27 Aprile 2024
Giandujotto scettico

Cinque arcobaleni e una cupola ellittica

Giandujotto scettico n° 9 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (12/04/2018)

Il santuario della Natività di Maria è un’imponente chiesa cattolica costruita in più fasi dagli inizi del Diciassettesimo secolo, oggi posta all’interno dell’abitato di Vicoforte (Cuneo), celebre per la sua innovativa cupola ellittica. Ma altrettanto spettacolare è il fenomeno che dovette avvenire la mattina di sabato 17 aprile 1943, in pieno periodo di guerra. Nel quadrante di cielo sopra questa chiesa venne infatti osservato un curioso fenomeno ottico, la cui complessità fu tale da porre seriamente domande sulla sua natura. La storia ci è stata tramandata da cinque articoli provenienti dalla carta stampata dell’epoca.

Dalle 7 alle 9.30 “cinque smaglianti arcobaleni, di forme e di direzioni diverse” vennero avvistati nel cielo azzurro, in quel momento del tutto privo di nubi e tantomeno di piogge.

Stampa Sera del 24 aprile raccolse la testimonianza del direttore del settimanale cattolico locale, L’Unione Monregalese, il prete Corrado Moretti (1913-1974), che tracciò anche alcuni disegni del fenomeno. Gli allievi del Piccolo Seminario riferirono che gli arcobaleni erano luminosissimi e che “due erano tagliati da un terzo”. Ma non era finita. Il 26 aprile il quotidiano torinese alzava il tiro, aggiungendo dettagli che rendevano la vicenda più scoppiettante. Al momento dei fatti il Sole era sul lato opposto del cielo rispetto agli arcobaleni; il corrispondente aveva avuto conferma che il fenomeno si era verificato una settimana prima con le stesse modalità. Ma soprattutto, i disegni che il giornalista aveva potuto vedere mostravano chiaramente le lettere “M” e “P” intrecciate fra loro…

Cosa attendersi? Il presunto prodigio si sarebbe ripetuto il sabato seguente? Ma ecco la svolta: L’Unione Monregalese e il suo direttore, tirati in ballo in prima persona da Stampa Sera, assunsero una posizione fortemente razionale e critica nei confronti di quelli che definivano “arricchimenti” dei fatti ad opera di “commenti più o meno arbitrari”.

Nel numero dell’8 maggio Moretti ne scrisse sulla prima pagina de L’Unione. Raccontava di aver visto insieme a parecchi colleghi cinque arcobaleni dalle 8.30 alle 9.30 del 17 aprile, e di aver sentito parlare di osservazioni a partire dalle ore 7, fatte da Mondovì e dai paesi vicini. Però quella di una prima manifestazione sabato 10 era solo “una voce… ma non ne possiamo garantire l’autenticità”.

Così il sacerdote descriveva il fenomeno:

Rivolti verso oriente abbiamo osservato tre arcobaleni, che, simmetrici rispetto all’asse che intercorreva tra il Sole ed il nostro occhio avevano, il primo la forma di una sinusoide molto allungata e gli altri due, ch’erano quasi allo zenit, archi di diverso raggio, non concentrici, ma tangenti. Verso sud-est e verso nord-ovest si vedevano due altri archi, con la convessità rivolta a destra di chi guardava e tagliati, alla sommità verso il Sole, da due meteore luminose bianche che incrociavano gli archi. E’ assolutamente falso che si leggessero lettere, simboli o altro.

Il fenomeno era assai articolato e doveva comprendere non solo arcobaleni in senso proprio. Anziché abbandonarsi a letture superstiziose, Moretti ridusse a voci una prima ricorrenza dei fatti e negò la comparsa di lettere in cielo. Poi, fece intervenire sulla stessa pagina un esperto. Si trattava di un astronomo e geofisico di origini monregalesi, Giovanni Battista Rizzo (1863-1945), che allora abitava lì vicino, a Niella Tanaro. Dalle descrizioni fattegli pervenire, Rizzo interpretò gli eventi come parti di un complesso di aloni solari: pareli, archi tangenti rispetto agli aloni solari del primo e del secondo ordine (che sono a 22 e 42 gradi dal disco solare) e archi circumzenitali.

Della complessità di questi fenomeni ottici si occupò qualche anno fa anche Query on Line, mentre alcune foto che ricordano la descrizione di Moretti sono disponibili a questa pagina.

Fatti rari, ma non in violazione delle leggi dell’ottica atmosferica, e per i quali era meglio affidarsi ai calcoli e alla razionalità, e non alle emozioni – magari aggravate dalla tragedia bellica in corso.

Foto di Monica Rondoni, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 4.0