6 Marzo 2025
Giandujotto scettico

Fantasmi quadridimensionali: la via geometrica allo spiritismo di Giovanni Schiaparelli

Giandujotto scettico n°183 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Cesare Lombroso non fu certo l’unico scienziato di origine piemontese a interessarsi di spiritismo fra Otto e Novecento. Fra i tanti, anche l’astronomo Giovanni Virginio Schiaparelli lo fece. Entrambi assistettero alle sedute di Eusapia Palladino, la medium italiana più famosa di fine Ottocento. Diverse però furono le conclusioni che ne trassero: mentre Lombroso si convinse sempre più, col passare degli anni, della teoria secondo cui i tavolini danzanti erano davvero un metodo per mettersi in collegamento con i trapassati, Schiaparelli rimase perplesso e non del tutto persuaso da ciò che vide. E cercò allora una curiosa spiegazione “geometrica” per ciò che aveva osservato: per lui, quegli strani fenomeni potevano forse avere a che fare con la quarta dimensione dello spazio fisico.

Le carte ritrovate

Nel 1892 Giovanni Schiaparelli (1835-1910), nativo di Savigliano, nel Cuneese, era il direttore dell’Osservatorio astronomico di Milano-Brera. Era famosissimo per aver scoperto il legame tra sciami meteorici e comete, e dalla grande opposizione dell’agosto 1877 si era messo a studiare con particolare attenzione il pianeta Marte, anche se le sue pubblicazioni più celebri sul tema (Il pianeta Marte e La vita sul pianeta Marte) dovevano ancora arrivare. Fu proprio per la sua fama di uomo di scienza rigoroso e imparziale che gli fu proposto di partecipare alle sedute spiritiche di Eusapia Palladino che si sarebbero svolte a Milano di lì a poco. 

Per circa un mese, dal 16 settembre al 18 ottobre 1892, Schiaparelli assistette ai fenomeni messi in atto dalla celebre medium, giunta da Napoli in compagnia del suo manager Ercole Chiaia. Le sedute – diciotto in tutto – si svolsero per lo più a casa dello studioso di fisica Giorgio Finzi; vi parteciparono personaggi importanti come lo scrittore e filosofo Angelo Brofferio, lo psicologo Aleksandr A. Aksakov, Cesare Lombroso, il fisico Giuseppe Gerosa, lo studioso di spiritismo Giovanni Battista Ermacora, lo storico e politico Gaetano Negri e il futuro Premio Nobel per la medicina Charles Richet, oltre allo stesso Chiaia. 

Su quelle sedute si sa molto, grazie ai resoconti che ne vennero fatti sul Corriere della Sera e su altri giornali da più di uno dei presenti; fino a tempi recentissimi, però, non si sapeva che Schiaparelli aveva vergato sui suoi quaderni una memoria dettagliatissima di quell’esperienza, e che provò a darsene una spiegazione. Quegli appunti, ritrovati tra le sue carte, sono oggi custoditi dall’Archivio storico dell’Osservatorio di Brera, e sono stati presentati e trascritti nel 2024 da Fabrizio Bònoli e Agnese Mandrino sul Giornale di Astronomia (vol. 50, n. 4, p. 31 e sgg.).

Schiaparelli alla corte di Eusapia

Nelle diciotto sedute di Milano la Palladino mise in scena tutto il suo repertorio. I presenti rivolgevano le loro domande a “John King”, lo spirito evocato dalla medium, che rispondeva battendo uno o due colpi con il tavolino per dire sì e no – si trattava di un mobile con bordi molto sporgenti, facile da inclinare. Nell’oscurità della seduta, gli scienziati percepirono movimenti d’aria, toccamenti, sedie spostate; gli occhiali di Schiaparelli furono tolti e sistemati a un altro partecipante; tamburelli e campanelli, lasciati nella stanza, suonavano “da soli”, mani e braccia apparivano sul profilo della finestra e su un foglio fosforescente posizionato sul tavolo, mentre alcuni oggetti venivano estratti dalla tasca di Brofferio e messi sul tavolo. Nella quarta seduta, il soprabito di quest’ultimo fu rimosso e ritrovato addosso alla medium. Nell’ottava, Eusapia levitò: fu trovata seduta sul tavolo con tutta la sedia, una posizione che sembrava incompatibile con la scarsa agilità della donna. Si ebbero anche fenomeni luminosi, la comparsa di fiammelle (“come quelle di uno zolfanello acceso e subito spento”, notava Schiaparelli).

Tutto questo, senza che in apparenza Eusapia lasciasse le mani e i piedi dei vicini, cosa che colpì moltissimo lo scienziato. A commento della prima seduta, annotò infatti:

“L’impressione generale che ho ricevuto dalla considerazione dei singoli fatti e lo studio delle attitudini dei miei compagni, il contatto perpetuo che io esercitai sull’Eusapia dalla mia parte, mi rendono oltremodo difficile credere che abbia avuto luogo qualche inganno e che non sia qui più luogo di negare, ma piuttosto di studiare”. 

Nelle sedute successive, però, qualche dubbio si insinuò anche in lui. In calce alla quarta serata di esperimenti, annotava:

“Di questa continuata sorveglianza delle mani dell’Eusapia mi rincresce di non poter prestare giuramento da parte mia: tante cose singolari intervennero prima a sviare la mia attenzione”.

È molto probabile che la medium fosse brava a creare confusione intorno a sé, sottraendosi ai controlli. In qualche caso, potrebbe aver utilizzato un trucco che era stato ipotizzato da Eugenio Torelli-Viollier, direttore del Corriere della Sera, sulle pagine del suo quotidiano. Si tratta del metodo riprodotto qui di seguito: nel buio della seduta, Eusapia staccava per un istante la mano destra da quella del vicino, per poi mettere al suo posto la sinistra, debitamente trattenuta dall’altro “controllore”. In questo modo, riusciva a liberare una delle mani, con cui produceva i “fenomeni”. 

Immagine da Wikimedia Commons, pubblico dominio

Nel corso della quindicesima seduta, a Schiaparelli parve che Eusapia avesse messo in atto proprio quel giochetto:

“Questa seduta non fece altro che aggiungere nella mia mente dubbi sopra dubbi, e comincio a sospettare che in fin dei conti Torelli non abbia il torto intiero. Ma è difficile dimostrarlo”.

Nodi, matite e bilance

All’astronomo gli esperimenti con la matita sembravano i meno convincenti: Eusapia faceva comparire segni di lapis su fogli sparsi per il tavolo, oppure attirava l’attenzione su un punto della stanza dicendo che lì gli spiriti si erano manifestati; senza aver controllato prima l’assenza del segno, però, non si poteva aver la certezza che quelle tracce di matita fossero state fatte in altri momenti. Gli sperimentatori speravano che nel buio si producessero segni anche nella parte interna di un quaderno, ma furono delusi, perché le tracce si limitarono ad apparire sulla copertina (“il che lascia molto  desiderare dal lato della forza dimostrativa”, scriveva Schiaparelli). Un altro cavallo di battaglia di Eusapia erano i segni di matita sulle camicie degli astanti: la medium tracciava una croce con le dita sulla manica della giacca di Lombroso, e quella compariva invece sulla manica inamidata sottostante. Questo esperimento, però, suonava un po’ troppo “illusionistico” agli occhi dell’astronomo:

“Queste osservazioni possono da un prestidigitatore imitarsi colla destrezza e non mi pajono di molta importanza”. 

Altrettanto dubbi erano gli esperimenti con la stadera, una bilancia formata da un piatto e una leva a cui venivano apposti i contrappesi. Sottoposta a pesatura, Eusapia passò da 62,5 kg a 52, come se le leggi della gravità fossero sospese. Ma era difficile assicurarsi che la leva non fosse in qualche modo manomessa. Con una nuova bilancia, su cui non era possibile alcun trucco, non si produsse alcun effetto; in compenso, nel buio della quindicesima seduta si materializzò un contrappeso, che nessuno sapeva da dove fosse arrivato. 

“Insomma esperimento fallito e sospetti cresciuti”, commentava Schiaparelli.

Gli scienziati, dal canto loro, facevano domande a cui Eusapia rispondeva in perfetto italiano (quando non era in stato “magnetizzato”, parlava di solito in napoletano). Altre volte chiedevano di produrre determinati effetti, ma senza troppo successo. Schiaparelli, per esempio, portò con sé una cordicella con un nodo e chiese allo spirito di scioglierlo, mentre lui ne teneva i due capi. La presunta entità “John King” allargò il nodo, ma non lo sciolse. In un altro caso, fu chiesto allo “spirito” di immergere il volto o le mani in un piatto di creta molle; King spiegò che non poteva farlo perché la creta era troppo dura (anche se nel corso della dodicesima seduta, in cui si verificò l’apparizione di una mano infantile, un pugno di quella creta fu lanciata attraverso la stanza, e sulla creta venne poi rinvenuta la zampata di un bambino). 

Alcuni esperimenti riuscirono a perfezione: il tavolo, per esempio, si mosse anche quando la medium si trovava a operare al di sopra di un sistema di palline che le dovevano impedire di imprimere movimenti al ripiano; si mosse anche quando i presenti legarono le gambe della donna al di sotto del tavolo. Altri esperimenti invece fallirono, come quando Schiaparelli chiese – e lo fece più volte – se King fosse in grado di intersecare due anelli che erano disgiunti.

Fantasmi in quattro dimensioni

Ma perché Schiaparelli era interessato proprio a quell’esperimento? Beh, perché si trattava di un’operazione topologicamente impossibile nel nostro mondo in tre dimensioni. Potrebbe invece avvenire, in linea teorica, se uno dei due anelli passasse per un momento nella quarta dimensione

La questione era oggetto di dibattito, nella scienza del tempo. Nel 1884 l’inglese Edwin Abbott Abbott aveva pubblicato Flatlandia: Racconto fantastico a più dimensioni: vi si narra la storia di Quadrato, che vive in uno spazio a due dimensioni, e che un giorno riceve la visita di Sfera, un abitante di Spacelandia che lo inizia all’esistenza della terza dimensione. Muovendosi perpendicolarmente rispetto al mondo bidimensionale di Quadrato, Sfera è in grado di modificare le sue dimensioni, o anche di apparire e scomparire a suo piacimento: operazioni “paranormali”, per i criteri del mondo di Flatlandia

Non sappiamo se Schiaparelli avesse letto il romanzo di Abbott: non era stato un grande successo all’epoca della pubblicazione. Ma di sicuro aveva letto le opere di illustri scienziati che avevano ipotizzato l’esistenza di una quarta dimensione dello spazio per spiegare alcuni fenomeni della fisica: studiosi della levatura di Bernhard Riemann, Ernst Mach e Georges-Louis Le Sage, che aveva ipotizzato la presenza di “corpuscoli ultramondani” provenienti da un’altra dimensione. 

Ma soprattutto, Schiaparelli doveva aver letto la Fisica trascendentale pubblicata nel 1878 dall’astronomo tedesco Johann Karl Friedrich Zöllner. Oggi Zöllner è ricordato più che altro per i suoi contributi alla spettroscopia e per l’illusione ottica che porta il suo nome. 

L’illusione di Zöllner da Wikimedia Commons (opera dell’utente Fibonacci, licenza CC BY-SA 3.0)  

Però, Zöllner alla fine dell’Ottocento era noto anche per la sua spiegazione “geometrica” dei fenomeni spiritici. Per lui, infatti, gli spiriti agivano in uno spazio a quattro dimensioni, dal momento che potevano compiere operazioni topologicamente impossibili come annodare nodi in una corda senza toccarne i capi, recuperare monete da una scatola sigillata o intersecare due anelli inizialmente disgiunti. I suoi esperimenti con il medium (e truffatore) Henry Slade (1835-1905) furono volti a dimostrare questo principio, ma suscitarono innumerevoli critiche e dibattiti. Molti anni dopo, nel 1924, Henry Slade confesserà a Harry Houdini che quei fenomeni erano ottenuti tramite semplici giochi di prestigio; ma nel 1892 le ipotesi di Zöllner erano ancora dibattute, tanto che Schiaparelli, nelle sedute con la Palladino, chiese a “John King” se conoscesse il professor Zöllner, morto ormai da dieci anni. Le risposte dello “spirito”, a quanto pare, furono insoddisfacenti. 

Intelligenze da un’altra dimensione

In sostanza, era questa idea di spiegazione “razionale” per lo spiritismo quella che aveva in mente Schiaparelli: le apparizioni di oggetti dal nulla, gli spostamenti impossibili e tanti altri fenomeni che apparivano impossibili, potevano essere spiegati ipotizzando che gli spiriti agissero in uno spazio a quattro dimensioni . Schiaparelli provò a mettere per scritto quell’idea in due note manoscritte sul suo quaderno, intitolate rispettivamente Alcuni appunti e speculazioni di fisica trascendentale e Tentativo di un ordinamento teoretico delle idee. Dal punto di vista cronologico, quelle note risalgono al 21 settembre 1892; dunque, coincidono più o meno con la quarta seduta condotta con Eusapia Palladino. 

Immaginate che ci siano due uomini intelligenti posti in due stanze separate da un muro, spiegava Schiaparelli. Potrebbero passare anni prima che uno si accorga dell’altro; l’unica forma di comunicazione sarebbe quella di picchiettare contro la parete divisoria. Con il tempo, queste due persone potrebbero anche sviluppare un sistema di comunicazione convenzionale, fatto di colpi battuti contro il muro. 

Immaginate ora che la parete divisoria non sia un muro solido, ma una sorta di “tela flessibile non intieramente tesa”. I due uomini ora potranno comunicare con altri mezzi, magari producendo deformazioni del telo con le mani. Potrebbero anche toccarsi e farsi segni, e produrre alcuni effetti limitati nella camera dell’altro – forse urtare una sedia e farla cadere – agendo così sugli oggetti adiacenti alla parete. 

I fenomeni spiritici erano qualcosa di analogo, per Schiaparelli: una forma di comunicazione limitata e imperfetta tra due mondi. E questo mondo che si era messo in comunicazione con il nostro poteva essere un mondo a quattro dimensioni. 

Noi, modeste  intelligenze tridimensionali, possiamo percepire solo tre dimensioni – ragionava Schiaparelli. Ma, immaginiamo che in realtà ne esistano quattro; potremmo figurarci la quarta  per analogia, con il passaggio da due dimensioni a tre. Come un piano bidimensionale è il confine di uno spazio a tre dimensioni, così il nostro mondo a tre dimensioni potrebbe essere il confine di uno spazio a quattro. Un essere quadridimensionale potrebbe compiere azioni che a noi sembrano paranormali, come far sparire un oggetto portandolo nella quarta dimensione per poi farlo riapparire altrove. Potrebbe compiere quelle azioni che noi attribuiamo agli spiriti. Ma non è detto che sia davvero un fantasma:

“Le intelligenze chiamate spiriti abitano in uno spazio contiguo al nostro, e possono esser intelligenze viventi come noi. Non è punto necessario supporre che siano spiriti dei morti. […] Queste intelligenze, operando sui confini del nostro spazio a 3 dimensioni nel senso della quarta, entro ristretti limiti possono far sentir entro di esso la loro presenza, producendo fenomeni materiali, sebbene in misura ristretta ed incompleta: come fra due camere separate da una tela sensibile si può per mezzo di deformazioni prodotte colle mani o col viso nella tela, e per via di colpi dati nella parete vicina, produrre apparenze umane, e suoni sensibili dall’altra parte della tela o della parete”.

L’idea di “altre intelligenze” suonava, alle orecchie di Schiaparelli, più accettabile della sopravvivenza dell’anima dopo la morte. Dopotutto era un astronomo e non escludeva l’esistenza di abitanti sugli altri pianeti. Perché, allora, non avrebbero potuto esistere anche in altre dimensioni?

Delle sue teorie, Schiaparelli provò a discutere direttamente con “John King” nella quarta seduta. In quell’occasione, lo spirito aveva chiesto ai presenti di aprire una finestra, e distribuì nel buio delle rose agli scienziati. Quelle rose, a suo dire, provenivano da un giardino vicino, ma per arrivare in quella stanza si erano rese invisibili. Commentava Schiaparelli:

“Finzi e io facemmo ancora qualche questione: potemmo convincerci che John non intende il significato delle parole “quarta dimensione”, sebbene possa aver la nozione di quello che sia. Disse per mezzo del medio che [le rose] erano passate per lo “stato fluidico”. Sarà una cosa da tentare di discutere che voglia propriamente dire questa parola. Dopo varie questioni e discorsi poco chiari egli garbatamente prese su di sé la colpa e disse col tavolo: “io non mi fo capire”. 

I discorsi sulla quarta dimensione, a quanto pare, non erano troppo congeniali alle idee di Eusapia, e quindi al suo  amico “spirito”.

Spiritualmente agnostico

Troppo spesso, quando parliamo di spiritismo abbiamo in mente un’immagine stereotipata: quella di un gruppo di borghesi, quasi sempre uomini, che in un salotto di fine Ottocento cercano commossi di parlare con i loro cari defunti. Dimentichiamo, così, che non era questa l’unica concezione circolante per i fenomeni medianici: a fianco di questa spiegazione ne convissero altre, più originali. La via geometrica di Schiaparelli e Zöllner era una di quelle. 

Schiaparelli, comunque, non rimase del tutto persuaso che quanto aveva visto durante le sedute fosse vero. Concluse il resoconto di quelle serate scrivendo che aveva mandato alla Palladino una piccola somma, con la quale aveva pagato il suo divertimento, ma annotando che da quell’esperienza “si imparò ben poco”. L’ottimismo della prima seduta (“non [è] qui più luogo di negare, ma piuttosto di studiare”) aveva via via lasciato spazio al dubbio. Anche per questo, forse, non pubblicò mai i suoi appunti sulla presunta quarta dimensione.

La sua opinione sui fenomeni spiritici risulta evidente da una sua nota datata 27 marzo 1895, dunque redatta tre anni dopo le sedute con Eusapia, ritrovata anche questa da Fabrizio Bònoli e Agnese Mandrino. Schiaparelli riconosceva di aver assistito a esperimenti per i quali gli era difficile pensare a un inganno, e dunque non poteva escludere che fosse all’opera una qualche forza ancora sconosciuta. D’altra parte, aggiungeva, la verità dei fenomeni spiritici era riconosciuta da scienziati e intellettuali di tutto rispetto. Allo stesso tempo, però, non poteva escludere che quei fenomeni fossero ottenuti con “qualche destrezza”. Così concludeva:

“Se adunque mi è vietato schierarmi fra gli oppugnatori dello spiritismo, molto meno ancora mi credo autorizzato a mettermi tra i suoi difensori. Lo stato attuale della mia mente a questo riguardo può definirsi con una parola sola: agnosticismo.

Quando i signori spiriti, o chi li rappresenta, avranno la cortesia di darci manifestazioni schiette, e tratteranno da galantuomo chi desidera far con loro più intima conoscenza, volentieri consentiremo ad occuparci di loro, e potremo anche, dato che ne valga la pena, farci loro apostoli. Ma la vita è breve, e non a tutti può esser gradito di perdere molto tempo al giuoco di mosca cieca, del quale i predetti spiriti tanto sembrano dilettarsi”.

Si ringraziano Gianni Comoretto e Roberto Labanti per le fonti fornite. In apertura: Lombroso e Richet controllano le mani di Eusapia Palladino, da Wikimedia Commons, pubblico dominio