7 Aprile 2024
Approfondimenti

Lo strano caso del fantasma di Greenbrier

Può la testimonianza di un fantasma far condannare un assassino? È quanto sarebbe avvenuto nel 1897 nella contea di Greenbrier, che è parte della Virginia Occidentale (Stati Uniti). Lì una giovane donna, uccisa dal marito, sarebbe apparsa alla propria madre e avrebbe identificato il colpevole del suo omicidio. Se si guardano meglio i dettagli, però, questa storia è molto meno paranormale di come viene raccontata. Proviamo ad analizzarla insieme. 

La storia, come la si racconta

Se visitate il microscopico paesino di Sam Black Church, nella contea di Greenbrier, vi sarà difficile non notare la targa. È stata messa lì nel 1981 dal Dipartimento di Storia e Cultura della Virginia Occidentale. Il testo riassume in poche parole la nostra vicenda:

Il fantasma di Greenbrier – Sepolta nel vicino cimitero, riposa Zona Heaster Shue. La sua morte nel 1897 fu considerata naturale, finché il suo spirito non apparve alla madre per raccontare di come era stata uccisa dal marito Edward. L’autopsia sul corpo riesumato confermò il resoconto dell’apparizione. Edward, ritenuto colpevole di omicidio, fu condannato al carcere. Unico caso in cui la testimonianza di un fantasma ha aiutato a far condannare un assassino.

Targa che ricorda il caso, da Flickr, licenza CC BY-NC-ND 2.0

Si potrebbe sorridere sull’ultima frase: l’idea dello spirito inquieto che rivela al mondo il nome del suo assassino è, da Amleto in avanti, uno dei più classici cliché della letteratura fantastica, chiamato in causa anche in veri casi di cronaca (tanto per menzionarne uno abbastanza famoso, il cosiddetto omicidio del fienile rosso, avvenuto nel 1827 a Polstead, in Inghilterra).

Quello che interessa, però, è chiedersi: questa storia è davvero una dimostrazione dell’esistenza del paranormale? Come sempre il diavolo sta nei dettagli.

L’omicidio

È il 23 gennaio 1897, quando una donna viene trovata morta nella propria abitazione di Lewisburg, capoluogo della contea di Greenbrier, al fondo delle scale che portano al secondo piano. Si chiama Elva Zona Heaster, detta Zona, ed è sposata da tre mesi con Edward Shue ( in realtà si chiama Erasmus Stribbling Trout Shue, ma tutti lo conoscono come Edward o Trout). A scoprire il cadavere è Andy Jones, 11 anni: è il figlio dei vicini di casa, e ogni tanto svolge alcuni lavoretti per la famiglia Shue. Il ragazzino corre a dir tutto alla madre, poi va ad avvisare anche Edward Shue, che lavora come fabbro in una bottega. L’uomo sembra sconvolto, torna a casa, prende la donna tra le braccia e manda a chiamare George W. Knapp, il medico della zona (che, come avveniva spesso nei piccoli centri urbani, svolgeva anche il ruolo di coroner, che nel diritto anglo-americano è un funzionario con compiti d’indagine sulle modalità di decesso).  

Knapp afferma che Zona è morta di cause naturali, anche se le fonti divergono sull’effettiva diagnosi indicata: secondo l’Appalachian History Society, il dottore derubrica il tutto come infarto; secondo altre fonti, avrebbe chiamato in causa “problemi femminili”, o addirittura un aborto spontaneo. Ad ogni modo, la donna viene sepolta il giorno successivo in un piccolo cimitero in cima alla collina che sovrasta Greenbrier County. Alla cerimonia assistono il marito e la madre della giovane, Mary Jane Heaster, che vive sulle pendici del vicino monte Sewell ed è arrivata per l’occasione. 

Il fantasma e l’indagine

A circa un mese dalla morte di Zona, però, Mary Jane Heaster comincia a raccontare in giro che il fantasma della figlia le è apparso per quattro notti di seguito, e che le ha rivelato il vero responsabile della sua morte: il marito Edward. L’uomo era violento e crudele, e l’aveva aggredita in uno scatto d’ira. La voce si diffonde rapidamente nel circondario. 

Ma Mary Jane non si limita a raccontare la storia ai suoi vicini di casa, passa direttamente all’azione: dopo qualche giorno, accompagnata dal cognato, si decide ad andare a trovare John A. Preston, procuratore di Lewisburg, sotto la cui giurisdizione ricade l’abitazione dei Shue. L’uomo non sembra credere troppo alla storia del fantasma, però si convince che ci sono elementi sufficienti per avviare un’indagine. Il coroner ammette di non essere troppo sicuro del suo responso, e di non aver esaminato accuratamente il corpo. Le indagini sul passato di Edward Shue portano alla luce precedenti penali per furto di cavalli e per violenza domestica.

Ce n’è abbastanza per ordinare una riesumazione del cadavere. A questo punto, la storia comincia a comparire sulle pagine dei giornali locali, e non è un bene per Edward. L’uomo si lamenta con forza del procedimento ordinato dal giudice, e il Greenbrier Independent riferisce alcune sue dichiarazioni particolarmente ambigue (avrebbe affermato di sapere che sarebbe stato arrestato, ma che gli investigatori non avrebbero mai potuto provare che lui “lo aveva fatto”). 

Il 22 febbraio il corpo viene riesumato ed esaminato. I risultati dell’autopsia compaiono sul Pocahontas Times del 9 marzo: il collo della donna è rotto, la trachea schiacciata. I segni sul collo sembrano indicare che la morte è avvenuta per soffocamento. 

Processo e morte

Elva Zona Heaster

Edward Shue viene immediatamente arrestato e condotto presso la prigione di Lewisburg. L’interesse della stampa è alle stelle. Le cronache di quel periodo insistono in maniera sensazionalistica sui dettagli paranormali del caso, ed è difficile separare le esagerazioni, gli elementi reali e le invenzioni vere e proprie. Alcune fonti giornalistiche riferiscono che l’uomo è sicuro dell’assoluzione; altre raccontano che Edward avrebbe detto ai compagni di prigione di volersi sposare sette volte; si parla insistentemente di due precedenti matrimoni dell’uomo, celebrati prima di conoscere Zona. Una delle mogli sarebbe morta in circostanze sospette dopo appena un anno di matrimonio – vittima, forse, della caduta di un sasso mentre stava pulendo un camino in compagnia del marito. Qualcuno chiama in causa anche la morte della prima moglie, mentre altri affermano che questa sia viva e che abbia divorziato dall’uomo per i suoi maltrattamenti… 

Il 22 giugno comincia il processo, tra l’interesse del pubblico e della stampa. Purtroppo la trascrizione dell’istruttoria è andata perduta; sopravvivono solo i resoconti giornalistici, che riferiscono così il momento clou del dibattimento:

Mary Jane: Non era un sogno – è tornata e mi ha detto che lui si era arrabbiato perché non c’era carne per cena… È venuta quattro volte e quattro notti; ma la seconda notte mi ha detto che il suo collo era stato schiacciato alla prima vertebra ed è proprio come mi ha detto.
Avvocato: E questo sogno non era fondato sulla sua angosciata condizione mentale?
Mary Jane: No, signore. Non era un sogno, perché ero completamente sveglia come non lo ero mai stata… [Indossava] lo stesso vestito con cui è stata uccisa, e quando se ne è andata ha girato completamente la testa e mi ha guardata come se volesse che io sapessi tutto a riguardo.
Avvocato: Quindi insiste sul fatto che le sia apparsa in carne e ossa in quattro diverse occasioni?
Mary Jane: Sì, signore. (Greenbrier Independent, 1° luglio 1897)

L’11 luglio 1897, dopo appena un’ora e dieci minuti di camera di consiglio, la giuria emette il verdetto: l’uomo è colpevole di omicidio, dovrà scontare l’ergastolo. Mentre Edward si trova in carcere, una folla inferocita si riunisce di fronte alla prigione cercando d’irrompervi e impiccare l’assassino pubblicamente; il tentativo di linciaggio, però, viene sventato quasi subito dallo sceriffo. Per evitare problemi ulteriori, Edward viene trasferito nel più sicuro penitenziario di Moundsville

Morirà lì appena tre anni dopo, nel marzo del 1900, vittima di un’epidemia. 

Il ruolo del fantasma nella condanna

Il fantasma di Greenbrier County è entrato a buon diritto nel folklore paranormale della Virginia Occidentale. Ne sono stati fatti almeno tre adattamenti teatrali, tra cui un musical; è comparso in romanzi e opere di fiction. Nel cimitero di Lewisburg, una tomba visitatissima collocata nel 1979 porta impressa la scritta “In memoria di Zona Heaster Shue, ‘fantasma di Greenbrier’ 1876-1897”. Gli abitanti della zona riferiscono tuttora storie di lupi che avrebbero ululato alla morte della donna, o di lenzuola trasformate in sangue quando il marito le portò a lavare (leggenda che ricorda un po’ il giudizio della bara, superstizione comune fino al Diciannovesimo secolo).  

Nonostante le rielaborazioni successive, però, la “testimonianza” del fantasma non sembra aver giocato un ruolo nel processo. Il procuratore Preston chiamò la madre di Zona sul banco dei testimoni, ma si limitò a interrogarla sul rapporto tra la figlia e il marito e su alcuni elementi di contorno. Fu invece l’avvocato di Edward a chiederle di raccontare i dettagli delle apparizioni, nel tentativo di screditare la donna e di farla passare per pazza: i primi sospetti, dopotutto, erano stati avanzati proprio da lei. Nonostante tutti gli sforzi, la tattica non funzionò, e la giuria decretò la colpevolezza dell’uomo. 

Il successivo resoconto del Greenbrier Independent chiarisce ancora meglio che la condanna non fu dovuta alla testimonianza del fantasma, ma alle prove circostanziali sull’omicidio. Il risultato dell’autopsia, d’altra parte, indicava una morte non naturale, e diversi testimoni del processo descrissero il carattere di Edward come irascibile e violento. 

Interpretazioni alternative

Quanto a Mary Jane, è ormai impossibile stabilire quanto davvero credesse alla storia delle apparizioni. Katie Letcher Lyle, storica dilettante e autrice di un libro sulla vicenda (The man who wanted seven wives, Quarrier Press, 1999) ha ipotizzato che si sia trattato di una messinscena:

“Mary sapeva che [Edward] era astuto, privo di morale e ricco di capacità di persuasione. Se aveva ucciso una volta, poteva farlo di nuovo. Forse aveva paura che se nessuno avesse dato retta alle sue accuse, Shue sarebbe diventato molto pericoloso. Quindi, facendo finta di aver ricevuto le informazioni direttamente da Zona, poteva far appello alle superstizioni dei suoi vicini montanari, e sollevare un bel po’ di pubblica attenzione. Come si scoprì, non aveva bisogno della storia del fantasma, perché Shue fosse condannato, […] sulla base di considerazioni puramente terrene, senza l’intervento di fantasmi sovrannaturali”. (Katie Letcher Lyle, Wonderful West Virginia Magazine, 1999) 

A corroborare quest’ultima ipotesi, lo scettico americano Brian Dunning cita un elemento interessante: sullo stesso numero del Greenbrier Independent che riportò il necrologio di Zona Heaster (28 gennaio 1897), compare un’altra storia di fantasmi. 

Uno dei casi di omicidio più famosi in Australia è stato fatto scoprire dal fantasma di un uomo assassinato, seduto sul parapetto di un laghetto in cui era stato gettato il corpo. Innumerevoli persone lo videro e il delitto fu debitamente chiarito. Anni dopo, un uomo morente, in confessione, disse di aver inventato il fantasma. Aveva assistito al crimine, ma era stato minacciato di morte se lo avesse raccontato come desiderava, e l’unico modo per uscire dall’impasse fu quello di raccontare di aver visto il fantasma dove si trovava il corpo. Non appena diede inizio alla storia, la forza della suggestione portò numerose altre persone a vederlo, fino a quando la fama raggiunse dimensioni tali che fu fatta una ricerca e il corpo ritrovato, e gli assassini furono assicurati alla giustizia.

La vicenda del fantasma di Frederick Fisher è una nota leggenda australiana, ed è assai più dubbia di quanto riferì il giornale (per chi volesse approfondire, consigliamo l’articolo che lo scettico Joe Nickell ha scritto per lo Skeptical Inquirer); ad ogni modo, è in questi termini che la stampa della contea di Greenbrier riferì la vicenda. 

Si tratta di una semplice coincidenza, o Mary Jane prese davvero spunto da quella storia di fantasmi per sollevare un polverone e far riaprire il caso? Il fantasma di Zona era l’illusione di una madre attanagliata dai sospetti o un accurato piano per arrivare a un processo? A distanza di un secolo, è ormai impossibile dirlo con certezza. 

Quel che è certo è che il fantasma di Greenbrier è la classica storia che può essere presentata in chiave paranormale o in una luce più razionale, a seconda dei particolari che si decide di includere. 

Come ha fatto notare lo studioso Romolo Capuano:

Il caso di Erasmus Shue e del fantasma che lo condannò è uno di quei casi in cui la comprensione degli avvenimenti dipende da come questi sono narrati (si potrebbe parlare, al riguardo, di un “effetto narrazione”) e dal frame (“cornice”) in cui sono inseriti. Basta spostare il frame che essi appaiono in una luce diversa, che di soprannaturale ha ben poco. […] Quando esaminiamo la veridicità di una storia, soprattutto quando questa appartiene a un passato distante, dobbiamo stare attenti ad esaminare tutte le fonti disponibili, a non cedere al fascino di quelle più sensazionali e ad adottare un atteggiamento critico nei confronti dei suoi contenuti. Troppo spesso “sposiamo” una teoria perché ci sembra esteticamente interessante, perché si conforma alle nostre credenze o perché “sarebbe bello se fosse vera”. A rendere le cose più complesse, intervengono poi le narrazioni, giornalistiche e non solo, che spesso non hanno l’obiettivo di informare, ma di catturare l’attenzione, perché più si cattura l’attenzione e più copie si vendono. Nel 1897 come oggi. 

Sofia Lincos

Sofia Lincos collabora col CICAP dal 2005 ed è caporedattrice di Queryonline. Fa parte del CeRaVoLC (Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee) e si interessa da anni di leggende metropolitane, creepypasta, bufale e storia della scienza.

3 pensieri riguardo “Lo strano caso del fantasma di Greenbrier

  • Molto carino mettere come “altre fonti” storiche l’ articolo di una rivista scettica Americana da cui, Sofia, hai tratto quasi tutto il materiale. Sarebbe bastato cercare di capire se, quando la mamma ha detto che il collo della figlia era stato rotto all’ altezza della prima vertebra, l’ autopsia era già stata fatta.

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  • Ciao Aldo, Brian Dunning potrà non starti troppo simpatico, ma secondo me ha fatto un bel lavoro di ricostruzione. Riguardo al particolare del collo, personalmente non ho trovato fonti giornalistiche digitalizzate precedenti all’autopsia, ma onestamente non mi sembra risolutivo. Mary Jane aveva partecipato al funerale e probabilmente aveva visto il corpo della figlia prima dell’inumazione. È anche possibile che si fosse accorta che qualcosa non andava…

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  • Comunque non è “unico”, checché ne dica il cartello. Di casi simili ne ho sentiti parecchi. Più interessante di questo, tra i primi che mi vengono in mente, mi sembra quello di Teresita Basa, anche perché più recente. Certo, avere a disposizione un Giudice che scriva in una sentenza di aver incastrato l’ assassino grazie al fantasma della vittima non è facile, dopo la Rivoluzione Francese. Bisogna trovare prove materiali serie e, a questo punto, si può sempre soprassedere su cosa ha risvegliato il “fiuto” degli Investigatori. Aiuta anche gli Investigatori stessi.

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