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Chi ha ucciso Hazel Drew? L’omicidio che ha ispirato la serie tv “Twin Peaks”

“There is a story behind that. There are many stories […]— some of them are sad, some funny. Some of them are stories of madness, of violence. Some are ordinary. Yet they all have about them a sense of mystery — the mystery of life. Sometimes, the mystery of death”

 C’è una storia dietro. Ci sono molte storie. Alcune sono tristi, altre divertenti. Alcune sono storie di follia, di violenza. Altre sono normali. Eppure tutte condividono un senso di mistero… Il mistero della vita. Qualche volta, il mistero della morte. (Dai monologhi della “Signora del ceppo” di Twin Peaks).

(David Lynch)

 

1908, Sand Lake, contea di Rensselaer, New York. È appena passato il 4 luglio, i turisti cominciano ad arrivare, chi soggiorna al Crist Crape Hotel e chi torna nelle seconde case per le vacanze. La cittadina è piccola, ancora oggi ha appena 10mila abitanti, ma è una meta turistica molto frequentata, ricca di laghi dove è anche possibile andare a pesca. Il Teal’s Pond dista un miglio dal centro della città ed è uno dei più famosi: basta chiedere al proprietario, Mr. Teal, per ottenere facilmente il permesso di gettare l’amo fra i numerosi pesci che lo popolano.

Nei pressi dello specchio d’acqua c’è anche un bel bosco dove andare in campeggio con gli amici, quando ci si può riposare dal lavoro di fattoria, come fanno Lorenzo Gruber e George White nella notte fra il 10 e l’11 luglio. Mentre si preparano a rientrare a casa, Lorenzo nota un fagotto informe galleggiare nel Teal’s Pond. Un terzo amico, Gilbert Miller, che li ha raggiunti nel frattempo, dice di averlo visto anche il giorno prima, ma di non avergli prestato particolare attenzione. Avrebbero probabilmente continuato a ignorarlo se a qualche metro di distanza, proprio sul limitare del bosco, non avessero trovato un paio di guanti da donna e un cappello elegante con due grandi piume nere.

Con l’aiuto di alcuni uomini del posto, il fagotto viene trascinato a riva: è il cadavere di una donna, reso irriconoscibile dal gonfiore, dall’acqua e dalla decomposizione. Ci vogliono diverse ore perché qualcuno riconosca in quella sventurata ragazza Hazel Drew.

Hazel è la secondogenita della famiglia Drew, una ragazza molto bella, capelli biondi, occhi chiari, descritta da tutti come seria e laboriosa, con la passione per i bei vestiti alla moda e i viaggi in città.

Lavorava come domestica presso la famiglia del professor E.R. Cary a Troy, a circa 8 miglia dalla sua casa natale. Sul lavoro era benvoluta e apprezzata, ma aveva lasciato l’impiego all’improvviso, il lunedì precedente, senza dare molte spiegazioni, limitandosi a fare le valigie e andare via. Mrs. Cary era rimasta davvero sorpresa dalle dimissioni di Hazel: la giovane era appena rientrata da una gita con la zia, Minnie Taylor per il weekend del 4 luglio, era di buonumore come sempre e non aveva manifestato segni insoddisfazione o irrequietezza. Tuttavia, Mrs. Cary non aveva indagato troppo e si era limitata a consegnare il suo baule ai fattorini che erano passati nel pomeriggio

Anche i genitori, quando l’oggetto viene recapitato presso la loro abitazione, non danno particolare peso alla faccenda, nonostante Hazel fosse andata a trovare la madre qualche giorno prima, le avesse chiesto un prestito di due dollari ma non le avesse accennato in alcun modo all’intenzione di lasciare il posto di lavoro. In realtà, Hazel non sembra avere un legame molto stretto con la famiglia d’origine, tanto che il riconoscimento ufficiale avviene solo il giorno successivo al ritrovamento del cadavere, e con una certa difficoltà.

Quando gli era stato mostrato il corpo, John Drew aveva dichiarato di ritenere possibile che fosse sua figlia, ma di non poter dire con certezza se quegli oggetti e quegli abiti le appartenessero, anche se gli sembrava di sì. Per questo era ritornato il giorno successivo in compagnia della moglie, della nuora Eva e della sarta da cui Hazel si faceva cucire gli abiti, Mrs. Schumaker.

I giornali riportano le impressioni degli agenti che si trovano nella sala, e raccontano di una scena piuttosto sorprendente: distratti e indifferenti, i coniugi Drew dichiarano che poteva trattarsi della figlia, ma senza particolare emozione. Le altre due donne, invece, esaminano a lungo le fattezze del volto e i capi d’abbigliamento che sono stati recuperati: Mrs. Schumaker confronta il tessuto della camicia con uno scampolo che ha portato con sé e lo mostra a Eva per farle vedere che si trattava della stessa stoffa che Hazel le aveva portato il pomeriggio del 3 luglio, chiedendole di ricavarne una camicia.

Inoltre, c’è anche una spilla con una H e una con le iniziali complete H.I.D., due gioielli cui Hazel teneva moltissimo e indossava solo nelle occasioni importanti. Per questo, Eva e Mrs. Schumaker non hanno dubbi: si tratta proprio di lei. Una volta usciti di lì, i coniugi Drew non rilasciano dichiarazioni alla stampa, prendono subito un mezzo per tornare a casa e lungo la strada si fermano a incassare l’assicurazione sulla vita di Hazel, 500 dollari.

Il comportamento dei genitori alimenta più di qualche sospetto nella squadra del procuratore distrettuale Jarvis O’Brien, che intanto sta prendendo contatto con tutti gli amici e conoscenti di Hazel, soprattutto per ricostruirne i movimenti fra la mattina del 6 luglio e il momento in cui è stata rinvenuta morta, cinque giorni dopo. O’Brien e i suoi agenti incappano in più d’una testimonianza oculare fallace, persone convinte di aver visto Hazel in un dato momento in un dato luogo, ma che, poi, alla prova dei fatti, non possono essere sicuri si trattasse veramente di lei.

Certamente Hazel era molto bella, e quindi era possibile che colpisse chi la vedeva passare anche di sfuggita, ma la nota inaffidabilità delle testimonianze oculari, unita alla sovraeccitazione sempre provocata da omicidi di questo genere, rende ancora più ingarbugliata una ricostruzione che già di suo stenta a compattarsi. Alla fine, O’Brien e i suoi sono in grado di stabilire con ragionevole certezza solo pochi punti fermi.

All’inizio del 1908, Hazel si era ammalata. Senza preavviso si era presentata a casa dello zio, William Taylor, e vi era rimasta per circa tre settimane senza praticamente mai lasciare la stanza, accudita e curata da Eva, che viveva lì insieme al marito, il fratello maggiore di Hazel. Né lo zio né il fratello avevano mai chiesto cosa avesse la ragazza e, interrogati in merito, non sanno dire molto di più. Non è chiaro se la polizia abbia cercato di ottenere maggiori informazioni da Eva.

Al termine della convalescenza, Hazel scrisse all’amico William Hogardt che aveva intenzione di prendersi una vacanza, ma di lì a poco trovò lavoro presso i Cary e non diede seguito al progetto. Tuttavia, nei 5 mesi in cui prestò servizio da loro, fece delle brevi ferie di qualche giorno per almeno 4 volte, l’ultima delle quali a maggio, in compagnia dell’amica Carrie Weaver. Le ragazze erano andate in battello a New York, e avevano passato fuori un paio di notti. Appena rientrate, Hazel chiese subito a Mrs. Cary di poter avere libero il weekend del 4 luglio, per poter andare a Lake George.

Carrie Weaver è in vacanza quando Hazel viene ritrovata morta nel lago. Lo viene a sapere solo dopo qualche giorno, ma appena possibile torna a Sand Lake e rilascia lunghe e accurate deposizioni per gli investigatori, raccontando di essere l’amica più intima di Hazel, di essere andata con lei a New York a maggio per un weekend, di aver trascorso in sua compagnia tutto il tempo libero che avevano a disposizione.

Carrie ha solo parole d’ammirazione per l’amica. In particolare, racconta di come fosse abile nel gestire il denaro: pur guadagnando più o meno lo stesso stipendio, Carrie non era assolutamente in grado di commissionare vestiti così belli come quelli di Hazel, che sembrava non aver mai problemi di liquidità e poter sempre pagare per viaggi, cene fuori e teatri. Solo quel weekend a New York Carrie si era ritrovata a dover pagare lei per entrambe, perché Hazel aveva smarrito il borsellino con tutto il denaro che aveva portato con sé (6 dollari, circa due settimane di paga).

Sicuramente, ripete più volte Carrie, Hazel in quel periodo non frequentava nessun ragazzo, altrimenti lei l’avrebbe saputo per certo. A giudicare dalla quantità di cose che Hazel non aveva condiviso con Carrie, per esempio i progetti per la vacanza del 4 luglio, quest’affermazione lascia piuttosto scettici gli investigatori.

L’assenza di un corteggiatore nella vita di Hazel viene sottolineata da tutti coloro che parlano con la polizia, e tutti uniscono la certezza allo stupore. Hazel era molto bella, piena di vita e di amicizie, era davvero sorprendente che non avesse mai trovato qualcuno di suo interesse. E infatti non era esattamente così.

Fra mille reticenze, mezze frasi, esplicite dichiarazioni di non voler fare nomi per non mettere in difficoltà i propri amici e quelli della nipote, la zia Minnie alla fine racconta di un uomo che lavorava presso uno studio dentistico e che, secondo Hazel, era pronto a sposarla appena lei avesse fatto un cenno. Anche Mrs. Cary ha qualcosa da dire su un dentista: una sera di alcuni mesi prima Hazel aveva chiesto il permesso di uscire per andare a un appuntamento odontoiatrico, ma – vista l’ora tarda – le era stato fermamente rifiutato, e Hazel non aveva più fatto cenno alla cosa. Un’ulteriore conferma viene proprio dal dentista che aveva in cura Hazel, il dottor Knauff, che rivela alla polizia come la giovane in effetti gli avesse in effetti chiesto se lavorasse di sera e, al suo diniego, se n’era andata per non tornare più. Chi fosse l’uomo di cui aveva raccontato la zia Minnie, e se gli altri due aneddoti fossero collegati alla storia, non si poté mai stabilirlo con certezza. Di certo sappiamo solo che il dottor Knauff aveva un figlio, William, all’incirca dell’età di Hazel, che lavorava nel suo studio.

La polizia, a questo punto, ha un quadro abbastanza preciso della vita di Hazel fino ad allora, e sa per certo che, da maggio in poi, aveva atteso con ansia il weekend del 4 luglio, quando aveva in programma di andare a Lake George. Nonostante i lunghi preparativi, però, quella vacanza non si era mai concretizzata: arrivate in stazione, la zia disse che non se la sentiva di viaggiare su quei treni così affollati, per cui lasciarono perdere il viaggio e andarono a trovare due cugine che abitavano non lontano, e con le quali trascorsero il resto del fine settimana: tutti ricordano Hazel serena, allegra e di buonumore.

O’Brien rimane molto colpito dal fatto che, dopo mesi di attesa e preparazione, Hazel avesse rinunciato al viaggio così, su due piedi, senza rimpianti, per poi passare due giornate allegre e tranquille, rientrare a casa la sera del 5, e il 6 mattina licenziarsi senza alcun preavviso. Da quel momento in poi, il comportamento e gli spostamenti di Hazel si fanno erratici e chiaramente incompleti.

Lasciata casa dei Cary, passa dalla zia a dirle che sta andando a trovare alcune amiche in un resort dove aveva lavorato l’estate precedente. Le tre ragazze però non la sentivano da un po’, non l’aspettavano e non la videro. Verso le 13.15 si trova sicuramente alla Union Station di Troy, dove effettua anche l’ordine di ritiro e consegna del baule rimasto a casa dei Cary, e dove incontra una certa Mrs. Robinson, con la quale scambia qualche parola. L’amica le chiede dove stia andando e Hazel risponde:

“Lungo il fiume.”

“Fino a dove?”

“Fino a New York, se riesco a incontrare…”

L’annuncio di un treno in partenza interrompe Hazel, che si allontana frettolosamente verso la biglietteria. Dopodiché Hazel scompare fino al giorno successivo. Dove ha passato il pomeriggio, e soprattutto la notte fra il 6 e il 7 luglio? Ricompare la mattina del 7, quando di nuovo va e viene da Union Station, dove registra il bagaglio al deposito alle 13.49.

Il 6 mattina anche Carrie sta partendo per le vacanze, e forse Hazel è andata a salutarla, come aveva promesso di fare, si potrebbe persino pensare che fosse lei la persona che stava cercando di raggiungere quando ha interrotto bruscamente la conversazione con Mrs. Robinson. Ma gli investigatori sono persuasi che stesse cercando o aspettando qualcun altro, con cui forse aveva già dei piani per trascorrere fuori la notte o partire brevemente. Questo spiegherebbe l’andirivieni con la stazione e la piccola valigetta che aveva con sé e che poi lasciò appunto al deposito bagagli.

Per O’Brien e la sua squadra scoprire se Hazel avesse un appuntamento alla stazione e con chi è essenziale per risolvere il mistero della sua morte. Nel frattempo, era stata svolta l’autopsia, che per le condizioni del corpo non aveva permesso di raggiungere conclusioni univoche: l’anziano medico del posto, infatti, era convinto che Hazel fosse stata anche strangolata, oltre che colpita alla testa, con un nastro rosa strappato dal corsetto. Gli altri medici, invece, ritenevano che il nastro fosse semplicemente un accessorio alla moda: nulla nelle condizioni del suolo del bosco o dei vestiti della ragazza faceva pensare che vi fosse stata una colluttazione, e sfilare un nastro da un corsetto non è una cosa che si possa fare con facilità, se una persona oppone resistenza.

Meno unanime invece era il giudizio in merito alla possibile attività sessuale di Hazel. I resoconti, vista l’epoca, non sono ricchi di dettagli in merito, ma sembra abbastanza evidente che lo stato di decomposizione era troppo avanzato per affermare se ci fosse stato un rapporto sessuale e, nel caso, se questo fosse stato consensuale o forzato. Tuttavia, due dei medici si limitarono a questo giudizio, mentre Boyce e il dr. Fairweather non escludevano la possibilità che l’omicidio fosse stato la conclusione di un’aggressione sessuale. Erano comunque tutti concordi nel sostenere che, al momento della morte, Hazel non era incinta.

Nel frattempo era piombato a Sand Lake William M. Clemens, “il più importante criminologo del mondo” secondo la sua auto-definizione, il classico personaggio di difficile collocazione: giornalista e reporter, si era conquistato una certa fama indagando per conto proprio su almeno un paio di casi simili a quello di Hazel, che aveva affrontato sempre con uno stile eccessivo, sopra le righe, proponendo sistematicamente teorie e ipotesi investigative in contrasto con le indagini, e soprattutto prive di qualsiasi prova a sostegno, ma anzi fantasiose e insostenibili a un esame accurato. 

Anche in questa occasione, Clemens scrive numerosi articoli per esporre le teorie e si attribuisce numerosi meriti che i fatti non sembrerebbero invece avallare. In particolare, dichiara di essere stato lui a trovare uno degli indizi su cui maggiormente si concentrano le indagini, vale a dire la scatola di lettere, foto e cartoline che Hazel aveva lasciato in cantina dei Cary perché venissero bruciate.

Gli investigatori stavano già esaminando il gran numero di lettere e corrispondenze che era sul fondo del baule inviato a casa dei Drew, quando trovano questo secondo contenitore. Era evidentemente il risultato di una selezione accurata da parte di Hazel: ciò che voleva conservare come ricordo, e ciò di cui poteva fare tranquillamente a meno. Non qualcosa di cui doveva liberarsi (altrimenti le avrebbe bruciate o gettate via lei stessa, non si sarebbe limitata a lasciarle lì dove si depositavano materiali combustibili per casa dei Cary), ma che non aveva più importanza nella sua vita.

La maggior parte erano il tipo di missive che ci si potrebbe aspettare da ragazzi di quell’età: notizie e pettegolezzi fra amici, saluti dalle vacanze, aggiornamenti generici. Molte corrispondenze si interrompevano a inizio anno, la maggior parte non erano firmate, o erano siglate con le iniziali. Sia nel baule sia nella scatola c’erano delle foto. O’Brien e i suoi dedicano molto tempo allo studio di queste fittissime corrispondenze, nella speranza che uno degli scambi li aiuti a fare luce su spostamenti, possibili relazioni o moventi. Riescono a risalire a tutti coloro che sono in qualche modo rintracciabili, perché chiamati per nome o associati a un indirizzo, e fanno il possibile per scoprire quelli di cui hanno solo le iniziali. Ma nessuna traccia porta mai davvero da qualche parte, a parte dare la sensazione che Hazel fosse qualcosa di diverso dalla semplice brava ragazza senza grilli per la testa, a parte i bei vestiti e qualche innocuo filarino.

Se era così popolare, perché al suo funerale non è andato quasi nessuno? La pioggia battente non bastava a giustificare un corteo funebre che non arrivava alla dozzina di persone. Perché la zia Minnie è così restia a raccontare cosa facesse quando andava in giro con la nipote? C’è davvero qualche legame con il resort di proprietà di Henry Kramrath, un ricco uomo d’affari di Albany, su cui si raccontano a mezza bocca storie strane, storie di ragazze condotte lì con una scusa e poi trattenute contro la loro volontà per prendere parte a orge e festini?

Ma la polizia non trova nessun indizio che possa collegare il resort a Hazel e si ritrova al punto di partenza, ovvero alle poche certezze che è riuscita a mettere insieme, in particolare l’ora e il luogo in cui Hazel è stata vista per l’ultima volta: 19 passate del 7 luglio, Taborton Road. Si tratta di una strada di montagna, tra i boschi, dalla quale si arriva facilmente al Teal’s Pond. Di sicuro non il percorso ideale da attraversare con abiti eleganti e scarpe col tacco. E Hazel era vestita con i suoi abiti migliori, compreso quel cappello con le grandi piume nere che doveva essere davvero particolare se tutti coloro che l’avevano incontrata in quelle ore lo hanno poi citato e descritto.

Ben tre testimonianze la collocano lì in quel momento: i coniugi Ryemiller, che rientrano dalla città verso casa; i coniugi Rollman, che invece stanno scendendo dalla montagna e che, pur non conoscendo Hazel non possono non notarla, per il cappello che piace molto alla signora Rollman, perché è una giovane donna da sola in una zona isolata al tramonto, e perché è ferma a raccogliere dei lamponi da un cespuglio al margine della strada. Gli ultimi a vederla sono il giovane bracciante Frank Smith, che ha probabilmente qualche ritardo cognitivo, e il venditore ambulante di carbone Rudolph Gundrum, di 35 anni.

Scambiano un saluto e continuano ciascuno per la propria strada.

Dopo quel saluto, Hazel va a morire.

Ma cosa ci fa di sera in un luogo così isolato? Sta andando dallo zio che abita non lontano? Improbabile, lui ed Hazel non sono particolarmente legati, tanto che non l’ha più visto da febbraio, ed Eva non vive più lì. Sta andando a salutare il fratellino che lavora in una fattoria della zona? È l’ipotesi preferita degli investigatori: Willie, 7 anni, è l’unico membro della famiglia, a parte Eva e Minnie, con cui Hazel avesse un legame reale. Lui stesso continuava a ripetere che la sorella non se ne sarebbe mai andata senza salutarlo, e poiché la polizia pensa che Hazel si stesse preparando a fuggire con qualcuno, l’ipotesi che si trovasse su Taborton Road per andare da Willie sembra estremamente plausibile.

La polizia sospetta anche che – sebbene nessuno l’avesse visto – ci fosse qualcuno con lei. L’autopsia, infatti, non aveva trovato resti di frutti di bosco nel suo stomaco, nonostante i Rollman l’avessero vista chiaramente prendere qualcosa dal cespuglio lì accanto. Lo scenario che si va componendo è quindi quello di Hazel che aveva convinto la persona con cui doveva fuggire ad accompagnarla a salutare Willie. Quella persona non poteva o voleva essere vista da altri, perciò quando erano passati i tre carri si era nascosta a bordo strada, forse dentro il cespuglio di lamponi, davanti il quale si era posizionata Hazel per maggiore sicurezza.  

Rimasti soli, anche Hazel aveva lasciato la strada principale ed era entrata nel bosco. Qui, fidandosi del suo accompagnatore, gli aveva dato le spalle. Lui l’aveva colpita alla nuca e lei era morta. L’ipotesi che si trattasse di qualcuno che si trovava lì per caso è, secondo O’Brien, meno plausibile, perché in tal caso si sarebbe dovuto trattare di un’aggressione, di cui però non c’erano tracce né sul terreno né sugli abiti. Le forcine erano ancora in ordine fra i capelli, nonostante tutto il tempo passato in acqua.

Le indagini finiscono su un binario morto.

A distanza di più di un secolo, con pochi resoconti disponibili oltre a quelli riportati dai giornali d’epoca e con lo sguardo di chi non uscirebbe mai di casa senza un po’ di Luminol in tasca, è difficile farsi un’opinione sulla qualità delle investigazioni di allora.

In questo caso, la pura sensazione è che O’Brien e i suoi abbiano fatto tutto quanto possibile per scoprire l’assassino. A differenza di quanto accade di solito per casi del genere, avevano a disposizione una gran quantità di piste da seguire, e non sembrano averne lasciata nessuna imbattuta, ma è frustrante vedere come anche le più promettenti si siano rivelate invariabilmente dei nulla di fatto.

Allo stesso modo, e sempre senza avere prove certe a sostegno, la sensazione che permea tutto è quella di zone lasciate volutamente in ombra da chi avrebbe invece potuto far luce.

Qualcuno ha nascosto qualcosa. Qualcuno che sapeva cosa nascondesse Hazel a tutti gli altri.

Nel 1908, la storia dell’omicidio di Hazel Drew finisce nella maniera più anticlimatica possibile: una cinquantina di persone vengono convocate per partecipare all’inchiesta del Coroner, in una sessione pubblica che si svolge fra il 27 e il 31 luglio. Ancora una volta, la partecipazione del pubblico è sorprendentemente bassa, per un caso così clamoroso che ha coinvolto una persona così popolare: non più di venti persone.

Mestamente, sfilano tutti i protagonisti della storia: lo zio William Taylor, depresso, aspirante suicida, rimasto completamente apatico anche quando aveva saputo che il corpo nel lago poteva essere della nipote. 

Frank Smith, l’ultimo a vederla viva.

Lorenzo Gruber, George White, Gilbert Miller, che l’hanno trovata nel lago.

I Rollmans. 

I Ryemiller.

Eva.

I dottori che hanno eseguito l’autopsia. 

I Cary.

La madre di Hazel. Il padre.

Henry Kamrath, il ricco uomo d’affari sul cui resort girano voci inquietanti.

Al termine dell’inchiesta, il Coroner rilascia la propria dichiarazione finale.

Dalle testimonianze raccolte, ho concluso che Hazel Irene Drew è morta per un travaso di sangue nella dura mater, causato da un colpo alla testa sferrato con un oggetto contundente in una maniera non nota.

E più nessuno, a Sand Lake, cercò di scoprire chi avesse ucciso Hazel Drew.

Ma gli abitanti del posto continuarono a raccontare la sua storia per decenni, si diceva che fosse rimasta ad infestare il Teal’s Pond in cui era stata gettata via. Era il fantasma del posto, raccontato per spaventare i bambini, perché non andassero in giro da soli in quel bosco pericoloso, sulla montagna di Taborton. 

Molti anni dopo la morte di Hazel Drew, uno di quei bambini si è appropriato della sua leggenda, e l’ha trasformata in una delle storie contemporanee più iconiche di sempre. Si chiamava Mark Frost e trascorreva le estati in vacanza a casa di sua nonna, a Taborton. Sapeva della bella ragazza dagli occhi grandi, morta in circostanza misteriose, che era riuscita a tenere nascosta a tutti una scabrosa doppia vita, pur vivendo in una piccola comunità, che a sua volta forse non ha raccontato tutto ciò che sapeva su quello sconvolgente omicidio, mentre gli investigatori cercavano la verità fra gli alberi di un bosco remoto e tutti, ovunque, si chiedevano chi avesse ucciso Hazel Drew.

Era una storia da film. 

Era la storia che Frost offrì a David Lynch.

La piccola comunità divenne Twin Peaks.

Il lago assolato divenne una montagna avvolta nella nebbia.

Hazel Drew divenne Laura Palmer.

E forse, almeno quella volta, l’assassino venne trovato, mentre Hazel Drew cambiava la storia della televisione e l’immaginario di un’intera generazione.

Per approfondire

A riprova del fatto che è Internet l’habitat naturale di questo tipo di storie, l’omicidio di Hazel Drew è stato portato all’attenzione del grande pubblico quando Twin Peaks è tornato sugli schermi nel 2017, e non per la sua prima edizione, del 1990-91.

La fonte di informazioni più completa sul caso è il libro Who Killed Hazel Drew?: Unraveling Clues to the Tragic Murder of a Pretty Servant Girl, disponibile – al momento in cui scrivo – solo in inglese.

Molto ricco di riferimenti e fonti d’epoca, negli ultimi capitoli azzarda anche alcune possibili ricostruzioni degli eventi basandosi sulle indicazioni di massima fornite in materia di profiling da John Douglas nei suoi libri.

C’è anche un secondo testo, uscito più di recente, in cui gli autori, Mark Givens eDavid Bushman, sostengono di aver risolto il caso e identificato l’assassino, ma nella “bolla” degli appassionati non se n’è parlato molto e non sembra essere stato così rivoluzionario. Il lavoro di ricerca svolto dagli autori è comunque molto completo.