18 Aprile 2024
Il terzo occhio

Manzoni, Seneca e Papa Francesco: le parole che non hanno detto

In questi giorni di grandi timori si è scatenata la caccia alla citazione colta, quella che descrive al meglio la situazione attuale e i nostri sentimenti, le nostre paure e le nostre speranze. Sono così diventate virali diverse frasi attribuite a questo o quell’insigne pensatore – ma che, a ben guardare, risultano invece del tutto apocrife. Eccone tre fra quelle più diffuse.

Manzoni e la fuga da Milano

“Sono partiti prima della mezzanotte. Nonostante le gride che proibivano di lasciare la città e minacciavano le solite pene severissime, come la confisca delle case e di tutti i patrimoni, furono molti i nobili che fuggirono da Milano per andarsi a rifugiare nei loro possedimenti in campagna.” A. Manzoni

Questa citazione (a volte privata della frase iniziale) è stata usata per descrivere la partenza di tante persone nella notte di sabato 7, quando la Lombardia e diverse altre province sono state dichiarate “zona rossa”. I giornali l’hanno citata in massa, (due esempi a caso: LUnione Sarda e il Corriere della Sera), come spunto per riflettere sull’egoismo umano (e “italico”) di fronte a situazioni come questa; RomaToday si è spinta fino al punto di dichiarare che “Manzoni aveva già previsto tutto“, trasformando l’augusto scrittore in una specie di indovino. 

C’è un piccolo problema: quelle parole Manzoni non le ha mai scritte. Non compaiono nel capitolo XVI dei Promessi Sposi, che alcuni indicano come fonte, né nel resto del libro (per inciso, se volete davvero approfondire, i capitoli sulla peste sono il XXXI e il XXXII); non compaiono neppure nella Storia della colonna infame, il saggio sul processo agli untori di Milano che lo scrittore aveva pensato come complemento al romanzo. 

In pratica, non se ne trova traccia in nessuna sua opera; il che non deve stupire: Manzoni scriveva quelle cose nella prima metà del XIX secolo, e per le informazioni sulla peste del 1630 si basò per lo più sul De peste di Giuseppe Ripamonti, risalente al 1647. Che, a ben guardare, era stato proprio uno di quelli che in occasione del contagio si era rifugiato in campagna, a Senago, dove il cardinal Borromeo aveva radunato un po’ di letterati e teologi a lui graditi. Difficile pensare che parlasse male di coloro che avevano scelto di andarsene dalla città. 

La citazione diventata virale in questi giorni sembra invece provenire da un articolo divulgativo sulla peste del 1630, poi erroneamente attribuita a Manzoni in alcuni tweet (questo è uno dei primi) e di lì dilagata sui social network di mezza Italia. 

Le casse della Xiaomi consegnate alla Protezione Civile

Seneca e l’appello alla fratellanza

“La terra è un solo paese. Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”. Seneca

Questo invito alla fratellanza (a volte limitato solo alla seconda frase) ha trovato ampio spazio in questi giorni, soprattutto in occasione della donazione di mascherine fatta dall’azienda cinese Xiaomi alla Protezione Civile italiana. Ma il filosofo latino ha davvero scritto quelle parole? 

L’iscrizione presso il comando militare di Santa Rosa

La frase non sembra figurare in nessuna edizione delle opere di Seneca, come ci conferma anche un grandissimo esperto di stoicismo come Massimo Pigliucci. In Italia, la troviamo etichettata come “messaggio della fratellanza” in due lapidi visibili nel complesso militare di Santa Rosa a Roma (sede del Comando della Marina Militare) e nel Parco Sigurtà di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona. Per quest’ultimo, il sito internet del giardino specifica che si tratta di parole “ispirate al filosofo Seneca”, e forse è questa l’origine del fraintendimento. 

Sta di fatto che, sotto il nome di Seneca, la frase è usata in diverse raccolte di citazioni reperibili su internet. In inglese, Gianluigi Filippelli ci segnala che un testo molto simile compare in una raccolta di scritti attribuiti a Baha’u’llah, fondatore nel XIX secolo della religione Baha’i. 

Papa Francesco e quello sguardo al futuro

“Stasera prima di addormentarvi pensate a quando torneremo in strada. A quando ci abbracceremo di nuovo, a quando fare la spesa tutti insieme ci sembrerà una festa. Pensiamo a quando torneranno i caffè al bar, le chiacchiere, le foto stretti uno all’altro. Pensiamo a quando sarà tutto un ricordo ma la normalità ci sembrerà un regalo inaspettato e bellissimo. Ameremo tutto quello che fino ad oggi ci è sembrato futile. Ogni secondo sarà prezioso. Le nuotate al mare, il sole fino a tardi, i tramonti, i brindisi, le risate. Torneremo a ridere insieme. Forza e coraggio. Ci vediamo presto!” Papa Francesco

Parole attribuite al Papa, ma che sono in realtà di una ventitreenne di Capri, Antonia Lonardo, che le ha pubblicate su Facebook il 9 marzo. Anche questa volta il post è diventato virale e qualcuno ha pensato bene di aggiungerci la firma – abbastanza improbabile, se pensiamo allo stile – del Santo Padre. Da quel momento l’invito a guardare al futuro e a quanto sarà bello tornare a fare le cose che amiamo ha continuato a viaggiare sotto la firma apocrifa. Si conta anche un caso di utilizzo “istituzionale”: le “parole del Papa” sono finite in una lettera scritta dall’assessore Giulia Abbate, del comune di Airola (Benevento) per invitare i giovani a rimanere a casa. 

Si potrebbe dire che tutto sommato non ha davvero importanza l’autore queste parole: sono frasi che entrano in risonanza con quello che sentiamo, che ci aiutano a descrivere quello che sta accadendo e magari – perché no – anche a guardare al futuro con più ottimismo. Attribuirle al grande scrittore o al personaggio di spicco di turno tutto sommato è un gioco innocuo. 

Eppure, questo gioco innocuo è al tempo stesso un brutto segnale: è indice del fatto che, in realtà, ben poche persone guardano alle fonti originali, quando condividono un’informazione con i propri contatti. Ed è lo stesso meccanismo che ci fa diffondere quell’appello a ritirare i panni e chiudere in casa gli animali perché nottetempo ci sarà una grande disinfezione tramite elicotteri, o che ci fa correre a far scorta di vitamina C perché un audio WhatsApp sostiene che prevenga il Coronavirus. Le false citazioni sono sì innocue, ma sono un punto di partenza per imparare la necessità di risalire alle fonti, e di capire quanto siano affidabili. 

Prendiamole come una palestra per questi tempi di crisi. 

Si ringraziano Stefano Dalla Casa e Giuseppe Stilo per i contributi all’articolo

Sofia Lincos

Sofia Lincos collabora col CICAP dal 2005 ed è caporedattrice di Queryonline. Fa parte del CeRaVoLC (Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee) e si interessa da anni di leggende metropolitane, creepypasta, bufale e storia della scienza.

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