Tre cose da sapere sul TGR Leonardo del 16 novembre 2015
In queste ore è tornato alla ribalta un servizio di TGR Leonardo del 16 novembre 2015. È possibile rivederlo qui (dal minuto 4:55) e si parla di un esperimento cinese per costruire un coronavirus ibrido a partire da un virus comune nei pipistrelli e da un altro dei topi. La cosa ha immediatamente generato commenti indignati, teorie del complotto e anche l’annuncio di un’interrogazione parlamentare da parte del leader d’opposizione Matteo Salvini. Alessandro Casarin, direttore di TGR Leonardo, è intervenuto per specificare che il servizio del 2015 non aveva nulla a che fare con l’attuale epidemia. Qui ci sono tre cose utili da sapere per poterne discutere.
1) La ricerca del 2015 non è un segreto: il TGR Leonardo fa riferimento a una ricerca pubblicata nel novembre 2015 su Nature Medicine che è disponibile integralmente. La ricerca consisteva nel creare un “virus-chimera”, creato innestando una sequenza, che codifica una particolare proteina, di un coronavirus comune in una specie di pipistrelli (SHC014-CoV, descritto nel 2013) all’interno del genoma in un virus in grado di provocavare una sindrome respiratoria (SARS) nei topi.
Filogenesi Nextstrain.org dei SARS-like Betacoronavirus con evidenziata la posizione di RsSHC014. E’ è il risultato del lavoro degli scienziati e dei laboratori che hanno raccolto, analizzato e reso disponibili le sequenze genetiche su GISAID e Nextstrain.
Tutti i risultati sono spiegati nell’articolo di Nature Medicine e sono a disposizione degli altri ricercatori. Non è un segreto, come potrebbe esserlo un programma di guerra biologica. All’epoca la ricerca aveva destato un acceso dibattito sull’opportunità di questo tipo di esperimenti, sulla cui natura gravano legittimi interrogativi etici. Va comunque precisato che l’obiettivo dello studio era trovare un’arma in più per combattere eventuali epidemie da coronavirus come quella della SARS nel 2003. Come spiega a Repubblica Fausto Baldanti, virologo dell’università di Pavia e del Policlinico San Matteo, non si tratta dell’unico esperimento di quel genere:
Per sconfiggere il tuo nemico devi conoscerlo. Qualche anno fa in Olanda un gruppo prese il virus della Spagnola da alcuni cadaveri conservati per un secolo nel permafrost in Alaska. Venne modificato, aggiungendo dei frammenti di genoma che ne modulavano la virulenza. L’obiettivo era capire come mai quella pandemia fu così micidiale, per prevenire il ripetersi di un evento simile. Ci si interrogò molto, all’epoca (era il 2013) su cosa far prevalere: conoscenza o sicurezza. Ma si decise di andare avanti, rispettando standard di contenimento altissimi all’interno dei laboratori.
2) Il coronavirus studiato nel 2015 è molto diverso da quello che sta provocando l’attuale epidemia. Avendo a disposizione sia il virus chimerico del 2015, sia quello attuale, i ricercatori hanno fatto il confronto. La ricerca è stata pubblicata il 3 marzo 2020 ed è disponibile qui. In essa si legge:
Un’altra affermazione sui social media cinesi punta a un paper di Nature Medicine pubblicato nel 2015, che riporta la costruzione di un coronavirus chimerico […] Questa affermazione manca di basi scientifiche e deve essere rifiutata a causa della significativa divergenza con la sequenza genetica del nuovo SARS-CoV-2 (>5000 nucleotidi)
Quello che è evidente è che non sono lo stesso virus. Anzi, non sono neanche simili, dal momento che le differenze sono superiori a 5000 nucleotidi (la lunghezza genomica media dei coronavirus è compresa tra 27.000 e 34.000 basi – una differenza di 5.000 basi ci dice che non solo il virus è molto diverso, ma è anche escluso che uno sia una mutazione dell’altro). Il nuovo coronavirus non viene di lì e non sembra neanche avere qualcosa a che fare coi topi – almeno stando all’attuale stato della ricerca.
Inoltre, come spiega questa review, la proteina che era stata ingegnerizzata nel 2015 coincide solo per l’80.8% con quella che il nuovo coronavirus sta utilizzando per attaccarsi ai recettori umani. Insomma, i due virus sono essenzialmente diversi (e questo è un peccato, perché in caso contrario, essendo quello del 2015 un virus chimerico di laboratorio, sarebbe stato molto più semplice sviluppare un vaccino). La stessa rivista Nature ha specificato il 17 marzo:
Ci risulta che questa storia venga usata per diffondere teorie infondate secondo cui il nuovo coronavirus di Covid-19 sarebbe stato ingegnerizzato. Non esistono prove che questo sia vero.
3) Tutte le prove che abbiamo finora ci dicono che il coronavirus di Covid-19 è di origine naturale. Ricercatori da tutto il mondo stanno studiando l’evoluzione e la genetica del virus, e tutto fa pensare che all’origine del nuovo virus ci sia uno spillover, un salto di specie. Questa cosa risulta evidente da alcune evidenze scientifiche, elencate il 17 marzo in un articolo su Nature.
Confrontando i dati genetici ad oggi disponibili per diversi tipi di coronavirus, possiamo risolutamente determinare che il Sars-CoV-2 si è originato attraverso processi naturali. […] Le caratteristiche del virus, la sequenza genetica di Rbd (“l’uncino molecolare” con cui il virus si lega alle cellule umane) e la “spina dorsale’ del virus” ci portano a scartare l’ipotesi della manipolazione di laboratorio come possibile origine del Sars-CoV-2 (traduzione da ValigiaBlu)
Ma allora perché l’ipotesi di origine artificiale ha così tanto successo? Forse è il fatto che questa teoria ci permette di trovare qualcuno a cui “dare la colpa” per l’attuale situazione. E’ quello che gli antropologi chiamano processo di blaming: ai tempi della peste, l’idea che alla base del contagio ci fossero gli untori aveva successo perché permetteva di individuare una causa concreta e combatterla, fornendo al tempo stesso un’illusione di controllo e una valvola di sfogo per la rabbia. Che l’idea del capro espiatorio sia ancora così centinaia di anni dopo, onestamente dà da pensare.
Si ringrazia Maria Pia Viscomi per i contributi all’articolo
Salve, grazie per l’articolo. Sono un biologo e visto che la quarantena ha fermato il mio lavoro, ho approfondito la questione del chimera. Mai l’avessi fatto, sono finito all’interno di una serie di scatole… Cinesi… Inestricabile. Perché purtroppo i dati genetici, quelli veri e non quelli millantati, sembrano non esserci. Prendiamo ad esempio il vostro albero filogenetico: quella sequenza di SH014-COV indicata con la freccia verde, siete sicuri che sia il chimera e non l’intero cov del pipistrello da cui è stata estratta la sequenza per la spike? La chimera infatti si chiama SLSHC014-MA15 e per la stragrande maggioranza è data cov di topo. È plausibile quindi che il cov di pipistrello donatore sia molto diverso dal chimera magari tanto quanto lo è dal covid19. È possibile anche che lo stesso cov MA15 del topo sia piuttosto diverso dal chimera visto che gli è stato sostituita una bella fetta di genoma. Aggiungo infine che nonostante le ricerche su ncbi la sequenza del chimera io non l’ho trovata. E questo forse è ancora più scandaloso. Ma se voi riuscite a procurarmi l’accession number sarò felice di essermi levato i dubbi. Grazie per la risposta
“…rispettando standard di contenimento altissimi all’ interno dei laboratori…” Il problema, per l’ appunto, è tutto li’. Ammettiamo (ok, ok, è impossibile! Ma ammettiamolo) che una quantità di virus in grado di sopravvivere all’ esterno sfugga all’ esterno. Dopo tutto è il loro mestiere, quello di cercare qualcosa di ospitale… Tra l’ altro non siamo nemmeno sicuri, per questo tipo di virus, che dopo qualche giorno, o addirittura qualche ora, saremmo ancora in grado di riconoscerne la provenienza… Questo tipo di ricerca non andrebbe fatta, punto e basta, così come quella per un uso pacifico dell’ energia nucleare. Chissà cosa è più impossibile: riuscire a non far mai scappare virus chimera dai laboratori o riuscire a bloccare le nostre ricerche potenzialmente pericolose..