6 Novembre 2024
Approfondimenti

Imparare dormendo? Mica tanto facile…

Ascoltare una lezione mentre dormiamo può farci acquisire le informazioni che ci servono? Su internet si trovano spesso audio-corsi per apprendere una nuova lingua o per preparare un esame semplicemente dormendo e probabilmente tutti gli studenti hanno sperato di poter imparare durante il sonno, ma è veramente possibile? Ne parliamo con il dottor Nicola Cellini, ricercatore in psicobiologia e psicologia fisiologica presso l’Università di Padova ed esperto di tematiche riguardanti il sonno, che nel 2019 ha pubblicato sul Journal of neuroscience methods un articolo con la neuroscienziata Sara Mednick , della University of California, Irvine, sulla stimolazione del cervello mentre si dorme. 

 Andiamo subito al punto: è veramente possibile imparare nuove informazioni mentre si dorme? Questi corsi da ascoltare durante il sonno sono efficaci? Esistono ricerche sul tema?

Il professor Nicola Cellini, dell’Università di Padova, ha al suo attivo una lunga serie di pubblicazioni sulla psicofisiologia del sonno.

Esistono ricerche sul tema, e purtroppo già nel 1955 Simon ed Emmons dimostrarono come le persone durante il sonno non riescano ad apprendere ex novo informazioni complesse come una storia. Tentativi successivi di altri ricercatori portarono allo stesso risultato, e ad oggi la comunità scientifica è unanime su questo verdetto. Tuttavia, se ci focalizziamo sull’apprendimento di stimoli sensoriali semplici, come uno specifico suono o un odore, la storia è diversa. Infatti, seppur il cervello addormentato tende a disconnettersi dall’ambiente esterno, esso rimane parzialmente vigile ed è capace di elaborare e reagire a determinati stimoli, ad esempio alla pronuncia del nostro nome o al pianto di un bambino. Queste, ed altre evidenze sia fisiologiche che comportamentali, ci indicano che il cervello addormentato sia in grado sia di prestare attenzione all’ambiente esterno che di elaborare stimoli sensoriali come suoni, odori o stimoli tattili.

Una manciata di studi estremamente affascinanti, ma in attesa di conferme, hanno mostrato come durante il sonno si riesca ad apprendere associazioni tra semplici stimoli sensoriali, come suoni ed odori. Questo tipo di apprendimento, totalmente inconsapevole, può portare a cambiamenti comportamentali. Ad esempio, presentare durante il sonno l’odore di sigaretta seguito immediatamente dall’odore di pesce marcio sembra creare un condizionamento aversivo per cui fumatori incalliti tendono a ridurre drasticamente il numero di sigarette nei giorni che seguono a questa esposizione. Tutto molto affascinante, ma come detto, limitato a stimoli “semplici”. Quando si entra nel mondo delle vecchie audiocassette, ora mp3, purtroppo il nostro cervello non solo non riesce ad acquisire nuove informazioni, ma rischia di perderne altre apprese durante la veglia. Infatti, un’eccessiva stimolazione sensoriale come qualcuno che parla tutta la notte nelle nostre orecchie, tende a “frammentare” il sonno, rendendolo più leggero e meno riposante.

Esiste comunque un legame tra sonno e processi di memorizzazione. Puoi spiegarci meglio cosa accade nel nostro cervello mentre dormiamo e che cosa c’entri il sonno con la memoria?

 Il sonno riveste un ruolo fondamentatale per la memoria, influenzandone i processi a diversi livelli. In primis il sonno sembra facilitare il consolidamento delle memorie, ovvero la trasformazione di tracce mnestiche fragili e suscettibili all’oblio in memorie durature resistenti alle interferenze di nuove informazioni.

Una famosa teoria ampiamente supportata da dati sperimentali, chiamata consolidamento attivo del sonno, suggerisce come durante veglia una particolare area del cervello, l’ippocampo, tenda ad immagazzinare i “dettagli” della nostra giornata, quello che potremmo chiamare i ricordi. Durante il sonno questi ricordi verrebbero riattivati, spostati a livello di corteccia e riorganizzati, ovvero integrati con tutte le altre memorie a lungo termine che avevamo già acquisito in passato. Un’altra teoria, la cosiddetta ipotesi dell’omeostasi sinaptica, suggerisce che il sonno serva a cancellare dal nostro cervello informazioni inutili, poco usate, o ridondanti. Questa rimozione servirebbe per ridurre lo spazio e l’energia di cui avremmo bisogno per conservare tutti i ricordi di una vita, e quindi liberare spazio e risorse per acquisire nuove informazioni durante la veglia. Inoltre, ridurre il numero di informazioni ci permette di recuperare velocemente il ricordo che ci serve in un determinato momento. Secondo il professor Giulio Tononi della Wisconsin University, e autore dell’ipotesi dell’omeostasi sinaptica, il sonno sarebbe quindi il prezzo che paghiamo per la plasticità neuronale. Tutti questi processi, dalla selezione delle memorie da riattivare, alla loro rielaborazione e rimozione, sarebbero sotto il controllo di una complessa attività oscillatoria tipica del sonno e quasi assente in veglia.

Oltre a questa funzione di consolidamento e riorganizzazione attiva delle memorie, il sonno è importante anche per riuscire ad acquisire nuove informazioni durante la veglia. Una persona stanca e deprivata di sonno presta meno attenzione ai dettagli, è meno concentrata, e non riesce ad apprendere adeguatamente. Ed il primo passo per preservare nel tempo un’informazione è apprenderla. 

 Nel vostro articolo del 2019,  Stimulating the sleeping brain: Current approaches to modulating memory-related sleep physiology, descrivete una serie di esperimenti e tecniche volte ad indagare come durante il sonno sia possibile rafforzare le informazioni acquisite da svegli. Questo è qualcosa di ben lontano dall’imparare dormendo, ma cosa è emerso da questi studi?

In quel lavoro abbiamo riassunto lo stato dell’arte rispetto alle tecniche di stimolazione il cui obiettivo è di ottimizzare, durante il sonno, l’apprendimento di informazioni già acquisite durante la veglia. In pratica, si interviene sul cervello addormentato andando a modulare la fisiologia del sonno associata all’elaborazione mnestica. 

La tecnica più studiata, chiamata targeted memory reactivation, prevede di associare un suono o un odore a coppie di parole da memorizzare o ad un’immagine. Se durante il sonno successivo all’apprendimento lo stesso suono o odore viene ripresentato più volte, al mattino seguente la persona tende a ricordare meglio l’informazione associata allo stimolo sensoriale. Un’altra tecnica sensoriale che sta prendendo sempre più piede è la cosiddetta auditory closed-loop stimulation, nella quale stimoli acustici od olfattivi, non per forza associati ad un’informazione recente, vengono presentati in specifici momenti dell’attività elettrica del cervello. Se presentati al momento giusto, questi stimoli generano una cascata di eventi che sembra facilitare la memoria in generale. Un’alta tecnica sfrutta invece la stimolazione elettrica.

Diversi studi hanno mostrato come inviare durante il sonno una debole corrente elettrica la cui forma d’onda ricalchi quella dell’attività lenta del cervello, sembra da un lato spingere il cervello a dormire più profondamente, e dall’altro facilita il ricordo di eventi recenti. Ovviamente questa stimolazione, se fatta in laboratorio con strumenti idonei e certificati, è totalmente innocua e non ci sono rischi per la persona. L’ultima tecnica di interesse, e secondo me la più affascinante seppur poco studiata in laboratorio, è la stimolazione vestibolare. Il sistema vestibolare, a volte chiamato anche il sesto senso, processa informazioni sulla posizione e sullo spostamento nello spazio della nostra testa, sull’equilibrio, l’orientamento spaziale, e il movimento. Il sistema vestibolare può essere stimolato in maniera estremamente semplice applicando un semplice movimento rotatorio ad un letto o ad una sedia. Se ci pensiamo bene, i neonati vengono spesso fatti addormentare in culle rotanti o “cullandoli” tra le braccia, e sia bambini che adulti hanno particolari difficoltà a rimanere svegli in una macchina in movimento. Alcuni studi hanno quindi sfruttato dei letti che potevano dondolare molto lentamente, dimostrando come la fisiologia del cervello dormiente si adatti a ritmo dell’oscillazione del letto, favorendo sia un sonno più profondo che adeguato al processamento delle memorie. 

 Nonostante ci sia una associazione tra sonno e memoria, pensare di sostenere un esame dopo aver semplicemente ascoltato le registrazioni durante la notte è decisamente inutile. Quindi, in conclusione, vista la popolarità di questi prodotti (e prodotti simili) sul mercato, quali possono essere dei consigli da tenere a mente per evitare di essere vittime di false promesse?

 In generale, al momento non esistono in commercio prodotti validati dalla comunità scientifica che possano effettivamente migliorare l’apprendimento durante il sonno. Tuttavia, il mercato è estremamente fiorente di prodotti legati al sonno, spesso di scarsa qualità. Basti pensare all’esplosione di app e dispositivi indossabili che promettono di dirci come stiamo dormendo e cosa dovremmo fare per migliorare il nostro sonno. Purtroppo, a parte rarissime eccezioni, i dati forniti dalla maggior parte di questi prodotti sono inaccurati.

Lo stesso discorso va esteso ai cosiddetti neurostimolatori, dispositivi indossabili che millantano di poter migliorare le nostre capacità di attenzione e memoria, il nostro umore, ridurre cefalea o emicrania, attraverso la stimolazione elettrica di determinati nervi come il vago o il trigemino, o di determinate aree del cervello. Questi strumenti spesso si basano su una letteratura scientifica ancora incompleta e, in generale, sono altamente inaffidabili. Quindi, prima di acquistare questi dispositivi bisognerebbe cercare di capire nella letteratura scientifica se quel prodotto è passato al vaglio di altri ricercatori, com’è stato valutato, e qual è il grado di affidabilità, e se ha una certificazione come dispositivo medico. Ma mi rendo conto che sia un’operazione complessa.

Quindi, il mio consiglio è di prendere sempre i prodotti commerciali legati al sonno, o in generale legati al funzionamento del cervello, con un po’ di sano scetticismo. Sicuramente evitare di fare affidamento su questi dispositivi per la preparazione di esami, di colloqui di lavoro, e soprattutto per farsi delle diagnosi da soli. E alla fine il consiglio più semplice rimane quello di cercare di dormire meglio, indipendentemente dall’utilizzo di strumenti e dispositivi. E per dormire meglio possiamo cercare di seguire le poche e buone norme di igiene del sonno o, nel caso di problemi cronici, affidarci ad uno specialista sul sonno. 

Foto di Daniela Dimitrova da Pixabay 

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