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Un ricordo di Umberto Eco

“Il piemontese si riconosce dal suo scetticismo”.

Così scriveva Umberto Eco nel Pendolo di Foucault. Forse è per questo che lo scrittore e semiologo alessandrino, morto ieri nella sua casa di Milano, si è sempre interessato di quella che lui chiamava “credulità”, arrivando a trattarla in molti saggi e romanzi. Da sempre vicino alle tematiche del CICAP, era entrato a farne ufficialmente parte nel 2009.

In particolare, Eco era affascinato dalle teorie del complotto, che giocano un ruolo fondamentale nelle trame del già citato “Il pendolo di Foucault”, del “Cimitero di Praga” e di “Numero Zero”. E anche dalle leggende medioevali e dalle creature dell’immaginario, così importanti nel suo best seller “Il nome della rosa” e nel successivo “Baudolino”. I più fedeli lettori di Query avranno sicuramente apprezzato il suo articolo dedicato al mito di Agarttha, che costituisce la copertina del numero 17.

Eco non è stato soltanto un apprezzato scrittore e saggista: è stato anche un giornalista e un profondo conoscitore dei meccanismi dei media. Nel 2015, in occasione di una sua lectio magistralis per la laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Torino, aveva invitato i giornalisti a riappropriarsi del loro ruolo di fact-checkers, così importante nell’era di internet:

“I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno”.

Un ruolo, questo dell’analisi critica, che tocca da vicino anche il nostro comitato, citato ad esempio nella lectio di Torino: per Eco il compito principale del CICAP non doveva essere quello di “convincere i creduli”, ma di diffondere lo spirito critico nella società. Con  nuovi progetti come Chiedi le prove, speriamo di far crescere il CICAP con lo stesso spirito.

Foto di Aubrey, da Wikimedia Commons, licenza CC BY-SA 1.0

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