L’officina di Nostradamus
L’officina di Nostradamus
di Paolo Cortesi
Carocci editore, 2018
pp. 183
€ 17,00
È il protagonista di una bibliografia fittissima, che ogni anno, ai quattro angoli del pianeta, propone nuove interpretazioni della sua opera. Gli vengono dedicate trasmissioni televisive, che ne ripercorrono sotto una luce sempre nuova la vicenda e gli scritti e il suo nome è su una quantità incredibile di titoli di giornale. In Giappone, paese nel quale è popolarissimo, ha fatto capolino anche nei manga. Ma è internet il suo vero regno, con una quantità sempre crescente di siti dedicati al più noto veggente di tutti i tempi: Nostradamus. Una rapida rassegna della sconfinata produzione web dedicata all’astrologo provenzale del XVI secolo è sufficiente per rendersi conto che se c’è un concetto sistematicamente associato a Nostradamus questo è quello di “infallibilità”. Nostradamus non sbaglia, si legge, e questo non vale tanto o solo in riferimento ai suoi tempi, ma soprattutto quando si parla del futuro. Futuro in rapporto all’astrologo, chiaramente, anche se, a ben vedere, quando si individua la profezia del veggente, l’evento, per così dire, “previsto” appartiene già al passato. Le centurie di Nostradamus sembrano, infatti, gravate dalla strana maledizione per la quale ciò a cui sembrano fare riferimento è chiaro solo a posteriori. Un altro fenomeno è quello della fluidità di questa interpretazione, che tende a variare nel corso del tempo, per cui la stessa centuria è stata soggetta a decine di diverse letture secolo dopo secolo, senza però che la presunta infallibilità del veggente ne venisse scalfita.
D’altra parte, se non mancano, per quanto minoritarie, le letture scettiche dell’opera di Nostradamus, quello di cui ancora si sentiva la mancanza è un’opera che affrontasse il mito di Nostradamus servendosi degli strumenti critici della ricerca storica e che riportasse la figura del veggente provenzale a una testimonianza del periodo storico in cui è vissuto, e ci presentasse un Nostradamus uomo tra gli uomini del proprio tempo. È questo che sembra l’intento di Paolo Cortesi, che, in questo libro, si propone di liberare la figura del veggente rinascimentale dalle sovrastrutture del mito per restituirci un Nostradamus che ci parla del suo tempo e del suo tempo è espressione. E, come l’autore mette chiaramente in evidenza, Nostradamus fu in effetti il tipico intellettuale del Rinascimento, periodo in cui il furor profetico andava diffondendosi a macchia d’olio. Dell’epoca storica in cui viveva è anche prodotto – nota Cortesi – il mito della monarchia universale, che l’autore individua come tema centrale delle centurie. Ma nelle profezie si notano anche altri elementi dei suoi tempi, come l’acceso eurocentrismo o i riflessi dei conflitti religiosi tra cattolici e protestanti. Se i posteri hanno fantasticato molto per trovare corrispondenze tra eventi del futuro e versi delle centurie, in realtà è molto più immediato notare come sia dei propri tempi che l’astrologo sta parlando. E se si lascia andare l’idea dell’infallibilità, si scopre un Nostradamus fallibile e umanissimo, non particolarmente versato nei calcoli astrologici, ansioso di compiacere i propri committenti e preoccupato di evitare i problemi legati ai conflitti tipici della sua epoca. Nel restituire l’umanità della figura, Cortesi contribuisce anche a spazzare via l’idea di un futuro ineluttabile, cristallizzato nelle centurie. Che, a ben guardare, parlano di Nostradamus e dei suoi tempi, non dei nostri, che è responsabilità degli uomini di oggi costruire.
non condivido cio che qui e scritto,non si puo spiegare in maniera scentifica cio che non e scentifico.nostradamus e stato uno dei piu grandi veggenti mai esistiti..oggi ce ne sono al massimo 2 o tre di VERI veggenti.e sono tutti investiti della loro missione da Dio.poi ci sono molti lupi travestiti da agnelli.io ho solo un frammento della verita,solo dio ha la verita assoluta.cordiali saluti.
Scentifico? No, in lingua italiana si scrive scientifico. Lei forse ha un frammento della verità, ma di certo non è un frammento della verità ortografica.