30 Aprile 2024
Giandujotto scettico

La suora fantasma di via Petitti

Giandujotto scettico n° 149 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (19/10/2023)

Era il 9 marzo 1947, quando la Gazzetta del popolo pubblicò una storia che non a caso intitolava “L’inverosimile”. Camillo Boffito, commissario di Polizia presso la stazione Monviso di Torino, stava infatti indagando su un caso stranissimo, di cui non era ancora venuto a capo:

Si era recato da lui l’ing. Enzo Crozer, abitante in via Ilarione Petitti 34, che gli narrava una ben strana avventura. Trovandosi a letto gravemente infermo, il medico gli aveva consigliato l’assistenza d’una suora. La moglie aveva chiesto ai vicini l’indirizzo di un istituto, ma quando era in procinto di recarvisi, le si presentava una suora. 

– Mi chiamo suor Angela – aveva dichiarato – sono dell’istituto di via Petitti; ho saputo che avete bisogno di un’infermiera e sono accorsa. 

E il Crozer fu curato amorevolmente per una decina di giorni, finché poté alzarsi, poi la suora si congedò. Quando poi il Crozer, accompagnato dalla moglie, si recò all’istituto per ringraziare, la superiora cadde dalle nuvole. Suor Angela (il nome e i connotati corrispondevano perfettamente) risultava morta da due anni, né era stata inviata un’altra suora nella casa di via Ilarione Petitti. (Gazzetta del popolo, 9 marzo 1947)

Cosa può fare un commissario in un caso del genere? Boffito – riferiva il giornale – si era limitato a consigliare ai due coniugi di cambiare la serratura della porta di casa…

Lo stesso racconto – con qualche dettaglio in più – compariva lo stesso giorno su La Stampa. Anzi, qui, la vicenda suonava ancora più misteriosa: “Angela” era apparsa non appena i due coniugi (che in questa versione erano “Enrico Broza” e consorte) avevano avuto l’idea di rivolgersi a una suora. Questa veniva descritta come giovane e avvenente, un vero e proprio angelo; aveva esibito i documenti di un noto istituto religioso cittadino, arrivava ogni sera alle 19.30 e se ne andava alle nove, e non accettava mai nulla, nemmeno un bicchier d’acqua. Alla domanda su come avesse saputo che c’era bisogno di lei in quella casa aveva risposto con un sorriso…

Intervista all’esperto

La notizia suscitò una certa eco in città, e la Gazzetta del popolo decise di intervistare un esperto di fantasmi e apparizioni. Lo individuò in Piero Goria, presidente della branca torinese della Società Italiana di Metapsichica. Lo studioso era perplesso dal racconto, ma per ragioni abbastanza bizzarre. 

Per lui il fantasma di via Petitti poteva forse essere una “stereosi” o “materializzazione”, una cosa, stando alle sue convinzioni, non così rara. Per dimostrarlo, Goria citava un caso avvenuto il mese precedente sempre a Torino.

Il medium F. C., un giovane torinese impiegato delle poste, che non crede alla materializzazione, incontra per le scale un tizio che gli declina le sue generalità: è Otto Schibler, nativo di un villaggio svizzero. È morto il giorno tale del tale anno. – La mia venuta ti farà credere – dichiara. Scriviamo al municipio e ci rispondono che tutto è esatto. (Gazzetta del popolo, 11 marzo 1947)

Bisogna dire che l’episodio non era un granché, come dimostrazione dell’esistenza dei fenomeni paranormali: oltre al racconto del medium non c’erano altri riscontri, e il sensitivo avrebbe potuto conoscere le generalità del morto semplicemente consultando un giornale.

Ma a Goria questo bastava. Pur ritenendo accertati i fenomeni di materializzazione, dubitava comunque che il caso di suor Angela rientrasse in questa casistica:

Se si trattasse di materializzazione […] ci dovrebbe essere nella zona un medium, ragion prima ed unica della sua esistenza. E medium potrebbe averla materializzata da sveglio o dormendo. Lavorando nel sonno, il medium di suor Angela l’avrebbe ricreata eterea e trasparente come vetro. Caso simile si verificò recentemente in Francia dove attraverso il corpo di una donna si leggeva l’insegna del bar retrostante. Suor Angela invece aveva consistenza e peso. Ora, gli spiriti sono spaventosamente ingrati: i loro chili di carne li sottraggono al medium che li materializza. Vuoi dieci, vuoi anche venti, venticinque chili. C’è qualcuno nelle vicinanze che, quindici notti consecutive, abbia perso venti chili per amore di suor’Angela? (Gazzetta del popolo, 11 marzo 1947)

Ecco, signori e signore: se vi dibattete tra diete e rotolini sui fianchi, seguite il metodo Goria. Cercate di materializzare un fantasma, e potrete perdere senza batter ciglio anche venti chili di peso!

Battute a parte, la risposta del professore testimonia dei tentativi – abbastanza goffi, per la verità – di introdurre la fisica nello studio dei fantasmi. Già, perché la questione della conservazione della massa assillava non poco gli scienziati che si appassionavano di spiritismo. Se in natura nulla si crea e nulla si distrugge, da dove venivano gli ectoplasmi, gli apporti, gli oggetti che comparivano dal nulla durante le sedute? Si ipotizzò allora che i “tessuti medianici” entro cui si manifestavano i fantasmi fossero composti con fili cavati dai vestiti del medium o degli spettatori, o, ancora, magari, da tende e tovaglie presenti nella sala. A volte, esaminando i propri abiti dopo un fenomeno di materializzazione, qualcuno arrivava a giudicarli più lisi di quando li avesse indossati!

Dunque, la storia di suor Angela doveva essere lo scherzo di qualche buontempone: fantasmi tangibili, di “sangue e carne”, non potevano prodursi se non a detrimento di un medium.

Una visita ai luoghi dell’apparizione

Ma le “indagini” dei giornalisti torinesi non erano finite. In un’edizione pomeridiana del quotidiano, Gazzetta sera dell’11 marzo, comparve infatti la relazione di un altro giornalista che era stato sul posto del presunto fenomeno. Il risultato fu che la storia di suor Angela (che, per la cronaca, era diventata “suor Angelica”, mentre il cognome dell’uomo ora compariva come “Croza”) aveva cominciato a traballare.

I coniugi non volevano incontrare i giornalisti e si erano trincerati in un ostinato silenzio. La portinaia, che non credeva ai fantasmi, dichiarò di non aver visto suore entrare o uscire dalla casa. La proprietaria di un negozio di alimentari, di cui la signora era un’habitueé, disse che la cliente non gliene aveva parlato. Quanto alla presunta malattia, un vicino di casa raccontò:

Non mi risulta che il signor Croza sia stato ammalato tanto gravemente da richieder assistenza speciale. Anzi, da quanto mi risulta, in questi ultimi tempi non è stato affatto ammalato. Io l’ho sempre incontrato per le scale, alla solita ora, ogni mattina, quando si reca al lavoro. È disegnatore progettista alla Fiat. La moglie, invece, due anni fa subì un’operazione di appendicite. Ad ogni modo io non ho mai visto suore scendere e salire le scale.[…] In confidenza le posso dire che è giunto da Milano il suocero – non so se del marito o della moglie – per chiarire la faccenda. Naturalmente non ha chiarito nulla perché nulla c’era da chiarire. (Gazzetta sera, 11 marzo 1947)

Quella vicenda, insomma, appariva come una “storiella” senza fondamento, anche se, sosteneva sempre il vicino, il signor Croza era “una persona seria”, e non credeva l’avesse messa lui in giro. 

A confermare che di dicerie si trattava, ecco che dopo l’arrivo del suocero aveva preso a circolare una nuova versione della storia: l’apparizione della suora fantasma non era avvenuta a Torino, ma a Milano, a casa di parenti!

Un autostoppista fantasma senza autostop?

L’articolo potrebbe chiudersi qui: riscontri a quell’evento inverosimile non se ne trovarono, quotidiani come La Stampa preferirono non parlarne, e la vicenda di suor Angela svanì silenziosamente così come era comparsa. 

Due cose, però, possiamo aggiungere. La prima è che si tratta di una tipologia di racconto che ricorda molto le leggende metropolitane, in particolare quelle legate al complesso di storie dell’autostoppista fantasma. Si tratta di ghost stories in cui i fantasmi si manifestano sui luoghi dove sono morti, fanno profezie o aiutano sconosciuti, ma soprattutto vengono riconosciuti come tali solo quando sono ormai andati via. 

Qualche esempio? Leggete questa, raccolta a Chicago nel dicembre 1941 da due fra i genitori degli studi sulle leggende contemporanee, Richard K. Beardsley e Rosalie Hankey:

Questa storia misteriosa si è diffusa qui nello scorso inverno e l’ho sentita la prima volta da “un amico che l’aveva sentita da un suo amico a Chicago che l’aveva sentita da un suo vicino”. Il tassista Mike racconta questa storia di una cliente misteriosa che aveva caricato sull’automobile ai primi di dicembre. Mentre stava passando per un incrocio a Chicago, aveva fatto salire in automobile una vecchia suora cattolica che aveva chiesto di portarla in una certa strada. Mike aveva la radio accesa e si misero a parlare di Pearl Harbour. La suora disse: “Non durerà più di quattro mesi”. Proseguirono nella corsa e il tassista l’accompagnò all’indirizzo che lei gli aveva detto. Però, non appena scese dall’automobile per aprire alla suora la portiera, con suo stupore nel taxi non trovò nessuno. Preoccupato perché la vecchia non aveva pagato la corsa, si precipitò per domandare spiegazioni all’indirizzo cui si era recato. Era un convento e quando la madre superiora gli rispose, spiegò della suora che era scomparsa senza pagare la corsa. “Com’era?” domandò la madre superiora, e spiegò che nessuna suora del convento si era recata quel giorno in città. Mentre Mike descriveva la suora, gli capitò di posare lo sguardo su un dipinto appeso al muro dietro la scrivania della madre superiora. “È lei”, disse Mike indicando il quadro, pensando che finalmente avrebbe avuto i suoi soldi. La superiora sorrise e disse: “Questa suora è morta da dieci anni”. (Da Il bambino è servito, Cesare Bermani, 1991)

Un’altra storia simile fu raccolta l’anno dopo dai due folkloristi americani a San Francisco (ma questa volta la suora, alla fine del racconto, era identificata in una statua della Vergine Maria, California Folklore Quarterly, vol. 1, n. 4, ottobre 1942). Altri esempi di riconoscimento “a posteriori” dei fantasmi possono essere trovati qui, qui, qui e qui.

Un commissario appassionato di gialli

Un secondo, importante, elemento su cui riflettere è la fonte prima della storia di suor Angela. Si trattava di qualcuno della famiglia o di quel Camillo Boffito, commissario di polizia, che stava indagando sulla questione? 

Ai lettori più attenti del Giandujotto scettico il nome di Boffito non suonerà nuovo. Era lo stesso commissario che aveva indagato su un’altra vicenda particolarissima di fantasmi, quella del “furto di tibia”. Ricordiamo la storia: nel 1946 un noto professore della Torino bene invitò a cena alcuni amici, e mostrò loro una tibia montata su un supporto d’oro e argento che aveva trovato sull’altopiano di Asiago. Quella sera l’uomo andò a dormire e sognò uno scheletro che veniva a riprendersi il suo osso. Al risveglio, il reperto era sparito…

Fu fatta persino una seduta spiritica per dipanare lo strano caso, e a quella serata partecipò – stando alla Gazzetta del popolo dell’11 marzo 1947 – anche il signor Crozer o Croza che dir si voglia. Quello del furto di tibia però – sosteneva sempre il giornale – si era poi rivelato uno scherzo di buontemponi. 

Forse la chiave del mistero sta nelle dinamiche attraverso cui queste storie arrivavano al giornale. Camillo Boffito, originario di Novi Ligure (Alessandria), era un personaggio particolare, che nel 1957 sarebbe diventato concorrente del popolarissimo quiz “Lascia o raddoppia?” come esperto di gialli. Alla sua morte, nel 1993, Il Popolo di Novi lo definì “figura singolare”. Era forse lui a raccontare ai giornali queste storie curiose come casi di cronaca? O, forse, era qualcuno che si divertiva alle sue spalle, proponendogli “crimini” sempre più misteriosi?

A distanza di oltre settant’anni, è ormai impossibile dare una risposta. Certo, c’è da dire che nel caso di suor Angela di criminoso c’era abbastanza poco, e l’interessamento delle forze dell’ordine oggi ci lascia perplessi. È forse un delitto essere un fantasma? Noi, come scettici, ne dubitiamo.

Foto di NoName_13 da Pixabay