30 Aprile 2024
E leggiti 'sto paper

Le origini di Machu Picchu: uno studio ne svela la complessità

di Agnese Picco

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Scientific reports, del gruppo Nature, ha permesso di capire meglio le origini di Machu Picchu, integrando i dati archeologici noti con quelli emersi dall’utilizzo di tecniche non invasive, e definendo meglio la successione delle prime fasi costruttive del più famoso fra i siti inca.

Machu Picchu, città arroccata nel cuore delle Ande peruviane, ha una lunga storia di studi e ricerche archeologiche. Abbandonata dopo la conquista spagnola, intorno alla metà del Sedicesimo secolo, fu riportata all’attenzione della scienza occidentale nel 1911 grazie all’esploratore Hiram Bingham. Nonostante questo sia un sito molto famoso, parte dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, e presente nell’immaginario di molti come un’antica e misteriosa città sconosciuta, ancora poco si sapeva delle sue origini.

In anni recenti nella Piazza Principale sono state aperte due trincee con lo scopo di studiare la stratigrafia delle fasi costruttive. La stratigrafia è una disciplina utilizzata in geologia e in archeologia che si occupa degli strati di terreno ed è in grado di ipotizzare quando si sono depositati. Grazie a essa è possibile creare una cronologia relativa che indichi che cosa viene prima e che cosa viene dopo. La cronologia può diventare assoluta e tradursi quindi anni o periodo specifici, quando negli strati di terreno vengono trovati manufatti o strutture. Nel caso di Machu Picchu, però, l’indagine archeologica lasciava alcuni dubbi sulla reale successione e distribuzione delle fasi costruttive. Si è quindi deciso di ricorrere a metodi non invasivi di osservazione terrestre (Earth Observation – EO). Più in dettaglio, si è trattato di effettuare analisi geomorfologiche e geofisiche volte a definire la forma e la composizione del territorio prima della fondazione della città e durante le sue fasi preliminari. Sono state così utilizzate tecnologie come la tomografia della resistività elettrica (ERT) o il georadar (GPR). Tutto ciò ha permesso di analizzare la composizione della roccia sottostante Machu Picchu e le prime fasi costruttive anche senza effettuare scavi archeologici.

I ricercatori hanno identificato tre fasi del sito.

La fase 0 è quella precedente alla costruzione della città. Dove ora sorge la cosiddetta Piazza Principale si trovava un piccolo bacino idrografico posto tra i due rilievi che ancora si possono vedere. La roccia granitica, abbondante nel sito, poteva essere facilmente utilizzata come materiale da costruzione.

A quel punto, però entrò in gioco un fenomeno ben notò: la capacità degli inca di controllare le acque. Nel passaggio tra la fase 0 e quelle I e II risulta infatti evidente la realizzazione di accorgimenti destinati a convogliare le acque lontano dal sito. La prima attività umana registrata a Machu Picchu è quella di cava (Fase I). Probabilmente furono estratti blocchi di granito da impiegare per le costruzioni, lasciando una superficie irregolare.

Nella seconda fase furono compiute diverse operazioni volte a dare forma alla piazza come la possiamo vedere oggi. In un momento preparatorio il bacino fu regolarizzato e riempito creando un sistema di drenaggio per l’acqua. Alcune zone furono scavate in modo da creare una leggera pendenza, per permettere alle acque superficiali di defluire. Soltanto allora iniziò la progettazione dell’area rituale. Dal punto di vista archeologico sono state identificate diverse fasi di riempimento, ma senza che fosse chiara la loro successione effettiva. Confrontando la stratigrafia archeologica con i dati del georadar si sono potute identificare due fasi di riempimento della piazza. La prima, corrispondeva ad una plaza hundida, delimitata cioè su tutti e quattro i lati e posta a un livello più basso al di sotto delle piattaforme circostanti. Successivamente proseguì il processo di riempimento della piazza fino a raggiungere la forma e le dimensioni attuali.

Grazie all’utilizzo di tecniche non invasive gli scienziati hanno potuto così documentare le prime fasi di utilizzo di Machu Picchu, svelando anche la conformazione del sito prima della costruzione della città. Le indagini hanno anche rivelato informazioni importanti sulle tecniche costruttive degli inca. Chi vi lavorò, prima usò l’area come cava per alcuni blocchi granitici (ancora visibili in altre parti del sito), poi la rimodellò e la mise in sicurezza tramite sistemi avanzati di drenaggio. L’indagine non invasiva ha rivelato anche l’esistenza di una fase precedente, nella quale la piazza aveva una forma diversa, ribassata, e che solo in un secondo tempo ha acquisito la forma definitiva.

Insomma, Machu Picchu fu progettata in modo efficiente. Gli ingegneri inca rimodellarono la superficie scelta con sistemi di drenaggio delle acque ancora oggi in grado di funzionare e progettarono le terrazze adiacenti alla piazza in modo da limitare l’erosione dei pendii e assolvere a scopi agricoli.

Foto di patburdubc0 da Pixabay