11 Aprile 2024
I segreti dei Serial Killer

I segreti dei serial killer: La storia delle Bestie di Satana

Questo articolo è dedicato alle vittime, note e non note, delle Bestie di Satana. Ringrazio con grande affetto Michele Tollis, coraggioso e instancabile papà di Fabio, per la sua grande disponibilità, per il suo indispensabile contributo alla realizzazione di questo articolo e per l’intervista che mi ha concesso, che sarà pubblicata a breve, in cui si approfondirà il suo lungo percorso di indagini solitarie. 

Il delitto in serie, fenomeno molto raro a livello statistico nel panorama criminale, si presenta talvolta in forme ancora più anomale, cosiddette atipiche. Un esempio è il caso dei serial killer in gruppo, di solito distinto in diverse tipologie, ovvero, gruppi criminali semplici, che agiscono senza un’ideologia di fondo, ma di solito con motivazione di tipo sessuale o di mera violenza, gruppi a sfondo razziale come nel caso degli “omicidi Zebra”, ovvero il gruppo “Angeli della morte” di musulmani neri che colpirono San Francisco nel 1974 e gruppi a sfondo religioso o pseudosatanico come il caso dei Chicago Rippers, che uccidevano e mutilavano donne, divorando le parti asportate con modalità rituali.[1] 

In ognuno di questi sono presenti diversi elementi ricorrenti: un’organizzazione gerarchica piuttosto rigida, che ricorda quella di stampo mafioso con un nucleo di capi, dei gregari e dei fiancheggiatori esterni, oltre a un regolamento, scritto o non scritto, che tutti i membri sono chiamati a rispettare.[2] 

Quando il “culto” di Satana, reale o fittizio che sia, si fonde con l’abuso di droghe e con pratiche criminali si parla di satanismo acido. Sono estremamente rari i gruppi con un movente satanistico convincente e ben strutturato, paragonabile al fanatismo religioso: la maggior parte mostra una fede di facciata, con rituali caserecci, senza una ferrea convinzione né mistica né filosofica. Un diavolo, insomma, che è utile semplicemente a cementare l’unione fra i membri del gruppo e a giustificare atti di violenza atroce e spesso disorganizzata, come nel caso del delitto di suor Maria Laura Mainetti a Chiavenna, dell’omicidio di Nadia Roccia a Castelluccio dei Sauri e delle cosiddette “Bestie di Satana”. 

Uno sparo nella notte

La mattina del 25 gennaio 2004 a Somma Lombardo, in provincia di Varese, il custode di una stamperia allerta le forze dell’ordine, allarmato dal comportamento di un ragazzo di 28 anni, Andrea Volpe. Il giovane vaga in stato confusionale, chiedendo aiuto, farneticando di un’aggressione che lui e la sua ragazza avrebbero subito a opera di diverse persone. Non mostra segni di colluttazione di alcun tipo. All’arrivo dei carabinieri, li conduce al luogo dove sarebbe avvenuto il fatto, presso il canale Villoresi, e gli agenti trovano due automobili, una Fiat Uno con tracce di sangue e una Honda incidentata con al posto di guida una ragazza incosciente di diciannove anni, Elisabetta Ballarin. Viene ricoverata insieme a Volpe, per via dello stato confusionale dovuto all’assunzione di droghe pesanti. Nel frattempo, emerge che la Fiat è intestata a un’altra ragazza, Mariangela Pezzotta, di cui però non si trova alcuna traccia.[3] È Elisabetta a fornire le prime confessioni in ospedale, dopo essersi ripresa: ammette che lei e Andrea hanno ucciso Mariangela, ex fidanzata di Volpe. 

Mariangela, ventisettenne di buona famiglia, aveva avuto una lunga e tormentata relazione con Andrea, durata quasi dieci anni. A renderla così dolorosa era stata la dipendenza di Volpe dalle droghe, oltre che le sue violenze fisiche e psicologiche, la sua vita sbandata. Lei aveva cercato di “salvarlo”, ma a un certo punto si era resa conto che non era possibile. La loro relazione si interrompe intorno al 2002, ma continuano a frequentarsi saltuariamente. Nel frattempo Andrea si fidanza con Elisabetta, che spinge nella tossicodipendenza. La coppia va a vivere nello chalet della famiglia Ballarin a Golasecca, non lontano dal canale. 

Mariangela viene trovata morta nella serra accanto allo chalet, sepolta malamente e coperta da un telo: le ferite più evidenti sono un colpo di arma da fuoco al volto e una ferita alla gola. È Volpe ad aggiungere particolari al delitto: aveva chiamato Mariangela con la scusa di avere indietro una videocassetta prestata, lei era uscita di casa per raggiungerlo verso mezzanotte. Volpe riferisce che mentre stava pulendo un revolver era partito un colpo accidentale che aveva colpito la sua ex ragazza. 

Sostiene che Elisabetta non fosse presente nella stanza. Vedendo Mariangela ferita gravemente, si fa prendere dal panico e chiede aiuto alla Ballarin e a una terza persona: chiama infatti l’amico Nicola Sapone, idraulico ventisettenne di Dairago, che in modo più lucido e organizzato aiuta i due a finire Mariangela colpendola con una vanga alla testa per poi seppellirla. In seguito, Nicola cerca di far sparire l’auto della vittima nel fiume, ma lo stato di delirio di Volpe e il malore della Ballarin lo spingono ad abbandonare la scena. 

La tesi dell’incidente viene rapidamente smentita. Emerge che il delitto è volontario, anche se per ora il movente non è chiaro. Nello chalet vengono trovati, nel caos più totale: armi, disegni a sfondo satanico, appunti su riti di sacrificio, ceri, un serpente in una teca, diversi tipi di droghe. Sapone, personaggio apparentemente incolore, ambiguo e misterioso, inizialmente sminuisce il suo coinvolgimento, ma le prove fisiche lo inchioderanno. [4]

Indagine alla rovescia

La notizia del delitto viene trasmessa dal tg regionale lombardo la sera stessa. Ad ascoltare la televisione c’è Michele Tollis, di Cologno Monzese, a casa in convalescenza dopo un intervento chirurgico. La sua attenzione viene subito catturata dal servizio di cronaca, poiché conosce le persone coinvolte. Andrea, tanti anni prima, frequentava suo figlio Fabio, sedici anni, che in una fredda notte di gennaio del 1998 era scomparso nel nulla insieme all’amica Chiara Marino, diciannovenne. 

Ciò che accomunava Fabio e Andrea era una grande passione per la musica metal, che Fabio coltivava suonando in gruppi come gli Infliction e frequentando il pub Midnight a Milano, in zona Porta Romana. In questi anni è un punto di riferimento per la scena metal milanese. Diversi gli amici di Fabio lo frequentano assiduamente ed erano lì con lui la notte in cui è scomparso, ormai sei anni prima. 

La sera del 17 gennaio, Michele riceve una telefonata da suo figlio: si trova al Midnight e gli comunica che vuole passare la notte dalla sua amica Chiara. Il padre chiede a Fabio di tornare, non conosce Chiara e si è fatto tardi, ma il figlio insiste, dicendo che non tornerà a casa e la comunicazione si interrompe bruscamente. Michele allora prende la macchina, cerca di raggiungerlo, ma quando arriva è troppo tardi: Fabio è già andato via con alcuni amici. Da quella notte non si saprà più nulla di lui, né di Chiara Marino

I genitori dei due ragazzi sporgono denuncia, ma le istituzioni competenti mostrano poco interesse nell’indagare su questa duplice scomparsa, nonostante la minore età di Fabio, perché pensano a una fuga volontaria. Tollis intuisce un collegamento col gruppo di “amici” del figlio, che in un primo momento si mostrano disponibili ad aiutare nelle ricerche, ma che di fatto non forniscono alcun elemento concreto che possa dare informazioni utili. Michele cerca quindi indizi, tracce, informazioni di ogni tipo su di loro e sulle loro attività, inizia a frequentare l’ambiente metal, chiedendo aiuto ai proprietari di locali e agli organizzatori di concerti. 

Il gruppo, il diavolo, l’omertà

Ma chi sono questi amici? Ad esempio, i già citati Andrea Volpe, detto Isidon, e Nicola Sapone, alias Onussen. Sono entrambi tossicodipendenti con storie di abbandoni familiari e fallimenti personali alle spalle. Poi c’è Mario Maccione, noto come Ferocity, come il gruppo metal in cui suona insieme a Fabio. Mario è nato nel 1980, è problematico, appassionato di occultismo e demonologia, è convinto di avere poteri medianici. Lui e Fabio sono grandi amici da un paio di anni. Pietro Guerrieri, chiamato Wedra, ragioniere, ha subito diversi ricoveri in psichiatria. Paolo Leoni, detto Ozzy, è figlio di Corrado Maria Leoni, il quale ha passato dieci anni in OPG [5] per l’omicidio della cantante Maddalena Russo nel 1985 e pare essere appassionato di satanismo.[6] Oltre a loro, di questo gruppo peculiare fanno parte anche Chiara Marino, amica d’infanzia di Leoni, Marco Zampollo, Eros Monterosso, Massimiliano Magni, minorenne, Andrea Bontade e altri. 

Tollis intuisce che queste persone sanno qualcosa di più di quanto non dicano sulla sorte di Fabio e Chiara. Giungono voci che parlano di un gruppo gerarchizzato noto come Circus of Satan, che innalza altari e dedica rituali al demonio. I membri si sottopongono spesso a folli “prove di coraggio”: vere e proprie torture che comprendono l’autolesionismo e la sopportazione di sevizie inflitte dagli altri membri, come morsi e bruciature di sigarette, il tutto unito a un massiccio uso di droga. I più autorevoli, i capi, sembrano essere Leoni e Sapone. 

Michele segue diverse piste sulla sorte del figlio e di Chiara, pensa che potrebbero essere caduti nelle mani di persone dedite a qualche culto di tipo satanista, uomini più grandi che li potrebbero avere circuiti. Arrivano, negli anni, alcune segnalazioni che collocherebbero i due ragazzi a Bologna con i “Bambini di Satana”, a Genova presso una mensa di suore, nel Napoletano, ma nulla che abbia in seguito un riscontro concreto. Michele tuttavia non si arrende, segue ogni pista possibile, con ogni mezzo.[7]

La svolta decisiva giunge solo dopo il delitto di Mariangela Pezzotta, dopo ben sei anni. Solo nel 2004, infatti, il caso di Fabio e Chiara viene riaperto. Ora anche le autorità indagano su un vero e proprio gruppo organizzato, simile a una setta, dedito alla droga, alla violenza e al culto del demonio, che chiede omertà e obbedienza totali. Volpe, che ha confessato il delitto Pezzotta, non fornisce però informazioni sulla scomparsa dei due ragazzi nel 1998. La lealtà tra lui e gli altri membri è totale, fino al contributo risolutivo del programma Rai “Chi l’ha visto?”, che mette in atto uno stratagemma in accordo con Michele Tollis e con le autorità: nella puntata dell’8 marzo 2004 vengono mostrati i volti e i nomi di battesimo dei sospettati principali, menzionandoli semplicemente come persone che avrebbero potuto fornire informazioni. La “provocazione” funziona: In seguito alla trasmissione, Volpe, Leoni ed altri fanno dichiarazioni compromettenti che vengono intercettate, si agitano e si contraddicono. Iniziano i primi arresti, le confessioni, il muro di silenzio finalmente crolla. 

Il massacro

La verità che emerge soprattutto dalle parole di Volpe e Maccione è atroce: Fabio e Chiara sono morti la notte stessa del 17 gennaio, attirati in un bosco di Somma Lombardo con la scusa di un nuovo rito di evocazione del demonio. Con loro ci sono Maccione, Volpi e Sapone. Bontade avrebbe dovuto fungere da “palo”, ma la paura ha avuto il sopravvento e non si presenta. Leoni, Zampollo, Guerrieri, Monterosso e Magni rimangono al Midnight, per creare una sorta di alibi. Sapone aveva caricato precedentemente in auto due coltelli e un grosso martello. 

Volpe e Maccione cambiano più volte versione nel tempo e raccontano dettagli differenti l’uno dall’altro, ma su alcuni punti concordano: Fabio e Chiara sono stati portati accanto a una fossa scavata in precedenza da Guerrieri e Bontade. Qui comincia l’orrore: vengono aggrediti alla gola e al volto con i coltelli e il martello, che infliggono loro ferite terribili. I due ragazzi cercano di difendersi disperatamente in ogni modo, ma la furia è inarrestabile. 

Una volta privi di conoscenza, Fabio e Chiara vengono gettati nella fossa. Fabio è in agonia e sarà il capo, Sapone, a finirlo con un taglio alla gola: lo stesso compito che svolgerà anni dopo, nel delitto Pezzotta. A Fabio, massacrato principalmente dal suo amico Mario e da Volpe, viene messo un riccio in bocca. I corpi straziati vengono sepolti. Sapone, in stato parossistico, compie due gesti che esprimono non solo totale disprezzo, ma anche una forte necessità di dimostrare potere e controllo: urina sulla fossa e fuma una sigaretta intinta nel sangue delle vittime. Pochi mesi dopo, Il 21 settembre del 1998, Andrea Bontade si suiciderà, schiantandosi con l’automobile, appena ventenne. Sarà Volpe a permettere il ritrovamento della fossa di Fabio e Chiara, identificando il luogo esatto, il 28 maggio 2004. 

Andrea parla di un massacro fatto senza una ragione precisa, in parte per Satana, in parte perché i due ragazzi “davano fastidio”, in particolare a Nicola Sapone. Maccione racconta in un primo momento di un’offerta di sacrificio volontario da parte di Fabio e Chiara, che si sarebbero fatti uccidere per il diavolo, tesi ben presto smentita dalle prove. Nonostante le divergenze, la verità che emerge dalle autopsie depositate agli atti nell’ottobre 2004 racconta di almeno undici coltellate sul corpo di Chiara, sferrate probabilmente da Sapone, alcune mortali. Le è stato tranciato un dito. Su Fabio si riscontrano colpi da corpo contundente e almeno dodici ferite all’addome. Due sono i tagli mortali, inferti da Maccione e Volpe, oltre allo squarcio della gola inflitto da Sapone. Diverse ferite da difesa sulle braccia e le mani di entrambi. La cosa più atroce è il volto di Fabio, che non esiste più, devastato dai colpi di martello di Maccione.[8] 

Uno spiraglio sulla verità

Durante gli interrogatori e il processo emergono molte risposte. Il suicidio di Bontade, ad esempio, fu un suicidio indotto: la setta lo aveva perseguitato, minacciandolo a seguito del suo “tradimento”, tanto da scegliere di darsi la morte piuttosto che aspettare che lo facessero gli altri, con modi peggiori. Anche l’omicidio di Mariangela non è casuale: Volpe infatti afferma che Sapone avrebbe dato ordine di ucciderla, avendo lei intuito qualcosa sul massacro del 17 gennaio. Il 4 giugno 2004 ha luogo una conferenza stampa in cui vengono rese note alcune delle dichiarazioni di Volpe, che renderà tristemente familiare al grande pubblico il nome con cui il gruppo aveva scelto di chiamarsi: le Bestie di Satana

Uno degli aspetti più misteriosi rimane il reale movente del delitto Tollis-Marino. Maccione resta in ambito mistico, dicendo che Fabio era una figura associata a un angelo, Chiara alla Madonna. Parla di sacrificio al diavolo, ma non esistono prove in tal senso: né il modus operandi né la scena del crimine presentano elementi rituali di alcun genere. Al contrario, il delitto ricorda un’esecuzione da parte di una semplice banda di criminali, con capi ossessionati dal potere e dal controllo. Proprio per questo i criminologi Mastronardi e Da Luca definiscono le Bestie di Satana una setta pseudo-satanica, con modalità di selezione e iniziazione degli adepti tipiche delle sette, ma senza alcuna ritualità al momento dei delitti, se non qualche vago riferimento astrologico e mistico. Gli omicidi sembrano esecuzioni mirate a proteggere il gruppo stesso da membri che avrebbero fatto temere una denuncia o manifestato la volontà di uscire dalla setta. Volpe più degli altri ha cercato di approfondire questo aspetto: racconta di un immenso piacere nell’infliggere sofferenza, nel sentire il potere su altri esseri umani, del delirio di onnipotenza che la setta gli faceva provare. 

Per quanto la stampa e l’opinione pubblica siano rimaste colpite e inorridite dall’apparente movente mistico-satanista, dalle suggestioni offerte dalle band metal dall’immaginario macabro, dagli altari dedicati al demonio, si deve ricordare che questa serie di delitti è assai più complessa e sfaccettata di una scenografica setta dedita ai sacrifici umani.[9] 

Le condanne

Nel 2004 iniziano i processi alle Bestie di Satana.  Quattordici capi d’accusa tra cui i tre omicidi, l’induzione al suicidio di Bontade, l’associazione a delinquere. Magni, minorenne al momento dei crimini, viene inizialmente assolto. In seguito verrà condannato a 9 anni per concorso morale, ma otterrà l’annullamento grazie alla legge Pecorella. A Maccione vengono inflitti 19 anni e 2 mesi, nonostante le confessioni e la minore età all’epoca dei delitti. Sapone e Leoni, che mai ammetteranno le loro responsabilità nel delitto Tollis-Marino o i loro ruoli di capi della setta, saranno condannati all’ergastolo. Volpe verrà condannato a 30 anni, in seguito ridotti a 20, in virtù della sua collaborazione nel ritrovamento dei corpi di Fabio e Chiara e delle sue confessioni. A Elisabetta Ballarin toccheranno 23 anni per la partecipazione al delitto Pezzotta.  Guerrieri, anch’egli reo confesso come Maccione e Volpe, prenderà 12 anni e 8 mesi di reclusione. Eros Monterosso sarà condannato a 27 anni e 3 mesi, Marco Zampollo a 29 anni e 3 mesi. Ad oggi sono ancora detenuti solo Leoni e Sapone. [10] 

Non è ancora finita?

Sono tante le domande ancora senza risposta riguardo al caso. Non sono del tutto note molte delle dinamiche interne al gruppo, le profonde motivazioni dietro ai crimini, se sia mai esistito un “altro livello”, che coinvolgesse persone di altre città e, soprattutto, quale sia il numero reale delle vittime. Sono diversi i casi di scomparse o di apparenti suicidi attribuiti a più riprese alla setta, ad esempio la vicenda di Christian Frigerio, scomparso nel 1996, o quella di Andrea Ballarin, morto per un supposto suicidio nello stesso anno. Non sono tuttavia state trovate prove che colleghino i due casi alla mano della setta. Ce ne sono però tanti altri, e tante famiglie sono ancora in attesa di risposte. Le Bestie di Satana, forse, custodiscono ancora segreti. 

Note

  • [1] V. Mastronardi, M. Calderaro, I killer di massa, Newton Compton, Roma 2022.
  • [2] V. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma, 2006, pp. 786-794.
  • [3] F. Savelli, Giovani, carini, assassini, Newton Compton, Roma 2015, pp. 196-213. 
  • [4] V. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma, 2006, pp. 815-822.
  • [5] Ospedale Psichiatrico Giudiziario, struttura destinata al ricovero coatto di responsabili di reati penali dichiarati incapaci di intendere e volere al momento del delitto e pertanto non imputabili.
  • [6] “La Repubblica”, 10 giugno 2004. 
  • [7] G. Moroni, Le Bestie di Satana, Mursia, Milano 2019.
  • [8] Ibidem.
  • [9] V. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, Newton Compton, Roma, 2006, pp. 815-823.
  • [10] G. Moroni, Le Bestie di Satana, Mursia, Milano 2019.

Marianna Cuccuru

Laureata in scienze dell' Educazione, studia da molti anni il fenomeno dei serial killer. Ha tenuto lezioni sul tema presso l'università dell'Insubria e per l'associazione Fidapa di Varese.