8 Ottobre 2024
Giandujotto scettico

Linda Gazzera: quel fantasma, che sagoma

Giandujotto scettico n° 119 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (28/07/2022)

Non ebbe forse la fama universale di Eusapia Palladino; ma anche la giovane donna di cui vi raccontiamo oggi, al culmine della sua gloria, fu accolta come una rivelazione dai più celebri circoli spiritici italiani e francesi, che cercavano di dare una patente di scientificità alle loro convinzioni. E, in tutto questo, ebbero un ruolo centrale anche alcuni edifici alto-borghesi della Torino belle époque

Linda Gàzzera, medium torinese

Quella giovane si chiamava Ermenelinda Nicoletta Gàzzera (ma era universalmente nota come Linda) e molto probabilmente era nata a Roma, il 26 agosto 1890, da padre piemontese.

La fama della Gazzera si deve a uno spiritista molto attivo agli inizi del Ventesimo secolo. Si tratta del medico torinese Enrico Imoda (1871-1910), che, negli ultimi due anni della sua vita, realizzò con Linda una lunga serie di sedute medianiche. A Imoda si deve, soprattutto, una gran quantità di immagini fotografiche. Il pubblico apprese la storia della presunta medium quando, un paio d’anni dopo la morte prematura di Imoda, fu dato alle stampe dai Fratelli Bocca, la casa editrice torinese cuore dell’editoria spiritualista del tempo, un magnifico volume preparato da Imoda: Fotografie di fantasmi, contributo sperimentale alla constatazione dei fenomeni medianici

Il libro è ricercatissimo (lo si trova anche al costo di 300 euro), perché contiene non stampe, incisioni o altre riproduzioni delle foto dei “fantasmi” immortalati durante le sedute, ma – se integro – ben quarantasette copie di ottima qualità delle lastre al bromuro d’argento impressionate durante le sedute. 

Il fascino surreale della vicenda Gazzera, quello che l’ha consacrata all’iconografia “misteriosa” del secolo scorso, deriva proprio dall’uso sublime che della fotografia fu fatto fra il maggio 1908 e il 1910. Gli scatti avvenivano durante le sedute, che si tenevano in un palazzo nobiliare nella zona precollinare di Torino (ma anche in altre città, comunque: le sedute con la ragazza proseguirono sino a un paio d’anni dopo la scomparsa di Imoda).

Il parere positivo di Cesare Baudi di Vesme

Quando uscì il libro, il metapsichista torinese (ma trapiantato a Parigi) Cesare Baudi di Vesme (1862-1938) scrisse su La Stampa del 29 aprile 1912 un articolo in cui giudicava in termini assai positivi le capacità soprannaturali mostrate dalla Gazzera. Sulle pagine del quotidiano, Vesme raccontava che ormai da due anni, stabilitasi a Torino, la ragazza produceva fenomeni di ogni tipo, e che era stata più volte in Francia, studiata a Parigi dalla Società Universale di Studi Psichici, poi nella villa di Charles Richet, il “papa” dei metapsichisti, poi di nuovo a Torino. Non ultimo, la medium era stata fotografata in ogni sua performance, accompagnata dalle foto dei fantasmi che lo stesso Imoda aveva mostrato in conferenze e convegni di studio per appassionati. 

Rimaneva però largamente ignota ai torinesi – sembra per sua volontà – e solo il fatto che si fosse decisa a emigrare per nel continente americano aveva permesso, finalmente, di farne il nome. Sì, Linda era ormai lontana, e quindi si poteva parlare sia della sua condizione di medium “nascosta” (Vesme accostava lo stigma verso i medium e lo spiritismo a quello delle vittime dell’inquisizione cattolica dei tempi andati; un accostamento abbastanza improprio, per la verità: di norma, per i periodici di inizio Ventesimo secolo, erano vere e proprie superstar…); parallelamente, si poteva parlare anche dell’uomo coraggioso che l’aveva scoperta, il dottor Enrico Imoda, che per diversi anni aveva diretto a Torino l’Istituto Kneipp – un fatto non irrilevante per capire l’ambiente in cui avvennero questi fatti: ma ne diremo più avanti. 

Imoda aveva “curato” presso l’Istituto la medium più celebre e controversa dell’epoca, Eusapia Palladino. Poco tempo dopo, il caso l’aveva messa in contatto con la giovane Linda, che “presentava fenomeni simili a quelli della Palladino”.

Vesme si dilungava nel descrivere “Vincenzo”, l’entità che si manifestava nelle sedute di Linda, aggiungendo che quella era la “vera” entità che parlava attraverso la ragazza; altre, più sbiadite (nel senso che la loro vita era descritta con meno dettagli), erano a suo parere “una creazione subconsciente dell’immaginario del medium”. Insomma: durante le trance della Gazzera, c’erano entità “reali” e altre da lei, senza volerlo, “prodotte”.

Del resto durante le sedute (che si svolgevano o in casa Imoda, oppure nella villa della “marchesa di Rispoli”, in zona precollinare) gli sperimentatori, di solito cinque o sei, tenevano strette le mani della Gazzera 

di modo ché era possibile asserire che la ragazza non avrebbe potuto produrre, in qualche modo, gli effetti che si manifestavano, ad esempio, il fatto che un carillon si mettesse a suonare da solo, oppure che il dottor Bizzozero, uno degli sperimentatori, si sentisse colpito sul collo e alle spalle “da una mano materializzata”, che, addirittura, sembra eseguire “passi magnetici”, quelli del mesmerismo, su un gatto d’angora che la marchesa di R. tiene in grembo. Oggetti e mobili si muovono, colpi risuonano sulle pareti, il gatto è deposto sulla testa degli sperimentatori…

Fotografie imbarazzanti

Ma è chiaro che il clou di tutta la vicenda erano le foto. Tutti gli sforzi di Imoda e dei suoi sodali erano volti a ottenerle. Quelle magnifiche, commoventi lastre fotografiche costituiscono un vero e proprio capolavoro di immaginario belle époque, e come tali vanno considerate. Prima della produzione delle immagini, la Gazzera era sommariamente perquisita da alcune signore, si cambiava d’abito e si metteva vestaglie che difficilmente, scriveva Richet nella prefazione al libro di Imoda, avrebbero potuto nascondere “pupattole e sagome di cartone”. 

I risultati sono quelli imbarazzanti che la storia ci ha trasmesso. Persino Vesme, su La Stampa, era costretto a definire le fotografie “dal carattere piuttosto equivoco”. A fronte di una situazione che avrebbe messo in sospetto chiunque, Vesme e gli altri metapsichisti, convinti di trovarsi di fronte a manifestazioni paranormali, reagirono costruendo un modello interpretativo in cui il principio di economia delle cause, per così dire, era strattonato sino ai limiti delle sua possibilità. 

È vero, dicevano Vesme, Imoda e Richet: i fantasmi non erano plastici, tridimensionali, ma “piatti, come disegnati sopra cartone”, e sembravano non essere in rapporto perfetto con la direzione della luce prodotta dai lampi al magnesio delle macchine fotografiche (per dirla in altri termini, le ombre erano “sbagliate”). Forse non erano veri e propri fantasmi, ma 

una creazione quasi grafica dell’immaginazione del medium o (se si vogliono ammettere gli spiriti), degli spiriti stessi.

Insomma, nelle foto poteva esserci tutto, tranne quello che era chiaro a chiunque le guardasse dall’esterno: semplici sagome di cartone, prese di peso da riviste e libri illustrati. Ma gli “sperimentatori” dello spiritismo, tutti più o meno convinti che fossero intrusioni dall’aldilà o prodotti di “energie psichiche” ancora da classificare, misurare e identificare, non erano disposti ad ammettere una soluzione così deludente. 

Colta in flagrante

A confermare la condizione nella quale in realtà si trovavano le cosiddette “scienze psichiche” degli inizi del secolo scorso, si sappia che in realtà Gazzera fu scoperta a barare da più di un metapsichista. Uno di questi era il medico francese Albert Charpentier, della Società Universale di Studi Psichici di Parigi (dove peraltro Vesme si trovava), che, dopo le sperimentazioni sulle giovane fatte nella capitale francese, raccontò un metodo usato dalla medium sul quotidiano parigino Le Matin del 30 gennaio 1912, cioè tre mesi prima dell’articolo laudatorio pubblicato da Vesme su La Stampa:

Tengo a dichiarare che davanti a testimoni ho scoperto a imbrogliare in flagrante la signorina Linda Gazzera. Nell’oscurità che esige per la produzione dei fenomeni, le è facile far cadere con una gamba le sedie collocate dietro di lei – di solito con la gamba sinistra – oppure toccare con un piede, solitamente discosto, gli assistenti a lei più vicini. D’altronde, costoro si privano ingenuamente, formando la catena con le mani, come raccomandato dai sacerdoti della religione spiritista, di uno dei rari mezzi di controllo di cui dispongono nell’oscurità.

Dato che una sera ottenni il permesso di porre le gambe della signorina Gazzera in un sacco legato all’imboccatura, ero certo dell’esito della seduta, una volta che le mani della medium fossero state controllate con serietà. Ed è questo ciò che fu fatto: li dott. J-Ch. R. teneva la mano sinistra e io quella destra. Non si produsse nessun fenomeno psichico, metapsichico o subliminale. Si produsse un solo fenomeno psicologico, evidente per qualsiasi fenomeno di buon senso… La signorina Linda Gazzera si dà a truffe grossolane, il cui fine è facile comprendere, una volta che si sa che a ogni seduta assistono da sei a dieci persone che pagano venti franchi ciascuna e che, di queste dieci persone, se ne trovano almeno due che si contendono l’onore di ricevere la medium come una principessa. 

Charpentier concludeva offrendo alla donna un premio di duemila franchi per nuove sperimentazioni in condizioni di controllo rigoroso. Non risulta che l’offerta abbia mai ricevuto risposta. 

Un trucco da illusionista

La débâcle parigina della medium è descritta anche in Is Spiritualism Based on Fraud? (1920) dello scrittore inglese e razionalista Joseph McCabe (1867-1955), molto scettico sui fenomeni spiritici: 

Linda non era esattamente una medium disinteressata, ma era la figlia istruita di un uomo d’affari. Essendo una donna e una buona cattolica non poteva, ovviamente, essere denudata e perquisita. E quindi faceva cose meravigliose, che Imoda osservò, descrisse e fotografò con serietà per tre anni. L’entità che la “controllava” era “Vincenzo”, un giovane ufficiale che era stato ucciso in un duello; e da qual tipo terribile che era, aveva scelto una medium così rispettabile e pia. Le cose semplicemente volavano ovunque, quando lui era all’opera. Altre volte [Linda] materializzava uccelli e fiori, e i fantasmi che le si materializzavano accanto – si vedevano chiaramente lei e il fantasma uno accanto all’altro – erano decisamente graziosi, sebbene avessero il volto straordinariamente piatto, e adoravano la mussolina. 

Non importava che le mani di Linda fossero tenute sotto controllo dagli assistenti; lei insisteva per avere l’oscurità più assoluta, fino a quando non si degnava di dire “Foco” (luce), e lasciava scattare la fotografia. Andò avanti tre anni. Poi Schrenck-Notzing la studiò a Parigi nella primavera del 1911. Lei gli offrì un “sabba delle streghe”, disse. Ma lui scoprì presto che i suoi piedi non si trovavano dove una signora avrebbe dovuto tenerli. Lui sentì il tocco di uno spirito, afferrò l’arto che lo stava toccando, e scoprì che aveva in mano il piede della virtuosa Linda. Quindi la cucì in un sacco, e gli spiriti non poterono più nulla. 

Le sue “manifestazioni” erano trucchi semplici. Portava gli uccellini, i fiori, la mussola e le maschere (o le fotografie) tra i capelli (che erano per lo più finti, e non venivano mai esaminati) oppure nella biancheria intima e poi, con un sotterfugio comune, si liberava le mani e i piedi dai controlli e li manipolava.

Il dibattito continua

Linda Gazzera, dunque, nascondeva su di sé fiori, garze, fotografie e tutto il necessario a produrre quei fenomeni. In una certa misura, inoltre, era un’escapologa, ossia una persona in grado di sottrarsi abilmente – ma come altri “medium” del suo tempo – a controlli e legacci. Forse utilizzava un sistema analogo a quello di Eusapia Palladino: un colpo di tosse o uno sbadiglio, nel buio, le permettevano di staccare per un secondo la mano destra e sostituirla con la sinistra. A quel punto rimaneva libera di produrre i fenomeni spiritici. 

Questo fallimento parigino, comunque, non bastò a scoraggiare i sostenitori della Gazzera. Lei, d’altra parte, troncò la sua carriera di lì a poco: si trasferì lontano, in America del Sud. Sposò un ingegnere italiano visse in Brasile, ormai lontana dai riflettori dell’ambiente spiritualista. Morì laggiù il 24 novembre 1942, e lì si trova la sua tomba.

Il dibattito sulla natura di quegli “spiriti bidimensionali” immortalati nelle fotografie, invece, durò ancora a lungo. Su La Stampa del 12 dicembre 1913, per cercare di puntellare la credibilità delle foto scattate durante le sedute della Gazzera, Vesme presentò i risultati – appena resi noti a Parigi – di un’altra e ancora più clamorosa storia di fotografie spiritiche: quella resa popolare da un libro della metapsichista Juliette Bisson, relativa alla presunta medium Eva Carrière. Anche lei, curiosamente, materializzava fantasmi sospettosamente piatti. E pure lei, ora lo sappiamo, usava trucchi di ogni genere; Bisson, probabilmente, ne era complice. Ma questo Vesme, nel suo slancio metapsichista del momento, non poteva saperlo.

Nel 1913 anche il premio Nobel Charles Richet, nel Traité de Métapsychique, considerò Linda Gazzera una delle grandi medium del suo tempo. Altri, invece, vedevano la faccenda con maggior distacco e non si lasciarono convincere da quei fantasmi “appiattiti”. 

Due parole sul “talent scout” Imoda

Quanto a Imoda, purtroppo la sua vita fu breve: morì a soli trentanove anni, un anno dopo il suo maestro e mentore, Cesare Lombroso. La cosa non è chiara, ma è possibile che Imoda fosse entrato in contatto con la Gazzera grazie alla sua attività di direttore dell’Istituto Kneipp. Si trattava di un luogo di cura assai peculiare, che lui stesso aveva fondato nel 1898 a Torino. Aveva sede nell’allora via Orbassano, 5, una strada oggi scomparsa insieme ai suoi edifici, ma che si trovava nella parte di Torino che oggi coincide con quella più meridionale del quartiere Crocetta, in direzione di Santa Rita, allora interamente rurale. 

Ma cosa era esattamente quel luogo? Imoda, oltre che spiritista, era seguace di una pratica medica “alternativa”, la “terapia Kneipp”, dal nome del prete cattolico tedesco Sebastian Kneipp (1821-1897): uno dei fondatori della naturopatia e padre di una particolare tecnica idroterapica. Secondo i suoi dettami l’applicazione dell’acqua a diverse temperature e pressioni avrebbe fornito all’organismo e alla mente dei pazienti innumerevoli benefici. 

Questo era il mondo, la scienza, le credenze e il contesto nei quali, per qualche anno, visse Imoda.

Oggi, la figura di Linda Gazzera è legata indissolubilmente alla storia della fotografia spiritica. Molte copie ad alta qualità delle immagini prodotte in quegli anni possono essere trovate qui; altre, nel senso materiale del termine, sono custodite presso i fondi dell’Archivio Museo Cesare Lombroso di Torino. Si è occupata a lungo di quei documenti l’archivista Nadia Pugliese, grazie alla quale, fra l’altro, abbiamo i dati anagrafici precisi della medium. 

Altre lastre sono saltate fuori in tempi recenti, grazie al collezionista e antiquario torinese Paolo Pazzi: si trovavano nel baule di una villa della collina appartenuta alla famiglia Rispoli, quella di cui faceva parte la marchesa organizzava le sedute con Linda Gazzera. Pazzi le ha poi rivendute alla Fondazione Fratelli Alinari di Firenze.

Oggi, insomma, abbiamo a disposizione un po’ tutte quelle immagini con una resa visiva impensabile nel passato. Anche per questa circostanza, non finiscono di stupire per la loro ingenuità: come per le foto e i video Ufo di oggi, il contrasto fra i racconti, le parole e le esclamazioni dei testimoni e quello che si dovrebbe constatare attraverso le riprese risulta imbarazzante. 

Ma, forse proprio per quello, il fascino magnetico delle immagini di quei fantasmi è garantito per sempre.

Immagine in evidenza: Charles Richet, pubblico dominio, via Wikimedia Commons.