9 Ottobre 2024
Rivista

Magia, illusioni e arte: a tu per tu con Silvan

Intervista di Massimo Polidoro a Silvan, tratta da Query 30

È ancora possibile per un illusionista creare “magia” oggi, in un mondo bombardato in ogni istante da stimoli di ogni tipo e, dunque, sempre più difficile da stupire?

Non confondiamo la magia con la tecnologia, ma è evidente che tutto intorno a noi sta cambiando. L’illusionista deve prenderne atto e adattarsi alle esigenze del gusto moderno, attingendo oltre che a design innovativi, anche alla “magia elettronica”: schermi televisivi o pannelli luminosi nei quali appaiono immagini realistiche pronte a interagire con il mago in mille astuzie.
Giovani maghi che stupiscono per la loro bravura ci sono e continueranno ad esserci. La passione per la magia è una malattia inguaribile.
Altre versioni di spettacolo magico, pensato, costruito e adattato alle esigenze up to date, vanno benissimo. A patto che il gioco di prestigio in qualsiasi forma esso si presenti rimanga un mistero. Sovente i “gioconi” dal disegno ultramoderno non possono essere visti due volte consecutive, pena lo svelamento del trucco.

L’arte magica di Silvan è cambiata e si è trasformata con il passare del tempo?

La percezione della magia intesa come arte teatrale non è cambiata, come non è cambiato il teatro di Shakespeare, Goldoni, Pirandello, Jonesco e Molière. La magia è un’arte antica! È lo stupore dello spettatore che si rinnova.
Certo le esperienze magiche hanno subito dei cambiamenti ma l’illusione si regge anche su reminiscenze del passato.
Nel mio lungo percorso artistico, che avrebbe potuto essere intrapreso anche da altri bravi colleghi, ho presentato un repertorio di 150 grandi illusioni e centinaia di esperienze magiche, senza mai cambiare il mio modo di essere. Anche se volessi, non potrei farlo poiché non è molto distante da quello che sono nella vita, fuori dalle luci del palcoscenico.

Spesso, per i profani la magia è tutta questione di specchi e doppi fondi, oppure di tecnologia all’avanguardia. Artifici di questo tipo, però, da soli non bastano a fare un mago. Perché?

L’America ci insegna che è possibile utilizzare una tecnologia avanzata per creare televisivamente un impatto straordinario, cosa che, per ovvi motivi, non può essere duplicata in teatro. Sono esperienze divertenti, che provocano un forte interesse iniziale nei media, ma che esaltano la potenza della tecnologia più che le abilità del mago. Durano, come direbbe il poeta, l’espace d’un matin.
Nel campo di tecnologie più semplici, oggi un prestigiatore potrebbe acquistare facilmente una scatola per tagliare la partner in due ma non può pretendere di esibirsi subito in pubblico. Non si tratta solo di disporre dell’attrezzatura necessaria: se acquisti un violino o un pianoforte non puoi pretendere di tenere un concerto il giorno dopo.

Quali sono, allora, gli elementi fondamentali per diventare un bravo prestigiatore?

Bisogna applicarsi con metodo e continuità: ci vogliono mestiere, pratica, esperienza e umiltà. L’esperienza ci porta a un attento esame del pubblico per avvertire, prima di salire in scena, l’energia e il clima che si respira.
Si impara a suscitare l’interesse e a sentirsi vicini a una collettività che non si conosce ma che respira il nostro stesso respiro. Si impara che, qualsiasi ruolo ci si sia ritagliato, si deve mantenere sempre un comportamento onesto e improntato a un’etica professionale.
Essere se stessi è importante. Non ci devono essere ambiguità. Amare e svolgere bene la propria professione aumenta l’autostima e stimola la creatività. E poi riduce l’ansia, lo stress e ti fa stare bene fisicamente ed emotivamente.
A un giornalista che le chiedeva quale fosse il segreto del successo di suo marito Harry Houdini, Bessie rispose con una sola parola: «himself», lui stesso. La medesima risposta potrebbe essere data dalle mogli di molti attori leggendari. L’elemento principale sulla scena, quello che deve catalizzare l’attenzione del pubblico, è il mago, non il gioco. E per fortuna oggi ci sono moltissimi prestigiatori dotati di una personalità e di un talento che sanno far emergere benissimo.

Come si destreggia un illusionista per evitare di vantare facoltà che non possiede?

Nella presentazione di un gioco di prestigio l’illusionista deve indurre lo spettatore a sospendere le sue capacità cognitive. Deve calarlo in una sensazione di stupore e depistarlo anche verbalmente, per non fargli scoprire il trucco. Negli esperimenti di mentalismo teatrale è lo stesso. Il mago deve essere credibile per instillare nella mente del pubblico la credibilità dell’esperimento! Nel momento in cui la scintilla della razionalità offre allo spettatore una spiegazione, la meraviglia finisce.
In una serie di trasmissioni televisive degli anni ’70, Sim Sala Bim, presentavo per la prima volta in Italia alcuni effetti di mentalismo con esperimenti di pseudo parapsicologia. Terminavo dicendo: «Trucco? Magia? Parapsicologia? Pensate quello che volete, l’importante per me è farvi divertire». Certo, in sede critica non ho mai e poi mai affermato di possedere doti paranormali.

Come vede il panorama magico attuale?

Di tanto in tanto appaiono alla ribalta personaggi che presentano una irrealistica magia televisiva, basata su prodigiosi effetti speciali confezionati per la maggior parte a tavolino da uno staff di tecnici qualificati nella post produzione. Non intendo prendere in considerazione casi come questi: è meglio recarsi al cinema e vedere un bel film dove perlomeno sappiamo che gli effetti speciali sono pura finzione cinematografica.
Oggi, comunque, assistiamo a considerevoli e significativi cambiamenti nel mondo magico.
Sono pochi i prestigiatori che conducono in teatro spettacoli magici di due ore. Si preferisce partecipare a Congressi, Festival o Rassegne magiche periodiche nelle quali si esibiscono 6-7 prestigiatori, con “atti magici”della durata di 8-10 minuti.
Il problema è che mancano i teatri e i locali preposti al Music-Hall. Attualmente, le richieste di intrattenimento magico professionale nelle feste di piazza sono fortemente diminuite, anche a causa della crisi economica.
Molti colleghi bravissimi si lamentano, riferendomi che gli agenti artistici sparsi in tutta la penisola dichiarano che non hanno richieste per questo genere di spettacolo.
Anni fa non c’era piazza o sagra di paese che non esibisse il “suo” mago. Un prestigiatore di Bologna mi confidava che negli anni’80-’90 faceva duecento serate l’anno. Oggi si esibisce pochissimo, se non negli spettacoli locali dei vari club.
Molti prestigiatori capaci e preparati accettano di apparire nei talent show televisivi, dove per compiacere il ritmo della trasmissione subiscono amputazioni traumatiche alle loro performance artistiche.
Altri bravissimi e competenti illusionisti accettano di essere dirottati e accolti nelle navi crociera, dove un mercato artistico, seppure a cachet ridotti, resiste ancora.

Che ne pensa della moda dei giocolieri delle carte, la cosiddetta “cardistry”?

È un’esperienza magica del tutto nuova: giovanissimi maghi che, consapevoli della difficoltà di esibirsi in scena, sempre più frequentemente si avvicinano alla cardistry, la cartomagia funambolica del close up. Attraverso i loro tutorial su You Tube o altri Social eseguono giochi di prestigio con le carte e ne svelano i segreti. I loro follower, per un effetto di simulazione, acquistano dozzine di mazzi di carte dai bellissimi e stravaganti dorsi colorati e ripetono all’infinito le “magie” imparate da ragazzi talentuosi, creando a loro volta molti proseliti. Parecchi di loro, seguendo un’usanza americana, si esibiscono per i commensali ai tavoli dei ristoranti, contribuendo a diffondere una moda, una specialità cartomagica mai vista prima.
I tempi cambiano, insomma. E io guardo con favore a questa inarrestabile avanzata di nuovi cardician. La sfida futura, naturalmente, sarà anche quella di sapere coltivare il vivaio di eccellenze che verranno.
Il mio affettuoso augurio è che in avvenire la prospettiva di una loro affermazione si ampli, consentendo loro di progredire verso una magia più completa e non rivolta a pochi intimi.

Tutto sommato, la magia cambia ma non scomparirà, insomma…

Non potrebbe. Tutti sanno che la magia è un’arte antica. I primi effetti magici furono presentati 4500 anni fa davanti al Faraone Cheope; la Bibbia parla dei prodigi di Mosè, di Simon Mago e di Pietro.
E tuttavia è un’arte sempre attuale, che ancora oggi affascina perché ancora oggi l’uomo è attratto da tutto ciò che rappresenta l’irrazionale e che egli non riesce a comprendere. Il nostro senso del mistero ha una fondamentale importanza.

Senza addentrarci in spiegazioni troppo psicologiche, dobbiamo convenire che, assistendo a un gioco di prestigio, in qualsiasi forma esso venga presentato, ne siamo attratti e affascinati.

Sono convinto che anche nel futuro i maghi saranno sempre ammirati da un pubblico attonito e stupefatto, nei cui occhi potremo ritrovare la stessa espressione di incredulità che Jeronimus Bosch, nel suo celebre L’Escamoteur, realizzato intorno al 1500, ha saputo ben dipingere sui volti di un gruppo di spettatori del gioco dei bussolotti.
Da modesto illusionista, la fotografia che vedo mi dice che, indipendentemente dall’aspetto teatrale, migliaia e migliaia di appassionati (hobbisti, collezionisti, cultori e storici) si avvicineranno a quest’arte. E finché ci saranno due uomini sulla Terra la magia, intesa come prestidigitazione, non finirà mai di stupire.

Nel 1977 Piero Angela portava in televisione la sua “Indagine critica sulla parapsicologia”: quello stesso anno lei smontava in TV, per la prima volta, la truffa dei guaritori filippini. A 40 anni di distanza, che cosa pensa sia cambiato nel modo di guardare al paranormale? La gente si è fatta più furba? Oppure sono i truffatori a essersi adeguati ai tempi?

I furbetti astuti e scaltri si sono adeguati ai tempi. Ce ne sono trentamila solo dentro i nostri confini, che vivono vendendo illusioni e non mi riferisco ai giochi di prestigio…
La natura umana è fragile. Ha bisogno di credere alle soluzioni rapide e facili di un problema o alla possibilità di un miracolo. Il furbetto conosce questi atteggiamenti di grande debolezza e ne approfitta, abusandone e sfruttandoli a suo vantaggio. Per quanto riguarda invece i vergognosi “interventi psichici” dei Filippini, per fortuna sono molto ridotti e i “viaggi della speranza” sono terminati negli anni ’70.

Quest’anno porterà al CICAP-FEST il suo straordinario spettacolo “La grande magia”, un incredibile viaggio nella meraviglia e nello stupore. Il mago non rivela mai in anticipo che cosa farà, ma che cosa possono aspettarsi gli spettatori che vi assisteranno?

Chiedo scusa per l’immodestia ma devo dire che, coadiuvato da un Gruppo Magico di sette persone, con la regia di mio figlio Stefano, il 30 settembre al Teatro Bonci di Cesena vi farò assistere a una splendida magica serata. E non aggiungo altro.

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