Il mostro a tre gambe di Premeno: un fenomeno della natura
Giandujotto scettico n.107 di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo (10/02/2022)
Premeno è un paese di circa 750 abitanti. È piccolo, ma ha la fortuna di trovarsi in una posizione invidiabile: una conca fra i monti della valle Intrasca, nel Verbano, ma vicinissima alla sponde piemontesi del Lago Maggiore (in particolare a quelle di Intra). Conta diverse frazioni; un paio di queste furono particolarmente interessate dalla storia di “mostri” che vi racconteremo oggi.
Di animali misteriosi in quelle zone ci siamo già occupati in altre occasioni, ma in contesti diversi da quello che toccheremo in questo articolo. Una è la storia del mostro del lago Maggiore, che interessò la zona di Cannero nel 1934 e che fu frutto della mania mondiale per il mostro del momento, quello del Loch Ness; l’altra è quella del serpente-gatto della val d’Ossola, che è invece una lunga storia di folklore complessa e interessante, della quale abbiamo discusso solo alcuni aspetti; c’è poi la storia di un diavolo che batteva gli zoccoli nella valle Intrasca…
Quella odierna, invece, è una vicenda molto più modesta: risale al 1973-74 ed è l’ennesima dimostrazione che (praticamente dal nulla!) è possibile costruire una narrazione dotata di un senso e di una “morale”, sia pure effimera e, molto probabilmente, ormai nota quasi esclusivamente solo a noi che l’abbiamo tirata fuori dagli archivi de La Stampa
La vicenda emerse per la prima volta il 29 gennaio del 1974. Scrivendo da Premeno (la cronaca fu pubblicata il giorno dopo nell’edizione provinciale de La Stampa), a.c., un corrispondente locale del quale non conosciamo l’identità, riferiva in estrema sintesi quanto stava accadendo da qualche tempo nel piccolo centro. Quasi ogni notte, “ora in un angolo, ora nell’altro del paese”, parecchi abitanti udivano “una voce lamentosa e stridente”. C’era chi aveva paura e chi, più concreto, pensava a uno scherzo: “sarebbe facilissimo a chiunque, con un magnetofono o un amplificatore”. A questa lettura riduzionista si opponeva con vivacità chi aveva sentito più volte “l’urlo della bestia”: non sembrava affatto una riproduzione meccanica, ma una cosa viva.
È un lamento straziante, quasi doloroso. Sta a metà tra l’ululato del lupo e il grido della iena.
Una diagnosi curiosa: presuppone che, in quegli anni e sul versante piemontese del Lago Maggiore, ci fosse qualcuno che di versi emessi da lupi e iene avesse vasta esperienza… Comunque sia, tutto il paese parlava di quanto stava accadendo. I Carabinieri, a quanto pare un po’ seccati per l’incombenza, avevano dovuto occuparsene. Domenica 27 e lunedì 28 gruppi di volontari avevano compiuto delle battute intorno al paese, ma senza alcun risultato. Neppure un’orma sospetta, concludeva a.c.
Forse l’autore del “lamento straziante” di Premeno prese atto del dispiacere che sembrava trasparire dalle parole del quotidiano, perché appena due giorni dopo, il 1° febbraio, il desiderio venne esaudito.
La Stampa tornava infatti sulla vicenda – sempre a firma di a.c. – con un articolo più vistoso; il giornalista si era recato in paese (si direbbe che per il primo, più scarno articolo non l’avesse fatto), e aveva raccolto le testimonianze di tre abitanti. A quanto sembrava, la “voce” era stata udita la prima volta nell’ottobre dell’anno precedente, il 1973 (dunque, la vicenda doveva durare da tre-quattro mesi). Col passare del tempo, però, i “lamenti” si erano moltiplicati. A volte erano sentiti a ridosso delle case di Premeno, a volte presso Sasso Corbè ed Esio (due frazioni dell’abitato), altre volte verso il Pian del Sole, da dove oggi partono importanti impianti sciistici.
Una guardia notturna (Bruno P. P.), un muratore (Ferruccio P.) e un altro uomo (Silvio B.) riferirono ad a.c. di aver sentito
Un urlo strano… potrebbe anche sembrare il grido di un corvo, ma è più straziante, come di belva ferita.
Ma, a parte le sofferenze della “bestia”, ecco il desiderio esaudito: le tracce! E le tracce – o presunte tali – conducevano verso un mondo assai più arzigogolato rispetto alla semplice bestia lamentosa.
Martedì 29, nel corso di una nuova battuta di ricerca, erano state trovate anche le orme. A riferirlo era sempre a.c., sulla base delle notizie fornitegli dai tre testimoni:
Si tratta di zampe robuste a quattro dita, le dimensioni sono quelle di una normale mano umana chiusa a pugno. Due davanti, un’altra dietro, quasi nel mezzo. Potrebbe quindi essere una bestia mutilata o uno strano ibrido, un fenomeno della natura, dato che anche le orme delle tre zampe si rincorrono nel terreno sempre a una distanza di un metro dall’altra.
Bruno, a parte pensare alla classica ipotesi dell’animale “fuggito da qualche gabbia, forse da un circo”, spiegava che qualche notte prima la bestia si era avvicinata a Villa Cardarelli, uno degli edifici notevoli del paese, da cui si domina il Lago Maggiore. Il custode Alberto, sentendo gridare “disperatamente”, si era impressionato, malgrado si trattasse di un cacciatore. In più, sembrava che una donna avesse visto “un’ombra scura fuggire nella notte, impaurita dal latrato dei cani”. Per Ferruccio, invece, anche i cani da caccia servivano a poco, nella ricerca della “bestia: perdevano le tracce dopo poche decine di metri, come se si trattasse “di un odore nuovo anche per cani addestrati”.
E le orme misteriose descritte presso Sasso Corbè che fine avevano fatto? Si potevano forse vedere, copiare, fotografare? Niente da fare: la pioggia e la neve, cadute copiose nei due giorni precedenti, le avevano cancellate. Mentre si rievocavano “storie di vampiri e di fantasmi”, concludeva a.c., i Carabinieri non rilasciavano dichiarazioni. Impossibile, però, resistere alla tentazione di riferire un’ultima voce: sembrava che lo “strano urlo” fosse stato udito qualche volta, di notte, anche da pattuglie dell’Arma in servizio presso Pian del Sole.
Dicerie, urli notturni, “pare che”, orme impossibili da constatare – e un paese che ne discute. Per quanto sia andata avanti la storia, lì a Premeno, non è chiaro. Per quanto ne sappiamo, all’articolo del 1° febbraio 1974 fece seguito, sei giorni dopo, soltanto un terzo pezzetto di a.c., in cui si riferiva una nuova apparizione: il verso del “mostro a tre gambe” era stato sentito di nuovo a Passo Corbè nella notte fra il 5 e il 6; anche stavolta c’erano state delle tracce, cancellate però da ulteriore neve… Forse un animale selvatico mutilato da qualche tagliola, cercava ora di concludere il corrispondente de La Stampa.
Per quanto ne sappiamo la stampa locale novarese non menzionò mai, in quelle settimane, il “mostro di Premeno” – perlomeno, noi non ne abbiamo trovato traccia. L’impressione, almeno sulla base di ciò che abbiamo, è che in zona circolassero voci più o meno vaghe sugli urli notturni di qualche animale, e che da lì si sia cominciato a costruirvi intorno una “bestia” la cui peculiarità più divertente è senz’altro quella delle “tre gambe”. Perché avesse quella peculiarità non era chiaro: forse per un incidente, o forse perché era andata così a quella creatura sfortunata – non a caso definita da a.c. un fenomeno della natura.
Almeno per questa particolarità, la breve leggenda del “mostro di Premeno” ci è parsa degna di esser raccontata.
Immagine in evidenza: rospo a tre zampe in bronzo, Cina, XVIII secolo (fotografia di Mary Harrsch da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 4.0).