18 Aprile 2024
E leggiti 'sto paper

Chi tra gli antichi ominini costruì i primi utensili?

Tre milioni di anni fa. Un tempo così lontano che per molti è difficile anche solo concepirlo. Eppure allora i primi rappresentanti del genere Homo già camminavano negli ambienti aperti del continente africano. Non erano soli però. Se infatti siamo abituati da millenni a non avere altre specie simili intorno a noi, non è sempre stato così. Tra i due e i tre milioni di anni fa, infatti, i primi rappresentanti del genere Homo (chiamati anche, in inglese, early Homo) vivevano nelle stesse zone di altri ominini, come ad esempio Paranthropus

Chiamati così perché quando fu scoperto il primo fossile, nel 1938, sembrò ai ricercatori simile (para) all’uomo (anthropus), hanno la caratteristica comune di avere un corpo minuto, ma un cranio massiccio, con una cresta ossea per l’attaccatura dei muscoli preposti alla masticazione e una larga mandibola caratterizzata da molari piatti e grandi. Questa specie viveva negli spazi aperti dell’Africa, dominati da praterie, zone arbustive e boschi radi tipici della savana. Viste le sue caratteristiche fisiche e l’ambiente nel quale viveva, gli studiosi hanno ipotizzato che avesse una dieta ricca di vegetali, anche duri come semi, noci e radici, masticati grazie alle potenti mandibole e ai denti piatti, e, solo saltuariamente, carne. Si ritiene inoltre che non fabbricasse strumenti litici, ma che usasse bastoncini o ciottoli per scavare in cerca di radici o spaccare il guscio delle noci.

Lo studio della preistoria umana, e in particolare degli ominini antichi, è però in rapida evoluzione e nuovi studi, effettuati utilizzando tecniche di ricerca e di analisi sempre più accurate, frequentemente modificano o precisano le conoscenze sul nostro più lontano passato. In questo caso, un nuovo studio effettuato da un team internazionale e pubblicato sulla rivista Science, dal titolo Expanded geographic distribution and dietary strategies of the earliest Oldowan hominins and Paranthropus, propone che Paranthropus sapesse costruire, o almeno riutilizzare, strumenti litici e li impiegasse anche in attività che comprendevano la macellazione di carcasse animali.

Ma andiamo con ordine. Nello studio i ricercatori esaminano il deposito archeologico di Nyayanga, in Kenya, datato tra 3.032.000 e 2.595.000 anni fa. In questo sito sono stati trovati sia resti animali e ominini (di Paranthropus, appunto) sia strumenti in pietra scheggiata, i famosi chopper che sicuramente molti hanno studiato alle scuole elementari. Gli archeologi però, non si accontentano di chiamarli semplicemente così e li distinguono in base alle loro caratteristiche (quelle che vengono chiamate, in linguaggio scientifico, industrie litiche). I chopper di Nyayanga appartengono al tipo più antico, chiamato Olduvaiano (perché è stato trovato per la prima volta nel sito di Olduvai), e attribuito normalmente agli early Homo. Lo studio ha esteso, quindi, l’area geografica di diffusione dell’olduvaiano di circa 1300 km e quella della presenza del Paranthropus di circa 230 km.

Nello specifico, sono emersi 330 artefatti, tra i quali 135 provengono dagli scavi 3 e 5 e sono stati recuperati in situ, mentre 195 provengono dalla superficie. Gli ominini che li hanno prodotti hanno consapevolmente ed efficacemente rimosso schegge di pietra dal nucleo, con una tecnica paragonabile a quella di altri siti olduvaiani che prevedeva la percussione con un percussore in pietra. Alcuni precursori sono stati trovati nello stesso sito, con tracce di usura, a dimostrazione che i chopper siano stati prodotti in loco. Gli attrezzi sono stati realizzati partendo da una vasta gamma di materie prime, come riolite, quarzite e quarzo.

Per quanto riguarda i resti animali, a Nyayanga sono state trovate in totale 1776 ossa. La specie più rappresentata sono gli ippopotamidi, seguiti dai bovini. L’alta frequenza di animali che preferiscono ambienti vicini a fonti d’acqua, come ippopotamidi, tartarughe, coccodrilli e ratti delle canne (Thryonomyidae), e analisi paleoambientali, ci fanno capire come fosse l’ambiente circostante: le attività degli ominini di Nyayanga si sono svolte in una prateria boscosa nei pressi un corso d’acqua, all’interno di un bioma caratterizzato dalla savana, con abbondanza di graminacee e piante erbacee. Questi dati, associati a quelli di altri siti vicini, confermano che sia Paranthropus che Homo abitavano in ambienti aperti che gli permettevano di procurarsi diverse fonti di cibo vegetale e animale e l’accesso a fonti d’acqua.

I resti animali ci aprono però anche un altro scenario. Durante gli scavi, attrezzi di pietra e ossa animali sono stati trovati in stretta associazione, tanto che alcuni strumenti erano a diretto contatto con le ossa. Ma non basta. Un frammento di costola di un ippopotamide presenta un profondo segno di taglio, tre schegge di ossa hanno tracce d’uso che indicano la macellazione, sulla parte anteriore di una tibia ci sono tre tagli corti e paralleli. Queste tracce indicano attività di macellazione delle carcasse effettuate da ominini armati di strumenti litici. Inoltre, un secondo gruppo di ossa, a due metri di distanza, era formato da un omero rotto, una scheggia ossea e un frammento di costola. La posizione non anatomica delle ossa, alcune con tracce di macellazione e vicine a strumenti litici (uno con tracce di usura collegate alla macellazione) fa pensare che parti di una carcassa animale possano essere state spostate dagli ominini per lavorarle più facilmente. Altre ossa spaccate con percussori testimoniano la consumazione non solo della carne, ma anche del midollo.

In aggiunta alle tracce lasciate dagli strumenti sulle ossa, possiamo studiare anche quelle che i vari materiali lasciano sugli oggetti utilizzati, provocandone l’usura. Le tracce del genere sugli utensili di Nyayanga dimostrano che furono impiegati per processare tessuti sia vegetali che animali. Gli strumenti a percussione presenti in larga quantità e con tracce di usura che ne indicano un uso intensivo, servivano per pestare piante soffici, come tuberi, verdure o frutta, o più dure, come tuberi fibrosi o parti di alberi. 

Sono stati infine trovati anche resti di ominini. Si tratta di due denti (denominati KNM-NG 77315 e KNM-NG 77316, si veda l’immagine in evidenza) attribuibili a Paranthropus robustus oppure a Paranthropus boisei. Il primo proviene dallo scavo tre ed era in associazione con strumenti olduvaiani e ossa di ippopotamide. Ma è il secondo, proveniente dalla zona di macellazione degli ippopotamidi, che è in più stretta associazione con gli strumenti olduvaiani, corroborando l’ipotesi che questi fossero prodotti, o almeno utilizzati, proprio dal Paranthropus. Questi ominini antichi avevano denti piatti e poco taglienti. I ricercatori ipotizzano quindi che potessero servirsi di strumenti litici per processare il cibo e dunque renderlo più facilmente masticabile. Inoltre gli utensili permettevano l’accesso anche alla carne degli animali e al midollo contenuto all’interno delle ossa, espandendo così la sua dieta.

In conclusione, il sito di Nyayanga racconta come già dalle loro fasi più antiche, i primi utensili prodotti venissero usati per una vasta quantità di azioni diverse volte e facilitare l’accesso a diverse fonti alimentari. Quale tra gli ominini antichi presenti nello stesso territorio usava questi attrezzi? I dati raccolti nello studio, come visto, suggeriscono si trattasse del Paranthropus (robustus o boisei), ma visto che nelle stesse zone vivevano anche i primi appartenenti al genere Homo, non si può escludere che invece fossero loro i primi artigiani. Quella dei ricercatori rimane quindi un’ipotesi che dovrà essere verificata con ulteriori ritrovamenti e il loro studio scientifico.

Immagine in evidenza: i molari KNM-NG 77315 e KNM-NG 77316, provenienti dal sito di Nyayanga. Da EurekAlert,  © S. E. Bailey, Homa Peninsula Paleoanthropology Project.