Pop, maiali volanti e palloncini, ovvero: quando la musica fa pensare agli Ufo
di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
Gli anni ‘80 del secolo scorso sono passati alla storia del costume come quelli del disimpegno e della ricerca della leggerezza, dopo un ciclo in cui la politica era stata al centro della vita di un gran numero di persone, sia in Italia sia in altri paesi occidentali. Probabilmente si tratta di una lettura frettolosa e superficiale, ma qualcosa di vero in questa idea c’è.
Fra le migliaia di brani musicali del decennio, uno è considerato espressione esemplare (forse non del tutto a ragione) di queste trasformazioni. Era una canzone musicalmente leggerissima, interpretata da una formazione passata come una meteora: i tedeschi Nena, dallo pseudonimo della cantante e frontwoman del gruppo, Gabriele Kerner. La canzone, uscita nel gennaio 1983, si chiamava 99 Luftballons, cioè, “99 palloncini”. Che cosa c’entri con tutto ciò la rubrica Misteri Vintage diventerà più chiaro fra un attimo.
Palloncini come UFO, minaccia per il mondo
Con la sua voce, Nena ha portato 99 Luftballons ai primi posti di vendita in parecchi paesi, ma il testo della canzone si deve al chitarrista Carlo Karges (1951-2002). Nella sua genesi ci sono cose interessanti per chi si interessa di UFO e delle sue ricadute sulla cultura pop.
Gabriele “Nena” Kerner, Karges e altri avevamo creato la loro band nel 1981. Fino ai primi del 1983, cioè sino all’uscita della loro prima (e ultima) hit internazionale, non erano particolarmente noti al di fuori dei confini tedeschi. Furono 99 Luftballons e la sua successiva versione inglese a far guadagnare loro un piccolo posto nella vetrina del pop. La storia che racconta questa canzoncina (ne trovate in fondo la versione integrale) è una somma di tante cose, ma tutte rimandano a componenti differenti del mito UFO. Vale dunque la pena capirne meglio il plot e il modo in cui Karges la inventò.
La sera dell’8 giugno 1982 il chitarrista dei Nena era al Waldbühne, un anfiteatro per concerti dell’allora Berlino Ovest. Era lì per un’occasione eccezionale: si trattava di assistere a una delle tappe del tour europeo dei Rolling Stones. Ad un certo punto, nel cielo sopra l’arena fu liberata in aria una gran massa di palloncini. Charlottenburg, il quartiere in cui sorge il Waldbühne, in quegli anni era assai vicino al Muro di Berlino – la serie di barriere, torri di sorveglianza e campi minati che separava la parte occidentale della città da quella sovietica. Secondo quanto Karges raccontò, si sarebbe messo a pensare a cosa sarebbe potuto accadere, se quella massa compatta di palloni, trasportata dal vento, avesse violato il confine della Germania Orientale. Notò che la forma della massa cambiava, mentre andavano verso l’orizzonte: gli faceva venire in mente un’astronave.
Nel clima della seconda Guerra Fredda, che proprio in quel periodo si avviava al suo culmine, sarebbe stato possibile un conflitto “per errore”, scatenato da pacifici palloni scambiati per una minaccia in arrivo dal cielo? Fu questa la spinta principale per la stesura del testo. La canzone è una specie di filastrocca: si compone di cinque strofe, quattro delle quali iniziano, alla maniera dei bambini, con un numero – il fatidico “novantanove”, e racconta una grande, terribile guerra tra potenze rivali che nasce da una serie di errori di identificazione sulla vera natura di una massa di palloncini.
Quei 99 palloni, in un primo momento scambiati per UFO alieni dai radar, spingono un generale posto a difesa dei confini del suo paese a inviare una formazione di caccia per indagare. I piloti li intercettano, ma si rendono conto che si tratta di qualcosa di innocuo, non di un’invasione dallo spazio. A quel punto, però, il generale pensa di trasformare la cosa, in apparenza banale, in una prova di forza. Ordina a 99 caccia a reazione di abbattere i palloni, ma 99 ministri della guerra di altrettanti paesi, invece che calmare le acque, alimentano la tensione internazionale. Inizia perciò una guerra che durerà 99 anni, al termine dei quali tutte le parti in conflitto saranno annichilite. Alla fine, sia nel testo sia nel video originale, Nena cammina fra le rovine di un mondo devastato dalla guerra, dove trova un palloncino rosso: quello che mancava per arrivare a cento. Nell’ultima inquadratura, mestamente, gli dà un calcio. Come vedremo fra un po’, questo centesimo pallone è curiosamente ma strettamente legato a un altro episodio ufologico – davvero un legame inatteso.
In realtà, qualche anno prima dell’idea dei Nena, un altro gruppo musicale ben più noto aveva dato origine, senza volerlo, a un equivoco da oggetto volante non identificato – un equivoco che aveva anche generato qualche conseguenza spiacevole. Quel gruppo era rappresentato nient’altro che dai Pink Floyd.
I Pink Floyd e i maiali volanti
Sia sulle copertine degli LP, sia nei concerti live, i Pink Floyd hanno usato spesso immagini e riprese di vari generi di animali. Fra tutti, già dalla metà degli Anni ‘70 avevano privilegiato i maiali, come nella copertina iconica di Animals, l’album uscito ai primi del 1977. Ma non si limitarono a questo: grazie al lavoro dell’artista visivo Jeffrey Shaw, furono realizzati diversi maiali volanti – palloni di quella forma, gonfiati con elio e lunghi dodici metri – da far innalzare nel cielo ancorati a cavi. Costituivano la scenografia perfetta per i loro concerti.
Era stato anche ingaggiato un tiratore scelto: nel caso in cui i palloni avessero rischiato di sganciarsi, li avrebbe bucati subito a fucilate, facendoli sgonfiare. Ma le cose andarono diversamente: il 2 dicembre del 1976, a Battersea, il quartiere di Londra dove era stato allestito il tutto, il tempo era cattivo, e la cosa fu rimandata al giorno dopo. E qui accadde l’incidente. Il 3 dicembre il cecchino non era stato riconvocato, il maialone di gomma fu fatto alzare ma una ventata improvvisa lo disancorò, portandolo via. Ecco la parte più interessante per noi. Dopo cinque minuti il team che lo aveva preparato lo aveva già perso di vista: si era alzato sino alla quota di crociera degli aerei di linea, e cominciò ad essere avvistato da piloti che volavano a 9000 metri sul sud dell’Inghilterra. Il controllo del traffico dell’aeroporto londinese di Heathrow segnalò l’oggetto non identificato e diversi voli furono cancellati. L’Ufo-maiale continuò a muoversi verso est, e soltanto molte ore dopo, alla sera, dopo esser stato segnalato da molti altri cittadini ignari, scese in una fattoria del Kent terrorizzando una mandria di mucche.
L’episodio probabilmente giunse alle orecchie di Carlo Karges, allora adolescente, e, insieme all’episodio decisivo (quello del concerto degli Stones a Berlino nel 1982) fece partire il processo creativo che condusse alla canzone.
Ma perché 99 palloni e non 100?!
Già. Perché Karges scelse il numero novantanove e non cento, per i suoi palloni-UFO seminatori di allarmi? Perché non fare cifra tonda? Si potrebbe pensare a una semplice trovata poetica: Neunundneunzig come parola non è male e fa un po’ filastrocca, e in effetti la canzone è simile a una tiritera infantile. Ma c’è dell’altro, e la cosa che sorprende è che la scelta del numero in realtà fu strettamente ufologica. Karges, oltre che dai palloni degli Stones, era rimasto colpito da un’altra storia.
Aveva trovato un articolo pubblicato da un giornale americano, il Las Vegas Review-Journal del 9 settembre 1973. Raccontava quello che era appena successo, mentre tutti gli Stati Uniti erano in preda all’eccitazione collettiva per una colossale ondata di avvistamenti di presunti UFO. Cinque studenti liceali di Las Vegas avevano organizzato uno scherzo: avevano messo insieme cento palloni in mylar rivestiti di un sottile strato di alluminio e li avevano legati con dei nastri a un razzo illuminante rosso. Poi li avevano lanciati in cielo, e la luce del razzo, riflessa sulla superficie d’alluminio, aveva fatto credere, in particolare agli abitanti della zona del Red Rock Canyon, a ovest di Las Vegas, che un grande oggetto rosso pulsante volasse sulla zona.
Ma i novantanove palloni? Appena prima del decollo, uno dei palloncini si era rotto. Quella sera, nel cielo del Nevada, volarono 99 palloni rossastri – uno di meno di quanto previsto. Tutti insieme, però, avevano creato l’ennesimo falso avvistamento Ufo, quello rimasto in mente al paroliere dei Nena.
E comunque, i palloni hanno creato ben altre seccature, nel corso della lunga storia del mito UFO.
Pallone vagante, UFO costante
Perturbazioni serie al traffico aereo da parte di palloni vaganti – a volte non identificati come tali da parte degli stessi equipaggi – se ne trovano a iosa, nella storia dell’ufologia, fin da subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando nacque il mito dei dischi volanti. Ci vengono in mente un paio di specifici episodi, interessanti sia perché toccano il nostro paese, sia perché aiutano a interpretare alcune dinamiche complicate che possono mettersi in moto quando capitano cose di questo tipo. Con una precisazione necessaria: almeno per gli episodi più remoti, avvenuti nel 1969, sussistono elementi contraddittori tali da render difficile, oramai, affermare in maniera apodittica che cosa accadde.
Dalle nove e mezzo del 23 settembre 1969, stando a numerose fonti di stampa successive (Il Messaggero, 29 settembre, Corriere Mercantile, Genova, e Nazione Sera, Firenze, 30 settembre, Il Tempo e Il Messaggero, 1° ottobre), su alcune zone del Tirreno settentrionale, in particolare al largo di Pisa, gli equipaggi di diversi aerei avevano avvistato e segnalato un grosso oggetto scuro, quasi immobile ad alta quota. Tutti lo avevano indicato alla torre di controllo di Pisa come un pallone, lamentandosi che non fosse stato segnalato: un pilota di un Trident della compagnia britannica BEA, a quanto pare, aveva rischiato la collisione con il pallone sconosciuto. UFO soltanto in senso tecnico, dunque: un oggetto volante la cui origine e scopi non erano chiari, e un potenziale problema per i velivoli.
Molti anni dopo, però, ci fu una novità inattesa: due alti ufficiali dell’Aeronautica militare ormai in pensione contattarono un ufologo, Pier Luigi Sani (uno di quelli prudenti, non un fanatico), sostenendo di volergli raccontare quanto gli era capitato nel cielo di Pisa… il 23 settembre del 1969, cioè il giorno del grande pallone sconosciuto! Ci furono scambi di lettere, e anche un lungo colloquio con i due ex-ufficiali (all’indagine sul caso partecipò anche uno degli autori di questo articolo, Giuseppe Stilo).
Ebbene, i due raccontarono che verso le 12.15, mentre rientravano alla base di Pisa-San Giusto con il loro aereo da trasporto C-119, la torre gli aveva chiesto di andare a verificare una segnalazione ricevuta. I due non identificarono l’oggetto come un pallone: per loro era un grosso corpo a forma di sigaro, con punte arrotondate ed estremità circonfuse da luce azzurra. Non riuscirono a raggiungerlo, e invertirono la rotta senza capire di che cosa si trattava. Intanto, però, l’oggetto era tornato più o meno nella posizione iniziale del contatto visivo. L’episodio si sarebbe protratto per circa tre ore, e l’oggetto si sarebbe allontanato soltanto dopo che il C-119 era rientrato all’aeroporto militare pisano, muovendosi a una velocità che i due stimarono pari ad almeno tre volte quella del suono! Sani raccontò l’episodio in ogni dettaglio sul mensile fiorentino dell’insolito Il Giornale dei misteri (n. 223 del maggio 1990, pp. 56-58), fiducioso nella natura anomala di quanto visto dall’equipaggio del C-119.
Ora, questo è un caso di scuola per capire quale è la posizione caratteristica degli ufologi ragionevoli. Gli episodi descritti dai giornali nel 1969 si verificarono presumibilmente in un arco temporale assai prossimo a quello dell’avvistamento fatto dal C-119, e a breve distanza geografica l’uno dall’altro. Tutto indica che l’oggetto che li generò era lo stesso. Eppure, i due piloti dell’aereo militare non pensarono che fosse un pallone. Un grande oggetto allungato, che fluttua sulla stessa zona per ore sotto la luce del Sole, e poi sparisce.
È proprio di queste ambiguità – la mancanza di documentazione sull’episodio da parte dell’aeroporto di Pisa, per esempio, e la valutazione dell’episodio come “pericoloso” per il traffico – che vivono le aspettative degli ufologi. Tre giorni dopo i fatti della costa toscana, prima del tramonto del 26 settembre, un altro grande oggetto (forse lo stesso del Pisano) si librò a lungo pigramente su Roma e dintorni. Anche questa volta fu identificato come un grande pallone. Astrofili di Riano Flaminio ebbero persino modo di fotografarlo: nelle immagini appare come una massa irregolare, vistosa nel cielo. Anche per loro era soltanto un pallone (Nazione Sera del 30 settembre, Il Tempo del 1° ottobre).
Ma non è finita: un mese dopo, un episodio simile si ripeté sulle province di Torino e di Cuneo, di nuovo prima del tramonto: un grande pallone fu scambiato per un disco volante (La Stampa, cronaca di Torino, 28 ottobre; La Guida, Cuneo, 31 ottobre 1969).
Come al solito, episodi come quello dei piloti del C-119, ai quali manca poco per avere una spiegazione esauriente, si situano nell’area che lo scettico americano Mick West chiama LIZ, o Low Information Zone, cioè, Area a Basso Contenuto Informativo. In questa occasione, tuttavia, oltre a mancare di fonti d’archivio relative alla gestione dell’evento dell’area di Pisa da parte delle autorità aeroportuali civili e militari, abbiamo dei buoni candidati per spiegare tutto questo traffico di UFO-palloni sull’Italia nord-occidentale e sulle coste alto e medio-tirreniche. Si tratta dei lanci di grandi palloni stratosferici che venivano fatti da uno dei maggiori siti europei per esperimenti scientifici nell’atmosfera, quello francese di Aire-sur-L’Adour, nel sud-ovest della Francia. Nel corso degli anni questi lanci sono stati responsabili di innumerevoli equivoci, molti dei quali con testimoni situati in territorio italiano. Nel caso degli eventi del 1969, sono noti lanci effettuati rispettivamente il 22 e il 25 settembre, dunque nei giorni precedenti gli episodi del Pisano e della zona di Roma, ma è impossibile dire con assoluta certezza se alla base di essi ci furono davvero quegli esperimenti. Mancano dettagli su quote, rotte e fine che fecero i palloni che portavano gli strumenti.
Altri palloni, altri UFO
La seconda serie di episodi che ci interessa risale all’estate di dieci anni dopo, quella del 1979. Nei mesi di giugno e luglio, sempre in ore diurne, nei cieli italiani si ebbe una notevole serie di incontri fra corpi volanti allungati di colore scuro e aeromobili (sia aerei, sia elicotteri) civili e militari. Accade il 4 giugno a un volo Alitalia in fase di decollo da Milano-Linate per Roma, il 10 a un elicottero dei Carabinieri su Vicenza, il giorno dopo presso Roma a un DC-9, il 18 giugno a est di Genova a un altro DC-9 in volo da Amsterdam a Fiumicino, poco dopo su Parma a un altro aereo, a inizio luglio su Vicenza a un elicottero della Polizia, e così via…
Una serie quasi incredibile, e che probabilmente vide molti altri episodi simili la cui conoscenza ci sfugge. In quasi tutti i casi furono gli stessi equipaggi a rendersi conto di trovarsi davanti a palloni ad aria calda, di colore nero e di forma cilindrica: si trattava di giocattoli che in quegli anni erano commercializzati sotto il nome “UFO Solar” e che potevano raggiungere quote notevoli. In seguito a un’altra interferenza con un volo di linea diretto in Grecia, nell’estate del 1985, furono vietati dal Ministero dei Trasporti e ritirati dal commercio.
In tempi recenti, un altro caso interessante di pallone giocattolo allungato e di colore nero ripreso da un aereo nei pressi dell’aeroporto LaGuardia di New York, avvenuto il 24 marzo 2024, è stato analizzato dallo scettico Mick West.
Nel frattempo, però, era apparso da parecchi anni il caso principe di queste storie di oggetti scuri allungati visti da equipaggi di aeromobili: quello di un sottufficiale pilota dell’Aeronautica Militare italiana che, il 18 giugno 1979, proprio nel mezzo della mini-ondata di incontri tra velivoli e palloni-UFO di quell’estate, si trovava a bordo del suo Fiat G-91R da ricognizione; da lì aveva fotografato con le macchine in dotazione un oggetto di questo tipo, nel cielo della provincia di Treviso. Ne saltò fuori una polemica sul rilascio delle relative immagini, sui loro dettagli, sul fatto che sembrava esserci sull’”UFO cilindrico” una piccola cupoletta che nei palloni-giocattolo “UFO Solar” non c’era, sulle dimensioni esatte del corpo, e, ovviamente sul fatto che un testimone qualificato come un pilota non si sarebbe certo sbagliato, e avrebbe capito rapidamente che quel coso lì era un pallone. Invece così non accadde (i fotointerpreti della base di Istrana, dal quale proveniva il ricognitore, avevano invece concluso subito che si trattava di un pallone). E così il caso del pilota del G-91 entrò per sempre nella storia ambigua dell’ufologia.
La scienza, però, ragiona in maniera probabilistica: pensare seriamente che i piloti del C-119 su Pisa, nel 1969, avessero visto qualcosa di diverso da un grande pallone vagante e che, nel 1979, il pilota del G-91 abbia fotografato qualcosa che non era un qualche pallone giocattolo non è impossibile; però è molto improbabile. Ma questo non basta ai più ferventi appassionati di UFO.
C’è da pensare che la ruota dell’ambiente ufologico, su basi di questo genere, continuerà a girare ancora a lungo. Di una cosa invece siamo quasi certi: a Carlo Kruges, l’autore del testo di 99 Luftballons, queste vicende di UFO-quasi-palloni sarebbero state d’ispirazione.
99 Luftballons: il testo tradotto dal tedesco
TESTO ORIGINALE | TRADUZIONE |
Hast du etwas Zeit für mich? Dann singe ich ein Lied für dich Von 99 Luftballons Auf ihrem Weg zum Horizont Denkst du vielleicht grad an mich? Dann singe ich ein Lied für dich Von 99 Luftballons Und, dass sowas von sowas kommt. |
Se hai un po’ di tempo per me allora ti canterò una canzone a proposito di novantanove palloncini in volo verso l’orizzonte. Starai pensando forse a me proprio ora allora ti canterò una canzone a proposito di novantanove palloncini e da cosa nasce cosa. |
99 Luftballons Auf ihrem Weg zum Horizont Hielt man für Ufos aus dem All Darum schickte ein General ‘ne Fliegerstaffel hinterher Alarm zu geben, wenn’s so wär Dabei war’n dort am Horizont Nur 99 Luftballons. |
99 palloncini in volo verso l’orizzonte. la gente li confuse con UFO spaziali tanto che un generale spedì contro uno squadrone aereo per dare in tal caso l’allarme ma spersi all’orizzonte c’erano solo 99 palloncini. |
99 Düsenflieger Jeder war ein großer Krieger Hielten sich für Captain Kirk Es gab ein großes Feuerwerk Die Nachbarn haben nichts gerafft Und fühlten sich gleich angemacht Dabei schoss man am Horizont Auf 99 Luftballons. |
99 piloti di caccia ognun d’essi un gran guerriero ciascuno credendosi Capitan Kirk nel fare grandi fuochi artificiali che gli astanti non ci capirono niente e si sentirono tanto stuzzicati da sparare verso l’orizzonte verso i novantanove palloncini. |
99 Kriegsminister Streichholz und Benzinkanister Hielten sich für schlaue Leute Witterten schon fette Beute Riefen: „Krieg!“, und wollten Macht Mann, wer hätte das gedacht? Dass es einmal so weit kommt Wegen 99 Luftballons. Wegen 99 Luftballons 99 Luftballons. |
99 ministri della guerra accendini e bottiglie incendiarie convinti di essere molto abili subodorarono ricche prede scesero in guerra e reclamarono potere Cavolo, chi l’avrebbe detto che la cosa sarebbe andata così A causa di 99 palloncini A causa di 99 palloncini 99 palloncini. |
99 Jahre Krieg Ließen keinen Platz für Sieger Kriegsminister gibt’s nicht mehr Und auch keine Düsenflieger Heute zieh’ ich meine Runden Seh’ die Welt in Trümmern liegen Hab’ ‘n Luftballon gefunden Denk’ an dich und lass’ ihn fliegen. |
99 anni di guerra senza possibilità di un vincitore non c’erano più ministri della guerra e neanche piloti di caccia Oggi mi guardo intorno e vedo solo un mondo in macerie trovo un palloncino gonfiato mi ricordo di te e lo lascio volare. |