Il motore a rotazione terrestre di Quinto Ogliotti
Giandujotto scettico n° 141 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (15/06/2023)
Aerei, treni, mongolfiere… Basta uno di questi mezzi per spostarsi a grandi distanze, in tempi brevissimi. Ma se ci fosse un modo più semplice ed economico? Se si potesse semplicemente sollevarsi in aria, e aspettare immobili che la terra compia il suo giro su se stessa? In dodici ore non ci ritroveremmo forse dall’altra parte del mondo?
A questo doveva pensare Quinto Ogliotti, nativo di Masserano, nel Biellese, quando rifletteva sul cosmo e sui moti planetari. La rotazione terrestre era una forza inestinguibile, una specie di dinamo sempre accesa. Possibile che non ci fosse modo di sfruttarla?
Un “figlio del popolo”
Quinto Ogliotti è un autodidatta. Nasce nel maggio 1878 a Cacciano, frazione di Masserano, da genitori contadini. Impara i moti della Terra nel 1889, dal suo maestro di scuola Ernesto Previale. Poi, come all’epoca accadeva spesso, abbandona la scuola elementare e si mette a lavorare, ma continua a riflettere sui fenomeni astronomici. Non conosciamo molto sulla sua vita: forse ha simpatie socialiste e anticlericali, forse risiede in frazione Rongo. Oltre che sui periodici locali, ne abbiamo trovato traccia solo in I mattoidi italiani (Quodlibet, 2012), di Paolo Albani.
Sappiamo però che la sua carriera di pamphlettista inizia nel 1897, quando Ogliotti dà alle stampe il suo Nuovo progetto per fare il giro del mondo in 24 ore inventato e brevettato. L’idea è quella di tener fermi gli aerei rispetto all’aria, per poi aspettare che la Terra faccia il suo giro da ovest a est: in questo modo ci si muoverà da est a ovest, facendo il giro del mondo in ventiquattr’ore. Lo stesso anno – è il 20 marzo 1897 – Ogliotti ottiene un “attestato di privativa industriale” per l’invenzione di un convoglio aereo basato su questo principio. Si tratta di un aerostato “leggero e solido e assolutamente impermeabile, a forma trapezoidale allungata”. Il suo interno sarebbe costituito da grandi camere riempite con un gas, molto più leggero dell’aria, in modo che il convoglio aereo vinca la forza di gravità e resti in equilibrio, sospeso nell’atmosfera. A quel punto, fermo nel cielo, non rimarrebbe far altro se non aspettare che il pianeta si muova…
Ogliotti comincia a pubblicizzare la sua invenzione sui giornali: cerca imprenditori disposti ad acquistarne i diritti e mettere in pratica le sue intuizioni. Ma nessuno appare interessato.
Nello stesso periodo il nostro uomo cerca l’appoggio del deputato Federico Garlanda, anche lui di origini biellesi, e si reca a Roma per averne i consigli. La spedizione si rivela un fallimento: Garlanda gli spiega che la sua idea non è applicabile, che sarebbe come “se una persona si acchiappasse con le sue proprie mani per i capelli e cercasse di alzarsi” (I mattoidi italiani). Ma Ogliotti non si scoraggia, e continua a scrivere e sviluppare le sue idee.
Nel 1911 esce il suo Nuovo sistema di tiro nelle armi da fuoco, che ipotizza un’applicazione bellica del sistema, ma anche una civile (la corrispondenza spedita tramite proiettili); nel 1912 appare Invenzione per usufruire della forza derivante dalla rotazione del globo terrestre, nel 1916 Del moto rotatorio terrestre – Applicazioni e proposte, molto più tardi, nel 1940 Coll’aeroplano si potrà usufruire il moto rotatorio della Terra.
Da Masserano, Ogliotti spedisce i suoi opuscoli a chiunque potrebbe dargli ascolto. Sappiamo che quello del 1911 finisce tra le mani di Gabriele D’Annunzio, che lo rispedisce a un corrispondente per il “suo buon umore”, mentre quello del 1916 viene fatto avere al Ministero della Guerra, e figura nel giugno 1917 tra gli omaggi ricevuti dal Senato.
Quest’ultimo testo si trova interamente digitalizzato sul sito della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, e leggerlo è un’esperienza interessante: fa capire fino in fondo i ragionamenti – per quanto sbagliati – del nostro inventore mancato. Nell’opuscolo, Ogliotti offre al Ministero della guerra uno “studio teorico-pratico” che avrebbe potuto “agevolare la vittoria del nostro valoroso esercito”. Prega quindi di “voler trasmettere la sua proposta al Comitato nazionale per l’esame delle invenzioni attinenti al materiale da guerra”.
Pieno il cuore d’amor patrio il sottoscritto sarà ben lieto, se coll’accoglimento del suo ritrovato potrà anch’egli portare il suo granellino al grand’edifizio della più grande e più gloriosa Patria nostra.
Il Comitato era allora presieduto dal professor Federico Giordano, docente di costruzioni meccaniche presso il Politecnico di Milano. Non risulta che abbia mai risposto al nostro Ogliotti.
Oltre Galileo, Ogliotti
Ma in cosa consiste il “ritrovato”? Il titolo del primo capitolo è già di per sé abbastanza esplicativo: “Nuovo sistema di tiro usufruente la rotazione della terra”. In poche frasi, Ogliotti ripercorre tutta la storia della scienza riguardo ai moti terrestri, dal sistema tolemaico (con il nostro pianeta immobile al centro dell’universo) fino a quello copernicano, e agli esperimenti di Galileo col pendolo che avevano stabilito la correttezza di quest’ultimo.
Dunque, la Terra gira, e nella sua rotazione trascina con sé ogni cosa. La velocità del singolo oggetto dipende dalla sua vicinanza ai poli o all’equatore: vicino a quest’ultimo, la velocità sarà intorno ai 463 m/s, mentre ai poli sarà quasi zero. A 45° di latitudine (quella di Torino), la velocità è circa 328 m/s. Questa cosa, nella sua mente, può essere sfruttata per imprimere una velocità maggiore o minore ad aerei e proiettili:
[…] ogni cosa contenuta in un vagone ferroviario in moto segue la traslazione del treno, anche se sospesa nell’interno ed isolata, quando il vagone, ad eliminare le correnti aeree sia ermeticamente chiuso. Se invece noi portiamo la nostra osservazione sopra un treno aperto, mentre è in moto, noi subito constatiamo che l’aria contenuta nel vagone del treno stesso si cambia continuamente, e ciò genera una forte corrente, che è pari alla velocità del treno, per cui se nell’interno di questo vagone, aperto nella parte anteriore e posteriore, vi fosse isolato un corpo aereo, questo non seguirebbe il vagone nel suo moto, ma bensì la corrente d’aria, formata in senso opposto alla direzione del treno; mentre nel vagone che venisse supposto ermeticamente chiuso nel frattempo ogni cosa in essa sospesa od isolata nell’interno di esso lo seguirebbe regolarmente.
Conseguenza: occorre in qualche modo compensare la forza di trazione dell’atmosfera, e questo lo si può fare lanciando i proiettili a una velocità superiore a quella della rotazione terrestre. In questo modo – secondo Ogliotti – il proiettile si sarebbe reso per un certo periodo indipendente dal “trascinamento” dell’atmosfera, e quindi avrebbe potuto sommare il proprio moto a quello terrestre.
Riepilogando si ha che sul globo ogni corpo è costretto a partecipare del moto rotatorio, e che per renderlo da questo indipendente è necessaria una forza tale volgentesi da est a ovest in direzione netta orizzontale, da vincere con questi corpi aerei la forza di velocità che ogni cosa ha comune colla terra nel suo movimento di rotazione più o meno grande a secondo dei gradi di latitudine.
Se vi siete persi, non fa nulla: la grande idea di Ogliotti, detta in parole povere, è che i tiri dell’artiglieria vanno fatti in direzione est-ovest, cioè con una traiettoria esattamente opposta al moto della Terra. Grazie a questo stratagemma, si può sommare la velocità del proiettile a quella della rotazione del pianeta, ottenendo così un vantaggio tattico su chi spara da ovest a est (che non può invece sfruttare questa cosa).
Sul piano scientifico, possiamo dire che Ogliotti non aveva capito nulla dei moti relativi, e che si era smarrito nel labirinto dei sistemi di riferimento: se spariamo un proiettile da est a ovest, non esiste nessun momento in cui si renderà “indipendente” dal moto della Terra, da cui è stato lanciato. Dunque, la teoria era sbagliata. Potete tranquillamente verificarlo con il vostro fisico di fiducia.
La teoria alla prova della guerra
Nonostante la sua confusione sulla teoria, Ogliotti aveva ben chiaro il fatto che il sistema avrebbe dovuto essere verificato in pratica. Per questo, proponeva un esperimento da farsi con un potente cannone dell’esercito o della marina, tirando prima in direzione est-ovest e poi in quella ovest-est. Indubbiamente, il primo sarebbe risultato più potente. Il vantaggio tattico si sarebbe rivelato decisivo nelle battaglie:
A questo punto occorre osservare che nella presente innovazione dell’arte guerresca è necessario tenere il massimo conto delle posizioni, e che da queste dipende essenzialmente l’effetto utile sia trattarsi di offensiva oppure di difensiva.
Nelle fantasie di Ogliotti, la sua scoperta avrebbe dovuto rivelarsi particolarmente utile sui campi di battaglia della guerra in corso: la Russia, infatti, si trovava a est della Germania, e avrebbe potuto bersagliare con cura le postazioni degli Imperi centrali. Tutto stava nel dirigere bene i colpi, lanciandoli a una velocità sufficiente a renderli indipendenti dal moto terrestre. L’Italia, sul fronte delle Alpi avrebbe fatto la sua parte, colpendo da oriente (e in particolare dalla provincia di Belluno, da noi controllata) le postazioni austriache situate in Trentino e sui suoi monti.
Per questo, Ogliotti era disponibile ad arruolarsi nell’esercito, purché – sia chiaro – si attuasse il suo metodo. L’inventore si rammaricava che la sua scoperta fosse stata respinta una prima volta dal Ministero della Guerra; eppure insisteva, e la ripresentava. Una volta superata quella bazzecola del conflitto, ecco che le sue idee si sarebbero rivelate utili a tutta l’umanità, come “motore nella meccanica delle industrie mondiali”.
Invenzioni in tempo di pace
Già, perché Ogliotti aveva anche ideato una macchina che avrebbe potuto sfruttare efficacemente la corrente dell’atmosfera e trasformarla in forza elettromotrice. Occorreva solo generare una corrente d’aria compressa in senso opposto, cosa che avrebbe reso il meccanismo indipendente dal moto rotatorio. E così, a Torino il rendimento sarebbe stato eccezionale:
Ora se noi immaginiamo di trovarci al 45° di latitudine ove la velocità di rotazione terrestre è di 328 metri per secondo e coll’applicazione della seguente teoria, noi mettiamo l’asse dei becchi o getti di questo vapore, nella direzione dell’est verso l’ovest, avremo una tale velocità di questi getti o correnti di vapore, che vincono il moto della terra, perché sono divenuti indipendenti momentaneamente dalla rotazione del globo, velocità eguale a quella della terra di m. 328 più quella del vapore di m. 732 = 1050 m al secondo. Risulta dunque evidente, per le suesposte ragioni, che avremo un rendimento in queste turbine a vapore di più del 50 per cento del primitivo.
Non entriamo nei dettagli, ma potete vedere qui uno schema del congegno ideato da Ogliotti, che avrebbe costituito un “nuovo mondo di energia e forza elettrica”, “fonte perenne di ricchezza e di pace mondiale”.
Ogliotti concludeva il suo volumetto con un appello “agli intelligenti e studiosi del mondo”: la sua invenzione si era scontrata contro l’indifferenza dei suoi concittadini, ma in fondo era quello che succedeva a tutte le grandi scoperte. Soprattutto se questa era fatta da “un figlio del popolo, un semplice operaio o professionista, perciò poco conosciuto nel mondo intellettuale o scientifico”. Ma non si rassegnava: fin dal 1897 aveva mandato i suoi opuscoli in giro per il mondo, e illustrato le sue teorie a Roma, Milano, Torino, Parigi, Londra. Aveva anche partecipato alle Esposizioni di Torino 1898, Milano 1906 e di nuovo all’Esposizione Internazionale di Torino nel 1911, dove era stato premiato con una medaglia (probabilmente, come mostra l’elenco, poco più che un attestato di benemerenza per la partecipazione, e d’incoraggiamento a proseguire quegli sforzi volenterosi).
Insomma, la nuova rivoluzione industriale e scientifica era a un passo, occorreva solo il coraggio di seguire le sue intuizioni.
Non soltanto insuccessi
Non tutti gli interlocutori di Ogliotti erano stati tranchant come il deputato Garlanda. Ad alcuni il sistema sembrava potesse funzionare. L’onorificenza ottenuta all’Esposizione di Torino del 1911 era autentica, per quanto modesta. Di lui si era innamorata la Gazzetta di Biella, che non perdeva occasione di pubblicizzare i suoi successi e riferiva minuziosamente i progressi nella diffusione delle sue idee, le risposte arrivategli da politici e ministeri, i giornali stranieri che ne avevano parlato, le onorificenze ottenute in numerose esposizioni (Gazzetta di Biella 30 novembre 1912, 4 gennaio, 3 maggio, 21 giugno 1913). Nel 1912, le teorie di Ogliotti erano state illustrate sulla Revue générale industrielle con un articolo intitolato Une nouvelle force motrice che rendeva omaggio all’intraprendente biellese (Gazzetta di Biella, 23 novembre 1912):
Rendere la guerra impossibile, spingendo all’estremo il perfezionamento delle armi offensive e difensive, è certo bello e nobile; ma dare alla umanità una forza motrice universale è semplicemente sublime. Che il signor Quinto Ogliotti sia ringraziato per avervi pensato.
Il 9 marzo del 1913 era stato invece Il risveglio italiano (organo delle Colonie italiane in Francia) a pubblicarne una foto, in testa a un lungo articolo che rendeva omaggio a questo illustre italiano, “ben apprezzato negli ambienti scientifici e negli ambienti industriali”. Attribuendo le diffidenze incontrate alla naturale difficoltà con cui si affermavano le nuove idee scientifiche, il giornale concludeva con un auspicio:
Onde c’è caro l’augurio che, dopo Galileo, che ha scoperto la rotazione della terra, sia ancora un italiano quegli che della forza derivante dalla rotazione del globo faccia l’applicazione pratica che rivoluzionerà il mondo.
Ma forse il più grande successo del nostro masseranese risale al 1918, quando si avverò una sua “profezia” affidata alla Gazzetta di Biella: i tedeschi stavano bombardando Parigi con un cannone “dal tiro di cento chilometri”. Il riferimento è al Parisgeschütz, un obice avanzatissimo fabbricato dalla Krupp. A detta di Ogliotti, tutto questo non dipendeva dalla meccanica dell’arma, ma dalla posizione: l’Impero prussiano stava bombardando la Francia proprio da est, tanto che il Corriere della sera del 9 aprile 1918 riportava il tremendo sospetto del nostro Ogliotti:
Egli è persuaso che i tedeschi si siano approfittati della sua invenzione.
L’ultimo opuscolo noto di Quinto Ogliotti risale al 1940. Dopo quella data, non si trova più traccia delle sue imprese sui giornali locali. In un articolo del 9 aprile 1964, l’Eco di Biella ricordava ancora quel bizzarro masseranese, con ogni evidenza scomparso già da tempo, che nei suoi opuscoli affermava di rifarsi “alla pentola di Papin, alla semplice pila di Volta, al parallelogramma di Watt, all’invenzione fortunata di Stephenson, alla luce elettrica di Edison”.
Rispetto alle teorie di Ogliotti, queste scoperte avevano appena una marcia in più, quella che ne aveva sancito il successo: a differenza del “motore a rotazione terrestre”, funzionavano.
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