27 Aprile 2024
Giandujotto scettico

Sebastiano Giraud: medico, massone e… mesmerista!

Giandujotto scettico n° 113 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (05/05/2022)

Il mesmerismo fu la mania della seconda metà del Diciottesimo secolo. “Scoperto” dal medico tedesco Franz-Anton Mesmer, è stato paragonato all’ipnotismo, ma più che altro era una pseudoscienza di tipo vitalistico che riteneva che i viventi fossero dotati di un “fluido”, paragonabile per analogia al magnetismo. La manipolazione di questo fluido avrebbe permesso di diagnosticare, e, soprattutto, di autodiagnosticarsi ogni patologia, per poi prescriversi le terapie più adatte alla guarigione. Alla base delle idee di Mesmer, una cosmologia centrata su questo “fluido universale” e sulla possibilità di ripristinare la corretta circolazione del fluido stesso, la cui alterazione era ritenuta la causa fondamentale di ogni malattia.

Già, perché, sotto molti profili il mesmerismo può essere letto come una forma di riappropriazione della propria condizione di salute e del proprio destino, specie da parte di donne e individui in condizione socialmente subordinata. Posto in una condizione simile a una trance, il malato è in grado d’indicare sede, cause e rimedi da usare per risolvere malesseri e condizioni anche gravi. Oggi, in generale, si può considerare il mesmerismo una forma di medicina alternativa ormai scomparsa, per certi versi accostabile all’energetismo di pseudo-medicine come l’odierno reiki giapponese, ma con una forte enfasi posta sul “malato”, che, in larga misura, diventava il guaritore di se stesso. Su Mesmer Il Giandujotto scettico vi consiglia di leggere il libro dello psichiatra Giuseppe Lago L’illusione di Mesmer. Carisma e pseudoscienza nell’epoca dei Lumi (Castelvecchi, 2014), oppure La sonnambula meravigliosa, dell’antropologa Clara Gallini (L’asino d’oro, 2013). 

Un ambiente che, soprattutto in Francia, negli ultimi decenni del Settecento fu ampiamente affascinato dal mesmerismo fu la Massoneria. Sia l’uno sia l’altro erano questioni alla moda, di enorme interesse per la borghesia, che correva a farsi iniziare nelle logge – luoghi di ritrovo sociale e culturale sovente assai importanti. Le scoperte scientifiche, a cominciare dai primi esperimenti sull’elettricità prodotta tramite pile, erano al centro delle discussioni pubbliche, e spesso messe in scena e dibattute nelle logge del tempo. Alcuni massoni, parte dei quali erano imbevuti di occultismo (sia pur riletto alla luce della società settecentesca), videro nel mesmerismo una nuova, importante innovazione medica, che presto avrebbe permesso nuove possibilità di guarigione. Naturalmente, non era indispensabile essere massone per mesmerizzare, ma in quel periodo la sovrapposizione fra quei due contesti fu assai forte.

Le idee di Mesmer, a fine Settecento, vissero una stagione di diffusione rapidissima, furono oggetto di controversie politiche e giunsero anche in Italia, Piemonte compreso. E qui, uno dei loro sostenitori più tenaci fu Sebastiano Giraud, un personaggio originale e ricco di ombre. 

Nato a Pinerolo nel 1735, a ventun anni era già laureato in medicina. Il vagare pratico e intellettuale lo segneranno per tutta la vita. Sarebbe stato iniziato massone a Pinerolo nel 1758. Ma voleva di più, e allora lo ritroveremo nella capitale, a Torino, nel 1771, in una loggia importante, la Saint Jean de la Mystèrieuse, con il grado di Cavaliere d’Oriente

La Massoneria che aveva conosciuto fino ad allora però non lo soddisfaceva. Fu per questo che nel 1775 aderì a un tentativo di riforma massonica propugnata dal barone tedesco Carl von Hund che proprio in quel periodo tentava di affermarsi in Piemonte, la Stretta Osservanza Templare (in sostanza, voleva essere una massoneria rivolta ai nobili delle corti europee, per influenzarne gli orientamenti). Da qui in poi la vicenda personale di Giraud si complica: a Torino strinse rapporti con un nobile massone, il conte Gabriele Asinari di Bernezzo, maggiordomo e poi maestro di cerimonie di re Vittorio Amedeo III. Vedremo più avanti perché quello di Bernezzo è un nome interessante. 

Al contempo, però, Giraud ebbe numerosi legami con la Francia e in particolare con una loggia di Lione più legata al pensiero esoterico, quella in cui operava l’occultista Jean-Baptiste Willermoz: la frequentò e ricevette investiture di alti gradi massonici, che poi trasmise proprio al suo sodale torinese, il conte di Bernezzo. 

Ma in Francia, come medico, Giraud rimase soggiogato proprio dalla pratica del mesmerismo. Ed è questa la cosa che vogliamo raccontarvi meglio. Giraud, infatti, dopo l’esperienza con la Massoneria “templare”, quella della Stretta Osservanza (sosteneva il mito della discendenza massonica dal templarismo), tentò di importare il mesmerismo in Piemonte. Giraud ne assimilò le tecniche a Parigi, a inizi anni ’80, tramite lo stesso Mesmer (lui stesso massone, usò ampiamente le logge per propagandare le sue idee), che frequentò e che gli affidò addirittura alcuni pazienti. Rientrato in Piemonte dalla Francia nel 1784, cercò di organizzare una rete di logge massoniche di ambito aristocratico, ma il suo nuovo interesse centrale era proprio quello del “magnetismo animale”.

Ed è a questo punto che scopriamo le cose più originali. Per poter condurre al meglio i suoi tentativi, nel novembre 1784, Giraud scrisse una lettera diretta a re Vittorio Amedeo III in persona e inviò per mesi alla corte documenti per sostenere la sua causa – non a caso in coincidenza temporale con l’inchiesta sulla validità del mesmerismo che Luigi XVI aveva ordinato in Francia. Giraud desiderava una sorta di imprimatur reale: un documento ufficiale che servisse come testimonial dell’attendibilità della pratica. Raccolte in alcune carte di famiglia dai suoi discendenti, questi documenti di Giraud furono pubblicati nel 1901 dal Bollettino Storico Subalpino ad opera dello storico pinerolese Ferdinando Gabotto. 

In quei fogli troviamo diverse sorprese: Giraud aveva addestrato al mesmerismo già ventidue piemontesi (persone altolocate, militari, medici) e – fra i primi – proprio il conte Asinari di Bernezzo di cui si è già detto e che aveva una certa influenza presso il re: Giraud voleva usarlo come “testa di ponte” per importare il mesmerismo alla corte sabauda?

Ma nei documenti si trova anche il clou del ragionamento di Giraud: con quelle carte, nel novembre 1784, presentò un vero e proprio pseudo-protocollo medico per dimostrare a tutti che il mesmerismo funzionava. L’idea di un protocollo medico con regole precise non è una cosa così scontata: oggi ci sembra un passo ovvio per la dimostrazione della validità di una cura, ma al tempo l’idea di una sperimentazione “oggettiva e razionale” era già avanzatissima.

Ovviamente le proposte di Giraud erano ancora primitive. Il medico pinerolese innanzitutto chiedeva che la corte accettasse di affiancargli alcuni commissari regi e che si selezionasse un gruppo di quindici-venti affetti da malattie diverse

come paralisi e morbi congeneri, sordità, otalmie, ostruzioni ne’ visceri, febbri lunghe intermittenti, affezioni ipocondriache, isteriche, dolori articolari, malattie esterne cutanee. 

Giraud spiegava alla corte di Vittorio Amedeo come in Francia il mesmerismo non fosse pratica da ciarlatani: era accreditato in parecchie città, e mesmeriani erano scienziati e letterati, il tutto dietro autorizzazione delle autorità cittadine. Insomma, invocava non la magia, chissà quali segreti o rivelazioni mistiche, ma il fatto che almeno alcune parti della cultura “alta” francese del tempo avevano detto sì al mesmerismo. È per questo che presentava al re in persona un 

piano con cui crede possa più sicuramente accertarsi a pubblico benefizio l’utilità del sovra enunciato metodo pratico, colla maggior brevità di tempo compatibile colla qualità, e natura delle malattie che saranno per l’esperimento trattate.

In quel piano, come potrete intuire, c’erano parecchi punti deboli. Avrebbe dovuto essere lo stesso Giraud a verificare se i malati erano trattabili con il mesmerismo: in caso contrario, il soggetto scartato sarebbe stato sostituito da un altro. Di più: lo stato iniziale prima del trattamento sarebbe stato messo per iscritto da Giraud e da uno o due dei suoi allievi. Dunque, le condizioni di partenza delle patologie sarebbero state dichiarate dal mesmerista e da persone a lui vicine, non da altri verificatori. Sarebbe poi stata registrata ogni 

mutazione dello stato degli ammalati e si soscriveranno giornalmente le annotazioni registrate da’ Commissari… e da’ medici curanti.

Ogni settimana sarebbe stato redatto un nuovo verbale riassuntivo per ogni malato. I commissari (per lui avrebbero potuto essere anche non appartenenti “al ceto medico”, giacché per riconoscere le “malattie visibili” come la paralisi non era necessario essere dei clinici…) avrebbero anche dovuto verificare che i malati fossero sottoposti soltanto al mesmerismo e non ad altri trattamenti. Ma non era finita. Giraud metteva le mani avanti circa la durata delle valutazioni – e su questo si teneva sul vago: le malattie curate col magnetismo animale avrebbero richiesto tempi lunghi, prima di considerare definitiva la possibilità di misurazione degli effetti…

Dunque, mentre le dichiarazioni di principio erano moderne, razionali, lontane da linguaggi di tipo occultistico, le falle procedurali erano grossolane. Nei punti cruciali del “piano”, Giraud avocava a sé il processo decisionale (quali erano i malati adatti al metodo? Quanto lunga avrebbe dovuto essere l’applicazione? Perché i non-medici avrebbero potuto essere annoverati fra i commissari di nomina regia?, e così via). L’idea di una valutazione in cieco era ancora lontanissima. Non c’era traccia neanche del campione di controllo, che all’epoca non si usava: sarà introdotto solo nel corso dell’Ottocento, e darà una prima grande dimostrazione di utilità con la sperimentazione di San Pietroburgo del 1829, in cui vennero confrontati per la prima volta pazienti curati con l’omeopatia, pazienti curati con medicina convenzionale e placebo.  

Ma il colpo di grazia al tentativo di Giraud di introdurre ufficialmente il mesmerismo in Piemonte non arrivò dai difetti delle sue procedure, ma da un’altra parte. Dopo alcuni anni di aperture liberali, infatti, il vento presso la corte di Torino era cambiato: Vittorio Amedeo III sentiva puzza di “illuminatismo”, ossia di tendenze eversive provenienti dagli ambiti massonici. In breve rifiutò di dare a Giraud il suo sostegno; nel frattempo anche Asinari di Bernezzo, capito il guastarsi del clima, rinunciò alla carica di “priore” della Stretta Osservanza massonica – con ogni probabilità deludendo le attese di Giraud di avere in lui un punto di appoggio certo a corte.

Il medico pinerolese rischiava di tornare nell’ombra, o peggio, di essere indagato per le sue attività. Tentò il tutto per tutto e allora, nel novembre 1785, scrisse un lungo documento alla quale allegò il parere positivo di esponenti del clero cattolico francese sul mesmerismo (che sovente era visto come una pratica anche politicamente sospetta, da “ambienti rivoluzionari”) e ne difese la congruenza con il Cattolicesimo, auspicando la gestione e la cura spirituale dei malati (separati fra i due sessi) da parte dei religiosi, che avrebbero fatto da sovrintendenti generali… 

Alzando il tiro, nel documento del 1785, Giraud aggiungeva che già settanta malati, molti di essi affetti da malattie reputate incurabili, erano stati da lui guariti col mesmerismo – per non dire di quelli colpiti da patologie leggere (“emicranie, dolori de’ denti, d’orecchie… quasi istantaneamente”).

Ma in quelle pagine c’era ancora un ultimo colpo di teatro. Pur di farsi diffusore autorizzato del mesmerismo in Piemonte, in quel documento Giraud rinnegò la sua intera esperienza massonica.

“Mi si attribuisce falsamente”, scriveva, alcuni “caratteri odiosissimi” e, fra questi – a parte quello di “impostore” – quello “di fautore segreto di società massonica”. 

Dal “piano” razionale dell’anno prima, vista la mala parata, pur di ottenere il beneplacito provò dunque a passare all’invocazione della sua lealtà religiosa e politica. Ma nemmeno il voltafaccia rispetto ai suoi interessi esoterici gli giovò.

Trasferitosi a Parigi ancora una volta per esercitare il mesmerismo, nel 1786 divenne oggetto di maldicenze in relazione alle cure prestate a due nobildonne. Tornò a Pinerolo, ma ormai era un uomo in declino: quando, nel 1794, Vittorio Amedeo III – ormai col suo regno minacciato dalle conseguenze della Rivoluzione francese – vieterà la Massoneria, Giraud sarà colpito da condanna a morte e si rifugerà per l’ennesima volta in Francia. Rientrerà a Torino sulla scia delle vittorie napoleoniche contro i Savoia. Morirà nel 1805 (secondo altre fonti nel 1803), non senza un durissimo scambio di accuse per malversazione di fondi fra lui e Michele Buniva, altro medico pinerolese, introduttore della vaccinazione antivaiolosa in Piemonte, massone anch’egli (Buniva aveva appreso dell’antivaiolosa, a Londra, dal suo stesso inventore, Edward Jenner). 

Al contrario di Buniva, Giraud non capì l’importanza delle nuove idee scientifiche che all’epoca si stavano facendo strada e preferì rimanere fedele ad una via senza uscita come quella del mesmerismo. Una personalità complessa, quella di Giraud, ancora da studiare, ma per noi un testimone importante della diffusione di idee occultistiche in Piemonte negli anni dell’Illuminismo, e al tempo stesso del culto della Ragione e della Rivoluzione d’oltralpe: due sentieri in contrasto che, come tanti curiosi personaggi del tempo, Giraud cercò di percorrere entrambi.

Immagine del 1794, da Wikimedia Commons, pubblico dominio