Carlotta Cerrino, la cuoca che ingannò un sovrano
Giandujotto scettico n° 167, di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo
Lo spiritismo non inizia dal nulla nel 1848, con i messaggi battuti colpo a colpo delle sorelle Fox. Nei decenni precedenti, in Italia e all’estero, numerosi altri personaggi avevano raccontato di poter parlare con i morti. Una di loro, la piemontese Carlotta Cerino, nel 1835 arrivò a farsi ricevere da re Carlo Alberto, asserendo di poter parlare con la defunta Maria Clotilde di Borbone (1759-1802), e di trasmettere i suoi messaggi. Ma le cose non erano destinate a finir bene per la presunta veggente…
Uno “scandalo” da insabbiare
Il nome di Carlotta Cerrino compare poco nelle cronache d’epoca. Il suo caso assunse fin da subito i contorni di uno scandalo da insabbiare: il re si era fatto prendere in giro da una cuciniera. Anche per questo, i maggiori biografi di Carlo Alberto evitarono di parlarne. A menzionare la vicenda fu invece il re stesso, in una memoria (Réflexions historiques) che fece stampare nel 1838 ma che poi fece immediatamente ritirare dalla circolazione.
In anni recenti la figura di Carlotta Cerrino è stata oggetto di interesse per scrittori come lo storico Milo Julini (autore di Una veggente per il re. L’imbarazzante affaire di Carlotta Cerino, Editrice Tipografia Baima-Ronchetti, 2021) e il “wonder-injector” Mariano Tomatis (Incantagioni. Storie di veggenti, sibille, sonnambule e altre fantasmagoriche liberazioni, Nero Editions, 2022). Soprattutto, il caso è stato studiato dallo storico Pierangelo Gentile, dell’Università di Torino nel saggio La superstizione di re Carlo Alberto. Il caso della visionaria Carlotta Cerino, pubblicato nel 2019 sulla rivista “Studi e materiali di storia delle religioni”. Per ricostruire la vicenda, Gentile si è basato su un documento eccezionale: il diario personale del conte Cesare Trabucco di Castagnetto, che dal 1834 al 1849 fu il segretario personale di Carlo Alberto. È principalmente a lui che dobbiamo le informazioni sulla “cuciniera ventriloqua”.
Le prime apparizioni
Tutto iniziò qualche anno prima del 1835 – secondo quanto raccontò la Cerrino stessa – con una visione presso il santuario della Consolata di Torino. Alla veggente si era presentata una dama vestita di blu, che le aveva chiesto di seguirla nella cappella sotterranea. Lì sotto, la donna si era identificata come la buonanima di Maria Clotilde, moglie del defunto Carlo Emanuele IV di Savoia, e aveva fatto dono a Carlotta di un rosario e un libretto di preghiere. Quando le due erano tornate in superficie, il sacrestano del santuario aveva rimproverato Carlotta per essersi inoltrata in una zona non aperta al pubblico. A quel punto, la veggente si era rivolta all’ex regina al suo fianco, per dire che era stata lei a condurla nei sotterranei, ma la donna era svanita nel nulla. Una perfetta ghost story, insomma!
Da allora, Carlotta cominciò a riferire visioni di ogni tipo: prima in una chiesa di Carignano, poi privatamente, nella casa dell’avvocato in cui lavorava come cuoca. Durante queste apparizioni, accadevano a volte dei prodigi: si materializzavano oggetti, biglietti scritti, si sentiva addirittura parlare Maria Clotilde, che era stata proclamata venerabile per la chiesa cattolica nel 1808. E la voce cominciò a spargersi tra le fila della nobiltà piemontese…
Il punto di svolta, però, ci fu quando Carlotta, nel marzo 1835, venne invitata a Moretta, nel Cuneese, presso il palazzo della contessa Luisa Solaro di Canelli. La nobildonna attraversava un periodo di fragilità: rimasta vedova, viveva con il figlio Faraone, che però si era ammalato. La contessa chiese a Carlotta di intercedere per il figlio presso Maria Clotilde, e quello guarì. Anzi, ebbe a dire che aveva sentito sulla testa una “mano di ghiaccio” che gli portava via il male… Così, la veggente si guadagnò un’insostituibile sostenitrice nelle fila della nobiltà piemontese. Il cognato della contessa, Luigi Falletto di Villafalletto, la presentò ai baroni Bianco di Barbanìa, eminenze grigie alla corte di re Carlo Alberto.
Nel suo studio, Gentile traccia un lungo elenco dei personaggi di spicco che incontrarono Carlotta: i fratelli Traggia (funzionari ministeriali), il marchese Emanuele Doria di Cavaglià, il barone Prospero Nuvoli Chionio, il sacerdote Luigi Bartolomeo Priali, e altri ancora. L’ascesa della veggente sembrava inarrestabile.
A tu per tu con il segretario del re
A tutti questi personaggi di alta levatura, Carlotta raccontava di vedere la defunta Maria Clotilde, e diceva che questa aveva invitato tutti a pregare per “il caro amico Carlo Alberto”. Il re aveva conosciuto personalmente l’illustre antenata, morta quando lui aveva quattro anni: anzi, ne era stata madrina di battesimo. Nel 1808 era stata dichiarata venerabile da Pio VII, ma si attendeva ancora un miracolo che ne avrebbe sancito la beatificazione.
Carlo Alberto venne a sapere dei prodigi di Carlotta Cerrino in una data ben precisa: il 17 aprile 1835, venerdì di Pasqua. La cuoca visionaria voleva far sapere al re che doveva stare in guardia: uno dei suoi collaboratori si era venduto alla Francia o all’Austria. Il sovrano, raggiunto dall’avvertimento, ne fu subito estremamente colpito, perché proprio in quel periodo stava vivendo una situazione politica complicata, in cui gli intrighi erano all’ordine del giorno. I suoi consiglieri erano divisi tra l’ala borghese e liberale – che premeva per una riforma completa dello stato – e quella conservatrice, sostenuta invece dai nobili e dai gesuiti. Anche per questo perenne oscillare tra i due poli politici, a Carlo Alberto fu affibbiato il soprannome di “Re tentenna”. Poco prima dell’avviso della Cerrino, i consiglieri del re avevano sventato un complotto che mirava a far credere che alcuni personaggi della corte – tra cui l’erede al trono – fossero compromessi con alcune società segrete liberali. L’operazione si era risolta all’inizio di aprile 1835 con l’allontanamento dei “colpevoli” dalla scena politica e con un rimpasto ministeriale.
Per questo, l’idea che un collaboratore si fosse venduto a una potenza straniera suonava plausibile. D’altra parte, come poteva una semplice cuoca arrivare a parlare di affari politici, si chiedeva il re? Questa capacità doveva per forza originare da “un’ispirazione sovrannaturale”. In un primo tempo, comunque, Carlo Alberto evitò di compromettersi direttamente con la veggente, anche se questa era riuscita a fargli recapitare dei biglietti profumati d’incenso vergati nella presunta calligrafia di Maria Clotilde. Si andò avanti così per tutta l’estate del 1835.
Il 9 settembre i baroni Bianco di Barbania fecero sapere al segretario di Carlo Alberto, Cesare Trabucco di Castagnetto, che la Venerabile aveva chiesto di pregare per lui. Il segretario chiese allora di incontrare la Cerrino. Di fronte a quello, la donna sfoggiò il meglio del suo repertorio, inscenando una visione nello studio dell’uomo. Cadde in estasi, si inginocchiò e gridò: “Ecco la Venerabile!”. Anche Castagnetto, impressionato, si inginocchiò. La donna fece il gesto di ricevere dell’acqua benedetta dalle mani di Maria Clotilde, e ne porse all’uomo. E qui avvenne il “miracolo”: toccandola, il conte sentì la mano bagnata. Turbato, chiese alla donna di perquisirle le tasche: non aveva nessuna boccetta, nessuna traccia d’acqua. Doveva davvero essersi materializzata dal nulla…
Castagnetto ne fu sconvolto e scrisse a Carlo Alberto per raccontargli quell’incontro. Per due giorni non parlarono d’altro.
Di fronte al re
Il 5 ottobre Carlo Alberto ricette per la prima volta la Cerrino in udienza privata. Di fronte a Sua Maestà, la donna giocò la carta della prudenza: si limitò a rispondere alle domande e non ebbe alcuna visione, e questo non fece che aumentare la fiducia del re.
Ma i poteri della donna non erano svaniti: nei giorni successivi, Carlotta continuò a cadere in estasi in casa Barbania. Ricevette messaggi da Maria Clotilde con i quali si invitava a pregare per Carlo Alberto tradito e ad affidarsi alla Vergine della Consolata. Ma soprattutto, l’11 ottobre ebbe una visione dello Spirito Santo in forma di colomba: Carlotta fece un gesto, come per afferrarla. Poi aprì la mano: di fronte agli attoniti presenti, alcune piume bianche si erano materializzate tra le sue dita.
Lo stesso giorno, il re tornò a incontrarla e la trattenne per tre quarti d’ora, e si ebbe così il secondo incontro di una lunga serie. Carlotta gli affidava i messaggi della Venerabile, compresi alcuni di natura eminentemente politica: in un’occasione, per esempio, si espresse sulla proposta di abolire i feudi in Sardegna, dichiarandosi fortemente contraria.
Alla corte, comunque, non tutti erano così ben disposti come il re verso la cuciniera. La moglie di Carlo Alberto, Maria Teresa d’Asburgo-Lorena, sembrava piuttosto scettica. Il Gran maestro della Real Casa, Paolino Gazzelli di Rossana, arrivò a portare al re i veri autografi della Venerabile, perché li confrontasse con i biglietti materializzati dalla veggente durante le estasi. In più, la voce di “Maria Clotilde” era molto simile a quello della Cerrino, e la defunta si esprimeva in uno strano miscuglio di francese e di piemontese, che sembrava ben poco adeguato al linguaggio di una nobildonna.
Un repertorio da illusionista
I primi veri dubbi arrivarono con le richieste di benefici: Luigi Barbania, sponsor della veggente, mirava a farsi nominare ministro delle finanze. Castagnetto cominciò a mettere in guarda il re dall’entourage della cuoca, e così pure fece don Luigi Canonico, che testimoniò di aver colto in fallo la donna su questioni teologiche. Vista la brutta aria, a Carlotta fu consigliato di chiudersi per un po’ nel monastero delle cappuccine di Torino; e qui, all’inizio del 1836, arrivò la confessione: la donna raccontò che i suoi prodigi erano stati “pure invenzioni e finzioni, con cui ingan[nai] fin d’ora, e voleva in seguito […] il prossimo”.
Come racconta Gentile:
Fu lei stessa a rivelare i trucchi dei prodigi: i biglietti con la scrittura di Clotilde di Savoia? Li aveva copiati da un libro, anche se contenevano solo «materie di divozione, consigliando a quelli ch’erano impiegati di essere fedeli al nostro sovrano; ed ai preti consigliandoli di tener una condotta propria d’un prete come facea San Pietro»; le croci e le reliquie spacciate come della Venerabile? Le croci d’ottone le aveva acquistate «in una bottega nella contrada dei cavagnari e benedette dai gesuiti», i frammenti di vestito da una pezza di tessuto acquistata a Carignano; la voce spacciata per quella della Venerabile? La Cerino descriveva minutamente il “trucco”: «io m’inoltrava od in una piccola cappella, ovvero in un piccolo gabinetto, lasciandomi indietro tutte le persone che si trovavano presenti, in modo che nessuno poteva vedermi in faccia e così procurando di cangiare voce faceva io quelle parlate e dava quelle risposte che credeva adattate al mio fine […]».
Carlotta ammise che anche la visione dello Spirito Santo era stata una messinscena: le piume – probabilmente di gallina – erano già nascoste nella sua mano, e lei non faceva altro che gettarle in aria. Anche il “miracolo” che inizialmente aveva fatto trasecolare Castagnetto era niente più che un banale trucco di illusionismo: nelle stanze di corte erano presenti numerosi vasi di fiori, e lei non aveva dovuto far altro che bagnarsi la mano in uno di quelli, per far credere che l’acquasanta si era appena materializzata.
In altre occasioni, la donna si era avvalsa della complicità di una serva di casa Barbania, certa Teresina Meda.
La fine della vicenda
Quando capì che la confessione avrebbe potuto avere gravissime conseguenze, Cerrino cercò di ritrattare, ma ormai gli altarini erano stati scoperti. La donna finì in carcere. Il 16 dicembre 1836 la falsa veggente venne inquisita dal tribunale arcivescovile: era accusata di bestemmia, empietà, idolatria, di aver inscenato le apparizioni di Maria Clotilde e dello Spirito Santo, di aver falsificato i biglietti, di aver “comunicato” diverse persone con l’acqua santa “materializzata”. Il 16 febbraio 1837, sentiti diversi testimoni, arrivò la sentenza.
Carlotta Cerrino fu ritenuta colpevole di vari delitti “commessi contro le virtù sante della Fede, e Religione” e condannata a quattro anni di prigione, da scontare a Pallanza. La notizia della sua morte in carcere arrivò al re il 7 aprile 1837. Anche il suo principale sostenitore, Luigi di Barbania, era morto qualche mese prima, il 27 settembre 1836.
Il processo – ecclesiastico, e non civile – era stato studiato perché la vicenda non desse troppo scandalo, e lasciando fuori il re e i testimoni più vicini a lui. I biografi del sovrano sorvolarono pietosamente sulla vicenda, menzionata solo in pochissime cronache, di solito unita all’accusa che la donna fosse segretamente manovrata dai gesuiti o dalle forze conservatrici del regno.
Rimane il ritratto di una donna che riuscì con i suoi “trucchi di prestigio” a ingannare il fior fiore dell’aristocrazia piemontese. Come affermò l’avvocato di Carlotta al processo:
Le persone che trattavano la Cerrino erano tutte persuase che la Venerabile Clotilde fosse quella di cui si era sentita la voce; quella che dispensava i biglietti e le croci; quella che le bagnava la mano di acqua. Eppure queste persone erano oculatissime e non tali da lasciarsi sopraffare da una donnicciola; v’erano consiglieri del sovrano, rettori di seminario, professori di teologia, ecclesiastici secolari e regolari, tutti per istudio ed ingegno abili a scoprire l’inganno se fossevi stato, e tali da non lasciarsi persuadere senza grande causa e le più patenti prove.
Che una semplice cuciniera potesse averli messi tutti nel sacco sembrava davvero impossibile. Una situazione, questa, che si sarebbe verificata più e più volte nella storia dello spiritismo.
I medium – spesso donne – erano di solito di bassa estrazione sociale, eppure riuscivano a ingannare persone agiate, colte, medici e scienziati – questi ultimi, convinti che la loro istruzione superiore li mettesse al riparo da qualsiasi tranello. Come poteva una cuoca, una popolana, una donnetta qualsiasi ingannare un uomo di scienza? Eusapia Palladino, la più celebre delle medium di inizio Ventesimo secolo, era figlia di contadini ed era priva di qualsiasi istruzione formale. Augusto Politi, che stupì Cesare Lombroso, era un orologiaio. Eppure, sappiamo che costoro e molti altri riuscirono ad accreditarsi presso personaggi importanti, nell’Italia del periodo d’oro dello spiritismo e della metapsichica. Sottovalutare il proprio interlocutore, le sue risorse cognitive e le sue motivazioni, è spesso il primo passo per farsi mettere nel sacco.
Si ringrazia Pierangelo Gentile per le fonti fornite. Immagine da Wikimedia Commons, foto di Sailko, CC BY 3.0.