28 Aprile 2024
Giandujotto scettico

L’aurora boreale del 1938, funesto presagio

Giandujotto scettico n° 151 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (16/11/2023)

È raro che un’aurora boreale arrivi alle latitudini italiane. Anche per questo, quella visibile la sera del 5 novembre 2023, osservata lungo tutta la penisola, specie sulle coste adriatiche, e addirittura fino alla Puglia, ha suscitato grande emozione. Nel passato, la comparsa di aurore nei nostri cieli ha generato spesso congetture insolite, letture di tipo religioso, false spiegazioni in linea con la cultura e con gli avvenimenti del tempo. Nel 1870, per esempio, una spettacolare aurora boreale che arrivò fino a Roma fu messa in relazione con la conquista della città da parte delle truppe italiane e la resa dello Stato pontificio – segno dell’ira divina o festeggiamento celeste, a seconda di chi commentava il fenomeno.

Oggi vorremmo parlarvi di un’altra aurora boreale che fu visibile dall’Italia – fino in Sicilia! – in un momento delicato della storia del nostro Paese: la notte tra il 25 e il 26 gennaio 1938, anno XVI dell’Era fascista. Giunta al culmine del diciassettesimo ciclo solare, iniziato nel 1933, fu preceduta da alcune manifestazioni simili nel dicembre 1937; lo scarso inquinamento luminoso del tempo permise di vederla nel suo pieno splendore, con le sue strisce verticali luminose e il suo bagliore rossastro. Ne abbiamo anche un dipinto ad olio: il pittore Luigi Russolo (1885-1947), artista futurista con la fissa per la metapsichica, la immortalò in una sua tela

L’aurora nel mondo

L’aurora del 25-26 gennaio 1938 fu vista in tutta l’Europa e il Nord America, fino alla Spagna e al Portogallo. Nei Paesi Bassi fu considerata un segno di buon auspicio: la principessa Giuliana era in dolce attesa della sua primogenita, Beatrice, che nacque infatti pochi giorni dopo, il 31 gennaio. Il parto andò bene e i giornali si profusero nel prevedere per la piccola un futuro luminoso come quell’aurora. 

Altrove, molti scambiarono quel bagliore rosso per un incendio in corso: accadde in Inghilterra, in Austria, in Svizzera e in molte altre regioni dell’Europa e dell’America settentrionale. Perfino le guardie reali del castello di Windsor allertarono i vigili del fuoco, convinte che Londra fosse in fiamme. A Salisburgo una parte della popolazione, allarmata dalle sirene, scappò verso le zone rurali della città. Alle Bermuda, molte navi credettero che la luce provenisse da un’imbarcazione che stava bruciando: diversi capitani chiamarono le stazioni radio per sapere se c’erano stati SOS e per offrirsi di aiutare nei soccorsi. 

In buona parte del mondo cattolico l’aurora del gennaio 1938 fu invece, immancabilmente, l’aurora di Fatima. La vulgata su questi eventi è che nel corso delle apparizioni avvenute ventun anni prima, nel 1917, una delle ragazzine veggenti, la futura suor Lucia, avrebbe sentito dalla Madonna questa frase: “La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offendere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un’altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi dà che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre”. Per alcuni cattolici, questa sarebbe la prova inequivocabile della realtà delle apparizioni mariane di Fatima. La stessa suor Lucia, nella sua autobiografia scritta nel dicembre 1941, affermò che l’aurora boreale del 1938 era l’adempimento della profezia, e che non si trattava affatto di un fenomeno naturale.

Va detto che questa “profezia” venne rivelata soltanto nel 1941, come riporta persino il sito ufficiale del Vaticano: dunque, tre anni dopo l’aurora, e quando la Seconda guerra mondiale era ormai scoppiata da un pezzo…

L’aurora in Piemonte

E in Piemonte? I giornali dell’epoca descrissero un diffuso senso di panico e di stupore: l’aurora lasciò a bocca aperta migliaia di testimoni. Il fenomeno durò diverse ore, e i più anziani lo paragonarono allo spettacolo che avevano potuto ammirare nel 1870. A Salice d’Ulzio (così il regime fascista aveva italianizzato Sauze d’Oulx) si parlò di “fasci verticali di luce bianca”, a Como di un “meraviglioso fuoco artificiale” (La Stampa, 26 gennaio 1938). L’osservatorio di Pino Torinese, dal canto suo intervenne spiegando correttamente il fenomeno. 

In molti paesi – soprattutto nel nord del Piemonte – il bagliore venne scambiato per un incendio. Successe ad esempio ad Arola (Verbania), dove vennero suonate le campane per avvisare del pericolo:

Falso allarme. Martedì sera la campana della nostra Chiesa Parrocchiale dava il segnale d’allarme d’incendio. Spaventati gli Arolesi uscirono nelle strade e – passato il primo momento di panico – si poteva notare che non era l’incendio della pineta sovrastante il paese come era parso dapprima, ma quello stupendo fenomeno dell’aurora boreale. (La Gazzetta del Lago, 2 febbraio 1938)

Lo stesso accadde tra le montagne di Intra (Verbania):

Nell’alta Valle Intrasca, invece, l’allarme è stato assai vivo ed in qualche paese si sono suonate le campane a stormo. Detto allarme trova la sua giustificazione nel seguente fatto: la chiusa delle montagne ha impedito ai valligiani di accorgersi della estensione del bagliore il quale sembrava localizzato nel ristretto orizzonte della valle. (La Gazzetta del Lago, 29 gennaio 1938)

In altre zone del Verbano si diede invece la colpa a un riflettore di qualche nave della Guardia di Finanza di pattuglia sul Lago Maggiore, oppure a una meteora molto luminosa:

Subito le popolazioni di Suna e di Pallanza hanno pensato ad un violento incendio divampante sulle montagne di Mergozzo e di Braccìno. Ma i primi a meravigliarsi furono gli abitanti di Fondotoce i quali, portatisi alla «Crociera», ebbero a constatare l’assenza assoluta del più piccolo incendio sui monti della Bassa Ossola. La gente naturalmente si è vivamente interessata dell’eccezionale spettacolo e molti che insistevano per un incendio hanno voluto appagare la loro curiosità recandosi fino alla «Crociera». Qui, però, restavano con tanto di naso e dopo aver inutilmente cercato l’incendio inesistente, si vedevano costretti a ritornare sui loro passi non senza dispetto e delusione. Quelli che non volevano credere ad un incendio rimanevano perplessi; gli altri, invece, tiravano in ballo i riflettori di qualche torpediniera della R. Guardia di Finanza… Qualcuno, a dire il vero, ebbe ad accennare ad una specie di meteora ma ben pochi dimostravano di condividere questa opinione… (La Gazzetta del Lago, 29 gennaio 1938)

Ma al di là delle spiegazioni “fisiche”, quale era il significato attribuito a quel portento celeste?

Presagi di guerra

Qui c’è da notare una cosa interessante. L’impressione, leggendo i giornali del tempo, è che molti piemontesi avessero preso quell’aurora – rossa come il sangue – per un presagio di guerra. D’altra parte, il periodo era delicatissimo, sul fronte internazionale. Nel marzo 1936 Hitler aveva rioccupato la Renania, al confine con la Francia, in violazione al trattato di Versailles e ai Patti di Locarno, provocando una crisi diplomatica con Francia e Regno Unito. Le due maggiori potenze militari del tempo decisero di non intraprendere nessuna misura in reazione. Fu questa la prima grande occasione mancata: altre seguiranno, inducendo Hitler a pensare che nessuno avrebbe intralciato i suoi piani di espansione. 

Poco dopo, in Spagna era scoppiata la guerra civile che aveva messo i rivoltosi nazionalisti guidati dal generale Francisco Franco di fronte al governo riunito nel Fronte popolare, mentre in Cina la guerra con il Giappone, in corso dal 1931, si aggravava, e arrivavano in Italia le prime notizie dei tremendi massacri operati a Nanchino dall’esercito nipponico. Anche l’indipendenza dell’Austria e l’integrità della Cecoslovacchia erano ormai minacciate in modo esplicito dai tedeschi. In molti, insomma, dovevano essersi convinti che l’Europa stesse andando verso un secondo, catastrofico conflitto.

Va detto comunque che le interpretazioni di questo tipo da parte del pubblico sono quasi sempre menzionate in fonti tarde, comunque successive alla guerra. Compaiono in pochissimi giornali coevi ai fatti. È plausibile che gli stessi autori degli articoli, anche senza bisogno di interventi dall’alto, operassero una sorta di auto-censura, preferendo evitare riferimenti al quadro internazionale. Si alludeva invece a “congetture puerili”, a “fantasie avventate”, oppure a “previsioni più o meno pessimiste”, mettendo alla berlina le indegne superstizioni del popolino – senza però menzionarne esplicitamente il contenuto:

La gente all’insolito spettacolo si riversò nelle piazze e nelle vie commentando il fenomeno celeste, e facendo le più strane supposizioni. (Il Biellese, 1 febbraio 1938)

Molti giudizi si sono uditi in merito al fenomeno dell’altra sera e disparatissimi, quando anche non puerili; il che meraviglia un po’, se si tiene conto, che furono raccolti spesso dalle labbra di persone che non dovrebbero essere così superficiali. (Il Biellese, 28 gennaio 1938)

Fenomeno questo, che il volgo superstizioso crede pronostico di malaugurio, e, che invece, senza essere ancora bastantemente spiegato, non è, che una naturale manifestazione elettrica del magnetismo terrestre. Ma… nessuno di questi fenomeni ha coincidenza con le vicissitudini umane e non è foriero di disgrazia alcuna. Bando adunque ai vecchi pregiudizii popolari. (Gazzetta d’Asti, 17 dicembre 1937)

Come sempre succede in casi del genere, certuni (pochi in verità) hanno creduto di trarre dallo strano fenomeno previsioni più o meno pessimiste. Si è tirata in ballo la cometa apparsa nel 1914 per giungere alla conclusione di cui non è necessario parlare [il corsivo è nostro: il riferimento è allo scoppio della Prima guerra mondiale, NdA]. Con l’evoluzione dei tempi, anche il popolo si è evoluto. Ma qualche residuo di superstizione è ancora da scomparire. (La Gazzetta del Lago, 29 gennaio 1938)

Dei giornali che abbiamo potuto consultare, soltanto uno menziona esplicitamente la guerra: si tratta de l’Unione Monregalese del 5 febbraio 1938, da sempre espressione della curia di Mondovì (Cuneo). Un organo che rispondeva alle autorità religiose cattoliche, dunque, e quindi con un margine di manovra un po’ più ampio del resto della stampa. Anche in questo caso, comunque, chi manifestava quelle opinioni era trattato con disprezzo:

Il fenomeno singolare apparso in cielo ha dato origine alle più disparate ipotesi, ha dato argomento alle fantasie più sbrigliate a concepire le più strane ed avventate congetture per non dire puerili…… e non mancarono le menti più deboli, che lo interpretarono come un segnale di guerra.

Moltissimi giornali, comunque, si sfilarono dalla diatriba interpretando l’aurora come un “segno di trionfo” per l’Italia, facendo sfoggio della retorica grottesca del regime:

L’altra notte, nel cielo di Europa, è apparsa una luminosa aurora boreale. L’acciarino delle nostre ali tricolori deve aver picchiato sulla pietra focaia delle stelle. (Il Monferrato, 29 gennaio 1938; Il Popolo Biellese, 31 gennaio 1938)

Nell’universo fascista non c’era spazio per il disfattismo: al massimo quell’aurora poteva essere un’espressione di giubilo o di partecipazione alla nostra conquista del cielo, o, più probabilmente, alla partecipazione della Regia Aeronautica alla Guerra civile spagnola, glorificata a ogni istante come esempio della superiorità della nuova arma del secolo fascista. Ogni altra interpretazione era bandita. 

Una testimonianza recente

L’aurora boreale, che, come già accennato aveva avuto un “prequel” nel dicembre 1937, si manifestò in gennaio per almeno due notti (La Stampa, 26 gennaio 1938; La Stampa, 27 gennaio 1938), per fare ritorno anche agli inizi di marzo, ma in maniera meno spettacolare (La Gazzetta del Lago, 9 marzo 1938). 

Nel 2020 il novantenne Paolo Gariglio, a lungo parroco a Nichelino (Torino), rievocò su Nichelino online quello spettacolo a cui aveva assistito da bambino. Ascoltare i suoi ricordi è di sicuro interesse:

Quella notte di fondo gennaio 1938, come sempre dormivo placido nella mia casa di via Nizza (piazza Bengasi), la mamma e la nonna mi svegliarono di soprassalto, gridandomi: “Presto Paolo, dobbiamo scappare: ha preso fuoco il petrolio…!” In realtà il motivo del grido era errato, perché il cosiddetto “petrolio” era un semplice deposito di carburanti della Fiat che si estendeva dall’attuale corso Traiano verso piazza Bengasi e poi a nord fino allo scalo ferroviario che si chiamava “Vallino”. Lì però era successo proprio niente…

Completamente rintronato (come potevo non esserlo?) scesi di corsa in cortile e qui fui letteralmente scaraventato dai miei sulla “doma”, cioè una sorta di calesse. Pensarono a una cosa sola: fuggire, subito, il più lontano possibile.  Ma ecco che lo zio Pinotto fermò i cavalli avvisandoci  che – testuali parole – “il cielo rosso sarà quello della Madonna, come dice il segreto di Fatima, visto che quel pazzo di Mussolini vuol fare la guerra!” Si riferiva lo zio Pinotto ad una delle profezie delle apparizioni di Fatima per cui presto sarebbe scoppiata un’altra guerra mondiale, più terribile della prima, annunciata da una “notte illuminata da una luce sconosciuta”.

Noi della famiglia avevamo pure timore che fosse accaduto qualcosa alla cascinetta presso il campo volo dove tenevamo le vacche da latte. Nostro cugino Vittorio Ferrero però aveva già compiuto, in bicicletta, una prima ricognizione sul posto e riuscì a calmarci. Fu così che cominciammo a capire come quell’impressionante colore rosso sangue che infiammava tutto il cielo era […] un’intensa aurora boreale, fenomeno rarissimo alle nostre latitudini. […]

La gente fu profondamente scossa e turbata dall’evento, in Italia si continuò a parlarne per giorni e giorni. Qualcuno pensò all’apocalisse e alla fine del mondo. In molti interpretarono quel “cielo rosso” come un presagio e la stampa di regime faticò non poco a riportare la calma nell’opinione pubblica.

Non c’era da stupirsi allora se la gente parlava e pensava così drammaticamente, come anche avveniva tra i miei famigliari. “Scoppierà la guerra!” dicevano tutti. Mussolini, solidale con Hitler, nel periodo precedente alla seconda guerra mondiale, aveva dichiarato che l’Italia era “in stato di co-belligeranza”.

Il ricordo di don Gariglio è probabilmente un po’ confuso: come abbiamo ricordato sopra, all’epoca il cosiddetto “segreto di Fatima” non era ancora stato fatto circolare. Lo sarà solo nel 1941. Anche l’idea della “co-belligeranza” è approssimativa: non ci fu niente del genere, prima del 10 giugno del 1940, quando l’Italia dichiarò guerra a Francia e Regno Unito. La stessa espressione appartiene a un evento successivo, ossia la dichiarazione di guerra alla Germania nazista dell’ottobre 1943, quando, dopo la caduta del regime fascista e l’invasione tedesca dell’Italia, a sud si era riformato il governo legittimo, quello presieduto dal maresciallo d’Italia Pietro Badoglio.

Confusioni mnemoniche a parte, quel che interessa è che l’aurora boreale del 1938 è stata legata indissolubilmente alla presunta profezia mariana. È possibile che don Gariglio, nel ricordare l’evento, abbia sovrapposto lo svolgimento dei fatti con l’interpretazione successiva, fondendo due ricordi – un fenomeno frequente, che in psicologia è noto come confabulazione.

Rimane comunque una testimonianza vivida dell’emozione profonda suscitata dal fenomeno celeste nel futuro prete torinese e nella sua famiglia. Una testimonianza dell’impatto che possono avere i fenomeni celesti insoliti, specie quando vengono letti alla luce delle paure e della cultura del tempo.