27 Aprile 2024
News

Raccontare la cronaca nera: l’intervento di Stefano Nazzi del “Post” al CICAP Fest 2023

di Camilla Fiz

“Quando racconto storie già molto note e discusse, tolgo tutto il superfluo che si è accumulato negli anni e cerco di ripercorrerle dall’inizio in modo più netto”, afferma il giornalista Stefano Nazzi. L’occasione è un incontro al CICAP Fest 2023, a Padova. Come recita il podcast Indagini prodotto dal Post, Nazzi è “giornalista da tanti anni, si occupa di cronaca, cronaca nera”. Al suono delle sue parole, sono molte le persone che si sono appassionate ai resoconti dei fatti di sangue più terribili della nostra storia recente, ma anche al modo in cui i media influenzano l’andamento delle indagini e viceversa.

“Nei fatti di cronaca c’è sempre la tendenza a spettacolarizzare. Al contrario, ascoltando Indagini è subito evidente che l’intento sia soprattutto informare gli ascoltatori” commenta la divulgatrice scientifica Beatrice Mautino, che modera l’evento. “In redazione ripuliamo il linguaggio giornalistico dalle frasi fatte che non significano nulla e dagli aggettivi che indirizzano chi legge o ascolta verso determinate opinioni”, risponde Stefano Nazzi. “Per esempio, definire un omicidio agghiacciante non ha senso. La parola omicidio basta a indicare un fatto drammatico”. Oltre a togliere il superfluo, il “metodo Post” aggiunge informazioni, per rappresentare i casi di cronaca nel modo più completo possibile. “Non si può raccontare una vicenda senza parlare di quel che c’è dietro”, afferma il giornalista. E, ricordando la puntata del podcast sul caso di Milena Quaglini, donna con un passato turbolento, condannata per l’omicidio di tre uomini:“Bisogna cercare di capire le motivazioni che portano un persona a compiere determinate scelte e azioni. Tuttavia per il solo raccontare i suoi trascorsi, alcune persone, soprattutto uomini, hanno pensato che la volessi giustificare”.

Non esistono giustificazioni alla violenza, ma non è possibile nemmeno distinguere in modo netto il bene dal male. I media invece spesso veicolano una polarizzazione del pubblico, esasperando alcuni aspetti e raccontando una versione parziale dei fatti. “Dall’esterno non si può sapere come procedono davvero le indagini” sottolinea Nazzi. Inoltre bisogna considerare che “la realtà è caos. Non è lineare come può sembrare in una serie o programma televisivo”. Basta pensare che, quando un tecnico della scientifica arriva sulla scena del crimine, si trova davanti a centinaia di elementi e non può sapere a prescindere quali contano o sono da ignorare. Non è nemmeno possibile avere risposte in tempi brevi su ipotetici colpevoli e vittime, come invece vorrebbero i media. Alla moltitudine di direzioni possibili, si aggiungono diversi fattori umani, come errori o sviste, o legati ai test scientifici.

“Oggi le indagini sono tutte incentrate sulla scienza”, afferma il giornalista. Però se la scienza da un lato rende più accurate le inchieste, dall’altro ne aumenta la complessità, rendendole più difficili da comprendere. “Gli stessi magistrati non hanno gli strumenti per capire il linguaggio tecnico dei periti della difesa e dell’accusa che, spesso, partendo dalle stesse prove arrivano a risultati del tutto differenti.” Lui stesso racconta che si rivolge agli esperti per comprendere meglio concetti tecnici con cui non ha familiarità: “Se vuoi parlare di test genetici devi affidarti a qualcuno che abbia le competenze per spiegare cos’è il DNA. Lo stesso avviene per gli aspetti giudiziari”

La pulizia del linguaggio, il racconto del contesto e dei metodi delle indagini hanno un solo scopo: dare la possibilità al pubblico di formarsi un’opinione basata su fatti, esami scientifici e testimonianze, e non su speculazioni mediatiche. “Alla fine conta solo la realtà giudiziaria. Spesso le persone, dopo aver ascoltato una puntata del podcast, mi scrivono per conoscere la mia opinione al riguardo”, afferma Stefano Nazzi: “Quando rispondo, ricordo che, come loro, non ho una verità. Io racconto solo storie di cronaca nera, cercando di mettere ordine”. E ammette in conclusione: “alla fine di una nuova puntata, qualche sospetto su come siano andati davvero i fatti mi rimane sempre”.