Come scoprire le manipolazioni dei media? Ecco un manuale!
articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
Dal 1992 lo European Journalism Center, un ente non-profit con sede in Olanda, si occupa di formazione giornalistica, etica della comunicazione e trasformazioni dell’ecosistema dei media. Con l’esplosione delle questioni relative alla manipolazione dei contenuti mediatici, gli sforzi del Centro si sono diretti sempre di più allo sviluppo di strumenti teorici e pratici per affrontare il magma della cattiva informazione.
La “cattiva informazione” è però un universo in continua e rapidissima evoluzione, per niente riassumibile nell’espressione fake news, ormai buona per dire tutto e il contrario di tutto (e troppo spesso usata in modo ambiguo e contraddittorio).
Per reagire alla manipolazione dei media e per fornire i mezzi in grado di decodificarla, nel 2014 lo European Journalism Center pubblicò la prima edizione di un manuale, il Verification Handbook (tradotto in italiano due anni dopo), poi seguita da una seconda, denominata Verification Handbook for Investigative Reporting. L’anno scorso è uscita la nuova, aggiornatissima terza edizione, che da poco è disponibile in italiano – anche stavolta gratis – grazie a Slow News, supportato per l’occasione da due siti di fact-checking (Pagella Politica e Facta News).
Fin dall’inizio, anima e coordinatore editoriale dei Verification Handbook è uno dei dirigenti di BuzzFeed, il giornalista canadese Craig Silverman, esperto di voci, falsi giornalistici e inaccuratezza dei media. Grazie alla sua esperienza, anche questa terza edizione ha messo insieme una squadra numerosa, cosmopolita e dalle competenze diverse. Già questa molteplicità di approcci fa dell’Handbook un’occasione unica per presentare lo stato dell’arte dell’esame e, quando necessario, dello smascheramento di notizie manipolate.
D’altro canto, proprio il numero elevato di collaboratori del manuale è conseguenza della trasformazione dell’universo comunicativo. Dalla prima edizione del 2014, il problema dell’uso consapevole o quasi-consapevole di leggende, dicerie, notizie false, così come della creazione, disseminazione e alimentazione di storie non corrispondenti a verità o che mescolano vero e falso, è diventato oggetto di studi in diversi campi.
Due semplici esempi, per far capire quanto la questione sia ormai al centro del dibattito pubblico. A metà gennaio, un’analisi condotta negli Stati Uniti ha monitorato la circolazione di notizie false e voci infondate sulle elezioni presidenziali. Ebbene, questa sembra essere crollata nella settimana successiva al momento in cui Trump (e alcuni dei suoi alleati) sono stati privati degli account che avevano su Facebook e Twitter. La cosa è servita da conferma indiretta al fatto che davvero, nei mesi precedenti, Trump e il suo entourage avevano dato vita a una “macchina amplificatrice senza paragoni” di notizie manipolate, come l’ha definita Leysia Palen, docente di scienza dell’informazione alla Colorado University. Di fake news e della necessità di contrastarle ha parlato, il 23 gennaio, anche il papa, in toni piuttosto preoccupati.
Il Verification Handbook è destinato in primo luogo ai professionisti dell’informazione, cioè ai giornalisti. Per Silverman e per gli altri autori, la sua utilità sta in prima battuta nelle tecniche e nei concetti presentati a chi per professione e per etica deve – o dovrebbe – verificare, confrontare, non cadere nelle trappole della manipolazione, ossia chi coi media lavora ogni giorno. In realtà, il testo è utile a chiunque desideri acquisire strumenti per capire se ci si trova di fronte a casi di ciò che Sliverman ha ribattezzato information disorders, cioè i disturbi, le patologie dell’informazione. Il Verification Handbook ne elenca diversi e li distingue con cura: l’etichetta onnicomprensiva di fake news è poco utile.
L’Handbook offre poi una lunga serie di strumenti digitali e di altre risorse da applicare alle varie evenienze. Analizzare la manipolazione che circola sui social, nella messaggistica privata, in spazi tradizionali come siti e blog oppure tramite immagini e video (meme, deep fake) non è la stessa cosa. Per ogni bullone ci vuole la chiave adeguata ad allentarlo. La sfida, infatti, diventa sempre più articolata. Per certi versi, si può restare ammirati dalle capacità di creatori e diffusori più o meno volontari di cattiva informazione: sono sempre all’avanguardia.
Se diventa difficile operare su Twitter o su YouTube, cospirazionisti, propagandisti, credenti in teorie antiscientifiche e profittatori passeranno a Telegram o ai gruppi chiusi Facebook; se Telegram contrattacca, si passerà a 8chan e a 8kun, a Parler e a Gab. Se anche in questi spazi s’incontrano difficoltà, si escogiterà altro…
Ma i giornalisti, le persone dotate di mentalità critica, i ricercatori sociali e gli scettici, non devono contrastarli a mani nude. Provate a scaricare il nuovo Verification Handbook, allenatevi a usare almeno alcuni degli strumenti consigliati e illustrati passo passo – anche grazie ad un serie di casi di studio presentati nel testo. Alcuni di questi metodi sono più semplici, altri richiedono lo sviluppo o il possesso di competenze informatiche avanzate. Il manuale è utilissimo anche a questo scopo: aiuta a diventare apprendisti segugi della rete, a restare affascinati dall’applicazione dei concetti dell’OSINT (Open Source Intelligence) e da molto altro ancora. Se la mettiamo sotto un certo profilo, acquisire queste capacità è anche un po’ come diventare indagatori forensi.
Ancora di più, questo manuale ci ricorda la passione per due idee troppo bistrattate, e che invece dalle sue pagine riemergono con forza. Sono menzionate più volte, e sono fiducia e verità. Non è vero che non ci si possa fidare di niente e di nessuno; ma bisogna capire di chi fidarsi. Non è vero che non si possa mai arrivare a una verità; ma bisogna capire come arrivarci.
La grafica dell’Handbook è spartana, forse in qualche caso la traduzione dall’inglese può non piacere. Ma questi sono dettagli. Si tratta di un libro che dovremmo avere tutti.
Semmai, se c’è una cosa da osservare è che l’approccio complessivo dell’opera è fortemente “bellico”. In larga misura la questione della manipolazione mediatica è discussa attraverso tecniche e percorsi il cui esito è dimostrare in modo chiaro come, dove, a che scopo e – quando possibile – ad opera di chi è stato costruito il falso, la voce o la campagna disinformativa.
Certo, scorrendone le pagine risulta chiaro che lo scopo degli Handbook non è di sottolineare la dimensione umana del problema, o di discutere i tentativi di comprendere, spiegare e affrontare i bisogni che stanno dietro a coloro che cadono in storie manipolate. Se c’è un limite del manuale è proprio questo: le falsificazioni, le teorie complottiste, l’antiscienza trovano sempre modalità migliori per circolare e per raggiungere il proprio target; ma non è detto che questo target risponda alle sollecitazioni dei manipolatori.
Proprio per questo, spiegare perché un certo numero di persone crede che a ciò che è contrario all’evidenza, a evidenze debolissime, o alle loro distorsioni è indispensabile per far sì che la manipolazione abbia minor presa. Se questo non viene fatto, il rischio sarà sempre quello di inseguire le notizie false, senza cercare di coinvolgerle in un discorso educativo più completo. Strumenti sofisticati come quelli dell’Handbook sono utili, eppure in un certo senso si limitano a contenere i danni, o a cercare di porvi rimedio a posteriori.
Agire in maniera preventiva, perché il pubblico sia meno incline a sostenere e a condividere la cattiva informazione, è forse ancora più importante che dominare le tecniche per mettere a nudo la misinformazione.