, di cui i membri delle élites sarebbero avidissimi, è un prodotto dell’ossidazione dell’adrenalina. Sotto stress, in effetti, le ghiandole surrenali producono minuscole quantità di adrenocromo. Ora, i satanisti denunciati da QAnon cosa farebbero? Sarebbero in grado di mettere in atto torture talmente sofisticate da far sì che, prima di morire, i poveri bimbi producano tantissimo adrenocromo. E cosa ci farebbero i vip con queste vagonate e vagonate di adrenocromo? Ovvio, se lo inietterebbero stile botox allo scopo di ritardare l’invecchiamento, oppure (versione alternativa) lo userebbero come droga, per spassarsela alle spalle degli innocenti.
La cosa interessante è che le credenze dei QAnons sull’adrenocromo hanno un’origine sostanzialmente letteraria. Sebbene sia vero che ai primi degli anni ‘50 del secolo scorso alcuni medici avevano ipotizzato l’esistenza di un rapporto genetico fra adrenocromo e schizofrenia, non vi è alcuna prova che, in qualche forma, l’adrenocromo possa essere utilizzato come sostanza psicoattiva. Men che meno a rimanere giovani per sempre.
La cosa però giunse ai media del tempo e passò alla letteratura della beat generation e delle esperienze psichedeliche. L’adrenocromo come stupefacente dalle enormi possibilità è menzionato già nel 1954 tra le pagine di Le porte della percezione di Aldous Huxley. Compare in Arancia meccanica, il racconto del 1964 di Anthony Burgess da cui deriva il film di Kubrick, mentre, in tempi più recenti, è Benicio del Toro che si è visto offrire una minuscola quantità di adrenocromo in Paura e delirio a Las Vegas, film del 1998.
Apprezzate l’ironia della cosa: una lontana ricerca rimasta senza gran seguito, frutto di alcuni neurochimici quasi settant’anni fa, passa alla controcultura beat (essenzialmente di sinistra), poi alla cultura di massa, e, infine, arriva al mondo del cospirazionismo alt-right. Una strada tortuosa, per una credenza pseudoscientifica.
Al di là della storia dell’adrenocromo, però, rimane il fatto che il mondo QAnon ha scelto bersagli “semplici”, che potessero essere individuati da un gran numero di persone. L’obiettivo principale è la pedofilia: e chi può dire di non essere contro la pedofilia? Poi c’è la lotta al satanismo, uno spauracchio estremamente diffuso nel mondo cristiano fondamentalista tra cui QAnon fa proseliti. Infine, il sospetto nei confronti dei democratici e dei vip di Hollywood: idee già diffuse ben prima del 2017 nella destra repubblicana e nel popolo del tea party. Insomma, QAnon funziona perché si fonda su valori già estremamente diffusi e condivisi, almeno nel suo target di riferimento.
Le radici di QAnon
Oltre che su valori ideologici condivisi, QAnon si basa anche su narrative già viste e sentite. L’antecedente più palese è quello del Pizzagate: nel 2016, nel pieno scontro per le elezioni presidenziali americane, si diffuse l’idea secondo la quale una pizzeria di Washington (la Comet Ping Pong) fosse in realtà un covo di satanisti pedofili gestito dal partito democratico. L’idea nasceva dalla pubblicazione su Wikileaks delle e-mail private di John Podesta, che all’epoca gestiva la campagna elettorale di Hillary Clinton. In queste missive si parlava genericamente di una cena di raccolta fondi, ma alcune abbreviazioni vennero interpretate come parole in codice per il traffico di bambini (ad esempio CP, per cheese pizza, fu letta come child pornography).
L’idea che il nemico di turno sia depravato al punto da torturare, violentare, mangiare, bere il sangue di creature innocenti è, comunque, un’idea che arriva da lontano. Come ha spiegato in questo video Massimo Polidoro, si tratta dell’antichissima idea dei “rituali notturni” in cui verrebbero compiute le peggiori nefandezze, studiati dall’antropologo Norman Cohn. Una volta questo genere di accuse sarebbero state rivolte agli ebrei, additati come mostri in grado di far scempio dei bambini cristiani nella lunga storia dell’accusa del sangue (ma le stesse dicerie erano ricadute anche sui cristiani del primo secolo, e poi sulle streghe, gli eretici, i protestanti). La moderna accusa dell’adrenocromo, tutto sommato, non è poi molto distante.
In altri termini, QAnon funziona anche perché sfrutta narrazioni che hanno già dimostrato nei secoli di funzionare, risvegliando le nostre paure più profonde e il nostro senso di protezione per i più piccoli e coagulando la rabbia contro un nemico visibile, concreto, facilmente identificabile.
L’ottimismo è il profumo di QAnon
Esiste, poi, un’altra caratteristica di QAnon che la rende in qualche modo diversa dalle teorie del complotto più tradizionali: è, tutto sommato, una teoria ottimista.
Se in genere le cospirazioni hanno come antagonista il potere – sia esso il governo, la lobby dai mille tentacoli o la grande azienda – la lotta ai pedosatanisti di QAnon ha invece un alleato (anzi, un commander in chief) potentissimo: il presidente degli Stati Uniti d’America. Perché sì, il mondo sarà un posto spaventoso e pieno di abusatori di bambini, ma esistono anche un sacco di persone coraggiose che gli si oppongono, conducono una lotta segreta, e sono destinate ad uno scontro finale dove il bene prevarrà. Non c’è spazio per il pessimismo in questa visione. Non praevalebunt. Come il Vangelo di Matteo fa dire a Gesù, le porte degli inferi non prevarranno sui credenti.
QAnon presenta, nelle sue diverse incarnazioni, temi chiaramente apocalittici: qualcosa che, tutto sommato, risuona bene con la mentalità religiosa a cui molti QAnons fanno riferimento. C’è qualcosa da aspettare, siamo entrati nel Great Awakening, il Grande Risveglio tipico della storia del Protestantesimo americano che annuncia i tempi ultimi, il grande scontro finale in cui tutti i nodi verranno al pettine e i satanisti (Obama, i Clinton, i vip di Hollywood, artisti come Marina Abramović, ecc) faranno la fine che meritano insieme al loro principe. Nessuno, tra i seguaci del movimento, dubita anche solo per un secondo che saranno gli altri a perdere. Come dice uno dei motti del movimento: Trust the plan, fidati del piano.
Un ricercatore che lavora presso la Concordia University, Marc-André Argentino, in un suo studio osservativo di alcuni gruppi QAnon ha teorizzato che alcuni fra questi abbiano ormai assunto, muovendo dall’ambito dell’evangelicalismo neo-protestante, l’aspetto, la struttura e la forma di nuove chiese – veri e propri culti QAnon comprensivi di pastori e di altri ministeri. Ne è un esempio l’Omega Kingdom Ministry, che ha la sua sede centrale nell’Indiana. In questo senso, argomenta Argentino, sotto il profilo religioso alcuni segmenti dell’universo QAnon non trovano ormai collocazione nemmeno nel mondo sempre in trasformazione dell’evangelicalismo degli ultimi decenni. Potrebbero addirittura giungere a costituirne un ulteriore, futuro offspring.
Dove va uno, andiamo tutti: l’esercito dei trestellini
Chi ha frequentato un po’ le pagine social legate a QAnon, si sarà accorto che molti utenti hanno, accanto al nickname, un’icona composta da tre stelline. Che cosa significano? Tutto nasce negli Stati Uniti, e senza un esplicito legame con QAnon. Agli inizi, nel 2018, era un modo per mostrare solidarietà al generale Michael Flynn, per brevissimo tempo consigliere per la sicurezza nazionale ed ex-direttore della DIA, accusato di aver mentito sui suoi contatti con l’ambasciatore russo a Washington. Flynn è un generale “a tre stelle” (ossia un tenente generale, che in Italia corrisponde a un generale di corpo d’armata), e quindi, per indicare che lo si sosteneva, le si aggiungeva sul profilo. Più di recente, Flynn ha dichiarato di credere a varie idee cospirazionistiche promosse anche da QAnon finché, il 4 luglio scorso, ha diffuso un video in cui faceva un giuramento che riprendeva, se non alla lettera nella sostanza, un appello a promettere di diventare digital soldiers diffuso da un QAnon poco tempo prima. I digital soldiers sono coloro che si impegnano a essere presenti nel prossimo conflitto apocalittico che si delinea, e che hanno il compito di spianare la strada (denunciando il Deep State, identificando i pedofili coinvolti nel grande complotto, ecc).
Allo stesso modo, tra i QAnons è molto frequente l’uso dello slogan WWG1WGA, aggiunto in coda ai propri messaggi o ostentato in altri modi. L’acronimo sta per Where we go one, we go all, che è un po’ come dire: dove va uno, andiamo tutti (o anche: tutti per uno, uno per tutti). La citazione è, già di per sé, una piccola fake news: pur essendo attribuita dai QAnons a John Kennedy, proviene invece da un film del 1996 di Ridley Scott (White Squall). Ma rende benissimo l’idea di uno dei capisaldi di questo movimento: QAnon è un qualcosa che più collettivo non si può. I suoi sostenitori usano acronimi e simboli per riconoscersi tra loro, impiegano un gergo che si è sviluppato in brevissimo tempo (i post del Patriota Q sono breadcrumbs, le briciole di pane; chi cerca di interpretarle è un baker, un panettiere; white hat e black hat sono i sostenitori o gli oppositori del movimento; la congrega dei pedosatanisti è Cabal, la Cabala; i riferimenti al “coniglio bianco” di Matrix si sprecano, ecc). QAnon ha successo anche per questo: permette ai suoi membri di non sentirsi soli, di far parte di un gruppo. Se in molti casi il complottista classico tendeva a sentirsi “solo contro il sistema”, quello di QAnon si trova invece a far parte di una famiglia, di un movimento che condivide valori, obiettivi, perfino un linguaggio speciale, iniziatico, ma che tutti, volendo, possono usare.
QAnon il mutaforma
Ma – ci si può chiedere – cosa fa in concreto un seguace di QAnon? Si informa. Legge le notizie o le pseudo-notizie, le interpreta, cerca di inquadrarle nel grande scontro occulto a cui tutto fa capo. È questo, probabilmente, uno dei punti di forza del movimento, quello più innovativo.
QAnon non è una teoria del complotto, è un contenitore. Un paio di occhiali nuovi (o venduti come tali) attraverso cui leggere la realtà, un po’ come quelli del film Essi vivono, di John Carpenter. Facciamo un esempio. Un’esplosione devastante spazza via il porto di Beirut? Ok, deve esserci un senso a questa cosa (del complottismo classico QAnon ha forse mantenuto l’idea che tutto c’entri con tutto, che ogni cosa debba trovare una ragione, e che più un’idea pretende di spiegare, e meglio è). Forse attraverso quel porto passavano i containers dove venivano tenuti i piccoli schiavi dell’adrenocromo. E allora, chi potrebbe aver fatto saltare il banco? I “buoni”, per dare un colpo mortale al traffico di esseri umani? I “cattivi”, per cancellare le tracce dei loro orrendi crimini? Per dare un senso, i QAnons vanno in cerca di collegamenti, di segni, per capire meglio come si incastra quel piccolo tassello nel puzzle globale. Cercano le tracce di vecchie indagini di polizia al porto di Beirut, i nomi dei dirigenti, scavano nelle loro vite, spulciano i loro social per capire se per caso non sembrino un po’ troppo giovani rispetto alla loro vera età. E poi individuano i loro legami con i gruppi politici, le organizzazioni che si occupano di bambini, con altre persone il cui ruolo nel quadro complessivo è già stato scoperto.
Si tratta di un’operazione, a ben guardarla, estremamente moderna, che ricorda il fenomeno degli ARG (Alternative Reality Games) e le indagini collettive condotte su Reddit. Qualcosa che non si sarebbe potuta fare fino a pochi anni fa: l’estrema proliferazione dei siti di notizie, social, video di informazione l’ha resa possibile.
A tutto questo il popolo di QAnon attinge, e lo fa collettivamente. Se il mondo del complottismo “classico” era fatto di persone che scrivevano libri e proponevano una teoria (a cui il semplice cittadino, bene o male, poteva aderire o no), QAnon è qualcosa di estremamente diverso. Ognuno può contribuire, portare qualcosa di suo per far crescere la teoria. Chi individua una connessione, qualcosa che potrebbe dare un senso a una notizia di cronaca locale, può proporla agli altri: se piace, se sembra spiegare qualcosa in più, troverà seguito e, in questo modo, contribuendo a risvegliare altri, avrà dato il suo contributo. QAnon funziona perché è un mutaforma, una “teoria” in movimento costante, che si evolve includendo un numero sempre maggiore di elementi. Ma è anche, in un certo senso, un esempio di democratizzazione del complottismo, qualcosa che mette tutti sullo stesso piano.
È proprio questa la caratteristica che, per molti, può essere quella più appagante: fornisce il senso della possibilità della conquista del potere. Un attivista può giungere a dedicare parecchie ore della giornata a un lavoro di analisi online e continua di voci, di segnali impercettibili delle attività dei malvagi, di messaggi crittografati, stringendo legami con altri QAnons – anche loro impegnati nella lotta del bene sul male e nella difesa dei bambini dai satanisti. Se volete fare un viaggio nella vertigine, provate a consultare le mappe di QAnon in rete create da un artista ed esperto di grafica, l’americano Dylan L. Monroe. Non stupisce, quindi, che alcuni familiari di attivisti considerino il movimento una setta e si lamentino di aver perso i loro cari in QAnon.
Piccolo corollario: è molto difficile ricostruire quale sia il canone di QAnon. Paradossalmente, un movimento che ha quel nome, il canone stabilito non lo ha. Al di là di alcuni presupposti centrali (l’esistenza di un Deep State che minaccia i bambini, la lotta di Trump ai pedosatanisti democratici), le idee che finiscono nel contenitore di QAnon possono essere le più svariate. Non tutte quelle proposte trovano largo seguito: alcune “strade” vengono seguite e poi abbandonate, altre vengono sostenute solo da una piccola nicchia di attivisti. Non importa. I proponenti sono diversissimi fra loro, e dunque la coerenza interna, il principio di non-contraddizione non sono sempre rispettati. All’interno di questo mare magnum, ogni sostenitore può scegliersi le parti che più lo convincono e rigettare le altre (il che, detto per inciso, significa pure che gli articoli che recano titoli come “QAnon è una nuova teoria del complotto” o “QAnon sostiene che…” sono, spesso, frutto di semplificazioni giornalistiche). QAnon non è così.
I messaggi in codice del Patriota Q
Secondo una valutazione fatta a fine agosto dal sito americano Politifact (espressione del “Poynter Institute”, che si occupa di studi dei media), il “Patriota Q” finora ha pubblicato più di 4.600 messaggi, immagini e “messaggi in codice” su 4chan e 8chan.
I suoi seguaci si sono dati da fare per carpirne i significati reconditi. Gli ammonimenti da “ultimo giorno” di stile apocalittico sono i più ricorrenti, come del resto avviene spesso nella retorica QAnon.
Una parola rapida sui messaggi che richiederebbero una decrittazione: un information analyst americano, Mark Burnett, ha generato delle heatmap di una tastiera Qwerty, scoprendo che questi “codici” non sono altro che caratteri battuti a caso, ma non sino al punto da non rispettare le inclinazioni e la manualità di coloro che li hanno creati (ad esempio, il fatto di tenere la mano sul tastierino numerico alternandone la digitazione della parte superiore e di quella inferiore). In altri termini: in molti codici QAnon non ci sarebbe nulla da scoprire, sarebbero il semplice gioco di un troll con molto tempo da perdere. Prendiamo quest’analisi un po’ con le pinze, non sapendo quanto sia affidabile il metodo usato. Ma, se così fosse, il sistema sarebbe molto conveniente per QAnon: la ricerca della decifrazione da parte dei seguaci può continuare all’infinito.
Un movimento consumatori sui generis
Veniamo a un’altra caratteristica che sembra aver decretato il successo di QAnon: a differenza di altre teorie del complotto più tradizionali, QAnon non genera passività, ma iper-attivismo. Cosa potete fare contro i rettiliani che governano segretamente la terra, contro gli ebrei che hanno creato la finanza globale per sottometterci, contro il governo americano che ha ucciso i suoi stessi cittadini nel complotto dell’11 settembre? Poco o nulla, al massimo potete odiarli, potete sapere come stanno le cose – ma, diciamocelo, del vostro odio rischia di non importare a nessuno. Cosa potete fare invece, nel 2020, per aiutare i bambini e sgominare i pedosatanisti occulti? Molto, moltissimo.
Prendiamo tre episodi concreti: lo scandalo Wayfair, la bambola Poppy e il caso Pizza Girl.
Nel primo caso, i sospetti di pedofilia hanno coinvolto Wayfair, una piattaforma di shopping online specializzata in mobili. A inizio luglio, alcuni utenti si sono accorti che diversi prodotti in vendita presentavano prezzi altissimi, dell’ordine di 10-15.000 dollari per un armadio (un errore informatico, secondo l’azienda). Indizio ulteriore di qualcosa di misterioso: i mobili Wayfair, come avviene per le librerie Ikea, sono identificati con nomi di persone. Su Reddit, è stata dunque avanzata l’ipotesi che si trattasse in realtà di una copertura per il traffico di bambini: l’armadio sarebbe stato spedito a casa dell’acquirente con la piccola vittima imprigionata al suo interno. Lo “scandalo” è stato cavalcato dai QAnons, che si sono messi in cerca di “prove”, scoprendo ad esempio che alcuni di quegli armadi avevano lo stesso nome di persone scomparse (una coincidenza, visto che in realtà alcuni degli “scomparsi” individuati erano persone di cui si conosceva benissimo la sorte), oppure indagando sul fondatore di Wayfair, Niraj Shah (che è membro di una fondazione che si occupa di bambini). Richieste e segnalazioni alle forze dell’ordine sono state talmente tante che l’FBI ha aperto un’indagine.
Passiamo al secondo caso, quello della bambola Poppy. Poppy è una dei protagonisti del cartone animato Trolls World Tour, uscito quest’anno. Come sempre accade in queste occasioni, al film è legato un ricco merchandising che comprende una serie di bamboline prodotte dalla Hasbro. Intorno al 5 agosto, un video virale ha accusato uno di questi giocattoli di essere in realtà un mezzo oscuro per la promozione e la normalizzazione della pedofilia. Poppy ha infatti un pulsante, posizionato tra le gambe, che fa emettere alla bambola – citiamo dal video in discorso – “risate inquietanti”.
Difficile credere fossero queste le intenzioni dell’azienda produttrice (è abbastanza evidente che il bottone è in realtà un sensore che si attiva mettendo il personaggio seduto), la circostanza, però, ha generato proteste e accuse verso la Hasbro, accusata di essere coinvolta in un traffico di pedofili, subito ripresa e commentata sulle pagine social e sui canali legati a QAnon. In seguito a una petizione con circa 250.000 firme su Change.org, l’azienda ha annunciato che avrebbe ritirato la bambola dal commercio.
Terzo caso: il Pizza Girl di Parigi, piccolo negozietto specializzato in pizza da asporto che a fine agosto ha cominciato a essere bombardato da messaggi di odio postati sulle sue pagine social. Tutto è nato, probabilmente, dal nome (scelta di marketing del fondatore, Bernard Teuboul, che nel 1992 si era affidato a un’agenzia di comunicazione per lanciare l’attività); ma anche dei nomi delle pizze, che sono “a tema”: nel locale si può infatti ordinare una “norvégienne girl” (al salmone), una “French girl” (alla senape), o una “mexicaine girl” (con chili)… Ovviamente si tratta solo di variazioni del menu: nessuno fino a quel momento aveva mai pensato che si potessero veramente ordinare… ragazze norvegesi o messicane. Il complottismo QAnon ha però reso l’ipotesi credibile per alcune persone, che hanno ulteriormente speculato sull’origine del proprietario (libanese) e sul logo (un simbolo a spirale che dovrebbe ricordare una pizza, ma che secondo più di utente sarebbe stato un ovvio richiamo al satanismo).
Queste sono, in sintesi, le azioni che QAnon stimola tra i suoi sostenitori: segnalazioni alle autorità di traffici “sospetti”, richieste di messa al bando di giocattoli pericolosi, messaggi sui social per mettere sotto i riflettori un possibile “covo” dei trafficanti… In questo, utilizzano strumenti già collaudati come la raccolta firme, il boicottaggio o le condivisioni sui social per dar forza alle loro campagne, l’uso massiccio di hashtag come #SaveTheChildren per rendere più visibile il tema. E hanno dimostrato di poter raggiungere una massa critica di persone in grado di far aprire un’indagine ufficiale o di cambiare i piani di una grande azienda. Per chi si trova ingiustamente accusato di pedofilia, tutto questo può trasformarsi in un incubo.
QAnons e violenza
L’altra faccia della medaglia di questo iper-attivismo è che i QAnons possono giungere a compiere azioni estreme. Dopo tutto, è in gioco la vita dei bambini. Cosa sareste disposti a fare per salvarli?
Ad agosto, una QAnon texana è arrivata a speronare con la sua auto due vetture nelle quali era convinta (anche per effetto dell’ubriachezza) fossero annidati pedofili satanisti che avevano appena rapito una ragazza. Qualche giorno dopo, è stata arrestata una donna del Colorado sostenitrice di QAnon: secondo le accuse dei giudici, intendeva rapire con l’aiuto di altri attivisti la figlia, sottraendola alla coppia cui era stata affidata da un tribunale.
A giugno, un uomo del Massachusetts con una storia di problemi psichiatrici ha portato via con l’auto la moglie e i cinque figli minorenni: sosteneva che volevano togliergleli, che la Polizia intendeva rapirli o ucciderli. Invocava “un miracolo” da Trump e la protezione di QAnon, interpellato come un’entità quasi soprannaturale. Alla fine di un lungo inseguimento gli agenti sono riusciti a raggiungerlo e a bloccarlo.
Tre episodi più gravi sono stati, in precedenza l’uccisione da parte di un QAnon di un membro della famiglia mafiosa Gambino di New York. L’assassino era convinto che il gruppo criminale minacciasse il presidente Trump. Ad aprile, è stata arrestata un’altra QAnon che presentava comportamenti psicopatologici e che, armata di una dozzina di coltelli, trasmetteva in streaming il suo viaggio verso New York. Qui – diceva – aveva intenzione di uccidere Joe Biden, nel frattempo divenuto il candidato dem alla Casa Bianca. L’FBI sta invece ancora indagando su un incidente avvenuto ad aprile, quando al porto di Los Angeles un uomo ha fatto deragliare un treno con l’intenzione di farlo andare addosso a una nave ospedale ormeggiata, la Mercy, sulla quale – a suo dire – avvenivano attività sospette. Ma questi sono solo alcuni degli episodi più estremi.
L’FBI, in generale, ha preso molto sul serio la minaccia di QAnon, etichettandola fin dal maggio 2019 come una possibile fonte di attività terroristiche interne.
In vista una condanna da parte del Congresso USA?
Forse proprio per questi episodi non proprio edificanti, alcuni politici hanno avanzato proposte per una condanna politica di tipo generale.
Il 25 agosto, agendo in maniera bipartisan, i deputati Tom Malinowski (repubblicano) e Denver Riggleman (democratico) hanno presentato alla Camera dei rappresentanti una proposta di risoluzione chiede ai membri della Camera di votarla, per
[…] respingere questo culto pericoloso, antisemita e suscitatore di paure cospirazioniste, che secondo l’FBI sta radicalizzando gli americani spingendoli alla violenza.
Il testo, la cui versione completa potete leggere qui, si concentra su un altro punto: in America QAnon non è più una credenza marginale, ma un movimento di tipo religioso in via di espansione, che, usando un linguaggio violentissimo e, a volte, spingendo alcuni suoi sostenitori ad atti violenti, sta inglobando ogni teoria cospirazionista degli ultimi decenni in un nuovo quadro – incluse quelle sulle visite degli UFO alieni alla Terra, quelle sull’assassinio Kennedy, e così via.
La strategia del giro di vite
Chi ha preso la minaccia QAnon dannatamente sul serio è, per ora, il mondo delle piattaforme social.
Il 5 maggio, ad esempio, Facebook ha messo in atto una limitata rimozione di gruppi e pagine legate al complotto. Il 21 luglio Twitter ha rimosso invece oltre 7000 account limitandone altri 150.000, e in seguito ha ulteriormente inasprito la sua azione. Il 7 agosto, anche Facebook ha preso un’iniziativa radicale, chiudendo il gruppo Official Q/Qanon, che contava quasi duecentomila iscritti. La motivazione è netta ed esplicita: il linguaggio altamente violento che questi gruppi veicolano potrebbe provocare danni, e non solo nel contesto digitale. Non tutti, comunque, sono d’accordo sull’efficacia di queste iniziative. Potrebbero essere controproducenti, far acquisire ai QAnons l’aureola dei perseguitati e, forse anche peggio, indurli a una maggior riservatezza comunicativa e ad adottare strategie più sofisticate, più rischiose e difficili da affrontare. Nei giorni immediatamente successivi al ban di Twitter, Audrey Courtey, PhD presso la Griffith University, faceva notare su The Conversation che alcuni utenti avevano semplicemente cominciato a usare su Twitter parole in codice come 17 (Q è la diciassettesima lettera dell’alfabeto) e CueAnon per aggirare i problemi con la piattaforma.
In vista delle elezioni presidenziali americane di novembre, poi, è stato fatto notare che per le imprese Big Tech potrebbe porsi un dilemma ancora più grave. Se qualche candidato filo-QAnon fosse eletto al Congresso, come utente social gli sarà applicata la stessa politica restrittiva usata per i “normali” utenti e per loro gruppi? I gestori dei grandi social saranno restii a farlo? Oppure si presenterà un problema ancora più radicale, cioè quello dell’eventuale limitazione del diritto di espressione di rappresentanti eletti dal popolo alla Camera dei rappresentanti o al Senato? Non si tratta di un ragionamento solo scolastico: in un collegio elettorale della Georgia ritenuto “sicuro” per i repubblicani ha vinto la nomination Marjorie Taylor Greene, un’aperta sostenitrice delle convinzioni QAnon.
Brian Friedberg, che è senior researcher del progetto di studio sui cambiamenti sociali e tecnici presso l’Harvard Shorenstein Center, teme un rischio ancora più preciso, e lo ha detto a The Guardian. Visto che i QAnons credono che i media di orientamento liberal facciano parte del complotto, una censura su vasta scala in prossimità delle elezioni di novembre potrebbe influire significativamente sui votanti.
In questo caso, paventa Friedberg, le argomentazioni dei media “progressisti” sulla necessità di azioni di questo genere servirebbero a poco. A suo avviso, per dare una mano a spezzare il meccanismo che rafforza i QAnons nelle loro credenze, sarebbe necessaria una forte azione da parte dei canali di comunicazione e di figure di riferimento che queste persone – in gran parte di età matura, bianche, eticamente conservatrici e membri di chiese evangelicali – percepiscono come attendibili e fidate. L’indicazione sembra interessante, alla luce di alcuni segnali degli ultimi giorni. Diversi leaders di area protestante conservatrice hanno preso le distanze anche con veemenza dal cospirazionismo (qualche pastore ha parlato addirittura di QAnon come di un culto satanico). Segnaliamo per tutti Albert Mohler Jr, preside di una delle maggiori facoltà teologiche protestanti evangelicali degli USA, il Southern Baptist Theological Seminary.
Proprio di recente, infine, si è manifestata una reazione decisa da parte di media mainstream che i QAnons identificano come loro super-nemici, quelli del gruppo Bloomberg (proprietà di un ebreo, newyorkese e democratico, una triade a dir poco sospetta per i complottisti…). Giornalisti di Bloomberg hanno identificato in un uomo qualunque del New Jersey il gestore di un grande aggregatore di messaggi e fake news in stile QAnon, che era anche uno dei principali archivi di post dal quale, in tutto il mondo, attingevano i seguaci del movimento. Raggiunto dai giornalisti, l’uomo si è rifiutato di confermare l’asserzione secondo la quale era lui il responsabile principale dell’aggregatore. Però, poco dopo aver descritto QAnon “un movimento patriottico”, sta di fatto che lui stesso ha pensato bene di chiudere il sito.
QAnons e politica tradizionale
In tutto questo ci si potrebbe chiedere: ma Donald Trump cosa ne pensa di questa storia? L’atteggiamento finora tenuto è abbastanza ambiguo: il presidente non si sbilancia, tace, ma intanto strizza l’occhio ai suoi sostenitori. L’account twitter di Trump ha ritwittato in più occasioni messaggi di profili coinvolti in QAnon – lo ha fatto, secondo un’analisi di Media Matters, circa 200 volte. Ma quasi sempre si trattava messaggi generici, di ringraziamento per il sostegno alla sua politica e di demonizzazione degli avversari. Mai qualcosa che riguardasse un’adesione alle idee più estreme, quelle sui bambini rapiti e torturati. Interrogato esplicitamente in merito, Trump ha dichiarato:
Non so molto di questo movimento […] ma capisco che mi amano molto, e lo apprezzo. Ho sentito che sta guadagnando in popolarità e che questa gente ama il proprio Paese. […] Se posso aiutare a salvare il mondo, sono disposto a farlo.
Insomma, un generale apprezzamento per persone che, comunque, sono suoi sostenitori – ed elettori a novembre prossimo, ma non molto di più.
Diverso è il discorso per alcuni dei candidati al Congresso degli Stati Uniti: almeno sei fra quelli scelti dal partito repubblicano si sono detti in qualche misura seguaci delle idee QAnon.
Il complotto alla prova della pandemia
Ormai paiono esserci pochi dubbi: le tensioni sociali indotte dalla pandemia hanno fruttato moltissimo ai cospirazionisti in generale e al movimento QAnon in particolare. L’11 agosto il quotidiano inglese The Guardian, impegnato nella lotta alla cattiva informazione e alla pseudoscienze, ha fatto il punto sulla crescente presenza dei gruppi QAnon su Facebook e Instagram, censendo più di 170 gruppi, pagine e account per un totale di 4,5 milioni di utenti. A giugno erano poco più di cento (il gruppo più grande, su Facebook, con 150mila iscritti), per un totale di oltre 3 milioni. In meno di due mesi, una crescita del 34% degli iscritti, col gruppo più ampio passato a oltre 200.000 iscritti!
Dunque, i gruppi come hanno interpretato la pandemia i gruppi QAnon? Come abbiamo visto una risposta univoca non è possibile, ma alcune tendenze generali sono riconoscibili: un forte sostegno alla gestione della crisi da parte di Trump, la ripresa di teorie che vorrebbero il virus creato artificialmente o “sopravvalutato” dai media per affossare l’economia e mettere in difficoltà la Casa Bianca, il rifiuto di qualsiasi obbligo delle mascherine.
In merito a quest’ultimo punto, hanno trovato un certo seguito immagini e post che legavano l’uso di mascherine alla possibilità di rapire più facilmente i bambini nei centri commerciali. Un meme diffuso raffigurava una persona con occhiali scuri e mascherina, perciò dall’identità difficilmente determinabile, accompagnato dalla scritta:
Questo è ciò che sta sta vedendo la telecamera di un Walmart mentre i tuoi figli vengono rapiti, proprio in questo momento.
In un altro, una bambina reggeva un cartello con scritto:
Un bambino in America ha 66.668 volte più possibilità di essere venduto ai trafficanti di esseri umani che di morire di Covid-19. In più, una mascherina li aiuta ad essere trasportati inosservati e non identificabili.
Insomma, anche la pandemia sarebbe, alla fine di tutto, parte della strategia dei pedosatanisti democratici per rapire e torturare più bambini possibile.
Anche in Italia i QAnons sembrano aver abbracciato lo scetticismo nei confronti della reale esistenza del virus, o quanto meno della sua pericolosità. La linea di fondo sembra quella “contro la dittatura sanitaria” sostenuta nella manifestazione del 5 settembre (che però, tutto sommato, ha avuto meno seguito rispetto a quanto inizialmente temuto).
QAnon come hub per le spiritualità alternative?
Altro elemento d’interesse: l’aumento dei QAnons significa anche che queste teorie stanno arrivando a nuovi segmenti della popolazione americana.
Secondo alcune analisi condotte di recente sui media digitali USA, si starebbe infatti delineando un’evoluzione del pubblico propenso ad aderire alle comunità virtuali QAnons. Questo è possibile grazie anche alla vaghezza delle asserzioni portate avanti (del tipo: “Bill Gates vuole vaccinarci tutti”). QAnon starebbe ormai diventando un hub, ossia un’area di interscambio per un gran numero di persone non particolarmente interessate alla contrapposizione fra repubblicani e democratici – ma, invece, ben disposte verso le pseudomedicine, l’antivaccinismo, le spiritualità alternative. Sull’ultimo punto, sembrano evidenti le preoccupazioni da parte di diversi pastori e teologi di chiese protestanti.
Questo significa che alcune istanze di QAnon – teoria per forza di cose vicina alla destra repubblicana – possono finire per esser portate avanti anche da alcuni elettori tradizionalmente più vicini alla sinistra (è difficile che un democratico sostenga che il suo partito di riferimento è un covo di satanisti pedofili, però potrebbe condividere alcuni sottoprodotti del movimento QAnon, come la pericolosità delle mascherine o l’esistenza di una cura nascosta dalle élites mondiali). In QAnon trovano spazio elementi anche in contrasto tra loro.
Parlandone con la NBC a metà agosto, Erin McAweeney, un’analista di Graphika (una società di studi sui media di New York), ha fatto notare l’importanza della radicalizzazione delle opinioni in questo processo: sin dai primissimi giorni dell’arrivo del Covid-19 negli USA, infatti, è partita una ricerca frenetica di risposte – politiche, spirituali o psicologiche – allo shock della pandemia. Almeno su Facebook, gli algoritmi avrebbero giocato un ruolo fondamentale: la tendenza a spingere gli utenti più attivi verso gruppi via via più estremi avrebbe subito portato parecchi utenti verso QAnon, che, come abbiamo visto, aveva inserito fin da subito la pandemia nel suo universo dai confini incerti.
E in Italia?
Ma QAnon è riuscito a fare breccia anche in Italia? Per quanto ne sappiamo, per ora non esistono analisi sistematiche. Quel che si può dire è che, sia pur numericamente circoscritti, i gruppi e i singoli account di QAnons sono ormai ben radicati sui maggiori social. Nemmeno noi abbiamo potuto fare misurazioni rigorose, ma, ragionando su post, commenti e interazioni, ipotizziamo che nel 2020 i numeri di chi si muove in quell’area digitale sia cresciuto in proporzione significativa, ma non drammatica.
Per tutti, su Telegram possiamo citare il gruppo Qanons_Italia (ad oggi 5525 iscritti), dove si mescola di tutto, dai discorsi QAnon, all’antiebraismo più o meno velato, alla new age, all’anti-vaccinismo, a più tradizionali attacchi a una generica sinistra. Su Twitter ha notevole successo l’account @Valenti17938768 (Valentina), con 2672 followers, molto attivo sulla linea della “difesa dei bambini” e contro la “dittatura sanitaria”, ma anche @AdyWebber (adry.w#Q9), con 10.251 followers. Al momento in cui scriviamo, però, l’account non sembra più reperibile sul social. In quest’ultimo caso, comunque, è interessante che i suoi post siano stati ripresi in più di un’occasione dall’account dello psichiatra Alessandro Meluzzi, anche lui frequente veicolo di temi cospirazionistici e propri del cristianesimo ultraconservatore. Ad ogni modo, l’account @ItalyQanons (Italyq), che pubblica sovente post di contenuto protestante-fondamentalista e che ha 9301 followers, è al momento uno dei più attivi e seguiti di quel social. Un altro account Twitter di un certo rilievo, @QanonItalia, è stato sospeso quest’estate.
La presenza telematica più importante, tuttavia, è su Youtube, dove il canale Qlobal-Change Italia, nato nel novembre 2019, conta ora 25.000 utenti, mentre il sito più importante che veicola di frequente contenuti QAnon è ormai Databaseitalia.it, (che secondo un rapporto di Newsguard pubblicato il 21 luglio figura, in termini di engagement rate, al 410° posto in Italia).
Il solo membro del Parlamento che ha rilasciato più volte dichiarazioni pro-QAnon inequivoche è l’ex-M5S, ora iscritta al Gruppo misto della Camera dei Deputati, Sara Cunial, attivissima no-vax.
Troppo rischioso, per ora, fare previsioni sul fatto che la presenza di QAnon in Italia (per ora modesta) si trasformi in un movimento sociale importante e permanente. C’è chi ha teorizzato come il procedimento di ricerca degli indizi in rete propria dei QAnons ben si adatti alla mentalità proprie di alcune chiese protestanti conservatrici, in cui specifici sistemi, diversi da quello che nell’ermeneutica della Scrittura è noto come metodo storico-critico, dotato di un forte impianto filologico, sono applicati al testo sacro. Letture di questo genere potrebbero davvero prendere piede anche in un Paese tradizionalmente cattolico, con una storia religiosa e culturale quasi del tutto diversa?
L’estrema fluidità di QAnon, il suo carattere di “scatola”, potrebbero portarlo ad agganciarsi al pubblico che negli ultimi anni aveva partecipato alle polemiche sul cosiddetto caso Bibbiano, oppure a gruppi fondamentalisti cattolici (basti pensare al “trumpiano” arcivescovo Viganò) consonanti dal punto di vista dell’etica con le posizioni protestanti evangelicali. Per ora, da parte loro, i gruppi QAnon del nostro Paese non sembrano aver “italianizzato” la loro narrativa (ad esempio identificando un equivalente nostrano di Donald Trump): quando parlano di pedosatanisti e “forze del bene” che li contrastano, continuano a far riferimento per lo più alla politica americana.
Qualche segnale di questo processo di italianizzazione, però, inizia ad esserci. Alcuni QAnons, ad esempio, stanno provando a cercare non solo i consueti “segni segreti” della presenza dei mortali nemici, ma anche dei “buoni” nel panorama politico italiano. David Puente su Open ha fatto notare come in diversi gruppi alcuni utenti si stiano sforzando in tutti i modi per trovare l’evidenza che, in qualche modo, Matteo Salvini li conosca, che sia al corrente di ciò che credono, o addirittura, che mandi indicazioni “nascoste” di una sua adesione alla lotta dei QAnons contro il male. Questi segnali sembrano però ancora limitati.
A fine agosto, comunque, si è verificato un episodio abbastanza disturbante. All’Elba, un uomo che su Facebook si presenta con una grande “Q” sulla foto profilo, viene denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e multato perché rifiuta di indossare una mascherina. Lui si difende e parla di abuso di potere e di provocazione da parte di questore e agenti. Afferma di rifiutare la “narrazione mediatica” sull’epidemia. Ma, a parte episodi controversi come questo, un passo di ben altro rilievo potrebbe essere costituito dall’utilizzo pianificato, sistematico, da parte di alcune forze politiche degli spazi virtuali frequentati dai QAnons e delle loro preoccupazioni a fini di consenso elettorale. Per ora questo non sembra essere accaduto: una heatmap relativa ai tweet del 2020 contenenti il termine QAnon mostra che, rispetto al altri Paesi europei quali Germania, Olanda e soprattutto Gran Bretagna, la quantità di scambi che avvengono nel nostro Paese rimane decisamente più modesta. C’è anche da chiedersi se in questa fase iniziale l’insistenza del debunking sul tema possa funzionare da “profilassi” per limitare il successivo espandersi della teoria, o se viceversa non possa contribuire a farla conoscere a un sempre maggior numero di persone.
Un’ultima novità per l’Italia sta nel fatto che, nella prima parte di una lunga analisi di QAnon pubblicata da Internazionale ai primi di settembre, il collettivo Wu Ming 1 ha annunciato la prossima uscita di un suo libro dedicato alla questione. Dovrebbe intitolarsi La Q di complotto.
Ultimissime incarnazioni del mutaforma
Tornando invece per un momento alla situazione statunitense, invece, l’ultima idea a finire nel “contenitore” QAnon è stata quella della dei satanisti piromani. Da inizio settembre l’ovest degli Stati Uniti è funestato da una serie di incendi di vastissime proporzioni. Intorno al 9 del mese, in Oregon, ha cominciato a spargersi la voce secondo cui i fuochi sarebbero stati appiccati da militanti della sinistra radicale (che gli alt-right USA unificano sotto l’etichetta di Antifa, per quanto questa definizione identifichi un movimento molto più circoscritto e con istanze specifiche). Queste voci sono state subito inglobate dai militanti di QAnon in rete. Per smentirle è dovuta intervenire non soltanto la Polizia di una contea dell’Oregon particolarmente interessata dal problema, ma venerdì 10 la stessa sede dell’FBI di Portland (la maggior città di quello Stato!) si è vista costretta a emettere un comunicato. Le autorità ritengono che l’enorme quantità di falsi allarmi e chiamate telefoniche legate a queste voci rappresentino un ostacolo nella lotta agli incendi che stanno devastando parecchie contee. Come per altre questioni sollevate, con QAnon non si tratta soltanto di credenze infondate, ma di credenze che incidono in maniera immediata e diretta sulla realtà.
E un possibile impatto sulla realtà rischia di averlo davvero in occasione delle prossime elezioni per la presidenza e il Congresso, quelle previste per martedì 3 novembre, interpretate da alcuni QAnons come il momento in cui si svolgerà la Battaglia Finale, quella dell’Ultimo Giorno biblico, che porterà al trionfo di Trump e all’eliminazione dei pedofili satanisti.
Un equivalente del panico satanico degli anni ‘90?
Diversi osservatori hanno paragonato l’attuale successo dei cospirazionisti QAnon al grande panico satanico che interessò diversi Paesi negli anni ‘90 del Novecento. Oggi assai studiato dai folkloristi, dagli psicologi sociali, dagli antropologi e chi più ne ha più ne metta, aveva al centro l’idea che nel mondo esistesse un enorme numero di satanisti che comprendevano poliziotti, assistenti sociali, giudici, insegnanti. Tutti questi, abusavano a fini rituali di vittime malcapitate, ma soprattutto dei bambini. L’ossessione dei QAnons per credenza estreme come quelle sui rapimenti per ottenere l’adrenocromo (e, in generale, sul “furto di bambini”) sembra rappresentare in effetti un motivo parallelo alle paure degli anni ‘90.
Un commentatore americano assai acuto, Allan Mott, teorico del cinema, è anche lui dell’opinione che i due fenomeni abbiano tratti comuni, ma fra essi intravede anche differenze. E queste differenze, a suo avviso, farebbero pensare che fronteggiare QAnon sarà più facile di quanto accadde col panico satanico.
La prima differenza è che, al contrario della mania per i “satanisti” anni ‘90, stavolta siamo in grado di risalire all’origine della leggenda. Sappiamo che furono alcune persone a portare al di là dell’ambito ristretto di 4chan le invenzioni del “proto-QAnon” sui divoratori di bambini. Per il panico satanico, invece, nessuno poteva essere in grado di dire “chi” e quando avesse iniziato la catena, dando il via alla palla di neve. Possiamo perciò affermare che la storia di QAnon è stata sul serio inventata in un certo momento, in un certo contesto storico, dalla mente di una persona.
La seconda differenza, scrive sempre Mott, consiste nel fatto che le capacità della rete, al contrario che ai tempi del panico satanico, ci mettono in grado di smentire rapidamente e senza particolari difficoltà invenzioni totali o le fake news palesi dei QAnons (a cominciare dall’adrenocromo). In questo senso, aggiunge Mott, negli anni ‘90 una persona razionale poteva anche ipotizzare che dietro tutti quei racconti e testimonianze di “abusi satanici” ci fosse un minimo di verità, che una piccola parte dei casi fosse la prova che qualcosa di concreto c’era. Oggi, se siamo in grado di usare gli strumenti che la tecnica e la ragione ci mettono a disposizione (Snopes da ultimo ha analizzato le incongruenze sintattiche di uno dei primi messaggi di QAnon, concludendo che chi l’ha scritto non era un anglofono nativo), possiamo affermare senza preoccupazioni che la credenza in quest’ennesima “cospirazione globale delle élites” è una montagna di invenzioni prodotte per promuovere idee politiche, etiche e religiose ultraconservatrici.
Un’osservatrice attenta, fra le altre cose, delle dinamiche del fondamentalismo islamico in alcune aree dell’Africa orientale e delle forme attuali dell’antisemitismo (oltre che socia CICAP), Daniela Rana, ci ha suggerito che l’area QAnon presenta somiglianze con le modalità con le quali comunica (o comunicava) la rete terroristica islamica Al Qaeda: ossia, nelle parole di Daniela, “un cappello di appartenenza generica al quale però ognuno aderisce e con il quale si autorappresenta come appartenente al gruppo.”
Una fantasia altamente “democratica”, quella di QAnon, il che costituisce uno dei motivi per il successo della teoria. Tu puoi contribuire. Sei parte del gioco. Ogni indizio che porti potrebbe essere importante per giocare. Può anche darsi, come già accennato, che QAnon presenti alcune caratteristiche tipiche degli ARG, e che in molti aiutino a costruire insieme, in rete, questo groviglio di fantasie anche perché è divertente.
Ma, ammesso pure che di gioco a volte si possa parlare, una cosa è certa: potrebbe trattarsi di un gioco pericoloso. Come il tris della scena finale di Wargames, meglio lasciarlo perdere.
Si ringrazia Rodolfo Rolando per i contributi all’articolo.
Se il fenomeno QAnon fosse rimasto confinato negli USA ancora ancora . Una nazione in cui la gente gira col mitragliatore a tracolla e ha un presidente grossolano e ignorante può bersi qualunque panzana. Ma la vecchia Europa ! Per nostra disgrazia abbiamo l’Onorevole Sara Cunial che può dire impunemente in parlamento cose deliranti senza essere interrotta . Un paio di giorni fa “The” Donald mi pare abbia “reetwettato” da un sito QAnon un messaggio che terminava con l’ hashtag “PedoBiden” . Da Medioevo.
Una domanda : c’è un legame (ovviamente non voluto) con il romanzo “Q” del Collettivo Luther Blissett ?
Circa “Q” dei Luther Blissett: sono stati i Wu Ming 1 ad avanzare l’ipotesi che (a parte la Q) che chi ha inventato le prime cose QAnon abbia visto i loro scritti. Non siamo certo in grado di dire se l’ipotesi sia fondata, anche se l’analisi del contesto in cui tutto è iniziato a nostro avviso al momento non rende necessario pensare a un’influenza di quegli scrittori italiani. Grazie!
Provo una strana sensazione, e faccio fatica spiegarmela… non riesco a credere che ciò che sto leggendo possa essere vero, così come non posso credere che ci siano persone che possano credere che qanon sia una realtà…
Non so spiegarla meglio di così.
Marco F.
Un ottimo e interessante articolo, complimenti agli autori!
Mi sento però di aggiungere alcuni elementi che spesso sfuggono quando si parla della genesi di QAnon, partendo proprio da 4chan.
4chan è stato definito in molti modi, da ricettacolo di odiatori seriali fino a piattaforma dell’alt-right, ma la realtà è molto più “banale”: si tratta di un sito che ha radice nelle community online dei primi anni 2000 e che ha, in modi e tempi non sospetti, contribuito alla definizione della Internet Culture molto più di quanto si possa immaginare. La sua caratteristica fondamentale è rappresentata dall’anonimato e la totale libertà di contenuto (nel rispetto della legge), con diverse subcommunity dedicate agli argomenti più disparati. Tra queste, /b/ (random) e /pol/ (politically incorrect) sono sicuramente le più attive.
Tranne rari casi di serie discussioni intorno a tematiche specifiche, le interazioni su 4chan si basano nella maggioranza dei casi su un umorismo nerd, nonsense e satirico, quasi sempre oltrepassando i confini del black humor ed oltre. Si potrebbero passare ore a discutere dell’etica e delle caratteristiche di questa sottocultura, ma per parlare di QAnon ci basta descrivere un elemento ricorrente: il green texting.
Il green texting è una forma molto comune di LARP (Live action role-playing) usata nei forum e nelle imageboard, dove l’autore inventa una storia pseudo-realistica o dai tratti assurdi per scatenare le interazioni degli altri utenti, usata anche come forma di “trollaggio” specie per i neofiti; spesso si associa alle AMA (Ask Me Anything), dove l’autore ingaggia gli altri utenti in un domanda e risposta.
Q nasce esattamente così, come banale green texting all’interno di /pol/. L’anno è il 2016, i memes e i LARPing sono tutti incentrati sulla campagna elettorale statunitense. Qualcuno ha l’idea di avviare un thread AMA fingendosi una persona vicina alla candidata Clinton per rispondere dello scandalo sulle mail. Da lì in poi, diversi autori si passeranno la palla della narrazione, finché qualcuno inizia a firmarsi Q: la citazione non riguarda il livello di autorizzazione del Dipartimento dell’Energia e nemmeno l’omonimo libro dei Wu Ming, ma il personaggio Q della serie “Star Trek: The Next Generation”. Se ne ha dimostrazione sfogliando le prime drops, che contengono ancora più esplicite citazioni di Star Trek come Huma Algo Tng (“Humanity and All Good Things”, ultimo episodio della serie), o le storpiature dei dialoghi del personaggio. Il suffisso “Anon” lo acquisirà successivamente, anch’esso un richiamo alle sue origini su 4chan, dove Anon è il nome con cui vengono chiamati genericamente gli utenti del sito.
Se suona assurdo pensare che un post demenziale su un sito satirico possa dar vita a tutto questo, non dimentichiamo che i “Protocolli dei Savi di Sion” del 1903 hanno avuto una genesi del tutto simile prima di diventare uno dei giustificativi per la Questione Ebraica della Germania Nazista.
Difficile tracciare cosa sia successo da quel momento in poi al fenomeno Q. Di certo, spostandosi da 4chan ad 8kun è sostanzialmente passato sotto il controllo narrativo di Jim Watkins e figlio, che incidentalmente governano anche la maggior parte del merchandising ufficiale.