16 Maggio 2024
Giandujotto scettico

Mister Lakenar, ipnotista combinaguai

Giandujotto scettico n° 163 di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo

L’ipnosi da palcoscenico è una forma di illusionismo diventata popolare alla fine del Diciannovesimo secolo. Oggi nessuno penserebbe di vederci molto più che uno spettacolo di magia. Eppure, in passato queste manifestazioni artistiche facevano paura a tanti. E se qualcuno avesse indotto con l’ipnosi una casta fanciulla a comportamenti sconvenienti? Oppure, se il fluido magnetico avesse finito per destabilizzare i soggetti più fragili, i nevrastenici?

Fu anche a causa di questi mal riposti timori, che nel giugno del 1886 una circolare del Ministero degli Interni destinata a tutti i prefetti del Regno, rafforzata tre anni dopo dalla norma di una legge statale, stabilì il divieto assoluto degli “spettacoli d’ipnotismo, magnetismo, mesmerismo, fascinazione, suggestione e simili in pubbliche riunioni”. Una norma che, per quanto è possibile ricostruire, non fu sempre applicata: artisti celebri come i belgi Jean-Lambert Pickman e Alfred-Edouard D’Hont (Donato) calcarono le scene ben oltre questa data. 

Chi si esibiva in uno spettacolo di ipnotismo aveva infatti una scappatoia, se posto di fronte a contestazioni di polizia: dimostrare che quella da lui applicata non era vera ipnosi, ma semmai uno spettacolo teatrale che ne simulava le caratteristiche. In questo modo, però, agli occhi delle autorità addette all’ordine pubblico gli illusionisti si muovevano su un filo sottile e pericoloso  – e non era inconsueto qualche capitombolo. 

Riccardo Passaglia (1897-1977) – in arte Lakenar – fu uno tra coloro che incapparono in problemi, sia pur non gravissimi, con la giustizia del tempo. 

Trionfi illusionistici

Nato a Santa Margherita Ligure, Lakenar aveva iniziato a dedicarsi all’arte della magia dopo qualche inconveniente per piccoli furti. Nelle locandine, affermava di essere stato allievo di Cesare Gabrielli (1891-1943), uno dei più famosi ipnotisti del suo tempo, che fu ispiratore per la novella Mario e il mago di Thomas Mann (1929). A trent’anni Lakenar aveva ormai messo su uno spettacolo che portava in giro per l’Italia. Quando ormai gran parte della sua carriera sarà trascorsa, La Stampa del 2 ottobre 1953 lo descriverà come un artista dalla “parlantina […] toscana, signorile nell’eloquio”. Un “imbonitore convincente, rapido negli svariatissimi numeri”, che riusciva a tener viva l’ilarità del pubblico.

Come molti suoi colleghi, Lakenar presentava i suoi numeri come “esperimenti scientifici” e definiva la sua una “tournée sperimentale”. Quanto a lui, si definiva un “professore di scienze occulte”. Il suo repertorio ricorda quello di Pickman: era in grado di eseguire azioni decise dal pubblico e che nessuno aveva annunciato ad alta voce, ma anche di ipnotizzare persone del pubblico e trasmettere loro il suo pensiero. Leggiamo questo trafiletto de Il Messaggero di Roma, ripreso il 30 aprile 1927 da La Gazzetta del Lago di Arona (Novara):

Abbiamo assistito ieri sera al Nazionale alla prima rappresentazione del prof. Lakenar. il giovanissimo professore di scienze occulte, reduce dai più importanti teatri esteri. Lakenar ci ha tenuti avvinti per circa tre ore nella più profonda attenzione nell’osservare i suoi esperimenti scientifici dimostrandosi veramente insuperabile nella rapidità colla quale riusciva ad eseguire con la massima precisione ciò che gli veniva comandato da persone del pubblico. Questo che lo seguiva allentamento su tutti i suoi movimenti, io ha applaudito calorosamente. Lakenar poi mostrò al pubblico [un] esilarante e comico esperimento di suggestione divertendo immensamente.

Lo stesso giornale il 4 maggio 1927 rincarava la dose:

Il prof. Lakenar compie esattamente esercizii di trasmissione del pensiero ed esperimenti di ipnotismo completamente riusciti. In queste ultime due sere, qualcuno ha voluto, qualche volta con non troppo spirito, controllare pezzo per pezzo tutto lo svolgimento del programma dello spettacolo ed è rimasto pienamente convinto del fondo scientifico degli esperimenti del giovane professore. Saggi di ipnotismo, perfettamente riusciti, Lakenar ha compiuto sopra giovani di ottime famiglie cittadine e sopra studenti dell’Istituto Cobianchi. Poiché questo è il più interessante degli spettacoli: che egli ipnotizza, non quelli della sua famiglia o del suo entourage, ma tutti coloro, del pubblico, che salgono sul palcoscenico.

Nell’intervallo tra uno spettacolo e un altro, Lakenar si faceva pubblicità sfruttando la curiosità della gente. In una serata ad Intra, sul Lago Maggiore, aveva annunciato che il giorno successivo un uomo sarebbe stato privo di favella per tre minuti, sotto la tettoia dell’imbarcadero. Così sarebbe avvenuto: un giovane carrettiere manifestò effettivamente segni di mutismo, fra la curiosità di un pubblico enorme che era accorso a godersi la scena, e nell’assenza del “mago”. L’esperimento, che si avvaleva probabilmente di un complice, fu comunque giudicato “scientifico” e contribuì a riempire il teatro nelle serate successive (La Gazzetta del Lago, 14 maggio 1927).

Nonostante una lunga serie di trionfi sulle maggiori scene pubbliche italiane, fu proprio la sua ambiguità di fondo (il presentarsi, cioè, come un vero ipnotista, e non come un prestigiatore) a procurargli dei guai a Torino, qualche tempo dopo, e più esattamente nel dicembre del 1930. 

Battuta d’arresto

Nelle ultime settimane di quell’anno Lakenar si esibiva nella città piemontese presso uno spazio prestigioso: il grande Teatro Balbo di via Andrea Doria, coi suoi 1800 posti, luogo del centro cittadino che poi andrà distrutto nell’agosto del 1943 a causa di un bombardamento aereo britannico. 

Un luogo che avrebbe dovuto garantire a Lakenar il successo ma che, invece, gli costò qualche momento in carcere. La prima notizia dell’incidente ci arriva dal quotidiano cuneese La Sentinella d’Italia del 10 dicembre

La sera prima, scriveva il quotidiano, il pubblico non sembrava aver gradito i tentativi di Lakenar perché “essi mal nascondevano dei volgari trucchi”, tanto che si sarebbe messo a rumoreggiare, chiedendo a gran voce la restituzione del prezzo del biglietto. Per tutta risposta, dal palcoscenico, Lakenar avrebbe preso a insultare i presenti, finendo per essere arrestato da un commissario di Polizia presente in teatro. Sarebbe stato condotto in carcere in attesa del processo per direttissima, da tenersi il giorno dopo in Pretura, sotto l’accusa di ingiuria. Il Popolo Biellese dell’11 dicembre era ancora più vago, sui motivi del fermo: era stato messo in gattabuia “per disobbedienza e oltraggio a un funzionario di P. S., mentre intratteneva gli habitués del Balbo coi suoi emozionanti esperimenti”. 

L’udienza preliminare, descritta in dettaglio da La Stampa, si svolse il 12 dicembre: Lakenar fu portato in manette davanti al Pubblico Ministero, ma apparve in “atteggiamento dignitoso e austero”. L’udienza però durò pochissimo: il tempo di snocciolare i precedenti penali dell’uomo e di formulare l’accusa: oltraggio a pubblico ufficiale, nella persona del commissario dottor Benedetto Tomasino. Visto che il funzionario era assente, il processo fu rinviato e, considerati i numerosi precedenti di Lakenar, non fu concessa la libertà provvisoria. L’uomo fu ricondotto in prigione, mentre i difensori facevano notare che c’erano diversi testimoni a discarico dell’illusionista, e che era necessario ascoltare anche loro. 

Il dramma culminò nel pomeriggio del 17 dicembre. Il processo vero e proprio, infatti, si svolse in quelle ore. Un lunghissimo articolo apparso il giorno dopo ancora sulla Stampa e firmato F. A. spiegava in dettaglio com’era andata. 

C’era una ricostruzione dettagliata della presunta dinamica dell’episodio dello scandalo. Uno spettatore si era accorto di un trucco, e, evidentemente convinto della realtà “misteriosa” delle azioni di Lakenar, si era messo a protestare. Dopo averlo rimbrottato, l’illusionista annunciò che avrebbe fatto di meglio. Fece sdraiare uno spettatore (un complice?) sullo schienale di due sedie, sedendocisi sopra e sostenendo che l’uomo stava per andare in catalessi. A quel punto il commissario Tomasino sarebbe balzato in scena (a quanto pare aveva già ammonito Lakenar, poco prima, a “non esagerare”) intimandogli di cessare quanto stava facendo. L’illusionista avrebbe reagito inveendo, e dicendo al funzionario di andarsene, perché non capiva nulla di quello che lui stava facendo. Arrestato, e portato in Questura, secondo l’accusa aveva minacciato Tomasino, annunciandogli che gliel’avrebbe fatta pagare. 

Dignitoso e compunto, vestito ancora con il frac che indossava la sera dello spettacolo (!), Lakenar aveva preso posto sul banco degli imputati. Fra il pubblico, numerosi studenti che, a quanto pare, coadiuvavano spesso l’uomo nei suoi spettacoli e che, c’è da pensare, in qualche misura erano loro stessi parte delle rappresentazioni.

Quando gli fu data la parola, Lakenar si difese con abilità. Avendo ben presente la norma che vietava da decenni l’ipnosi in teatro, annunciò che lui non usava l’ipnosi, ma che la parodiava, usando degli “pseudo-soggetti” che lo coadiuvavano per dare “l’illusione della realtà ipnotica”. Ecco che cos’era accaduto, secondo lui:

 Per meglio mascherare il trucco e l’illusione, egli si avvicinava ai soggetti tenendo tra le mani qualche oggetto cabalìstico, una boccetta, una bacchetta argentea, ecc.: ma ciò non era che una concorrente per la dissimulazione apparente del trucco. Orbene, dopo lo spettatore che aveva interrotto furono alcuni studenti a richiedere delle spiegazioni. Egli li convocò per il pomeriggio del giorno dopo all’albergo dove alloggiava. In quella riunione fu fatto dell’ipnotismo sul serio. Alla fine donò ad essi alcuni biglietti per lo spettacolo che avrebbe avuto luogo alla sera. E tutti coloro che avevano partecipato agli esperimenti in privato si trovarono la sera in teatro. La prima parte dello spettacolo si svolse ordinatamente, perfettamente. 

Ma ecco l’incidente: un uomo che già conosceva, un signore di Varazze, si prestò ad alcuni esperimenti, e sarebbe stato allora che avrebbe fatto la sua comparsa in scena il commissario Tomasino, che lo avrebbe accusato di star esercitando l’ipnotismo. L’uomo avrebbe cominciato a inveire, mentre, da dietro le quinte, una voce – evidentemente quella del poliziotto – gl’intimava di chiudere. Avrebbe proseguito con il trucco delle due sedie solo per accontentare il pubblico, e poi tirare giù il sipario. Ma ecco di nuovo la voce di Tomasino: “questo è un esperimento di catalessi!” A quel punto sarebbe scattato l’arresto. 

Quanto alla seconda accusa, quella delle minacce in Questura, spiegò al giudice che si riferiva all’uomo di Varazze, che aveva provocato il caos. Tomasino, però, ascoltato dal magistrato, ribadì la sua versione: era stato chiaramente oltraggiato e minacciato.

Poi fu la volta degli studenti-complici. Un po’ ingenui, un po’ spaventati dalla situazione, in sostanza sembrarono dar ragione al poliziotto. 

La richiesta del Pubblico ministero fu durissima: quattro mesi di reclusione e 140 lire di multa.

Il fatto ha una particolare gravità – conclude il P. M. – per il luogo in cui fu commesso. Non si potrà quindi dire che ad una eccessiva severità siano informate le mie richieste. 

Malgrado il clima in aula, la difesa fu efficace. Le accuse furono derubricate a oltraggio semplice, la richiesta di reclusione fu respinta, e Passaglia fu condannato a una multa di 400 lire. In aula, stando al cronista, scoppiò un applauso, subito interrotto dal presidente, ma che, a quanto pare, appena fuori si ripeté all’indirizzo dei difensori. 

Dopo otto giorni, Lakenar fu rimesso in libertà. Non sappiamo quanto la sua perorazione (e ammissione) di non esercitare né ipnotismo né “catalessi” fosse stata efficace. La nostra impressione è che, semplicemente, le frasi pronunciate non fossero così gravi, nemmeno nel contesto del tempo, da giustificare il carcere. 

Una lunga e onorata carriera

La carriera di Passaglia durò a lungo, probabilmente senza incidenti paragonabili a quello clamoroso del 1930 – ma non del tutto. La sera del 13 marzo del 1935, mentre si esibiva in uno spettacolo a metà fra equilibrismo e illusionismo presso il teatro Monteverdi di La Spezia sotto un nuovo nome d’arte, “Professor Mohamed”, cadde da due trapezi sospesi sulla sala e rovinò sul pubblico, sfasciando alcune poltrone e provocando il lieve ferimento di una donna. Alcune spettatrici, e anche la moglie di Passaglia, Assunta Azara, svennero per la paura. Ci fu il panico, Passaglia fu trasportato all’ospedale civile, dove il medico di guardia ne dispose il ricovero. Lui non ne volle sapere, si sottrasse alla sorveglianza degli infermieri e tornò in teatro per pregare il direttore di non rescindere il contratto!

Poi le cose, per quanto ne sappiamo, si acquietarono. Nel 1933, nel 1953  e nel 1957 fu di nuovo ad Alessandria e a Torino, sempre con il suo nome più usato, Mister Lakenar. Non fu privo di allievi e, fra questi, ci fu il veneziano Otello Ghigi (1911-2001), che però lo conobbe quando usava il nome d’arte di Mohamed. A sua volta, fra i giovani che Ghigi istruì e che furono destinati a una fama senza pari, ci fu anche Aldo Savoldello, cioè Silvan. 

La memoria di Passaglia-Lakenar è durata a lungo fra mentalisti e illusionisti. Carlo Deiro, noto come mago d’Ivrea (1908-2005), raccontava che decise di volgersi non a quell’arte, ma al vero paranormale a causa di un episodio ben preciso: una sera del settembre 1925, presso il Teatro Sociale di Pont Canavese (Torino), suo paese d’origine, si era esibito Lakenar. Un conoscente del giovane Deiro, Paolo Dipinto, che lavorava presso la Manifattura Tessile Mazzonis, si sentì dire da Lakenar che il giorno dopo, alle quindici in punto, il telaio al quale era addetto si sarebbe guastato. Il giorno seguente, con tutto lo stabilimento in attesa di capire accanto a Dipinto se la predizione si sarebbe avverata, la macchina si sarebbe arrestata davvero nell’orario predetto dal mago Lakenar. Deiro, impressionato, il giorno dopo il fatto si sarebbe recato nell’albergo del paese in cui alloggiava Lakenar. Dopo un colloquio col mago, sarebbe partita anche la sua carriera di presunto paragnosta –  un’identità che, per quanto non ne sappiamo, non fu mai adottata da Passaglia. 

Lo studioso della storia della magia e mentalista Mariano Tomatis si è occupato con taglio militante della vicenda di Mister Lakenar, inserendolo nel contesto della legislazione repressiva anti-ipnosi e del quadro politico in cui Passaglia si trovò a operare a lungo, quello della tirannia del fascismo.

Una cosa è certa: quello di Lakenar è il racconto meraviglioso di una folgorazione e della nascita di una vocazione per la meraviglia e il mistero, e anche memoria comune a tanti, in specie nei primi decenni del Ventesimo secolo: quello di prodigi da palcoscenico constatati dal pubblico del tempo e conservati e raccontati per tutta la vita. Sempre incerti fra il sorriso sornione verso l’ingannatore d’avanspettacolo e la recondita speranza che, oltre al trucco, qualcosa di più inquietante dovesse esserci. Anche questo, probabilmente, è stato il ruolo di generatori di meraviglia come Riccardo Passaglia, alias Mister Lakenar, alias Professor Mohamed.

Immagine di Gerd Altmann da Pixabay