Spring-heeled Jack, fantasma vittoriano
Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
Fantasmi che di notte compiono balzi prodigiosi, importunando le donne nell’ombra delle città non ancora illuminate dall’energia elettrica… Fantasmi vestiti di strani abiti aderenti, con scritte luminose e minacce sul petto o sulla schiena…
Siamo in un racconto steampunk? No, ma quasi: siamo nell’Inghilterra dell’era vittoriana, ai tempi di Spring-heeled Jack, cioè di “Giacomino-dai-tacchi-a-molla”. Uno strano personaggio, oggetto di mille speculazioni in quel periodo, e, molto più tardi, da parte degli appassionati contemporanei di Ufo e di misteri vari.
Oggi, su Spring-heeled Jack siamo in grado di fare un po’ più di luce.
Prendiamo la mira
Per capire bene “Giacomino dai tacchi a molla” sono necessarie alcune precisazioni. Non si trattò di una mania passeggera o di uno scherzo giocato da qualcuno per un certo periodo, magari in aree circoscritte. Anche se ci sono molte incertezze sulle dimensioni del fenomeno, Spring-heeled Jack fu un personaggio che, a fasi alterne, in Gran Bretagna fu folklore vivente per oltre settant’anni, cioè sino ai primi del Novecento.
Ebbe parecchi antecedenti, e storie simili circolarono nello stesso periodo in cui si parlava di lui. Più tardi, dai primi del Novecento, dilagò in parti del mondo completamente diverse: prima in Nuova Zelanda (Paese che allora era totalmente parte della cultura britannica), poi in Europa orientale, con gli esiti più interessanti in Cecoslovacchia. Nel primo caso, Spring-heeled Jack diede origine a Phosphorus Jack (“Giacomino al fosforo”), nel secondo a Pérák (una specie di supereroe anti-nazista su tacchi a molla). Ci siamo occupati di queste due figure qui e qui, ma abbiamo ricostruito, a complemento del quadro di quei decenni, anche la mania dei fantasmi “da strada” che colpì lo stato australiano di Victoria in questo terzo articolo.
Spring-heeled Jack fu maltrattato – diciamo così – dagli ufologi e dagli appassionati di misteri, in particolare da quelli che si definiscono “fortiani”, richiamandosi al nome di uno scrittore americano tanto interessante quanto strampalato come Charles H. Fort (1874-1932).
Però bisogna riconoscere che proprio uno studioso di questi temi – ma uno studioso eccellente, l’inglese Mike Dash – nel 1996, sulla rivista Fortean Studies, ha pubblicato un lavoro importantissimo su Spring-heeled Jack e sul folklore ad esso legato. Attingendo a un gran numero di fonti di prima mano, Dash ha fatto giustizia di parecchie fantasie sul Giacomino britannico dell’Ottocento.
La vera saga della banda di Spring-heeled Jack
Il titolo di questo paragrafo dice già molto della ricostruzione operata da Dash: la storia del personaggio britannico di Jack dai tacchi a molla fu una vera e propria saga, nel senso che durò a lungo, dal 1837 alla fine del Diciannovesimo secolo.
Ma bisogna anche discernere bene la “vera” saga, ossia quella basata sulle fonti primarie (quotidiani e periodici del tempo e poco altro), dalle aggiunte che furono fatte in seguito. Queste aggiunte e invenzioni hanno costituito una specie di folklore nel folklore, sino a restituire il quadro del mito di Spring-heeled Jack davanti al quale si trova, oggi, chiunque apra Internet e cerchi notizie su questa storia. Questo “folklore secondario” fu costruito in primo luogo dagli stessi giornali britannici, quando ricordarono, attualizzarono e reinterpretarono quello che era accaduto ai tempi in cui Spring-heeled Jack si faceva vedere “davvero”. Poi, dopo la Seconda guerra mondiale, arrivarono gli ufologi e gli appassionati di misteri, che “vampirizzarono” le storie dell’Inghilterra vittoriana reinterpretandole nel quadro dei loro desideri di esotismo extraterrestre e tecnologico.
Infine, il terzo riferimento del titolo del paragrafo, quello alla “banda” di Spring-heeled Jack rende chiaro che, probabilmente, le performance iniziali di chi andava in giro con strani travestimenti erano messe in atto non da un individuo, ma da un gruppo vero e proprio. Semmai, in un secondo momento, è plausibile che siano stati altri individui che, da soli, agirono in modo isolato, per emulazione del gruppo originario.
Alla fine del dicembre del 1837, sui giornali londinesi apparvero i primi articoli sulla presenza di uno o più strani (e sinistri) individui che si aggiravano nei sobborghi di Londra spaventando i passanti. Dalle fonti messe insieme da Mike Dash risulta chiaro che, quando la notizia arrivò alla stampa, le voci sul fenomeno circolavano già da tempo.
C’era “un fantasma, un impostore o un diavolo” che assaliva le donne per strada. Le descrizioni e i dettagli erano del tutto contraddittori: per qualcuno aveva scarpe rosse e un’armatura, per altri era travestito con una pelle d’orso (qualcuno pensava che si trattasse, appunto, di un orso vero). Sui giornali si susseguivano notizie di scazzottate con alcuni malcapitati, artigli di ferro montati sulle mani per minacciare le donne, vestiti creati con un lenzuolo bianco e strane figure contornate da una fiamma azzurra. Insomma, tutto l’immaginario della malvagità mostruosa che si poteva concepire in una grande capitale europea del terzo decennio del Diciannovesimo secolo. I quotidiani erano increduli, o ridicolizzavano la cosa; nel mese di gennaio, però, il panico era diventato tale che si organizzarono gruppi di “cacciatori di spettri”.
Il caso Jane Alsop
Particolarmente interessante è la testimonianza di Jane Alsop che, il 20 febbraio 1838, fu aggredita da un uomo vestito con un lungo vestito nero che dalla bocca emetteva una fiamma azzurra, aveva gli occhi rosso-fuoco, un elmetto in testa e un vestito aderente, bianco; questo le sembrò una giacca di tela cerata impermeabile, come allora usavano soprattutto i marinai. L’episodio avvenne alla periferia di Londra, al cancelletto di casa sua; Jack le graffiò braccia e collo e cominciò a strapparle il vestito con dita che sembravano “artigli di ferro”, fino a quando il padre e le sorelle non la sentirono urlare e la fecero rientrare in casa.
Quello che generalmente non menzionano i ferventi sostenitori della “paranormalità” di Spring-heeled Jack è che l’aggressione di Jane Alsop portò a indagini i cui sviluppi furono riportati ampiamente dalla stampa. Secondo l’inchiesta, era quasi un mese che un individuo mascherato si aggirava in quella zona, spaventando di sera uomini e donne. La Polizia, però, non era certa che la Alsop fosse stata davvero aggredita da costui: aveva trovato delle incoerenze nel racconto, e poi le testimonianze precedenti parlavano di un individuo tutto sommato non pericoloso. Ipotizzò invece che fosse stata assalita da un ubriaco e che lei, avendo sentito del “mostro” in circolazione, lo avesse collegato automaticamente a quello (cioè all’individuo o agli individui che, secondo Dash, nell’autunno del 1837 con le proprie gesta misero in scena lo Spring-heeled Jack “originale”).
Nel febbraio-marzo 1838, in effetti, intorno a Londra apparvero parecchi imitatori di questo primo gruppo. Dopo, come Dash tiene a far notare, la saga di Giacomino sembrò tornare nell’ombra: è vero che fonti secondarie parlano di sue riapparizioni in diverse parti dell’Inghilterra negli anni ‘40, ma nessuno è mai stato in grado di reperire informazioni dirette. Bisognerà attendere la primavera del 1873 perché un probabile, nuovo, Spring-heeled Jack sia documentato con chiarezza. Anche in questo caso, nel complesso, si trattò di un’ondata di avvistamenti di un “fantasma” le cui caratteristiche, oltre al lenzuolo bianco, erano quelle davvero presenti nelle storie di Springheel: l’alta statura e il fatto di muoversi molto rapidamente, quasi slittando.
Le apparizioni continuano
Il vero ritorno in grande stile si verificò quattro anni dopo, con un’ondata di avvistamenti e di storie che ebbero per centro le grandi aree militari di Aldershot, cittadina della contea dell’Hampshire, che è tuttora la maggior sede di basi della Royal Army.
Questa serie di episodi suscitò un grandissimo clamore, ma non è un caso isolato nelle cronache di quei decenni. Stiamo parlando di un “fantasma”, vestito in maniera più o meno fantasiosa, che in ore notturne si aggira intorno a posti di guardia, confini di aree militari, torrette di sorveglianza, impaurendo i soldati indecisi su come reagire davanti all’intruso e, magari, rischiando di prendere una fucilata.
Le fonti primarie (il giornale militare pubblicato ad Aldershot) descrivono con chiarezza la natura burlesca – e rischiosetta – delle imprese dello Spring-heeled Jack versione 1877. Non temeva nemmeno di arrampicarsi sui muri delle installazioni militari, e sembrava (ecco la solita costante) molto agile, ma le sue prestazioni rimanevano decisamente quelle di un uomo travestito: in un’occasione, addirittura, sarebbe stato visto prima di indossare il costume, trasportato in una grande borsa per tappeti.
Del resto, cose del genere succedevano anche in Italia: un lucertolone fantasma si aggirava nel 1919 intorno alla polveriera friulana di Castello di Godego, mentre nel 1880, ad Aosta, una sentinella uccise un commilitone travestito da spettro… L’elenco, però, sarebbe assai più lungo.
Le paure associate dalla stampa a Spring-heeled Jack si ripeterono, con caratteri più o meno diversificati, sino agli inizi del Ventesimo secolo, ma occorre dire che si trattò di eventi dall’origine disparata: quanto ai fatti delle caserme di Aldershot, si pensa sia probabile si trattasse di scherzi giocati da un giovane ufficiale. L’episodio che, di solito, nei resoconti standard su Springheel chiude la serie, è relativo a un presunto poltergeist manifestatosi a Liverpool nel 1904 che fu attribuito, vista la sua fama ormai affermata, al nostro fantasma. Sessant’anni dopo l’episodio fu spiegato da un uomo che a suo tempo abitava in quell’edificio come l’opera di una persona con disturbi psichici, poi identificato dalla Polizia.
Gli altri Giacomini dai tacchi a molle: un mondo duraturo
Dalla sintesi che abbiamo fatto, emergono un paio di cose: la prima è che nella vicenda di Spring-heeled Jack non vi fu continuità: come avviene oggi per i cosiddetti Ufo, eventi diversi, con cause diverse e di solito privi di qualsiasi rapporto fra loro furono raccolti sotto uno stesso nome evocativo. La seconda è che le fonti primarie parlano sì, e più volte, di particolari strani e curiosi, ma in sostanza descrivono uno o più uomini impegnati, travestendosi e usando trovate di ogni genere, a terrorizzare la gente per motivi che non sappiamo.
Ma un’altra delle tante cose inesatte che si trova nella pubblicistica fortiana e ufologica è l’idea che Spring-heeled Jack rappresenti una storia isolata, eccezionale – una specie di fungo saltato fuori nella notte e assolutamente insolito. Niente di più falso. Nel suo lavoro, Mike Dash ha fatto giustizia di questo modo di presentare le cose, sovente sotteso al sistema di credenze ufologico e fortiano.
A parte il Phosphorus Jack neozelandese del 1905-6 e il Pérák ceco nato dopo la Prima guerra mondiale, per il più celebre Spring-heeled Jack ci sono numerosi antecedenti, paralleli e successori con caratteristiche analoghe al “fantasma” originale.
Già nel 1803 c’era qualcuno vestito con un strano indumento bianco simile a una pelle di mucca ad Hammersmith, vicino Londra, e poco tempo dopo un altro “fantasma” fu assalito da un testimone e ucciso. Nel 1826 un individuo fu assalito da un uomo mascherato che indossava ai piedi strane calzature simili a zoccoli di animale, mentre nel 1841 negli Stati Uniti, in Georgia, una persona travestita da Satana (e che aveva trovato il modo di emettere fumo usando un po’ di fosforo) fu anch’egli ucciso da un passante al quale si era accostato in modo minaccioso. Nel 1926 uno spettro che compiva grandi salti era a Bradford, di nuovo in Inghilterra, ma lo stesso accadde in alcune zone di Baltimora, al di là dall’Atlantico, nel 1951. Nella zona di Cape Cod, nel Massachusetts, poi, tutti parlavano delle gesta di un “essere” che la gente aveva preso a chiamare Black Flash o Phantom, dai nomi dei personaggi dei fumetti. Per Dash è proprio il Black Flash di Cape Cod a presentare i caratteri più simili a Spring-heeled Jack: un essere sinistro, aggressivo, sfuggente, super-atletico, con indumenti e gadget fra il buffonesco e diabolico (nel caso di Black Flash si trattava di occhi rossi, altezza superiore alla media, vestiti neri, grandi orecchie argentee…).
Nel suo insieme, la lunga casistica conferma che la nostra “creatura” della Londra vittoriana va inserita nella lunga tradizione ottocentesca, con propaggini fino al Novecento, riguardante l’impersonificazione, da parte di uno o più individui, di uno spettro dai tratti diabolici, intento a spaventare, aggredire o stupire i passanti. L’accostamento di queste tradizioni al folklore Ufo contemporaneo da parte di ufologi e fortiani è forzato e ne denota, in ultima analisi, il bisogno di inserire episodi così diversi in un’unica chiave narrativa.
Il fakelore di Giacomino
Fakelore: un termine ormai famoso, inventato nel 1950 dall’antropologo Richard Dorson. Qualcuno potrebbe tradurlo come “falso folklore”, ma così l’accezione negativa dell’espressione diventa un po’ troppo forte. Invece, è meglio parlare di folklore inventato, in cui di finta c’è l’antichità, oppure, se messa da un altro punto di vista, il fatto che non è folklore veramente tradizionale, ma “nuovo” (ne abbiamo parlato, ad esempio, riguardo ai corvi della Torre di Londra). Questo non significa che il fakelore non vada studiato e che non generi esso stesso prodotti culturali, ma che andrebbe semmai tenuto distinto dalla “vera” tradizione.
Anche per Spring-heeled Jack esiste un ampio fakelore, e pure questo è stato esplorato in modo adeguato da Mike Dash. Ad esempio, uno dei resoconti oggi più celebri, quello relativo alla servetta Polly Addams e considerato di norma fra quelli che, nell’autunno del 1837, avrebbero dato origine alla saga di Giacomino saltatore, compare in realtà per la prima volta soltanto nel 1977 in un libro di successo del giornalista inglese Peter Haining (The Legend and Bizarre Crimes of Spring Heeled Jack, Frederick Muller, Londra 1977). Insieme a molti altri resoconti e storie di contorno (ad esempio, il collegamento con l’uccisione di una prostituta nel poverissimo quartiere londinese di Jacob’s Island, avvenuto nel 1845), è possibile dire che Haining sia all’origine della rinascita contemporanea dell’interesse verso Spring-heeled Jack, e al suo recente successo in vari media.
Il fakelore di Haining, però, è del genere mystery o true crime. Il nostro personaggio è visto in prevalenza come un malvagio e un perverso (o più di uno), attivo nella Gran Bretagna vittoriana: gli elementi soprannaturali hanno un ruolo limitato, rispetto a quanto non appaia nelle fonti primarie, come abbiamo visto assai più differenziate e incerte circa dettagli e natura del babau.
Per la prevalenza degli elementi fantastici su quelli noir bisogna invece far ricorso alla letteratura ufologica e a quella fortiana. L’entrata dall’ingresso principale di Springheel in questo bizzarro universo si deve a un articolo, colto ed articolato, pubblicato sul numero di novembre-dicembre 1961 di una delle più celebri riviste ufologiche, la Flying Saucer Review, ad opera di J. Vyner. Questo scritto metteva in evidenza oltre il lecito, omegeneizzandoli ed esagerandoli, i dettagli “strani”, alieni della vicenda, fino a trasformare un personaggio della cultura di massa ottocentesca in un extraterrestre. L’articolo ebbe grande ascolto: fu ripreso da libri e riviste Ufo di ogni genere, influenzando anche ufologi documentati come l’americano Jerome Clark nella sua vasta UFO Encyclopedia (vol. 2, Detroit, 1992, pp. 318-320).
A questo proposito, Mike Dash ha confrontato cinque caratteristiche eccezionali menzionate dalla letteratura ufologica e fortiana dopo la Seconda guerra mondiale (salti eccezionali, respiro bollente, pistola a gas, artigli, indifferenza ai proiettili di armi da fuoco) con ciò che invece è possibile vedere dalle fonti contemporanee ai fatti, pubblicate nei periodici britannici del diciannovesimo secolo.
Ebbene, non c’è dubbio che si parli in modo ampio della capacità di Giacomino di saltare in modo sorprendente, ma spesso i resoconti non sottolineano questa caratteristica; l’accento va quasi sempre, semmai, sull’aspetto fantasmatico, bestiale, diabolico dell’entità. Dash suggerisce che il nome possa esser stato incollato al personaggio unendo una novità tecnica (i sistemi di ammortizzatori a molle davvero efficienti e riproducibili su scala industriale) alla figura folklorica dello Stivale delle sette leghe (basti pensare a Pollicino di Charles Perrault, del 1697, in cui a indossarli è proprio l’Orco, essere fantastico e dall’aspetto bestiale).
La caratteristica da saltimbanco del respiro infuocato, che rientra nelle prestazioni dei mangiafuoco dell’epoca, è presente solo nei primissimi resoconti, mentre la “pistola a gas” è una supposizione che fece l’ufologo J. Vyner nel 1961, per adeguare i racconti alle sue aspettative. Invece, diversi racconti suggeriscono che i vari Giacomini saltatori indossassero sulle mani guanti artigliati di vario materiale. Le storie sull’impossibilità di colpire Jack con armi da fuoco, invece, derivano in sostanza dai racconti incentrati sulle caserme di Aldershot, quelle del 1877, e probabilmente presero forma sia – semplicemente – da colpi andati a vuoto per mira sbagliata, sia perché spesso si sparavano colpi a salve, non munizioni vere.
Insomma, la “supertecnologia” che accende sempre l’attenzione degli ufologi, in realtà, nella lunga vicenda di Spring-heeled Jack c’è poco, in maniera intermittente: le rare volte in cui compare, è conforme a ciò che in quei decenni ci si aspettava da quel tipo di immaginario. Anche i tacchi a molla, presenti in molte descrizioni moderne, sono un particolare poco presente nei racconti originali: l’enfasi, al massimo, va alla capacità di compiere grandi balzi e di scappare con agilità.
Invece la vera, ampia variabilità presente nei resoconti d’epoca è un’altra, ed è quella delle descrizioni dell’entità, del suo aspetto e del suo comportamento. Nel sunteggiarla, Dash scrive che questo ampio spettro di caratteristiche, piuttosto sconcertante agli occhi di un cittadino occidentale del Ventunesimo secolo, in quel periodo poneva assai meno difficoltà. Per Dash, infatti, al centro della saga folklorica di Spring-heeled Jack sta l’intera tradizione delle apparizioni di un essere malvagio, minaccioso e capace di assumere varie forme, ingannando e truffando, a metà fra il beffardo e il tremendo.
Il libro dello storico Ronald C. Finucane (1939-2009) Appearances of the dead: A Cultural History of Ghosts (1982) ha segnato l’avvio degli studi contemporanei sui fantasmi e le convinzioni teologiche circa le visioni soprannaturali. Queste idee si formarono in Paesi come la Gran Bretagna in seguito alla libertà di dibattito, che sia pur fra contraddizioni di ogni genere, prese forma in seno alla Riforma protestante e giunsero, in forme popolarizzate, sino all’età vittoriana. L’idea che l’estrema variabilità testimoniale in sé non costituisse un motivo di scetticismo, ma, anzi, un particolare che ne additava la natura maligna è legata proprio a quelle lunghe discussioni.
Spring-heeled Jack: letteratura gotica in azione
Una prospettiva diversa e più recente rispetto allo studio di Mike Dash è arrivata nel 2020 grazie a Karl Bell, ricercatore dell’Università di Portsmouth che si occupa di storia culturale e sociale con particolare enfasi sull’immaginario moderno e contemporaneo.
Bell ha dedicato a Spring-heeled Jack un lavoro apparso sulla rivista Gothic Studies. Secondo l’analisi di Bell, la saga del Giacomino britannico fu possibile perché attinse a varie sorgenti. La prima, quella che interessa di più Bell, fu la popolarizzazione della prima ondata della letteratura gotica inglese e la sua ricaduta nel mondo reale, nelle discussioni del pubblico e nella percezione degli eventi. La seconda, fu la presenza di un folklore locale adeguato a sostenere questo tipo di racconti: la tipologia di esseri fantastici ritenuti veri dagli inglesi metteva a disposizione già buona parte del materiale narrativo necessario per dar vita al nostro personaggio.
Una dinamica complessa, naturalmente, e che non esclude – per Bell – l’introduzione da parte di chi raccontava le storie di Spring-heeled Jack di elementi nuovi, più consoni ai tempi. Tuttavia, per lui la cosa più importante di quel fenomeno culturale e psicosociale è che si trattò – per citare le sue parole, di “gotico in azione”, ossia dell’eruzione di elementi folklorici e gotici oltre i confini delle convenzioni narrative e della fiction, fin nella vita quotidiana delle persone.
Adottando prospettive come quelle di Dash e di Bell, le idee pseudoscientifiche di ufologi e fortiani diventano esse stesse parte della storia di questi fenomeni culturali. Per Dash, è più che plausibile che gli episodi del 1838 (quelli che, sulla base delle fonti disponibili videro davvero in azione uno o più individui) avessero come motivazione aggressioni a sfondo sessuale nei confronti di donne. Probabilmente, i responsabili di quei primi “avvistamenti” rimarranno per sempre un enigma, anche se il principale sospettato rimane il marchese di Wateford, Henry de la Poer Beresford, additato come colpevole sin dalla seconda metà dell’Ottocento.
La costante attualizzazione di Spring-heeled Jack ne ha garantito la persistenza sino ad oggi. Solo due esempi a caso: il trattamento fantasioso della storia da parte dell’americano John A. Keel (1930-2009) in uno dei suoi volumi febbricitanti di illazioni e di notizie buffe, Strange Creatures from Time and Space (1970, in italiano Creature dall’ignoto, Fanucci, Roma, 1978); oppure la creazione, nel 1969, di uno dei più fortunati personaggi del mondo Disney italiano, Paperinik (alias Paperino travestito), che salta nella notte come uno spettro grazie agli stivaletti a molle che ha ereditato, insieme ad altri gadget, da Fantomius, ispirato a sua volta a un super-criminale classico della nascente letteratura pulp europea: il francese Fantômas, capace di ogni travestimento, dall’intelligenza superiore e dedito nella notte a saltare su tetti e da un cornicione all’altro.
Avevo pensato a Paperinik appena iniziato a leggere l’articolo. 🙂
Grazie dell’articolo.