19 Aprile 2024
Misteri vintage

La vera morte di Adolf Hitler, quella del 1938

Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Se avete frequentato un po’ le teorie del complotto, prima o poi qualcuno vi avrà rivelato l’indicibile verità sui Beatles: Paul McCartney è morto nel 1966 ed è stato sostituito da un sosia. Tutte le sue apparizioni pubbliche, a partire da quella data, riguarderebbero un impersonatore, un individuo diverso dal vero Paul. Le prove sarebbero, come nella miglior tradizione del cospirazionismo, disseminate nelle copertine e nei testi degli album della band.

Oggi vorremmo raccontarvi di una diceria per certi versi simile che circolò per l’Europa nel 1938. E chi era l’uomo del giorno, quello sul cui conto si poteva credere qualsiasi cosa? Non non era un cantante. Era Adolf Hitler.

La “vera” morte del dittatore tedesco sarebbe avvenuta il 29 settembre 1938, proprio alla vigilia della sigla del patto di Monaco: l’ultimo tentativo delle potenze occidentali per evitare una nuova guerra mondiale, quello con il quale fu concesso alla Germania nazista di annettersi senza colpo ferire parte della Cecoslovacchia, la migliore democrazia del continente. Ebbene, l’uomo che sottoscrisse gli accordi con Regno Unito, Francia e Italia che pochi mesi dopo avrebbe rinnegato non sarebbe stato altri che un sosia. Lo garantiva un libretto anonimo pubblicato negli Stati Uniti nel marzo 1939, intitolato The Strange Death of Adolf Hitler. Era uscito a New York, edito da Macaulay & Co.; per chi volesse leggerne il testo completo, è digitalizzato interamente su Archive.

Il testo si apriva con queste parole a firma degli editori:

L’ultimo venerdì di gennaio 1939 ci fu presentato il manoscritto più insolito che ci sia pervenuto in trent’anni di editoria. Le fonti impeccabili da cui proveniva erano una garanzia della sua autenticità. L’immensa importanza mondiale dei fatti dichiarati nel documento non ci ha dato alternativa che presentarlo al mondo senza indugio. Il centrale e il più vitale fatto è che Adolf Hitler, il Führer e dittatore nazista, fu assassinato alle 2-13 del 29 settembre 1938, la notte prima della conclusione del Patto di Monaco. Un sosia opportunista sta ora governando al suo posto.

Il Führer era stato sostituito da un attore, Maximilian Bauer, uomo dalla voce e dall’aspetto del tutto simile a quelli del dittatore. Era stato lui stesso a scrivere la confessione: desiderava che alla sua morte quella storia fosse conosciuta, e che sulla sua tomba fosse inciso il suo vero nome – non quello di Adolf Hitler. 

Per questo, aveva trovato il modo di portare il manoscritto al di fuori della Germania, affidandolo a un certo Michel Simon, un giovanotto francese che gli doveva qualche favore (l’autore lascia intendere, tra le righe, che ci fosse stata una relazione tra Bauer e la madre dell’uomo); nel biglietto accluso, Bauer chiedeva che lo scritto fosse reso pubblico alla sua morte. Poiché, però, il giovane non conosceva nessuno con quel nome e non parlava il tedesco, aveva affidato i fogli a un amico ufficiale della marina mercantile tedesca, chiedendogli di leggerli per lui e di dirgli se si trattava di uno scherzo. Questi, durante il suo viaggio verso l’America, aveva letteralmente divorato il manoscritto: si era convinto che la storia era autentica e, arrivato a New York, aveva portato la confessione alla Macaulay’s, dove aveva degli amici. Dopotutto, benché tedesco, non era mai stato un sostenitore del nazismo, e la gente doveva sapere… 

E così, in questa maniera rocambolesca, la confessione di Bauer era finita nelle mani della casa editrice, che aveva garantito l’anonimato all’ufficiale, gli aveva commissionato una traduzione in inglese, aveva controllato per quanto possibile la veridicità delle affermazioni e aveva pubblicato il tutto. Questo, almeno, sostenevano gli editori nella prefazione. 

Il resto, era la descrizione – dalla penna stessa del protagonista – della scalata di Bauer da semplice sosia a leader della Germania sotto falso nome. Maximilian Bauer raccontava di essere nato a Passavia, in Bassa Baviera. Fino al 1933 aveva vissuto insegnando il tedesco, facendo traduzioni per i servizi segreti di diversi Paesi e compiendo piccole azioni di spionaggio. Poi, il 29 gennaio 1933, mentre si trovava a Berlino con un’amante, era stato scambiato per Adolf Hitler e arrestato dalla polizia: volevano impedirgli di prestare giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag. Ovviamente questo non aveva fermato il vero Hitler, che aveva così potuto prendere il potere… 

Quell’incredibile somiglianza non era però passata inosservata. Ernst Röhm, capo delle Sturmabteilungen (camicie brune) e poi eliminato dallo stesso Hitler, invece di rilasciarlo lo aveva portato di fronte al gotha della politica nazista. Bauer si era seduto di fronte a Joseph Goebbels, a Hermann Göring, al vecchio nobile sassone Erik von Arnim e al generale delle SS Edmund Heines. I quattro lo avevano esaminato, avevano scoperto che anche la voce era identica a quella del Führer e lo avevano convinto a entrare nel corpo di guardia personale di Hitler (composto da un reparto della Leibstandarte e comandato da uno dei presunti congiurati, il generale Heines). Quando non doveva fare il sosia, Bauer indossava una parrucca e della cera nelle narici; così travestito, poteva accompagnare il leader nei suoi impegni pubblici e studiarne ogni piccolo tic, ogni atteggiamento, ogni intonazione della voce.

Il libro è molto lungo (circa 380 pagine), e la morte del vero Hitler non arriva se non nel capitolo 24 dei 28 complessivi. Prima ci sono interminabili dialoghi sulle idee naziste, grotteschi pettegolezzi sui vari gerarchi, storie di amori illeciti, resoconti di incontri con il “vero Hitler” e disavventure varie (a un certo punto, Bauer finisce anche avvelenato in un tentativo di assassinio del dittatore); il tutto, sullo sfondo della corsa inarrestabile del Terzo Reich verso la catastrofe.

Poi, nel 1938, la svolta: il Führer muore avvelenato durante un ricevimento e i gerarchi nazisti decidono che non può finire tutto così. Bauer, che da anni si è distinto tra i sosia di Adolf Hitler (il nostro uomo aveva altri tre colleghi, tra cui spiccava l’autista Julius Schreck) viene assunto… a tempo indeterminato. Da quel momento sarà lui a guidare la Germania, mentre i gerarchi che l’hanno messo lì tengono le fila del potere. Bauer partecipa al posto Hitler alla conferenza di Monaco, pronunciando un discorso già preparato e seguendo la strada ormai tracciata dalla dirigenza tedesca. Il resto – è il caso di dire – è storia.

Vi abbiamo convinti? Immaginiamo di no. Anche negli Stati Uniti il libretto anonimo della Macaulay fece sollevare più di un sopracciglio. Meno di sei mesi dopo l’uscita di The Strange Death of Adolf Hitler, i primi colpi di cannone della Seconda Guerra Mondiale risuonavano in ’Europa, smentendo il racconto in maniera più che convincente. Se davvero quello che si vedeva nei cinegiornali e si sentiva per radio era un sosia, aveva un’ideologia e un piglio tristemente identici a quelli del dittatore precedente. 

Anche sul momento, del resto, la notizia della morte e della sostituzione del leader tedesco non era stata presa troppo sul serio. Uno dei maggiori quotidiani di New York, l’Evening Star, il 19 marzo 1939 recensì così il libro nella sua rubrica letteraria:

Si tratta di un’affermazione sensazionalistica, fatta in maniera sensazionalistica, e le prove portate dagli editori sono ben lontane dall’essere conclusive o convincenti. Cionondimeno, questa storia, in varie forme, veniva sussurrata da un po’ di tempo, e aveva avuto già l’onore della pubblicazione, anche se non in forma di libro.

The Strange Death of Adolf Hitler era il più classico degli instant book fatti per attirare un pubblico avido di scoop e rivelazioni eclatanti, con una storia inventata lì per lì e senza il minimo pregio letterario. Ma quel libro (“incredibilmente volgare”, secondo le parole dell’Evening Star) capitalizzava su una serie di voci che stavano davvero circolando negli Stati Uniti e che avevano già fatto capolino sui giornali. Il 14 gennaio dello stesso anno, ad esempio, sul New Yorker era comparso questo trafiletto:

[…] “Perché nessuno spara a Hitler?” Il signor Bemelmans non ha menzionato il fatto che Hitler è già stato fucilato – o più che fucilato; ucciso e sepolto. Secondo una storia raccontata da un commerciante tedesco che vive ad Haiti, “Hitler fu ucciso ad Amburgo nel 1935” […] “A novembre o dicembre, non ricordo quando. Gli hanno sparato. Non so chi gli ha sparato. Naturalmente, il tutto è stato nascosto con cura al pubblico, e lo sanno in pochi. Ci sono quattro Hitler in Germania”, ha detto. Sosia e pupazzi. Uno di loro è così simile a Hitler che forse nemmeno sua madre lo saprebbe riconoscere. Ma non ha il cervello. È mosso da fili.

In quel momento, Hitler faceva paura, una paura senza vie di scampo. In Europa e altrove, quasi tutti avevano ormai capito che la guerra era inevitabile. In tanti, negli Stati Uniti, guardavano alla Germania come a un Paese lontano e ostile, retto da un dittatore pazzo, in cui le strette maglie della censura non permettevano che si sapesse con precisione quel che stava accadendo – il tutto nell’aggrovigliato contesto europeo, incomprensibile per la gran parte degli americani. Periodicamente si diffondevano storie su attentati, morte o malattie del leader tedesco. Le storie sull’impiego di sosia da parte di Hitler erano ricorrenti, tanto da comparire anche in film famosi come Il grande dittatore di Chaplin, che uscì il 31 ottobre 1940, o il meno noto The Strange Death of Adolf Hitle, di James P. Hogan, uscito nel 1943: stesso titolo del nostro libro, ma trama un po’ diversa (anche lì, comunque, Hitler moriva e il suo posto era preso da un sosia, reso tale grazie alla chirurgia estetica).

Il libro della Macaulay era una mediocre operazione commerciale, ma traeva spunto proprio da queste voci e false notizie. Per noi, comunque, The Strange Death of Adolf Hitler rimane una piccola perla: il precursore di tutte quelle leggende di “morti sostituiti da sosia” che interesseranno, nel Novecento, politici o personaggi di spicco (tra i leader politici Kim Jong-un, Vladimir Putin, Josip Broz Tito e Muhammadu Buhari; tra i personaggi dello spettacolo, a parte Paul McCartney, Avril Lavigne e Pippo Franco…). 

Ma non è tutto: questa storia è lo specchio rovesciato delle leggende che inziarono a circolare subito dopo la vera morte di Hitler, avvenuta per suicidio il 30 aprile 1945 a Berlino: racconti che lo volevano sopravvissuto e nascosto in qualche luogo remoto, pronto a tornare in pista. Cominciarono a diffondersi non appena fu data la notizia della morte del dittatore – anzi, anche un po’ prima. Un esempio per tutti è questa notizia che apparve sul Chicago Tribune il 27 aprile 1945 – quando, cioè, Berlino era assediata dalle truppe sovietiche e la fine di Hitler e del “Reich millenario” era questione di giorni:

Un’altra possibilità è stata ventilata da un servizio della stampa libera tedesca a Stoccolma: che Hitler abbia mandato un sosia preparato da tempo, August Bartholdy, ex droghiere di Pauen, ad esser filmato morente tra le ultime barricate di Berlino, mentre il vero Führer si nasconde nel sottosuolo. […] Gli ufficiali degli alti comandi, qui, mettono in guardia dal prestar fede a dicerie sulla morte di Hitler o su altri nazisti di alto rango. Affermano che questi nazisti non potrebbero chiedere di meglio che essere ritenuti morti. “Cosa potrebbe essere più comodo per i tedeschi”, si chiede il London Star, “se non fornire un corpo irriconoscibile dicendo che è quello di Hitler, mentre il vero Hitler si dà alla fuga in aereo o sottomarino?”

Queste considerazioni preludevano a quanto sarebbe accaduto dopo il suicidio di Hitler. In molti, in mancanza del corpo (i resti erano stati prelevati e occultati dai sovietici, che avevano occupato Berlino e per certi versi avevano interesse a far credere che una minaccia di ritorno del nazismo in Germania fosse plausibile) già a metà maggio 1945 dubitarono della realtà della notizia. 

Il vero fondamento delle leggende su una fuga di Hitler e su una conseguente sopravvivenza occulta del nazismo, tuttavia, di solito è assegnata a un articolo pubblicato il 16 luglio 1945 sui maggiori quotidiani americani e, il giorno dopo, sul settimanale argentino Cronica: in sostanza, queste notizie prendevano spunto dall’arrivo il giorno 10, presso il porto di Mar del Plata, di un sommergibile tedesco scampato alla cattura a fine guerra, l’U-530, e catturato con il suo equipaggio. Un giornalista di origine ungherese che viveva in Argentina, Ladislao Szabo, raccolse le voci sul fatto che, prima di raggiungere Mar del Plata, l’U-530 aveva sbarcato Hitler e la moglie Eva Braun nel sud del Paese, in Patagonia, o addirittura nell’Antartide. Da qui in poi sarà un’escalation di voci e leggende circa una presenza del dittatore in Sudamerica, al Polo Sud, nel Tibet, al Polo Nord… In questo quadro, a partire dal 1950, il mito della sopravvivenza di Hitler si fuse con le leggende sui dischi volanti come armi segrete naziste in corso di sviluppo in basi remotissime, magari sotto i ghiacci polari. Da lì Hitler, redivivo, preparava la riscossa.

Il successo di queste voci non stupisce. Per chi aveva creduto all’ideologia nazista doveva esserci qualcos’altro, il Terzo Reich non poteva essere finito così. Stesso sentimento, ma rovesciato – di timore ed ansia – per chi sperava che tutto fosse finito per sempre. Nel mezzo, con un ruolo trainante, la stampa popolare e gli approfittatori di mezzo mondo, pronti a offrire speculazioni prive di ogni fondamento. Ecco, insomma, l’origine delle numerosissime voci su Hitler e sulla sua sopravvivenza. Per molti, il regime nazista non era finito con la sua resa, l’8 maggio del 1945.

E invece, per fortuna, lo era. 

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