Giandujotto scettico

Montechiaro d’Asti, un paese perseguitato dai diavoli?

Giandujotto scettico n° 154 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (28/12/2023)

Il 20 giugno del 1879 la Gazzetta Piemontese – primo nome de La Stampa – pubblicò una notizia relativa a una serie di fatti “misteriosi” che si stavano verificando da qualche tempo a Montechiaro, un paese collinare a nord di Asti.

Da alcuni giorni, in diverse case prendevano fuoco masserizie e biancheria. Ancora più inquietante: alcuni abitanti del paese, al momento di coricarsi, avevano trovato nei letti ammassi di cenci ai quali era stata data una forma più o meno umana.

Spaventati, alcuni abitanti reagirono rivolgendosi al vescovo di Asti perché li liberasse “dal folletto” che giocava quei brutti tiri; altri ricorsero invece alla forza pubblica, che inviò sul posto i Carabinieri “perché mettesse[ro] le mani addosso ai poco spiritosi, ma viceversa molto malvagi folletti”. Al momento della pubblicazione dell’articolo, tuttavia, non si era capito chi fossero i responsabili di quella serie di fenomeni, tanto che gli abitanti (anzi, i “terrazzani”, come li chiamava la Gazzetta Piemontese, con il lessico del tempo) continuavano a credere che il diavolo, entrato in paese, non volesse più uscirne. Non sappiamo come questa storia sia andata avanti. L’anno dopo, il 1880, un settimanale di Acqui Terme – Il Monferrato – descrisse un altro “poltergeist” che era in corso a Trisobbio, nell’Alessandrino, ma lo fece richiamando in modo interessante l’episodio precedente, quello di Montechiaro. 

Era sperabile – scriveva Il Monferrato – che si trovasse “lo spiritoso autore del gioco per insegnargli, come già l’anno scorso al diavolo di Montechiaro, che non siamo più al tempo dei diavoli e degli spiriti folletti”. 

Nella sua brevità, il testo è poco chiaro. Era stato davvero scoperto chi muoveva le fila degli episodi di Montechiaro d’Asti? Non ne sappiamo altro, ma quasi di certo l’episodio del 1879 non avrebbe avuto l’onore di diventare parte di una puntata del Giandujotto scettico, se non sapessimo che centosette anni dopo, esattamente nello stesso, minuscolo paese, il fenomeno dei diavoli si ripeté in termini per certi versi simili all’episodio ottocentesco, almeno dal punto di vista del contesto più generale. Vi raccontiamo dunque meglio dell’invasione dei diavoli che Montechiaro d’Asti subì, per la seconda volta, nell’estate del 1986.

Un’estate memorabile (o no?)

La mattina del 22 luglio 1986 le pagine della “cronaca di Asti” de La Stampa presentavano una breve ma densa corrispondenza della giornalista Laura Bosia: da una settimana circa, a Montechiaro, di notte andava in giro il diavolo in persona. A quanto pare la storia era iniziata una settimana prima: una sera, all’imbrunire, in via San Sebastiano era comparso, “in mezzo alla strada, Lucifero in persona”. Vestito rosso, mantello rosso, in apparizioni successive anche uno scialle di seta rosso e perfino… le corna in testa! A quanto pare, l’individuo non faceva altro che piazzarsi in mezzo alla strada, spaventando chi incontrava. Nient’altro.

Sembrava che i più colpiti dalle apparizioni fossero i ragazzini. Alla locale stazione dei Carabinieri erano arrivate diverse chiamate in cui si invitavano i militari ad andare a constatare di persona la presenza luciferina. L’esito dei sopralluoghi per stanare quel “signore con le corna, vestito di rosso”, però, era stato negativo. Qualcuno pensava a un buontempone, altri a un’invenzione vera e propria, dovuta a voci e dicerie, prive di qualsiasi fondamento. Altri ancora supponevano che qualcuno del posto, arrabbiato per i motorini rumorosi nelle ore serali, volesse creare uno spauracchio nei confronti dei più giovani. 

La storia era fin troppo ghiotta per la stampa. Il giorno dopo, il 23 luglio, la corrispondente astigiana del quotidiano torinese proponeva un servizio ben più ampio, corredato di foto di un folto gruppo di ragazzi che “raccontavano di aver visto il diavolo”.

Nessuno ci credeva – che diamine! – ma intanto era il caso di fornire un identikit del demone di Montechiaro: 

alto, grosso, mantello rosso, volto spettrale con occhi verdi fosforescenti, corna gialle e per qualcuno anche munito di corna e di coltelli.

Come si vede, in ventiquattr’ore il “diavolo” era diventato, mettendo insieme tutti i dettagli di cui girava voce, un mostro davvero… mostruoso. 

A quanto pare, era stato il proprietario di un’osteria nel centro del paese, mercoledì sera, a raccogliere il primo racconto, fatto – come a questo punto non stupirà nessuno – da tre ragazzini in fuga. In periferia, un quattordicenne ne aveva visto sbucare la faccia bianca da dietro un pilastro; un altro adolescente aveva affermato invece che il “diavolo” gli aveva sottratto il motorino per qualche istante in località Bettola. A un altro giovane in auto, un individuo con le corna in testa – “un gigante” – aveva rigato l’auto con un coltello. Lui – si diceva – era rimasto a letto per due giorni con la febbre. Aveva comunque chiamato i Carabinieri, presentando denuncia. Due bimbi delle elementari l’avevano poi incontrato a pochi metri, “alto e ciccione”; altre quattro ragazzine, spaventatissime, dicevano di averlo visto sbucare da dentro un portone, da dove aveva fatto loro un versaccio. 

A quel punto, la trattoria il cui proprietario aveva ascoltato il primo racconto, quello dei tre ragazzini, era diventata il quartier generale dei curiosi e di chi voleva dare la caccia al diavolo. Si parlava persino di odore di zolfo! C’era anche stata una battuta con bastoni, coltelli e persino pistole, fatta, così si diceva, insieme agli stessi Carabinieri (ma sul fatto che i militari dell’Arma si prestassero a ronde in compagnia di persone dotate di oggetti atti a offendere, armi bianche e addirittura pistole, ci permettiamo di avanzare qualche dubbio).

Satana è ovunque

Fra le tante voci che circolavano, una ci interessa in modo particolare: Laura Bosia scriveva che 

si tratterebbe di un personaggio quasi di leggenda, soprannominato “Tarzan”, ex saltimbanco di un circo fallito che negli anni passati circolava in paese. L’estrazione circense spiegherebbe l’agilità con cui Satana scompare ed appare e parte dell’abbigliamento.

Anche se in maniera generale, si tratta di un’interpretazione non banale, perché richiama le storie, diffuse in mezza Europa e altrove, su individui misteriosi in grado di compiere salti e acrobazie incredibili per spaventare la gente e sottrarsi agli inseguitori, come in altre storie che abbiamo analizzato, come quella di Spring Heeled Jack in Gran Bretagna o quella di Phosphorus Jack in Nuova Zelanda, oppure come per quelle di Pérák, nella Repubblica Ceca. 

Mentre il parroco del paese non voleva esprimersi sul panico “diavolesco” in corso, altri cominciavano a dire di aver visto Satana anche nei paesi vicini, per esempio a Colcavagno, Montiglio e Monale. Insomma, la mania del demonio in giro per i paesini dell’Astigiano era ormai al suo culmine. 

Come per altri fenomeni psicosociali (si pensi agli avvistamenti UFO o a quelli di pantere), l’espansione da un’area geografica iniziale ad altre zone costituisce allo stesso tempo il picco della mania collettiva e insieme l’inizio del suo declino. Anche per il diavolo di Montechiaro fu così. Il 24 luglio Stampa Sera stava cominciando a trovar difficile reperire qualche novità. Proprio per questo, a parte riproporre cose del giorno prima, il nuovo articolo sottolineava quanto avevamo preannunciato: il “raggio d’azione di Belzebù“ si era ampliato ai paesi limitrofi dell’Astigiano. Un uomo di Corsione, a pochi chilometri da Montechiaro, era rientrato a casa stranito: aveva visto “il satanasso” dietro una siepe. Ne erano seguite “telefonate semiisteriche ai Carabinieri” dalla zona. Ancora: nell’epicentro della storia, ogni tanto giungevano voci che, finalmente

[…] Satana è stato catturato, identificato, picchiato e reso innocuo in qualche paese vicino, ma subito dopo arriva la notizia che qualcun altro l’ha avvistato, più in forma che mai.

Quanto a “Tarzan”, il presunto ex-artista circense, era in ospedale per una frattura, quindi, no, non poteva essere lui, il diavolaccio.

La fase dell’espansione territoriale delle voci durò ancora per parecchi giorni. Ancora il 5 agosto la cronaca di Alessandria de La Stampa spiegava che la presenza del “diavolo” adesso era segnalata anche nel territorio provinciale, in particolare a Murisengo e Villadeati, paesi una dozzina di chilometri a nord di Montechiaro d’Asti. Si trattava di un individuo “alto, corpulento, dotato di un paio di corna gialle e colorito pallido, con lunga coda”. Molte le voci nei bar, ma ben pochi ammettevano di aver visto Satana di persona. Si discuteva anche dell’opportunità di organizzare ricerche nella zona, ma nient’altro.

Il diavolo, a quanto pare, era rientrato agli inferi. 

Le indagini di due studiosi

Se di questa storia sappiamo di più rispetto alle cronache giornalistiche, lo dobbiamo a due ufologi di orientamento critico: Paolo Fiorino e Paolo Toselli, del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU), che un paio di mesi dopo il culmine della storia andarono di persona a Montechiaro; volevano capire in quale ambiente era nata quella storia e che cosa si raccontava al riguardo, cercando magari di raccogliere le testimonianze dei diversi attori di quella vicenda. 

Una delle cose migliori che questo tipo di ufologi ha sviluppato e dalla quale gli scettici hanno senz’altro da imparare è la capacità di confrontarsi in modo diretto con i testimoni e con il significato complessivo di quanto loro accaduto, con i loro ricordi e con le interpretazioni che loro stessi suggeriscono. Se in qualche caso un episodio resta a mezz’aria, se non ci sono elementi sufficienti per ricondurlo a una spiegazione, non è una tragedia, e nessuno grida all’invasione da Marte, dall’Oltretomba o dal Regno degli elfi. In questo modo, la testimonianza può essere valorizzata senza farla diventare “prova” di chissà quale fenomeno incredibile. 

L’indagine di Fiorino e Toselli sul diavolo di Montechiaro è un esempio interessante di questo modo di fare. Nessuno dei due – naturalmente – intendeva diventare una specie di esorcista: semmai, interessava capire come e perché era sorto quel ciclo narrativo. Per questo, i due contattarono i Carabinieri del posto, che apparvero critici sul ruolo dei giornali rispetto alla realtà dei racconti da loro raccolti, e anche prudenti nell’accennare all’identificazione di un giovane che, durante un appostamento, era stato beccato travestito da diavolo. 

Fiorino e Toselli ascoltarono anche un’adolescente che, dando l’impressione di credere a quanto accadutole, raccontò i pochi secondi di visione del “diavolo”: nel suo caso, portava una maschera grigia sul volto. Come i Carabinieri, anche questa ragazza se la prese con le esagerazioni della stampa (non aveva visto cose “paranormali” come occhi fosforescenti, corna o coda, e nemmeno le era parso che il diavolo avesse una statura eccezionale…). Un altro presunto testimone si rivelò decisamente scontroso con gli ufologi, rifiutando di parlare con loro 

Conclusione, sia pur non apodittica: la vicenda di Montechiaro e dintorni era dovuta alla volontà di alcune persone di giocare degli scherzi, travestendosi da diavolo – qualcosa di molto simile a quanto è accaduto con la Samaramania, nell’estate 2019. I discorsi di gruppo, gli articoli di giornale e gli scambi tra bambini e giovanissimi avevano fatto il resto. 

Storie piccole, storie di provincia, storie irrilevanti? Forse, ma non per noi. 

Per noi sono preziose, perché servono per indagare le mentalità, i processi attraverso cui si formano le dicerie e vengono rievocati i ricordi di cose intraviste. Storie da analizzare, che lo scettico ha il dovere di maneggiare con cura, e che ci fanno più sorridere che impaurire. Tutto sommato, i diavoli possono vagare per le campagne; il mondo non crollerà per qualche ragazzata.

Si ringrazia Paolo Fiorino per il materiale fornito. Illustrazione di Nikolaj Bogatov  (1854–1935), da Wikimedia Commons, pubblico dominio