L’incendio di Cesena: colpa di un meteorite? No!
di Albino Carbognani (INAF/PRISMA), Roberto Labanti (Italian Meteor and TLE Network e CISU) e Giuseppe Stilo
Romagna, via Bel Pavone, strada che percorre poco più di due chilometri di campagna nelle vicinanze di Pioppa, frazione di Cesena a nord-est del capoluogo, sulla strada per Cervia (provincia di Ravenna), intorno alle 22 locali di martedì 23 luglio 2024: i vigili del fuoco sono chiamati per un incendio che sta interessando un terreno agricolo a circa 700 metri in linea d’aria dal centro abitato. Un primo intervento, secondo il Corriere Romagna, si sarebbe concluso velocemente, poi i pompieri sono dovuti intervenire nuovamente perché il fuoco si era riattivato. L’incendio, domato definitivamente alle 5 di mercoledì mattina, ha prodotto gravi danni: due vacche sono rimaste uccise e il contenuto dell’edificio agricolo all’interno dell’area, fra cui fieno e un trattore, è andato distrutto.
Nell’immediatezza del fatto, sui media si parla di un possibile cortocircuito, ma per Enea Conti, il 25 luglio sull’edizione online del Corriere di Bologna, dorso locale del Corriere della Sera:
Le squadre dei vigili del fuoco hanno subito sospettato che l’origine del rogo fosse dolosa. In una nottata di lavoro, tuttavia, non sono emerse tracce di innesco, o di combustibile di cui gli ipotetici piromani si sarebbero potuti servire per appiccare le fiamme.
Poco prima dell’incendio un bolide era stato osservato nel cielo di Pioppa, e qualcuno (quattro testimoni, indica Gerardo Muollo su Cesena Today) ne ha parlato con la polizia e con il Nucleo Investigativo Antincendi (NIA, con compiti di polizia giudiziaria) dei vigili del fuoco, intervenuti per le indagini.
Questa è però la nota illusione del “bolide caduto dietro l’angolo”, che anche in altre occasioni ha portato alla suggestiva – ma errata ipotesi – che un incendio di cui non erano note le cause potesse avere avuto origine da un meteoroide (il meteorite infatti è l’eventuale residuo arrivato al suolo) giunto incandescente a terra. “Incandescente” scrive ancora il Corriere Romagna “al punto da accendere a ripetizione il fuoco in quella zona delle campagne di Pioppa”. Quando il meteoroide non è identificato come tale, ma magari scambiato per un UFO, può accadere che i testimoni pensino a un qualcosa di misterioso, magari precipitato nei pressi. Negli annali della casistica ufologica le segnalazioni di questo tipo abbondano, peraltro spesso facilmente chiarite in fase di analisi.
Secondo Muollo, da Bologna sarebbe giunto anche il nucleo NBCR (Nucleare – biologico – chimico – radiologico) dei pompieri. Aggiunge Conti:
sono stati fatti esami strumentali per comprendere se l’eventuale caduta di un frammento avesse potuto provocare l’incendio. E l’unico metodo che poteva chiarirlo sul posto consisteva nell’analisi di eventuali tracce radioattive, che tuttavia non sono state trovate.
Di nuovo, la mattina del 26 luglio l’edizione cesenate del Corriere Romagna ha insistito sui quattro testimoni che avrebbero descritto in dettaglio la dinamica dell’episodio ai Vigili del fuoco, tanto che il materiale incendiato sarebbe in corso di analisi chimica e microscopica. Presso la Procura della Repubblica di Forlì sarebbe stato aperto un fascicolo a carico di ignoti: si pensava persino ad una segnalazione all’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, probabilmente perché è stata fatta anche l’ipotesi di un frammento di satellite.
Una valutazione dell’accaduto
Ma cosa possiamo dire della fondatezza dell’ipotesi del frammento giunto al suolo? Per rispondere occorre analizzare i dati della rete PRISMA, coordinata dall’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) che, con le sue sessanta camere all-sky sparse in tutta Italia, ha il compito di riprendere e triangolare i bolidi per la ricerca di eventuali meteoriti. Alle 19:31 tempo di Greenwich (21:31 locali) del 23 luglio 2024 tre stazioni PRISMA (Trento, Rovereto, Novezzina, sul Monte Baldo, nel Veronese), hanno ripreso il brillante fireball citato da numerosi testimoni oculari (anche di paesi dell’Europa centrale, oltre che di parte del territorio italiano), ben visibile nel cielo ancora chiaro del tramonto ed è grazie ai dati raccolti che è stato possibile triangolarne la traiettoria in atmosfera.
Il meteoroide che ha generato il fireball del 23 luglio, delle dimensioni di 10-20 cm di diametro, è entrato in atmosfera alla velocità di quasi 14 km/s ad una quota di circa 70 km, quasi sulla verticale di Bassano del Grappa (Vicenza). Come tutti i piccoli meteoroidi, ha creato una scia di plasma, ossia di gas ionizzato incandescente per effetto del frenamento con l’atmosfera che trasforma l’energia cinetica del meteoroide in energia termica del mezzo circostante e la temperatura superficiale ha raggiunto circa 2500 °C. La scia di plasma, che viene generata anche nel caso di oggetti artificiali che rientrano in atmosfera, come le capsule del progetto Apollo della NASA o la più recente Starship di Space X, vista da terra è la responsabile dell’effetto “scia di fuoco” che il meteoroide sembra lasciare dietro di sé, anche se non si tratta di “fuoco” perché non c’è niente che stia bruciando.
Dopo sei secondi, il fireball si è estinto in prossimità di Pordenone ad una quota di circa 35 km quando la velocità è scesa al di sotto dei 3 km/s, ma probabilmente qualche frammento ha proseguito la sua corsa in quella che si chiama la fase di volo buio (perché non si vede), e potrebbe essere caduto a nord-est di Pordenone (il Team di PRISMA sta analizzando i dati per identificare la zona dove andare alla ricerca di possibili frammenti). La cosa interessante è che nella fase di volo buio, quello che rimane del meteoroide consumato dall’interazione con l’atmosfera, si raffredda rapidamente quando entra in contatto con gli strati più densi e freddi della troposfera. Ad esempio, alla quota di circa 10 km, dove volano gli aerei, la temperatura esterna è di -60 °C e un meteoroide può impiegare alcuni minuti per raggiungere il suolo. In effetti la fase di volo buio ha una durata molto maggiore rispetto alla fase di fireball, dove il meteoroide viene riscaldato, perché viene ulteriormente rallentato fino a cadere al suolo alla modesta velocità di circa 250 km/h.
Il risultato è che al suolo il meteoroide arriva tiepido, assolutamente non in grado di innescare un incendio. Inoltre le meteoriti non sono radioattive, anche se presentano all’inizio una modesta attività radiogenica dovuta all’interazione con i raggi cosmici; quindi, il cercare radiazioni in un oggetto che si pensa appena caduto è utile per escludere o confermare che siamo davvero in presenza di una meteorite, ma l’attività è molto bassa e le misure non possono essere fatte con un contatore Geiger: sono necessari strumenti più sensibili e laboratori adeguati. In ogni caso non si corre nessun rischio a prendere in mano una meteorite, ma la cosa non va fatta, per evitare contaminazioni della sua superficie.
In sostanza, a parte il fattore distanza (da Cesena a Pordenone ci sono ben 200 km), la caduta di un piccolo meteoroide non può innescare un incendio. Dunque, per quanto ci è dato capire, la causa di quello avvenuto presso Cesena la sera del 23 luglio va ricercata altrove.
Collaborazione di Sofia Lincos e Gianni Comoretto. Immagine di u_fg0tkeqgiy da Pixabay