6 Aprile 2024
I segreti dei Serial Killer

Albert Fish, la storia del cannibale di Brooklyn

di Marianna Cuccuru

“Nulla sfuggiva al furore del mio carnefice. […] Sempre spinto da quei terribili vizi, essi solo lo disponevano al piacere.” (Justine, ou Les malheurs de la vertu, D. A. F. de Sade).

Le parafilie sessuali sono definibili come un’attrazione continuativa non per una persona, ma per parti del corpo, oggetti, animali o pratiche particolari senza le quali l’atto sessuale perde completamente di interesse. Molti seriali presentano questo “spostamento” di attrazione e trovano modo di sfogarlo mentre commettono i loro delitti. [1] Jerry Brudos, ad esempio, chiamato “il serial killer feticista”, era ossessionato dalle scarpe femminili, dallo smembramento e dalla conservazione di parti del corpo delle donne che uccideva. Il celebre Ted Bundy era invece un voyeur, necrofilo, fanatico del bondage e dello strangolamento. [2] Pochi seriali sono sconcertanti e sfaccettati come Albert Hamilton Fish, che nella sua lunga carriera criminale ha manifestato un’incredibile varietà di parafilie di ogni genere. Nel suo caso, inoltre, sono ben documentati numerosi dettagli della sua infanzia e del suo sviluppo sessuale, che testimoniano quale sia l’origine delle sue perversioni e che aiutano a comprendere il suo comportamento. L’uomo è noto con diversi soprannomi, come il Vampiro di Brooklyn, l’Uomo grigio, Il Lupo mannaro.

Abusi e perversioni

Albert Fish nasce con il nome di Hamilton Howard Fish il 19 maggio 1870 a Washington, negli Stati Uniti. I suoi genitori, Ellen e Randall, sono apparentemente sani, ma molti dei suoi parenti prossimi hanno subito ricoveri in manicomio, afflitti da gravi problemi mentali. Randall lavora come capitano di una nave fluviale ed è ultrasettantenne quando nasce Hamilton. [3]

L’improvvisa morte del padre per infarto, quando il figlio ha appena cinque anni, porta Ellen a decidere di abbandonare Hamilton al Saint John Refuge, poiché non è più in grado di mantenerlo. In questo periodo, il bambino subisce le angherie dei suoi compagni di sventura, che lo picchiano spesso e lo chiamano “Ham and eggs” per via della assonanza col suo nome, cosa che lo spingerà a cambiarlo in Albert da grande, probabilmente in omaggio a un suo fratellino morto da piccolo. Gli viene impartita una rigida educazione religiosa, deve passare ore e ore a pregare e a leggere passi della Bibbia. Soffre di enuresi notturna fino almeno agli undici anni, balbetta in modo marcato, cerca spesso di scappare per tornare a casa. Le risse e gli abusi da parte degli istitutori sono all’ordine del giorno. Uno di questi, in particolare, lo sculaccia per ogni infrazione dopo averlo denudato, spesso davanti agli altri ragazzi. In questo contesto violento, Fish scopre una sensazione nuova e particolare: le percosse lo portano all’eccitazione sessuale. A volte gli è capitato di avere erezioni durante le punizioni corporali, cosa per cui viene canzonato dagli altri ragazzi. La medesima cosa gli accade anche quando osserva i suoi compagni ricevere la punizione. Sviluppa ben presto diverse parafilie legate all’esibizionismo e al dolore, in primo luogo un masochismo che lo porterà a praticarsi ferite autoinflitte per tutta la vita. Fish ha riassunto il periodo al Saint John con questa frase:

“L’unica cosa che ho imparato lì dentro è che mi devo far piacere tutto ciò che fa male.” [4]

Sono noti episodi in cui ha maltrattato degli animali, ad esempio dando fuoco alla coda di un cavallo; inoltre ha avuto almeno un trauma cranico mal curato, cadendo da un albero, elemento comune a molti seriali. Si appassiona alla lettura di casi di cronaca nera e ama leggere racconti horror. Anche la Bibbia fa parte delle sue letture preferite, interpretandola però a suo modo, un po’ come Alex, il protagonista di Arancia meccanica, ovvero come un’autorizzazione a commettere atti violenti. In seguito, emergerà chiaramente il legame tra i suoi deliri a sfondo religioso e i desideri sadomasochistici.

Dopo i duri anni di collegio, torna per un certo periodo a vivere con la madre e, crescendo, si barcamena tra diversi lavori, svolgendo prevalentemente la professione di imbianchino e decoratore di interni. Non riesce a mantenere lo stesso impiego a lungo e si trasferisce molto spesso. Ha rapporti sia con uomini che con donne, inizia a prostituirsi bazzicando i dintorni delle stazioni. Si sposa una prima volta nel 1898 con una ragazza di nemmeno vent’anni, scelta dalla madre, che gli dà sei figli e con la quale ha una relazione estremamente tormentata, caratterizzata da abusi, tradimenti e abbandoni. Le perversioni di Albert sono sterminate: pratica la coprofagia, il masochismo, il voyeurismo nei bagni pubblici frequentati da uomini e molesta decine di bambini, sia maschi che femmine, soprattutto afroamericani. Una stima delle sue vittime di molestie si aggira intorno ai 300-400 bambini.

Si trasferisce a New York e lavora come decoratore e imbianchino, ma diverse volte viene licenziato poiché sospettato di aver tentato di violentare minori. È affascinato dallo smembramento del corpo umano e dall’idea di fare del male a qualcuno. A volte si inserisce nel retto dei pezzi di carta a cui dà fuoco e si infila spilloni dentro il corpo.

Nel 1917 la moglie lo abbandona per un altro uomo, ma in seguito torna da Albert che la riprende a casa con sé. Poco tempo dopo, però, Fish scopre che l’amante della donna viveva da diversi giorni nascosto nella soffitta della casa coniugale e, dopo un’ennesima litigata, la donna e l’amante vengono cacciati di casa. Lei e Albert non formalizzeranno mai il divorzio, per cui i successivi due matrimoni di Fish non saranno formalmente validi.

Ogni donna che Albert frequenta deve soddisfare le sue innumerevoli parafilie sessuali e sopportare i suoi comportamenti bizzarri, anche se nessuna pensa che sia davvero pericoloso. In realtà, dopo la fine del matrimonio, emergono ancora più chiaramente i deliri che lo tormenteranno tutta la vita, di cui sono testimoni i suoi sei figli, ben consapevoli delle stranezze del padre.

Fish subisce diversi arresti, ma sempre per reati minori come furti, molestie, emissione di assegni falsi. Per questi reati sconta brevi periodi detentivi, anche a Sing Sing. 

Durante una visita ad un museo delle cere, pare che sia rimasto folgorato dalla vista dei modelli anatomici, in particolare le sezioni dei genitali maschili. Le fantasie di smembramento, mutilazione e cannibalismo sono sempre più presenti nella sua mente.

Prende l’abitudine di inviare centinaia di lettere a carattere sessuale a persone sconosciute, in particolare donne, cercando i loro indirizzi sui giornali che pubblicano annunci matrimoniali. In seguito, invierà queste lettere oscene anche alla sua stessa figlia e ad alcune famiglie delle sue vittime. [5]

Una lunga scia di sangue 

Probabilmente, il primo delitto compiuto dall’uomo avviene nel 1910, a Wilmington nel Delaware: accoltella un uomo con cui aveva avuto rapporti, presumibilmente a seguito di un litigio. Se così fosse, avrebbe iniziato a uccidere a quarant’anni, relativamente tardi per la media dei seriali. Considerando la sua mancanza di remore di alcun tipo e la sua abitudine di dare sfogo ad ogni sua perversione, non è da escludere che abbia ucciso dei bambini o comunque altre persone in precedenza rispetto a questa data.

Commette un altro delitto nel 1919, mutilando e uccidendo un ragazzo con problemi mentali ed anche in questo caso non viene indagato. Le sue fantasie, in seguito, si concentrano prevalentemente su bambini e adolescenti di entrambi i sessi, sia bianchi che neri. Non sono noti tutti i delitti compiuti in questi anni da Fish: molti sono stati a danno di bambini poveri ed emarginati, inoltre Albert è un seriale itinerante, che si sposta frequentemente di stato in stato. Ha l’abitudine di commettere le aggressioni vestito solo con la tuta da lavoro, che gli consente di spogliarsi in fretta e di rivestirsi senza mostrare macchie di sangue evidenti.

La polizia non ha, in questi anni, i mezzi per un’indagine accurata e non esiste ancora una comunicazione adeguata tra stati federali. Con ogni probabilità, Fish continua ad uccidere per tutti gli anni ’20, riuscendo sempre a scappare prima di essere individuato, vagabondando per almeno ventitré stati americani. Di sicuro uccide nel 1924, anno in cui viene ritrovato il corpicino mutilato di Francis McDonnell, di otto anni, e nel 1927, quando scompare il piccolo Billy Gaffney, di quattro anni.

Alla fine di maggio del 1928, Albert commette il suo delitto più famigerato, che lo porterà alla pena capitale: quello di Grace Budd. Fish entra in contatto con una famiglia di White Plains, nello stato di New York. Edward Budd, un adolescente, ha messo un annuncio per trovare lavoro e risponde Albert, spacciandosi per il proprietario di una fattoria in cerca di braccianti. Albert Budd, il padre, ritiene che quel signore che aveva conosciuto come “Frank Howard” fosse una persona mite e innocua e lo accoglie in casa. Il progetto originario di Fish era quello di allontanarsi col giovane Edward, mutilarlo ed ucciderlo, ma una volta entrato in casa cambia i suoi piani: vede infatti la piccola Grace, sorellina di Edward, di appena dieci anni, e sceglie lei come vittima designata. Chiede ai genitori il permesso di portare Grace a una festa per bambini e questi acconsentono. Vestono la figlia con un abito bianco e la guardano allontanarsi insieme al “signor Frank”. La bambina non farà più ritorno a casa.

La cattura

La famiglia Budd non ha notizie della figlia per sei lunghi anni. Le indagini su “Frank Howard” non hanno portato a nulla, finché non succede qualcosa di sconvolgente: arriva una lettera anonima, che senza dubbio è stata inviata dal rapitore di Grace. La lettera contiene parole di una violenza inimmaginabile: vengono descritti nei dettagli l’aggressione e l’omicidio della bambina, che era stata portata da Fish in una casa abbandonata, strangolata e smembrata. In seguito, Albert dice di aver portato i resti di Grace a casa sua e di averli cucinati e divorati. Afferma:

“ci ho messo nove giorni a mangiarmela tutta”.

Le indagini, finalmente, si fanno più serrate e viene analizzata con cura la busta della terribile missiva: appena visibile su un margine c’è un logo di un’associazione benefica di autisti, quello della New York Private Chaffeur’s Benevolent Association. Risalendo a uno dei soci, il detective William King scopre che l’uomo aveva lasciato alcune carte e buste intestate in una stanza che aveva preso in affitto sulla cinquantaduesima strada. L’attuale inquilino è un signore dall’aria mite, Albert Howard Fish, la cui grafia corrisponde perfettamente a quella della missiva anonima. La polizia lo attende sotto l’appartamento e l’uomo, dopo un tentativo di aggressione nei confronti degli agenti con un rasoio, si lascia arrestare e confessa il delitto Budd.

Le confessioni 

Durante la detenzione e il processo, Fish è piuttosto collaborativo e sembra seguire lo schema comune a molti seriali: finché hanno la possibilità di agire e restare liberi, fanno di tutto per rimanere tali. Dal momento in cui vengono catturati, fanno di necessità virtù e decidono di sfruttare le attenzioni a loro riservate dagli psichiatri e dall’opinione pubblica per costruire la loro leggenda, per entrare nel novero degli assassini più crudeli della storia.

Albert indica agli inquirenti dove ha sepolto le ossa di Grace Budd. In casa dell’uomo vengono trovati oggetti inquietanti come un gatto a nove code, usurato dal frequente utilizzo, e gli utensili usati per cucinare i corpi.

Fish afferma di aver ucciso centinaia di bambini, ma gli vengono attribuiti con una qualche certezza circa sedici delitti. Il suo psichiatra, Frederick Wertham, è una preziosa fonte di informazioni ed aiuta a far luce sulle infinite perversioni e sul modus operandi di uno dei peggiori serial killer della storia. Ad esempio, così descrive il dottor Wertham la vittimologia di Fish:

“La maggior parte delle sue vittime, per non dire tutte, provenivano dalle classi sociali più povere. Mi disse che sceglieva soprattutto i bambini di colore perché le autorità non si davano troppa pena se si facevano male o scomparivano. […] Mi raccontò che per anni si era infilato aghi nel corpo, nella zona dei genitali.” [6]

Quest’ultima affermazione viene confermata dalle radiografie del bacino di Fish, che dimostrano che nel suo corpo sono inseriti almeno ventinove aghi di diverse dimensioni, alcuni dentro l’inguine da talmente tanto tempo da essere parzialmente corrosi.

Le descrizioni dei deliri religiosi di Albert completano il quadro di una mente perversa:

“A volte si identificava con Dio. […] Aveva visioni di Cristo e dei suoi angeli. Li sentiva pronunciare delle parole come ‘strisce’, ‘ricompensa’, ‘diletto’. […] Pensava che Dio gli ordinasse di castrare i ragazzini.”

Secondo Fish, la parola “strisce” significa frustare i bambini, crede di aver ricevuto un’investitura divina. Nonostante un’aria affidabile e un avvicinamento di tipo seduttivo e piuttosto organizzato verso le vittime, probabilmente Fish è schizofrenico e crede profondamente ai suoi deliri.

Dopo un breve dibattito tra specialisti sull’infermità mentale di Albert Fish, l’uomo viene condannato alla pena capitale nel 1936, da eseguire tramite sedia elettrica.

Lo stesso dottor Wertham si schiera contro la pena di morte per il suo paziente, paragona il patibolo per un infermo di mente al rogo per le streghe. Accusa inoltre le autorità di non aver agito prima, di non aver indagato a fondo sulle sparizioni e le uccisioni dei bambini, per poi arrivare troppo tardi alla soluzione estrema, utile solo come momento catartico per la società che desidera vedere la massima punizione per il colpevole di atti atroci, che però avrebbero potuto essere prevenuti o quantomeno interrotti prima.

Dal canto suo, Fish non tiene affatto alla sua difesa e non cerca di salvarsi la vita. L’idea della sedia elettrica lo eccita, definisce la sua futura condanna “il più grande brivido della mia vita”. Partecipa alla vita del carcere, anche alle funzioni religiose, ma il cappellano lo redarguisce spesso perché ha l’abitudine di ululare, gemere e masturbarsi durante la messa.

Albert Howard Fish viene giustiziato sulla sedia elettrica il 16 gennaio 1936. Le sue ultime parole sono:

“non capisco cosa ci faccio qui”. [7]


Bibliografia

  • [1] F. Flaminio, Parafilie negli omicidi seriali, Dispensa nel corso di formazione in Psicologia giuridica, psicopatologia e psicodiagnostica forense.
  • [2] C. Lucarelli, M. Picozzi, Sex crimes, Mondadori, Milano, 2011.
  • [3] Alcuni studi evidenziano una correlazione tra padri ultrasessantenni e incidenza statistica della schizofrenia. Cfr. ad es. C. Papagno, A. Gallace, Psicobiologia del comportamento normale e patologico, Il Mulino, Bologna 2014.
  • [4] V, Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma 2006, pp. 270-273.
  • [5] C. Wilson, D. Seaman, Il libro nero dei serial killer, Newton Compton, Roma 2006, pp. 181-191.
  • [6] Ibidem.
  • [7] M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton, Roma 2005.

Marianna Cuccuru

Laureata in scienze dell' Educazione, studia da molti anni il fenomeno dei serial killer. Ha tenuto lezioni sul tema presso l'università dell'Insubria e per l'associazione Fidapa di Varese.