9 Ottobre 2024
E leggiti 'sto paper

Scoperto il calendario Maya più antico

Nel mondo esistono diversi calendari, cioè diversi modi convenzionali messi a punto per misurare il tempo. Ci sono, ad esempio, il calendario gregoriano, usato comunemente nel mondo occidentale, quello bizantino, secondo il quale saremmo nell’anno 7531 dopo la creazione del mondo, o ancora quello giuliano, in uso nell’antica Roma, secondo il quale oggi saremmo nel 2775 dopo la fondazione della città. Anche i Maya avevano il loro calendario, diventato famose a causa delle profezie sulla fine del mondo che ogni anno tornano alla ribalta. Anzi, i Maya non avevano un solo calendario, ma ben tre: un calendario religioso e liturgico, calcolato su 260 giorni, suddiviso in due cicli da 13 e da 20 giorni, un calendario civile di 360 giorni, più legato al succedersi delle stagioni, composto da 18 mesi di 20 giorni ciascuno e il “Lungo computo”, che, con un sistema molto complesso a cinque cifre serviva per numerare gli anni in modo progressivo.

In uno studio pubblicato il 13 aprile 2022 sulla rivista peer reviewed Science Advance un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas di Austin e dello Skidmore College di Saratoga Springs (stato di New York) ha reso nota la scoperta di quelle che sembrerebbero le tracce più antiche dell’utilizzo del calendario rituale da 260 giorni.

Lo studio, intitolato An early Maya calendar record from San Bartolo, Guatemala, descrive i dati raccolti durante le recenti campagne di scavo svoltesi nel sito di San Bartolo. In particolare i ricercatori ne hanno indagato gli strati più antichi, poi coperti dalla costruzione di una grande piramide. Si è potuto così appurare che il sito, attivo nel tardo periodo preclassico, ha avuto sette fasi costruttive, tra il 400 a. C e il 100 d. C. Durante la terza di queste fasi, denominata Sub-V, erano presenti nell’area centrale dell’insediamento tre edifici: una piramide radiale, un campo per il gioco della palla e una lunga piattaforma.

Tutte queste strutture erano collegate all’osservazione del cielo e allo studio calendariale. Poi, nel III sec. a. C., queste strutture vennero in parte smantellate e usate come base per la costruzione di una grande piramide. Nel riempimento di laterizi e materiali vari che ricopriva la fase Sub-V, gli archeologi hanno trovato 249 frammenti di intonaco decorato, pitturato o inciso, forse originariamente parte delle strutture precedenti.

Cosa ci mostrano questi frammenti? Gli autori dello studio partono dalla constatazione che in tutta la vita del sito non risultano presenti sculture incise nella roccia, ad eccezione di una stele tarda, ma soltanto dipinti o incisioni su intonaco. Ciò starebbe a dimostrare che in questa fase la principale decorazione degli edifici erano rappresentate – appunto – dalle pitture murali e non dalle sculture. Tra i frammenti di intonaco, inoltre, si trovano sia disegni sia scritte, entrambe a carattere religioso, come ad esempio alcune raffigurazioni del dio del mais. L’intero corpus è stato datato ad un periodo che va tra il 300 e il 200 a. C, in base ad osservazioni stratigrafiche e analisi al C14 calibrato.

Tra questi 249 frammenti, insieme a testi molto frammentari e non più leggibili e parti di figure, se ne trova uno particolare. Raffigura un cervide sormontato da un puntino (il reperto è stato classificato con il numero #4778). Sarebbe proprio questo frammento il testimone relativo al calendario Maya di 260 giorni. Questo calendario era suddiviso in due cicli di 13 e 20 giorni che iniziavano in contemporanea e scorrevano in parallelo. Il ciclo breve era numerico, il secondo, invece, era formato da una serie di parole, tra cui molti nomi di animali. Nel calendario in uso presso gli Aztechi nel XVI secolo e descritto dalle fonti storiche, il settimo giorno era indicato come Mazatl, “cervo”, al quale seguivano i giorni 8, “Coniglio”, 9, “Acqua”, 10, “Cane” e via di seguito. Il calendario era utilizzato in molte parti della Mesoamerica e in diverse lingue di quella regione del mondo si ritrovano associazioni simili. Ad esempio, in Nahuatl è Mazatl e in Zapotec China: entrambi i termini significano cervo. Anche nel periodo classico Maya il settimo giorno era chiamato Chi, riprendendo la parola chij, cervo.

La rappresentazione trovata a San Bartolo, dunque, nel mostrare una testa di cervo all’interno di una cornice, starebbe ad indicare proprio il giorno del cervo. Il puntino soprastante sarebbe il numero 7, designando così quel giorno come il “7 cervo”. Non è chiaro, vista la frammentarietà dei resti di intonaco, se si trattasse di una data specifica. Il punto è che, data la rotazione dei due cicli di 13 e di 20 giorni, il giorno 7 cervo si ripresentava soltanto ogni 52 anni. In mancanza però della data completa, associata al “Lungo computo”, è impossibile capire a quale anno facesse riferimento. In più, il calendario religioso veniva utilizzato anche come riferimento personale o quale nome di persona.

Quello che però è certo è che il frammento #4778 rappresenta una delle poche testimonianze preclassiche dell’utilizzo di questo tipo di calendario. Secondo gli autori si tratterebbe della testimonianza certa più antica. Alcuni ritrovamenti che sembravano molto vetusti, come il cosiddetto monumento 3 da San José Mogote, nello stato messicano di Oaxaca, sono stati poi ricondotti ad una data più recente. Molte tra le prime registrazioni calendariali, inoltre, provengono da monumenti in pietra e sono frammentarie o di difficile interpretazione.

L’esempio di San Bartolo si presenterebbe dunque come uno dei più antichi la cui attribuzione appare sicura.

Immagine in evidenza: Matthew G. Bisanz, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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