6 Aprile 2024
Dal mondo

Il preoccupante aumento degli articoli scientifici ritirati dopo la pubblicazione

di Emanuele Romeo

Il 2023 è stato l’anno delle ritrattazioni scientifiche. Con più di diecimila articoli ritirati dopo la pubblicazione, in questi dodici mesi appena conclusi è stato stabilito un record amaro, che ha superato la quota dei seimila lavori scientifici ritirati nel 2022. Questo è il risultato di un’analisi condotta da Nature, che combinando i dati di Retraction Watch con quelli del database di Dimensions ha individuato nelle riviste di proprietà della società Hindawi Publishing la fonte principale delle ritrattazioni per irregolarità, con oltre ottomila articoli interessati. Questa, però, è purtroppo solo la parte visibile di un fenomeno molto più ampio e in rapida crescita. Quali sono stati i meccanismi che hanno aiutato a portare a galla le frodi scientifiche fino ad ora scoperte?

Come anticipato, la maggior parte delle ritrattazioni scientifiche del 2023 vengono da articoli pubblicati dall’editore Hindawi, filiale londinese della casa editrice Wiley. Durante gli ultimi mesi del 2022 è stato proprio Wiley ad avviare alcune indagini interne per verificare la bontà dei lavori pubblicati, a seguito di alcune stranezze denunciate da suoi editori e da investigatori esterni interessati all’ambito dell’integrità della ricerca. Più in particolare, la maggior parte delle irregolarità ruotavano intorno agli special issue delle riviste, cioè, a numeri speciali che coinvolgono editori ospiti esterni.

I criteri adoperati dagli investigatori per stabilire la falsità di un lavoro scientifico si basano sull’identificazione di anomalie nella descrizione del metodo della ricerca, di incongruenze tra la disponibilità dei dati e la ricerca descritta, di citazioni inappropriate, di contenuti privi di significato o irrilevanti e sull’evidenza di un processo di revisione tra pari compromesso o manomesso. Secondo gli investigatori, le tecniche maggiormente utilizzate negli articoli fraudolenti per aggirare i sistemi per il rilevamento del plagio consistono nell’usare frasi contorte e l’intelligenza artificiale generativa.

Con l’obiettivo di identificare le persone coinvolte e denunciarle legalmente alle altre case editrici, Wiley ha avviato un processo interno che ha portato alla rimozione di centinaia di persone dal suo sistema, alla chiusura di quattro riviste Hindawi e allo smantellamento della filiale. Le oltre 200 riviste dell’editore verranno riassorbite da Wiley, e come hanno affermato i dirigenti della casa editrice le azioni intraprese finora causeranno nel 2024 una perdita in bilancio stimata tra i 35 e 40 milioni di dollari.

Il numero esorbitante di ritrattazioni registrato quest’anno è diretta conseguenza delle indagini svolte da Wiley, che hanno portato a galla una realtà fino ad ora nascosta. Molto altro, però, resta ancora celato sotto la superficie. Nell’ultimo ventennio sono più di 50000 i lavori irregolari pubblicati e ritratti, con Paesi come Arabia Saudita, Pakistan, Russia e Cina in testa alla classifica. Il tasso con cui vengono ritirati gli articoli è in costante crescita e al 2022 ha raggiunto lo 0,2% del totale di quelli pubblicati. Peraltro, il volume d’affari delle paper-factory, ovvero le aziende che vendono ai ricercatori articoli falsi, sta aumentano a passo sostenuto e come dichiara a Nature David Bimler, ricercatore nel campo dell’integrità della ricerca noto con lo pseudonimo di Smut Clyde, “i loro prodotti sono un problema anche se nessuno li legge, perché vengono aggregati con altri in articoli peer review e poi riciclati nella letteratura mainstream“.

È evidente che la compravendita di articoli viene anche dal bisogno dei ricercatori di pubblicare sempre di più e in tempi sempre più ristretti. Le riviste scientifiche, inoltre, guadagnano dalla pubblicazione degli articoli in modalità open-access, fenomeno che ha favorito la proliferazione di riviste predatorie. Nei commenti a Retraction Watch Liz Ferguson, vicepresidente senior del Research Publishing di Wiley, ha dichiarato che le perdite da loro subite “sono una conseguenza del calo dei volumi che abbiamo sperimentato a seguito della pausa editoriale e della riduzione degli invii alle riviste cancellate”. Ci troviamo, pertanto, in un cortocircuito per cui a nessuna delle parti conviene limitare la pubblicazione di articoli scientifici, che siano o meno di qualità. Un ginepraio da cui potrebbe essere difficile uscire.

Foto di PublicDomainPictures da Pixabay