15 Ottobre 2024
recensioni

“Io penso che domani”: quello che Margherita può ancora dirci

Io penso che domani
Margherita Hack (con Serena Gradari e Fabio Pagan)
Scienza Express, 2013
pp. 134
€ 15,00

Ho preso in mano questo libro con non poco scetticismo. Per quanto avessi avuto abbondanti prove della capacità di Margherita Hack di stupire il suo pubblico, mi lasciava perplessa la quantità spropositata di scritti che l’avevano preceduto, diligentemente elencati in appendice. Quasi scontato pensare che non vi fosse più nulla da aggiungere. Mi sono accorta che mi sbagliavo non appena mi sono immersa nella lettura, dalla quale non sono stata in grado di staccarmi fino a quando ho voltato la quarta di copertina. Con la mente satura del caleidoscopio di parole e immagini appena lette, ho capito che Margherita aveva beffato la morte, avendo ancora voglia di dire la propria nel suo stile disarmante. Questo è stato possibile per una precisa scelta di Fabio Pagan e Serena Gradari, i giornalisti scientifici che hanno raccolto questa testimonianza. Nella primavera del 2013, quando ha avuto inizio il lavoro preliminare per il libro, Margherita era ormai consapevole di essere vicina alla fine, ma non aveva perduto la voglia di parlare alle nuove generazioni. Per questa ragione, nonché per la profonda stima che nutriva per il caro amico Fabio Pagan, aveva accettato di buon grado di intavolare le cinque conversazioni confluite in quest’opera. A questo punto, la scelta dei due curatori è stata quella di non sovrapporre la propria voce narrante a quella della Hack, che doveva conservare tutte le specificità che hanno reso il suo stile divulgativo capace di arrivare al cuore del pubblico. Volutamente si è conservata anche la patina toscana, una parte irrinunciabile del modo di essere di Margherita, mai scalfita nonostante i tanti anni trascorsi a Trieste. Lo stile ha mantenuto l’impostazione dello stream of consciousness: i diversi argomenti scivolano l’uno nell’altro, seguendo i collegamenti – a tratti un po’ pindarici – operati dall’astrofisica, nella sua ansia di consegnare ai posteri la propria testimonianza. Il lettore viene, quindi, letteralmente trascinato nella mente della grande scienziata e ne viene sedotto. La lezione più importante che l’autrice ci consegna è che l’analisi e il ricordo degli anni trascorsi devono spingerci con entusiasmo verso le sfide di un domani che sarà così come noi lo costruiremo. Nessuna nostalgica rievocazione di un passato idealizzato in questa donna che, se avesse avuto la macchina del tempo, non avrebbe avuto dubbi su dove andare: «Nel futuro, nel futuro! Il passato lo conosciamo a sufficienza. È il futuro che mi affascina…» (p. 126).

Oltre alla già citata bibliografia – che mette un po’ di ordine nella sterminata produzione della scienziata, aiutando il lettore desideroso di approfondire qualche aspetto a non smarrirsi – chiudono il libro due splendide chicche. Sono stati raccolti e riproposti ai lettori alcuni degli articoli divulgativi, risalenti agli anni Settanta-Ottanta, che la Hack scrisse per “Il Piccolo” e “Aliens”, altrimenti destinati all’oblio. Trova spazio anche il ricordo di Margherita scritto dall’amico di tanti anni Fabio Pagan, che ci restituisce una Hack viva e concreta, difetti e naïveté compresi, senza quella veste da santino della scienza che le era stata cucita addosso. Ma che dà voce anche all’altro protagonista di questa storia, il marito della scienziata, Aldo. Profondamente diverso – per formazione, idee, temperamento – dalla compagna della sua vita, era stato il regista dell’immagine pubblica della moglie e aveva anche collaborato fattivamente ai suoi scritti, preferendo, però, restare sempre nell’ombra. Il lettore prende, così, consapevolezza dell’importante ruolo di quest’uomo di raffinata cultura e dal carattere umbratile, al quale dobbiamo essere grati per aver spronato Margherita a dare il meglio di sé e a offrirlo al pubblico.

Si chiude il libro con la voglia di guardare a un futuro carico di traguardi che dobbiamo avere il coraggio di perseguire. Di questo Margherita Hack sarebbe stata contenta.

Un pensiero su ““Io penso che domani”: quello che Margherita può ancora dirci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *