26 Aprile 2024
Approfondimenti

Perché questi otto luoghi godono di una fama sinistra?

La presente traduzione è autorizzata da Skeptoid Media, Inc. sulla base dell’articolo originale a firma di Brian Dunning, pubblicato su SkeptoidCopyright Skeptoid Media, Inc. Si ringrazia Paolo Ripamonti per la traduzione.

Oggi faremo girare il mappamondo per guardare otto luoghi pieni di mistero e terrore al punto di far impazzire. Per alcuni esistono leggende metropolitane che ne giustifichino la fama sinistra. Altri sono legati a tradizioni culturali che, a noi, possono sembrare bizzarre, ma che sono assolutamente normali per coloro che le praticano. Tutti vi resteranno impressi e incupiranno i vostri sogni nel prossimo futuro.

Inizieremo con qualcosa di leggero, per farvi avvicinare piano piano all’orrore. Partiamo dallo stato indiano di Himachal Pradesh.

8. Le fiamme perenni del tempio di Jwala Devi

Questo tempio induista è noto per le fiamme eterne che vi bruciano e che – si dice – sprizzano direttamente da nove rocce ivi presenti. La leggenda narra che non si possano estinguere e che non vi sia nessuna sorgente visibile che le alimenti. Sono una manifestazione della dea stessa e per questo motivo non vi sono altri idoli in tutto il tempio. Secondo la tradizione induista la dea Sati, prima moglie di Shiva, si uccise usando i propri poteri yogi. Shiva ne fu incollerito e cominciò a seminare distruzione. Per calmarlo, il dio Vishnu prese il corpo di Sati e lo divise in 51 parti, distribuendole quindi per tutta l’India e facendo di ognuna un luogo sacro. Il sito ove cadde la lingua di Sati divenne il tempio di Jwala Devi, ove i fuochi bruciano ancora al giorno d’oggi.

C’è però anche una spiegazione scientifica. Oltre al tempio, la citta di Jwalamukhi ospita anche la Oil and Natural Gas Corporation of India (corporazione indiana per il petrolio e il gas naturale). L’area venne inizialmente esplorata nel 1835 e vennero scavati pozzi di esplorazione per il gas naturale negli anni ’80 del secolo scorso. Siccome non venne mai trovato petrolio, questi pozzi non furono mai sfruttati commercialmente; tuttavia, dopo una più attenta analisi del fuoco perenne, si nota come le fiamme del tempio scaturiscano da tubi di rame, che vengono accessi ogni giorno dai sacerdoti. All’esterno, in una pozza circondata di rocce, l’acqua ribolle continuamente, rivelando la presenza di gas naturale. Non è ben chiaro se i tubi di rame siano allacciati alla rete municipale o se il gas provenga dalla sorgente locale.

7. Il cimitero in cantina a New Haven

Non è certamente raro che le vecchie chiese abbiano delle cripte funerarie, ma la Center Church di New Haven, Connecticut, è singolare, in quanto i corpi sono sepolti in perfetto “stile cimitero” nello scantinato della chiesa: si trovano dentro alle bare, sotto 3 metri di terra, con una normalissima lapide. Camminare per i sotterranei della Center Church è esattamente come trovarsi in un comune cimitero all’aria aperta. Perché la Center Church ha fatto questo?

La spiegazione è elegante nella sua semplicità. Il cimitero è anteriore alla chiesa, che vi venne costruita sopra nel 1812 in questo modo, per non disturbare i morti ivi sepolti. L’intera zona venne rialzata con terra di riporto per far sembrare che la chiesa fosse stata costruita a livello del suolo, che invece si troverebbe dove sono i sotterranei. L’umidità che erode le lapidi è sempre stata un problema, quindi il terreno è stato pavimentato con dei mattoni a secco per permettere il deflusso dell’acqua. A parte questo, non vi accorgerete mai di non star camminando nell’originale cimitero, anteriore al 1812.

6. La zona del silenzio di Mapimí

Al centro del Messico settentrionale troviamo la zona del silencio, la zona del silenzio. In quest’area remota di deserto si dice che radio, bussole e dispositivi elettronici cessino di funzionare. Abbondano le storie di UFO, vortici magnetici, alieni, piante e animali mutanti e, sostanzialmente, ogni altro fenomeno paranormale che vi venga in mente. Non esistono foto o altra documentazione, solo storie e accenni paurosi.

Perché esistono queste storie? Non esistevano infatti, fino al 1970. Un missile americano Athena, lanciato dal poligono di White Sands in New Mexico, uscì di rotta e si schiantò nel bacino desertico del Bolsón di Mapimí. L’esercito statunitense lo localizzò e provvide a bonificare l’area, incluso il suolo contaminato dal carburante del razzo. Un abitante del posto, di nome Jaime, era tra il personale assunto dai militari durante le operazioni di pulizia quando vide il potenziale affare ed iniziò a diffondere queste storie presso vari giornali, dichiarando persino di voler costruire un resort. I piani di Jaime vennero distrutti quando rimase ucciso in una rissa da bar; gli sopravvissero le storie nate dai racconti che aveva diffuso.

5. La tomba sotterranea di Okinawa

Durante la seconda guerra mondiale, sull’isola di Okinawa, vennero costruiti molti bunker sotterranei, ma uno in particolare è protagonista di una storia truculenta. Il quartier generale del distretto di Okinawa della marina giapponese venne collocato in un complesso di 450 metri di tunnel nella collina sovrastante la base navale di Okinawa. Quando venne aperto, negli anni ’50, vi furono rinvenuti i resti di più di 400 soldati giapponesi.

Perché? Quando i marine statunitensi presero il controllo di Okinawa, nel giugno 1945, l’ammiraglio Minoru Ōta, comandante le forze della penisola di Oroku, ordinò a tutte le sue truppe di suicidarsi. Egli stesso morì, con 4000 dei suoi uomini, all’interno del bunker, eccettuati i pochi che disobbedirono e tentarono una carica suicida contro le forze americane. I danni causati dalle granate usate per suicidarsi sono ancora ben visibili all’interno del bunker. La maggior parte del quartier generale è stata aperta al pubblico a partire dal 1970.

4. Gli scheletri del lago di Roopkund

A 5000 metri di altitudine, nell’Himalaya indiano, vi è un piccolo lago, grande nemmeno quanto un campo da calcio. Lungo le sue rive si trovano gli scheletri di almeno 600 individui. Nessuno sa chi siano, cosa facessero in quell’area o come siano morti. La sua collocazione è talmente remota e inaccessibile che tutte le teorie risultano improbabili.

Gli studi più recenti hanno sollevato almeno tante domande quante ne hanno risposte. Usando la datazione al carbonio, sappiamo che sono morti intorno all’anno 850 (± 30 anni). Dall’analisi del DNA di 31 scheletri, sappiamo che vi sono rappresentati almeno due gruppi etnici ben distinti: una tribù locale di individui più minuti, forse portatori, e un gruppo di uomini di statura superiore, originari del Maharashta. La maggior parte sono adulti, ma sono state rinvenute alcune donne e perfino degli adolescenti. Non sono state scoperte armi o altri manufatti che facciano pensare di trovarci di fronte a qualcos’altro, se non a persone qualsiasi.

Secondo una leggenda urbana tutti sarebbero stati uccisi nello stesso modo, con un colpo al cranio, suggerendo che siano tutti periti a causa di una grandinata di eccezionale forza. Tuttavia, solo uno studio è di fatto giunto a questa conclusione e molti dei teschi non mostrano danni compatibili con questa teoria.

Una teoria plausibile per spiegare la presenza di un gruppo così numeroso in un’area tanto remota, è che si trovasse lungo il percorso del pellegrinaggio che ogni 12 anni di seguaci della dea Nanda Devi devono fare. Ma come sono morti? Congelamento e valanghe sono ipotesi improbabili; il pellegrinaggio non sarebbe stato fatto in inverno e il lago Roopkund si trova molto vicino alla sommità dei monti circostanti, collocandolo quindi al sicuro da eventi catastrofici. Epidemie, battaglie, suicidio di massa, persino la grandine sono tutte spiegazioni più o meno plausibili. Per adesso le ossa conservano i propri segreti.

3. L’esposizione dei morti al Convento dei Cappuccini

Forse il posto più macabro del mondo sono le Catacombe dei Cappuccini al Convento dei Cappuccini in Sicilia (a Palermo, NdT). Fondato nel 1631, quando i frati Cappuccini trasferirono i resti di alcune migliaia di confratelli nel nuovo sito, questo convento è famoso non solo per la serie di cappelle in cui le ossa sono arrangiate in modo da formare decorazioni su muri e soffitti, ma anche per le catacombe in cui sono esposte migliaia di mummie, in diversi stati di conservazione. Sono esposte circa 8000 mummie, divise nelle categorie di Uomini, Donne, Vergini, Infanti, Preti, Monaci e Professionisti. Molte sono messe in posa come se fossero ancora vive, a volte sedute su sedie o altro, e abbigliate in vari modi. L’arte dell’imbalsamazione raggiunse, qui, livelli altissimi, culminando con la mummia di una bambina di due anni morta nel 1920 ed esposta in una teca di vetro, il cui corpo è sostanzialmente intatto.

La principale domanda che vogliamo porci qui su Skeptoid è: perché? Qual è il motivo di questa bizzarra – alcuni potrebbero dire “rivoltante” – esposizione? È interessante come una risposta soddisfacente a questa basilare domanda eluda chiunque non sia un Cappuccino o un devoto. Le loro spiegazioni sono tanto vaghe da risultare frustranti. I corpi sono un promemoria della brevità della vita, o un collegamento tra i viventi i cari estinti. La risposta ufficiale dei Cappuccini è che “la morte chiude i cancelli del tempo e apre quelli dell’eternità”. Nella mia veste di storico amatoriale non posso che concludere che la fantasia morbosa di qualcuno fu almeno in parte responsabile queste catacombe, data l’assenza totale del minimo accenno di spiegazione. Non stupisce che casi come questo siano rari nel mondo.

2. La pulitura degli scheletri al cimitero di Pomuch

Il cimitero di Pomuch, nel nord della penisola dello Yucatan, è un cimitero come tanti altri, se non si considera quanto vi accade verso la fine di ogni ottobre. I parenti riesumano i propri cari, levano le ossa dalle bare e le puliscono per bene prima di tornare a seppellirle.

Si tratta di un curioso mix di culture cattolica e maya. I messicani che seguono questa tradizione sono Maya che osservano il Día de los Muertos (il giorno dei morti), l’halloween messicano, in cui – credono – le anime dei defunti tornano per essere accolte dalle proprie famiglie. Le anime dei bambini lo fanno il primo di novembre e gli adulti il giorno dopo. Per onorarli e mostrare come non siano stati dimenticati, i Maya puliscono accuratamente le loro ossa. Per i Maya è come aiutare un membro della famiglia a lavarsi o vestirsi. Come un vecchio disse: “Non temete i morti. È dei vivi che dobbiamo avere paura.”

1. Le torri del silenzio di Zoroastro.

Una delle religioni più antiche del mondo, lo zoroastrismo, è ancora praticata in alcune aree dell’India e dell’Iran. Tuttora chi vi crede colloca i propri morti nelle dakhma, le torri del silenzio. Queste grandi torri di pietra hanno un muro esterno, al cui interno una piattaforma circolare circonda una fossa centrale. Sulla piattaforma, al sicuro dai mangiatori di carogne, vengono deposti i morti, senza alcuna preparazione di sorta, con la testa verso le mura e i piedi verso la fossa centrale. Vestiti con quello che indossavano al momento del decesso, i corpi si putrefanno sotto il sole cocente. È come se dozzine di persone fossero entrate, si fossero stese e fossero morte lì.

Dopo un anno i corpi vengono gettati nella fossa centrale, dove ossa e brandelli di vestiti si mescolano in un grosso mucchio. Il vento, la pioggia e il passare del tempo fanno il resto, e alla fine ciò che rimane dei cadaveri filtra attraverso il carbone e la sabbia, fino a finire in mare. Occasionalmente uno speciale becchino può entrare nella dakhma e ripulirla di tutte le ossa non ancora disintegrate.

Questo bizzarro rituale ha a che fare con la credenza zoroastriana che i cadaveri siano impuri. Non gli deve essere permesso di contaminare la terra o gli animali. Per questo motivo sono collocati su posti sopraelevati, fuori di mano, ed isolati da ogni contatto esterno. Ciò che a noi può apparire grottesco è, invece, una pratica di igiene, o almeno questa è l’idea. Tecnicamente l’uso delle dakhma è illegale dagli anni ’70 dello scorso secolo, ma la pratica continua in maniera non ufficiale.

Foto di Travis Grossen da Unsplash

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