26 Aprile 2024
Giandujotto scettico

I “Grand tours” piemontesi dell’illusionista Pickman (e i suoi guai…)

Giandujotto scettico n° 54 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (02/01/2020)

Nato a Dieppe, in Francia, nel 1857, Jean-Lambert Pickman fra gli anni ’80 del XIX secolo e la Prima Guerra Mondiale ebbe fama europea come illusionista e come mentalista. Morì a Montigny, presso Rouen, nel 1925 e fu presto dimenticato quasi da tutti.

Anni fa, Mariano Tomatis, lui stesso mentalista, illusionista e studioso di storia dell’insolito, aveva presentato in dettaglio le polemiche che accompagnarono il primo grand tour italiano di Pickman, quello del marzo 1890. Vi consigliamo di leggere nella loro interezza i due lavori di Mariano che troverete qui e qui. Vi permetteranno di capire assai bene in che cosa consistevano gli spettacoli dell’illusionista e anche di intuire quante controversie e discussioni generarono.

Erano la prova, esibita davanti a tutti, delle sue facoltà paranormali e della sua eccezionale capacità, quella di rendere obbedienti le persone attraverso l’ipnosi? Oppure Pickman era un abile manipolatore di oggetti e foglietti, attentissimo a individuare i punti deboli della psicologia della gran parte delle persone?

Per intuire meglio a che cosa si dedicava Pickman, estraiamo dai due lavori di Mariano Tomatis che abbiamo linkato sopra, alcune parti di fonti da lui utilizzate e che si riferiscono in particolare al primo giro dei teatri italiani del belga, quello che fece, con enorme risonanza di pubblico e dei giornali, ai primi del 1890. Ecco Gazzetta Piemontese dell’11 marzo di quell’anno.

Da parecchi giorni i torinesi vedono i muri delle case e le tabelle di pubblicità coperti di grandi manifesti, nei quali campeggia la testa d’un uomo dai lineamenti regolari e simpatici e dalla barbetta elegantemente bipartita e sotto questo nome: Pickman. Chi è questo Pickman? La gente si chiede. Che cosa fa? E uno dei soliti prestidigitatori? È un rivale di Donato? È uno scienziato o un giocoliere qualunque? Pickman non è nulla di tutto questo. Il popolino potrebbe chiamarlo con tutta coscienza “un mago”. Egli si denomina da se: liseur de pensées.

Legge nel pensiero? Ma allora è un uomo straordinario, ma allora anzi non è uomo, è un essere superiore. Ma se legge nel pensiero, la parola non ci serve più a nulla, neanche a nasconderlo!

Insomma noi lasciamo che ciascuno pensi, a questo proposito, quel che più gli pare e piace. Noi ci limiteremo a far della cronaca e della cronaca esatta. Come i lettori sanno, il Pickman, prima di prodursi al pubblico torinese, volle fare alcuni esperimenti dinanzi a un’accolta di persone fra le più serie e le più colte della città. La seduta straordinaria ha avuto luogo ieri a sera nel ridotto del teatro Scribe.

La sala era affollata di gente. Ci saranno state cento o cento cinquanta persone. C’erano personaggi di tutte le classi più elevate; rappresentanti dei Consigli amministrativi, del foro, della scienza e dell’arte medica, dell’esercito e della Stampa. Dell’Università,..

Il Pickman si presentò a questo pubblico, il quale forniva, come si vede, tutte le garanzie della serietà. Egli è un uomo sulla quarantina; biondo fulvo; occhi cerulei; barba alla nazarena; statura giusta; corporatura snella. È nativo di Liegi. Parla la lingua francese con voce non troppo elevata. Ha bella presenza e porgere naturale, senza affettazioni. Egli è un nevropatico, un isterico; e lo dichiara. Fu un tempo al manicomio con la camicia di forza e ancora adesso, talvolta, va soggetto ad attacchi di nevrosi di forme epilettiche.

Non è dunque un uomo normale. Egli subisce la suggestione altrui con la massima facilità, e si trova in continuo stato nevropatico. Gli basta prendere la mano d’una persona e portarsela alle tempia per ottenere la lucidità e la divinazione del pensiero della stessa persona. Gli esperimenti di autoipnotismo vengono fatti al suono di una cetra tedesca. È noto che la musica è un coefficiente favorevole a produrre lo stato sonnambulico nelle persone nevropatiche…

Ma veniamo agli esperimenti fatti ieri sera.

La seduta cominciò con alcuni giuochi di prestigio di una semplicità, ma anche di una bellezza meravigliosa. Il Pickman vi sa dire la carta che voi avete pensato senza nessun mezzo od aiuto meccanico; almeno apparente. Dopo questi giuochi si passò alle esperienze propriamente ipnotiche.

Il Pickman prese per mano il prof. Guido Fusinato e gli disse di ordinargli, mentalmente, di compiere una data azione. Frattanto si vide il Pickman cadere in istato ipnotico, poi correre, tenendo sempre per mano il Fusinato, verso un signore seduto nel lato opposto della sala e picchiargli cinque volte sul capo.

Era ciò che il prof. Fusinato aveva pensato dovesse fare!

L’ipnotizzato battendo i colpi sul capo del signore, giunto al terzo, ebbe un istante di esitazione; poi picchiò anche gli altri due colpi. Fusinato, dice che appunto sul terzo colpo il suo pensiero subì un momento di esitazione: gli pareva di vederlo a soffrire troppo e avrebbe voluto abbreviare l’esperimento; poi, col pensiero, insistè sul numero cinque.

Dopo questo esperimento il capitano-medico Ferrero di Cavallerleone e un giovane sottotenente di artiglieria si ritiravano in una stanza attigua.

Qui il tenente scriveva su un foglietto di carta che, fatto un tracciato sul terreno col gesso, il Pickman dovesse seguirlo e a un dato punto fermarsi dinanzi a lui, inginocchiarsi, poi prendergli di mano il berretto e fare il saluto militare. Il biglietto fu piegato e immesso nella giubba dal capitano. Indi quest’ultimo si mise in comunicazione con Pickman, il quale esattamente eseguì ciò che il tenente e il dottore Ferrerò avevano pensato e descritto.

Notisi che durante gli esperimenti il Pickman ha sempre gli occhi rigorosamente e abbondantemente bendati con bambagia e pezzuole. Al bendaggio ieri sera presiedettero gli invitati stessi, fra cui il Lombroso. Escluso quindi ogni sotterfugio.

Col signor Pictot De Fernex il Pickman fece quest’altro esperimento. Il De Fernex si recò in altra stanza, scrisse un numero di parecchie cifre, mise la cartina nella cassa dell’orologio, e bene avvolto nella pelliccia rientrò nella stanza. Messosi con lui in comunicazione, Pickman riscrisse sulla lavagna il numero scritto e custodito…

Non diciamo gli applausi e i commenti. Uscendo dallo Scribe tutti si affollavano intorno a Lombroso per sentire che cosa ne pensasse lui; e Lombroso pensa che il Pickman sia un vero nevropatico, che subisca la suggestione ipnotica, che in quello che fa non vi sia ombra di inganno.

Non mancavano, come sovente in queste storie, gli aspetti pruriginosi Ecco Gazzetta piemontese del 16 marzo 1890.

Siete state, lettrici, a vedere gli esperimenti di Pickman al teatro Scribe? No? Ebbene vi consiglio di andarvi, poiché, fra le tante belle cose che si apprendono, ve n’ha una per voi interessantissima. È la dimostrazione come qualmente una donna possa, invece di condurre pel naso il marito, guidarlo per di dietro. Vi par poco? Pickman si benda gli occhi e si prepara ad obbedire uno, uomo o donna, gli sta di dietro e gli ordina mentalmente ciò che vuole; Pickman eseguisce perché, obbedisce alla volontà altrui suo buon grado o mal grado.

Dite la verità, un marito che fosse discretamente pickmanizzato non sarebbe la perla dei mariti? Perché i vantaggi per una moglie sarebbero infiniti: essa ordina senza che il mondo veda epperò salvando le apparenze; essa ha nelle mani un istrumento che non può essere irresponsabile delle proprie azioni perché durante l’esecuzione di ordini vuole egli stesso compiere quanto gli viene ordinato di fare; essa ha finalmente un marito con la benda agli occhi che le fa provare la suprema voluttà dell’obbedienza cieca, dimostrandole ancora la verità del detto di Lessona: “Volere è potere!”

A questo proposito ricevo un biglietto di un marito, il quale fra il serio ed il faceto mi scrive pregandomi di far in modo che Pickman se ne vada al più presto, poiché sua moglie (la moglie dello scrivente, s’intende) lo ha già rimproverato di non essere abbastanza Pickman… Avete capito?

Un’altra lettera ricevo in proposito, e questa è di una signora la quale mi chiede se è prettamente vero che Pickman legge nel pensiero di tutti: “Vorrei che Pickman – dice la letterina – leggesse nel pensiero di mio marito, e poi dicesse solo a me che cosa vi ha trovato, perchè sono quasi sicura che…, ecc.” Io non capisco troppo bene perchè sono un po’ corto d’intelligenza; ma, se non isbaglio, quella signora ha dei dubbi coniugali.

Le grandi polemiche e le chiacchiere sulle capacità di Pickman coinvolsero Cesare Lombroso, che lo esaminò come medico e come metapsichista, rimanendone affascinato anche se non del tutto convinto. Lombroso era dell’idea che il francese fosse un vero, potente ipnotista, che non usasse trucchi e che davvero ipnotizzasse gli spettatori all’istante. Scrisse un lungo e dotto pezzo sulle facoltà di Pickman per La Gazzetta letteraria, supplemento de La Gazzetta piemontese, il 22 marzo 1890.

Nella diatriba su Pickman e Lombroso sarà coinvolta la rivista dei gesuiti, La Civiltà cattolica, che nel suo n. 957 del 23 aprile 1890 dedicherà un lungo articolo dai toni violentissimi alle giornate torinese dell’illusionista, purtroppo approfittandone – tra l’altro – per lanciare strali antisemiti, antimassonici e contro la stampa liberale. I toni della Civiltà cattolica erano colti, ma il timore, in Piemonte e altrove, nel 1890 era che Pickman fosse un medium, un occultista – insomma, un soggetto pericoloso per la salute mentale e spirituale.

In realtà, che Pickman fosse un mentalista abile e che sovente si sottraesse a richiesti di esperimenti stringenti sulle sue presunte facoltà era chiaro già da quell’anno. Nella primavera del 1890 il quotidiano La Provincia di Brescia offre “qualsiasi somma” al belga se riuscirà a dimostrare in modo inequivocabile la trasmissione del pensiero, ma quello, dopo qualche promessa, lascia la città lombarda, dove si era esibito, senza adempiervi.

Da quell’anno e per parecchio tempo anche nella nostra regione l’illusionista susciterà entusiasmi e timori di scienziati, metapsichisti, benpensanti e della confessione religiosa dominante.

Solo un esempio: il 1° dicembre 1900 il settimanale cattolico saluzzese Sale e Luce userà toni trionfali quando a Pickman, come “seguace dell’ipnotismo”, già “condannato dalla religione e dalla sana morale”, saranno vietati gli spettacoli già programmati al Teatro Sociale di Saluzzo (oggi Politeama). La città è salva: non sarà “contaminata da simili rappresentazioni”.

Ma col tempo, come si vedrà, gli argini cadranno – anche a Saluzzo.

Sino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale Pickman terrà performance in ogni degno teatro della provincia piemontese.

Il giro del 1911 dovette essere memorabile. Ora ve lo racconteremo meglio, perché forse è meno noto di quello del 1890.

Dal 25 al 29 aprile, poi il 6 e 7 maggio di quell’anno il belga è al Teatro Scribe di Torino (oggi Teatro di Torino), in via Verdi, per lo spettacolo di “telegrafia umana” e di ipnotismo. Quelle serate sono, significativamente, definite “sedute” negli annunci.

In realtà già a quel punto Pickman aveva poche remore a dire ciò che pensava sulla natura delle operazioni che compiva.

Il 24 aprile del 1911, su La Stampa comparve una lunghissima intervista di un giornalista e autore di canzoni fortunate, Giovanni Corvetto (1884-1932).

Pickman era apertamente irridente verso chi credeva nel paranormale. Sembrava quasi dire che egli esercitava le sue arti e che avesse voluto eccellere in quelle tecniche per far risaltare le scarse capacità di attenzione di cui tutti patiamo, per sottolineare l’attenzione selettiva che ci fa sbagliare, per bersagliare le nostre credenze preferite. Diceva a Corvetto:

L’ipnotismo non esiste… come non esistono la catalessia e lo spiritismo, così come è una menzogna il cosiddetto sonno ipnotico, così come è una fiaba da fanciulli tutto ciò che si racconta sul mio potere sovrannaturale di addormentare le persone, appena inietto loro con gli occhi un po’ del mio fluido fatato. Io non sono un fakiro incantatore di serpenti, e se non incanto le bestie, figuratevi se lo posso fare cogli uomini. Se alle mie sedute qualcuno si addormenta, non è certo per mia volontà. Io non credo né ai fantasmi, né agli spiriti, né ai magnetizzatori di professione. Sono i prestigiatori, gli illusionisti e gli indovini… che mi hanno creato intorno quella deliziosa fama di stregone…

Si definiva semmai “un uomo di volontà”, esercitato ad usare la sua “su certe nature facilmente suggestionabili, che si suggestionano da soli, obbedendo ai comandi”.

Aveva cominciato da adolescente, già religiosissimo sino al fanatismo, a provare l’ipnosi, nella quale credeva fermamente. Tentò persino il suicidio. A cambiargli la vita furono moglie e figlio. Mutò strada e, continuando ad affinare le sue capacità di illusionista, si tolse ogni illusione occultistica. Le esperienze con innumerevoli soggetti lo confermarono nella natura psicologica ordinaria del comportamento dei suggestionati e dei medium.

Per convincere ulteriormente Corvetto, fa un semplice esperimento con il collega giornalista che lo accompagna, il torinese Giuseppe Cassone. Indovina il numero che il giornalista ha pensato lasciando penzolare da un filo il suo anello dalle dita di quello. L’anello di Cassone urta il tavolo per tante volte quant’è il numero che ha pensato…

Un’anticipazione di quanto si dirà più avanti: Pickman non è tenero nemmeno con Lombroso, allora da poco scomparso. Cita come il suo più bel ricordo piemontese il pomeriggio passato nello studio del medico, nel marzo 1890 – mentre quello gli misurava il cranio. Presenta ilare al giornalista torinese il referto antropometrico redatto da Lombroso.

Pochi giorni dopo, il 7 maggio 1911, al termine del pienone allo Scribe, La Stampa è testimone di una divertente polemica contro Pickman condotta stavolta non dagli scettici o dai paladini dell’ordine morale, ma… dal versante opposto. Quello degli spiritisti torinesi.

Il referente torinese della rivista romana La Psiche, che si occupava di spiritismo, di ipnosi e di medianità, Dante Enrie, spiega che nell’intervista del 24 aprile rilasciata a Corvetto, Pickman ha denigrato in pubblico gli spiritisti e i loro rapporti con l’aldilà. Lo sfida perciò a confrontarsi col medium che loro promuovono, il professor Emilio Cantone, insegnante di educazione fisica, e a constatare le prove fotografiche di materializzazioni di fantasmi e le comunicazioni ricevute. Perché – si chiedono sdegnati – Pickman non vuol dibattere?

Nelle sue oscillazioni ben misurate, Pickman non cade mai nella trappola di farsi associare agli spiritisti. Sa che rischierebbe di perdere una fetta di pubblico e dunque segna le distanze da quell’ambiente anche quando si trova in Piemonte.

Per esser chiari sulle convinzioni dei potenziali interlocutori nostrani dell’illusionista: Emilio Cantone nei primi vent’anni del secolo a Torino darà alle stampe scritti come La sintesi dell’universo elaborata con l’aiuto di intelligenze evolventi. L’io sintetizzato nella vita fisica e nella vita dell’invisibile nel suo Stato di evolvibilità e di involvibilità, oppure Filosofia universale. Saggi di corrispondenza cogli imperi celesti mediante l’elettricità umana e sua applicazione della meccanica fluida.

Pickman è accolto dalla folla in tutta la regione. Stupisce e impressiona. Il 28 maggio fa fare le cose più ridicole a cinque o sei spettatori al Teatro Toselli di Cuneo (La Sentinella delle Alpi, 29 maggio). Il 30 è al Teatro Sociale di Pinerolo, spiega che la lettura del pensiero è dovuta a “una corrente nervosa”, mentre studenti del posto e “un contadino incredulo” compiono sotto i suoi ordini “i gesti più ridicoli e più tragici” (La Lanterna Pinerolese, 4 giugno).

Il 4 giugno il pittore Matteo Olivero (1879-1932) cade in trance durante lo spettacolo tenuto al Teatro Sociale di Saluzzo (oggi Politeama).

Olivero non è un imbrattatele qualunque. Oggi è considerato un ottimo esponente del divisionismo, anche se la sua vita e la sua carriera furono segnate da peculiarità esistenziali che dovettero pesare. Legatissimo alla madre, si suiciderà a Verzuolo a 53 anni poco tempo dopo la scomparsa di quella. Forse qualcosa al riguardo traspare dai toni della cronaca della serata di Pickman al Teatro Sociale di Saluzzo fornita dal Corriere di Saluzzo sette giorni dopo:

I soggetti ch’egli sceglie, sotto il potere della sua volontà, si comportano da perfetti automi. Nell’arte di imbecillire il prossimo non si può pretendere di più: in quest’arte il signor Pickman è il numero uno. Egli è stato fortunato di trovare fra i suoi soggetti un artista, il cui temperamento sensibile e impressionabile si è maravigliosamente prestato alla suggestione. Il pittore signor Matteo Olivero, durante il sonno ipnotico, ossequente agli ordini ricevuti, andò fornirsi dell’occorrente e dipinse “coram populo” un paesaggio. La fama della persona suggestionata, e la splendida riuscita di questo e di altri esperimenti procacciarono ammirazione infinita all’illustre domatore d’uomini”.

Pickman però spaventerà ancora a lungo i benpensanti. Nel febbraio del 1913 è a Milano per altri spettacoli, e allora alcuni consiglieri comunali, indignati, si rivolgono alla Giunta e questa al Prefetto, che contatta il Governo perché intervenga. Il 26 febbraio lo stesso presidente del Consiglio, il monregalese Giovanni Giolitti, invierà una circolare urgente a tutti i prefetti del Regno ricordando la necessità di applicare con rigore la circolare del 29 giugno 1886, che prevedeva il divieto degli “spettacoli d’ipnotismo, magnetismo, mesmerismo, fascinazione, suggestione e simili in pubbliche riunioni” (Corriere della Sera del 28 febbraio e 1° marzo 1913, La Stampa del 1° marzo 1913). La normativa faceva seguito allo scandalo suscitato – anche in Piemonte – dagli spettacoli dell’altro, ancor più celebre mentalista belga, Alfred d’Hont, in arte Donato.

A fronte di questo terrore, quel che emerge con chiarezza e proprio in relazione ai giri e alle fonti piemontesi è che Pickman faceva ricorso a trucchi banalissimi oppure a collaboratori volenterosi. Non agli spiriti, non alla “telegrafia umana”, non all’ipnosi su di lui o su altri.

Il mentalista francese muore il 26 ottobre del 1925.

Il 7 novembre, il settimanale cattolico Il Popolare di Cuneo commenta la notizia in toni apocalittici. Nel dare l’annuncio, riprendendo il Corriere della Sera del 29 ottobre, ripeterà la versione secondo la quale Pickman si era ritirato in un convento francescano (“qualche volta il diavolo si fa frate”) mentre più semplicemente viveva, piuttosto malandato, in un pensionato gestito da suore francescane, ma la cosa più interessante è che il pezzo era la ripresa di quanto il commediografo e critico teatrale Marco Praga (1862-1929), assai noto, aveva già spiegato ai lombardi sul Corriere ed ora ai piemontesi, ossia l’aiutino da lui dato ai trucchi di Pickman in un teatro di Genova, “trent’anni prima” (dal Corriere della Sera si deduce la data del 19 giugno 1890).

Pickman si trovava al Politeama Margherita di Genova: una pienona! Vi andò pure Marco Praga, con altri artisti e giornalisti: fu dato loro un palchetto di proscenio. I genovesi si mostrarono però poco entusiasti dei giochi di prestigio e d’ipnotismo. Il Pickman tentò allora la “divinizzazione” (sic) del pensiero; ma quei genovesi pareva avessero ingoiata una buona dose della polvere “Non-me-la-dai-da-intendere!”. E Pickman non fu felice quella sera.

Fischi, urla rimbombarono: mancò poco arrivassero i torsoli di cavolo. La cassetta era in pericolo! Pallido, fremente, si avvicina allora a Marco Praga. lo trascina sulla scena e gli dice piano: Salvatemi, per pietà! Il pubblico, scorgendo il Praga, fa un po’ di silenzio. Pickman coglie l’occasione: “Lo conoscete, è vero? Ebbene, farò un esperimento con lui. Egli scriverà un numero su un pezzo di carta, se lo metterà in tasca. Io leggerò quel numero nei suoi occhi. Strappa un foglietto dal suo taccuino, si foglie una matita di tasca; si avvicina rapidamente a Praga, e gli sussurra imperioso: mille cento e undici! “

L’altro scrisse 1111 e si mise il foglio in tasca. Il Pickmann lo fissò negli occhi, si agitò, percorse a gran passi la scena, si ficcò le mani nei capelli, sudò, gesticolò da spiritato… Alla fine, stentatamente, da balbuziente, ma a voce alta pronunciò le fatidiche parole: Mille – cento – undici. E il Praga mostrò il biglietto al pubblico, iI quale rise, commentò in vario senso; ma sfollò in pace e la cassetta fu salva!

Ma la cosa forse più sorprendente è che Pickman si burlava di continuo di chi lo aveva esaminato. E parlava di Lombroso, che lo aveva studiato nel 1890 a Torino, spiegando come lo aveva turlupinato.

Il 5 ottobre 1927, due anni dopo la sua morte, il quotidiano parigino Le Figaro pubblicò un lunghissimo ed interessante articolo firmato “S”. S’intitolava Les trucs des fakirs. Non faceva altro che anticipare alla lettera quanto sarebbe apparso da lì a poco nella pagine di Mediums, fakirs et prestidigitateurs, libro del conte belga Paul-Alfred de Saint-Genois du Grand-Breuck (1857-1939), che si firmava “Dicksonn” e che come illusionista e studioso di giochi matematici si era occupato di fenomeni medianici da un punto di vista razionale. Ecco cosa anticipava du Grand-Breuck:

Pickman, paralizzato, non potendo più esercitare o apparire sulle scene, mi ha fatto delle confidenze. Mi ha raccontato parecchi aneddoti sulla sua vita e in particolare come, lui che non possedeva nessuna istruzione, si era dato a mistificare i più grandi scienziati del mondo.

Come esempio riferisco della sua seduta presso il professor Lombroso.

Avendo quest’ultimo voluto mettere alla prova la potenza magnetica di Pickman, si pose davanti a lui volgendogli la schiena.

L’ipnotizzatore praticò dei passi magnetici e, d’improvviso, il nostro professore si sentì attratto verso Pickman. Convinto della potenza del suo fluido, fece un rapporto sensazionale a una società di studiosi. Beh, mi diceva Pickman, “immagina la cosa. Siccome Lombroso non poteva vedere dietro di se, io avevo semplicemente afferrato la stoffa della sua giacca e lo avevo tirato verso di me”.

“La vita è sempre bella”, concludeva, “per coloro che sanno far girare in tondo gli altri”.

In seguito mi scrisse testualmente: “non esiste niente, né magnetismo, né spiritismo, niente di tutto ciò. Ci sono soltanto dei babbei”.

Elementare, Watson.

Immagine: Una celebre affiche degli anni in cui Pickman girava l’Europa con un successo strepitoso, da Wikimedia Commons, pubblico dominio