27 Aprile 2024
Giandujotto scettico

Il fantasma del cimitero di Nole Canavese

Giandujotto scettico n° 33 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (14/03/2019)

Furono strane notti, quelle del settembre 1976 nel paesino di Nole Canavese, in provincia di Torino. Notti di attesa, di canzonature tra scettici e “credenti”, di lunghi appostamenti intorno al cimitero, sospese in un’atmosfera generale tra la festa e lo sgomento. Erano circa un migliaio, le persone coinvolte, alcune arrivate anche dai borghi circostanti. Ma tutte avevano un obiettivo: aspettare che spuntasse lui, il fantasma.

Purtroppo abbiamo poche fonti per ricostruire ciò che accadde. Quella più interessante è rappresentata da La Stampa del 24 settembre con un pezzo intitolato “Passano le notti attorno al cimitero di Nole per sentire il lugubre lamento dello spettro”. La cronaca era firmata da Marinella Venegoni, inviato speciale del quotidiano torinese.

I fatti erano iniziati cinque giorni prima davanti al camposanto, in uno spiazzo frequentato abitualmente dalle proverbiali coppiette in cerca di tranquillità.

Quel sabato sera qualcuno aveva sentito un lamento lungo e forte provenire dalle tombe. Non si conosce il nome di questi presunti primi testimoni, ma la cronista affermava che erano subito scappati, per poi raccontare la terrificante esperienza agli amici. Da qui la voce si era sparsa. Alcuni erano andati a verificare, erano entrati nel cimitero che all’epoca rimaneva aperto anche alla notte e avevano sentito a loro volta i lugubri rumori. Avevano riferito anche loro la cosa e il passaparola aveva fatto il resto. Le storie si erano via via gonfiate, fino a ricomprendervi tombe scoperchiate, rumori di catene, pipistrelli coperti da un lenzuolo (suprema sintesi fra il classico fantasma e l’uccello notturno) e altri fenomeni da letteratura ossianica.

Insomma, la concitazione doveva essere andata via via crescendo, e la voce si era sparsa anche fra le altre cittadine del Canavese. E così, da un po’ di sere, la gente non passava più il tempo a giocare a carte e a biliardo, ma prendeva l’auto e saliva a Nole per provare a sentire la voce del fantasma. La giornalista della Stampa descriveva così la scena:

Alle otto di sera, la strada che conduce al cimitero è già intasata di auto. Davanti al cancello di ferro battuto, un centinaio di persone chiacchiera e aspetta. Tanti ragazzi, ma anche adulti con la moglie e i bimbi per mano. Alle dieci e mezzo, la folla è quintuplicata. Per arrivare sulla soglia del camposanto, bisogna farsi largo a spintoni. Ma le risate, le urla e le discussioni impediscono di sentire il “fantasma”. […] Tutti quelli che, intirizziti, sostano da almeno tre ore davanti al camposanto, dicono d’esser lì per la prima volta.

Nei capannelli di gente, le storie correvano. Si raccontava la vicenda di un certo “Carlin” di Traves, paese a circa quindici chilometri da Nole. Un paio di giorni prima costui era entrato nel cimitero armato solo di una pila e del suo coraggio, ma appena varcata la soglia il cancello si era chiuso alle sue spalle. Erano quindi iniziati i lamenti, “sempre più frequenti e sempre più agghiaccianti”. Roba da film horror o da leggenda sulla scommessa nel cimitero Carlin sarebbe stato costretto alla fuga, ma non potendo uscire dal cancello ormai chiuso aveva dovuto scavalcarlo, procurandosi alcune contusioni. O, almeno, così si raccontava.

Qualcuno poi sosteneva che fra le tombe si fossero sentiti anche alcuni spari. Del fatto in parecchi davano la colpa alla guardia comunale, che un po’ per le accuse, un po’ perché gli toccava passare le serate a controllare il traffico intorno al cimitero, era di pessimo umore. Altri imputavano i presunti spari a un gruppo di giovani entrati nel camposanto che avevano cercato di colpire civette e pipistrelli, ma senza prenderne neanche uno.

Insomma, una vera e propria tempesta di discorsi.

Infine, la giornalista aveva trovato un testimone diretto di ciò che stava accadendo. Anzi, per la verità i testimoni erano due, ma uno per riprendersi dallo choc aveva bevuto parecchi cordiali e non sembrava in grado di rispondere a un’intervista. Il suo compagno lo stava seguendo sulla stessa strada, ma per il momento sembrava ancora in grado di articolare un discorso. E dunque spiegava:

siamo andati alla porta secondaria, perché davanti c’era troppa gente. Ad un tratto, il cancello si è messo a tremare, ed è andato avanti così per almeno tre minuti.

Nel bar le discussioni sembravano più accese che altrove. Gente di campagna affermava con convinzione di aver riconosciuto il grido del fantasma, che non sarebbe stato altro se non quello di una civetta. Ma ovviamente altri non ci credevano e buttavano sul tavolo ipotesi “paranormali”, fino ad arrivare a quella complottista: la storia era stata montata da una banda di ladri. Da quando tutto era iniziato erano già stati denunciati tre furti di auto!

Alla fine quella sera anche i Carabinieri di Ciriè provarono ad allontanare la folla. Chiamati direttamente dal sindaco di Nole, giunsero a cercare di disperdere i curiosi a suon di candelotti fumogeni. Ma la folla scacciata da una parte si radunava dall’altra: tutti volevano attendere la mezzanotte, l’ora dei fantasmi. Veri e propri, incredibili disordini di massa causati dai fantasmi.

Con la gente rimase anche la cronista della Stampa:

A mezzanotte in punto, riusciamo a sostare per qualche minuto davanti all’ingresso. C’è abbastanza silenzio: si sente benissimo un “lamento” piuttosto lugubre, come di chi respiri profondamente tenendo la bocca semichiusa; un contadino là vicino spiega che è una civetta femmina. Ma a qualche metro, sotto controllo dei carabinieri, c’è un giovane che giura: “È un medium. Sono sicuro. Uno molto forte che ogni tanto fa di questi scherzi”. Ricominciano le canzonature, rispunta la gente da dietro gli alberi.

Certo, non c’era dubbio su quale delle due ipotesi fosse più probabile agli occhi della cronista. La descrizione dei fatti era preceduta da un commento. Secondo la Venegoni a suscitare tutto quel clamore erano bastati “una civetta vestita da fantasma e un camposanto senza luci”.

Ancor più scettico era stato il Corriere d’Informazione di Milano, che sempre il 24 settembre aveva dedicato un divertito trafiletto alla vicenda. I fatti venivano riassunti così:

Si sono dati appuntamento in un migliaio per vedere il fantasma del cimitero di Nole Canavese, a pochi chilometri da Ciriè. Il viale dei cipressi, che porta al camposanto era ingombro di auto e di curiosi, dopo che alcune persone avevano raccontato di aver visto più volte un fantasma vicino al muro di cinta. Vigili urbani e carabinieri hanno cercato di dissuadere i presenti facendo multe agli automobilisti per ingombro stradale. Alla fine, un carabiniere ha scosso i rami di un cipresso e il “fantasma” si è fatto vedere: era un Barbagianni. Il biancore che era stato visto fluttuare fra le piante non era altro che il colore delle piume ventrali dell’uccello.

Una descrizione asettica che non lasciava cogliere tutto il clamore, le dicerie e le suggestioni che la “voce del fantasma” aveva provocato. Quello di Nole era stato quello che in gergo viene definito un ghost riot: assembramenti di centinaia di persone al fine di dare la caccia a uno spirito o a un’altra entità sovrannaturale, e che possono sfociare in fenomeni di violenza o azioni di repressione da parte della forza pubblica.

Ne abbiamo già presentato un paio di esempi torinesi, come quello di corso San Maurizio, nel 1890, o quello di via Pellicciai, nel 1887, oppure, in provincia, quelli di Chieri, nel 1956.

Un fenomeno molto frequente tra fine Ottocento e inizio Novecento, certo più raro negli anni Settanta del XX ma, stando alle fonti, ancora presente. Per fortuna, nel caso di Nole non si scatenarono reazioni estreme, forse anche perché a quanto si legge la folla sembrava più mossa dalla curiosità che da un’autentica paura.

Alla fine la spiegazione ornitologica riuscì laddove i Carabinieri avevano fallito, e la storia si sgonfiò. Così un caso che aveva suscitato così tanto clamore finì per dissolversi in un turbinio di piume.

Vere o leggendarie che fossero, anche quelle.

Foto di Jaap de Leeuw da Pixabay