27 Aprile 2024
Giandujotto scettico

Una crittografia massonica a Pinerolo

Giandujotto scettico n° 7 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (15/03/2018)

Le origini della Massoneria sono oggetto di controversia. A parte i miti di fondazione che gli stessi massoni hanno forgiato, l’evidenza documentale ci dice che si trattò di un lungo processo, che si svolse in Gran Bretagna nel XVII secolo, probabilmente a partire dalla Scozia.

In Piemonte comparve intorno al 1738, proveniente dalla Savoia e dall’interesse per la questione che si era sviluppato in alcuni reggimenti dell’esercito sabaudo. Difficile però essere precisi. Certo è che fra le sedi precoci di logge massoniche vi fu Pinerolo, città sottoposta a forti influenze francesi.

È sicuro che una loggia, la “Saint Jean de la Sincère Union-Régiment du Piémont”, fu attiva dal 1758 e che altre si susseguirono fino al 1814, anno della Restaurazione dei Savoia conseguente alle sconfitte di Napoleone. Passata in clandestinità, visse un’esistenza stentata e precaria fino al 1858, quando la libertà massonica venne ristabilita.

Una testimonianza di questa fase “segreta” ottocentesca è la scoperta nel centro di Pinerolo di una sala sotterranea all’interno di una cantina, che conserva in modo eccezionale l’evidenza del suo impiego come loggia nel periodo risorgimentale (sulle date esatte è difficile essere più precisi).

La scoperta si deve all’architetto Fioravanti Mongiello, che ristrutturando un importante edificio seicentesco del centro storico si imbatté in un passaggio nascosto che, attraverso una botola aperta nel pavimento e una scala a chiocciola, portava in uno scantinato di circa 50 metri quadrati. Intuendo di che cosa potesse trattarsi, Mongiello lo segnalò al prof. Dario Seglie, direttore del Museo civico pinerolese di archeologia e antropologia e esponente del “Grande Oriente d’Italia”, che l’anno scorso ha reso noto il ritrovamento in una delle sue riviste, Hiram. Potete vederne alcune foto alle pagine 6-8.

Nella volta a botte, intonacata e dipinta di azzurro, erano infisse stelle metalliche a cinque punte (tipica dell’iconografia massonica, dal momento che nello stesso periodo in Italia era più diffusa la stella a sei punte), mentre le pareti erano pitturate di rosso. La vernice era stata applicata dopo la posa dei mobili e delle decorazioni, con tutta probabilità i seggi, e il delta, simbolo fra i principali in Massoneria, posto come d’obbligo sulla parete di Oriente.

Ma quello che confermava senza dubbio il locale come tempio massonico era un’iscrizione, sulla parete di fondo, scritta con i caratteri del cifrario pigpen.

Il pigpen è un cifrario monoalfabetico a sostituzione (a ogni lettera corrisponde cioè un unico simbolo), che utilizza come chiave grafica quattro griglie, e che venne impiegato come alfabeto segreto dalla Massoneria a partire dal XVIII secolo, soprattutto in area statunitense. Si ispira in modo un po’ confuso all’alfabeto ebraico. Applicando la corretta chiave di lettura, l’iscrizione di Pinerolo risulta formare le parole “MASSONERIA UNIVERSALE”, e due sigle (“COM” e “IFA”, di cui al momento manca un’interpretazione), seguite da tre puntini posti a triangolo (un metodo per identificare le abbreviazioni di uso universale nella Massoneria, soprattutto nelle obbedienze dei Paesi di lingua neolatina).

La trascrizione della crittografia massonica rinvenuta a Pinerolo (da “Hiram”, n. 1, 2017).

Il restauro ha permesso di conservare i particolari della sala sotterranea, anche se il locale rimane di proprietà privata e difficilmente visitabile; ed è un po’ un peccato dato che si tratta, probabilmente, di uno dei più antichi templi massonici presenti in Italia.

Una nota leggera: come visto, l’iscrizione del tempio massonico clandestino scoperto a Pinerolo usa il semplicissimo cifrario pigpen. Bene, anche le Giovani Marmotte (organizzazione immaginaria creata dalla Disney nel 1951) sembrano conoscere questa scrittura: un codice molto simile, anche se non identico, compare infatti nel primo dei “Manuali” italiani, pubblicato con gran successo dalla Mondadori nel 1969. Nel testo si parla però di “Codice Dada Urka”, e il cifrario massonico si trasforma in un più innocuo “codice marziano”.

Come dire: da Paperopoli a Pinerolo.

Foto di apertura di Jim Robinson da Unsplash