28 Aprile 2024
Giandujotto scettico

Il mostro della Val Stura

Giandujotto scettico n° 16 di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo (19/07/2018)

Cuneo, 31 agosto, notte

I carabinieri di Demonte hanno effettuato oggi una battuta infruttuosa fra i cespugli e i canneti del fiume Stura, in una brughiera sopra il comune di Moiola, nei pressi della borgata Pianetto, dove alcuni valligiani e pastori affermano di aver visto più volte un animale dalle forme mostruose, una specie di serpentaccio lungo oltre due metri e mezzo, di una tinta verde-scuro, dalla cresta luccicante che alza con un fischio potente. Alcuni pastori sarebbero persino svenuti alla vista.

Inizia così la storia del mostro della Val Stura, con un laconico annuncio sul Corriere della Sera del 1° settembre 1954. Un trafiletto di diciassette righe in tutto abbinate alla notizia del misterioso avvistamento di un altro mostro acquatico ad Argegno, sul lago di Como, e nient’altro.

Per capire un po’ meglio che cosa si raccontava dobbiamo ricorrere all’edizione piemontese de L’Unità del giorno precedente, 31 agosto. Al misterioso caso il quotidiano del PCI dedicava un articolo ben più nutrito.

Si parlava di uno strano animale, “che la fantasia popolare ha subito chiamato mostro”, che era stato visto aggirarsi nella brughiera del fiume Stura di Demonte, in località Pianetto, nel comune di Moiola, in provincia di Cuneo, un paese oggi purtroppo in via di rapido spopolamento ma nel 1954 ancora vivace.

Il primo avvistamento, per la verità, era avvenuto trenta giorni prima, ma, raccontava il giornale

chi lo vide – o meglio, dichiara di averlo veduto con i propri occhi – all’epoca non fu creduto e fu tacciato di visionario.

Al primo incontro però ne seguirono altri e così, in poco tempo, il mostro di Moiola fu sulla bocca di tutti. Tra coloro che avevano avuto la sfortuna di incontrare la bestia c’era una donna del luogo che si era avventurata nella zona per portare una mucca al pascolo. Ahimè! La poverina, riferiva L’Unità

fu sentita lanciare un forte grido e gli accorsi la rinvenirono svenuta e ancora oggi, a otto giorni di distanza non si è ripresa da un forte choc nervoso. Anche la mucca che la donna teneva per la cavezza deve aver notato qualcosa di insolito perché ora non c’è più mezzo di condurla verso quei luoghi.

Seguiva la testimonianza di un pensionato delle ferrovie con l’hobby della pesca (e che, ci teneva a sottolineare il quotidiano, “non parrebbe soffrire di allucinazioni”). L’uomo aveva raccontato di aver incontrato un grosso serpente, ma non sapeva dare indicazioni più precise sulla bestia, anche perché aveva immediatamente girato i tacchi ed era scappato. Si chiedeva un po’ scettica L’Unità: “ci si trova forse dinnanzi a un caso di allucinazione collettiva?”

Fu il quotidiano popolare Gazzetta Sera dell’1-2 settembre a registrare il cambiamento di rotta che negli ultimi due giorni si era verificato negli umori generali. Da quando i giornali avevano pubblicato la notizia, in parecchi avevano cominciato a credere all’esistenza del mostro. Infatti, riferiva il quotidiano

l’incredibile racconto dell’ex-ferroviere cuneese è stato confermato indirettamente da alcune persone che già avevano sentito parlare da altri dell’esistenza della bestiaccia.

Come potesse una voce corroborare un’altra voce, non è dato sapere. Zero più zero, dovremmo saperlo, dà zero. Ma quello che è interessante è che il testo forniva una nuova, più immaginifica descrizione del mostro. Stando a Gazzetta Sera si trattava di un serpente dalla testa di coccodrillo, lungo all’incirca tre metri. Lo confermavano due nuovi testimoni, cioè un ragazzo di Pianetto che affermava aver visto il mostro sguazzare in un terreno pantanoso e un operaio addetto ai lavori di un silos di ghiaia presso la Stura.

Quest’ultimo, fremente di indignazione, nell’intervista fattagli approfittava per annunciare ai lettori la prima vittima del misterioso mostro: la sua mucca.

Proprio ieri mi è morta la mucca per aver visto il mostro. La mucca terrorizzata, si è ammalata, non ha più preso nè cibo nè acqua, venendo colta da alti febbroni che l’hanno condotta in breve alla morte! Altro che fantasia!

Insomma, bisognava fare qualcosa. I Carabinieri della Stazione di Demonte intrapresero una battuta di caccia al mostro rastrellando ogni possibile nascondiglio, ma senza trovare tracce del serpentone. A quel punto Gazzetta Sera si spinse a suggerire un metodo infallibile per la cattura della bestia. Bisognava incendiare i canneti e la brughiera dove questa era stata avvistata, per stanarla e per obbligarla a venire allo scoperto.

Quella dei metodi di caccia sarà un po’ una costante di questa storia. Nonostante l’esistenza del “mostro” fosse tutt’altro che verificata, più di uno aveva il suo metodo da suggerire per catturarlo. Un metodo ce l’aveva sicuramente una “agenzia di informazione” locale non meglio identificata, alcuni membri della quale – stando a Gazzetta Sera dell’8-9 settembre – avevano effettuato un sopralluogo a Pianetto e avevano perfino avvistato la creatura. Un’anomalia nel panorama dell’informazione locale cuneese: la maggior parte dei periodici della provincia, di estrazione cattolica, si tenne lontana dalla polemica sul mostro, forse considerandola una sciocchezza a cui non si doveva star dietro, un qualcosa da fumetti americani – vade retro.

Ma insomma, cosa avevano visto invece i coraggiosi cronisti di questa “agenzia” andati sul posto? Secondo Gazzetta Sera avevano descritto un animale munito di cresta dentellata, di testa trapezoidale, di occhietti vispi ma non intelligenti, di “zampe brevissime fatte per il cammino sospinto, a linea spezzata” e di una lunghezza di “circa un metro e 70 o quanto meno non inferiore al metro e mezzo”. Insomma, secondo costoro si sarebbe trattato di un’iguana, un lucertolone tipico dell’America meridionale, magari tenuto in cattività e poi scappato al suo proprietario.

Ovviamente, anche questi avvistatori-indagatori avevano un metodo di cattura da suggerire: proponevano di mandare in loco due o tre boy scout, muniti di corde, bastoni e thermos con bevande confortanti, per stanare il mostro, che peraltro non sembrava pericoloso. Poi:

Superando il senso di repulsione, si potrebbe far un cappio legando la prima coppia di zampe e un altro cappio dovrebbe aggirare l’animale al di sopra del treno posteriore, dopo averlo rovesciato. Il mostro, iguana o altro che sia, sarebbe certamente una preda interessante per il nostro giardino zoologico.

Roba da cowboys alla cuneese.

Gazzetta Sera però, non ci stava del tutto. Tanto per cominciare era abbastanza scettica sull’avvistamento dei cronisti locali, che raccontavano di non aver potuto immortalare il mostro perché l’ora era tarda e non erano muniti di macchina con lampo al magnesio. In più la loro descrizione non combaciava con quella fornita dal ferroviere in pensione, e poi le iguane non fischiano, e il mostro lo faceva. Infine, anche Gazzetta Sera diceva la sua sui metodi per la cattura dell’animale. I boy scout del capoluogo della Provincia Granda non bastavano, bisognava mandarci Carabinieri e alpinisti ben attrezzati, armati di qualcosa di più che non “thermos pieni di bevande per superare il raccapriccio”. Ma soprattutto:

La cattura dovrebbe avvenire prima dell’inizio della stagione fredda, perché pare che il mostro, che si sostiene sia giunto dalla Francia, o magari fuggito da qualche circo equestre, possa emigrare verso altri lidi. Specie negli ambienti giovanili, facili ad entusiasmarsi per le cose che hanno del meraviglioso e del misterioso, si pensa già di organizzare una battuta.

Malgrado la profusione di idee, la cattura non avvenne e il mostro della Val Stura fu presto dimenticato. Anche l’idea dei boy scout armati di bevande alcoliche cadde nel dimenticatoio, e forse è un bene, perché altrimenti avremmo rischiato di avere descrizioni ben più colorite del misterioso animale.

Siamo in un contesto del tutto diverso, ma solo venti giorni dopo il culmine dell’eccitazione per il mostro della Val Stura, a Glasgow centinaia di bambini e ragazzi si radunarono per dar la caccia a un “vampiro dai denti d’acciaio” che abbiamo descritto altrove, dando vita per qualche sera a veri e propri disordini.

Forse, come aveva suggerito L’Unità fin dal primo articolo quella della Val Stura era solo una biscia un po’ cresciuta, ingigantita e resa più mostruosa dalla brevità degli avvistamenti e dalle voci collettive. E forse, anche di più, ai particolari più inquietanti avevano contribuito le tradizioni e il folklore alpino, che da sempre parlavano di serpenti con la cresta e dal sibilo agghiacciante che infestavano la zona. Se non nella realtà, almeno nelle leggende che si tramandano da secoli.

Si ringrazia per la collaborazione Alessandro Novelli, Italian Research, Roma. Foto di Santiago Andrés Chagueza Acevedo da Unsplash