Un cilindro metallico sul pianeta Marte
Il 16 febbraio scorso il rover della NASA Perseverance ha fotografato sulla superficie del pianeta Marte un oggetto che ha presto attirato l’attenzione degli appassionati di UFO. Si tratta di un cilindro metallico apparentemente cavo di chiara origine artificiale, che secondo alcuni potrebbe essere un artefatto di un’antica civiltà marziana o un pezzo di un UFO precipitato al suolo.
Accade continuamente che le missioni spaziali sul Pianeta Rosso avvistino presunti manufatti alieni: senza risalire fino alla faccia su Marte che negli anni Settanta infiammò il dibattito sugli antichi astronauti, solo negli ultimi mesi sono stati osservati un alieno sdraiato, una capanna, un cucchiaio e un fiore. In tutti i casi la realtà era diversa dalle ipotesi ufologiche, anche se non meno interessante dal punto di vista scientifico.
Anche questa volta è arrivata in fretta la spiegazione, a opera dello stesso team di Perseverance su Twitter. Si tratta davvero di un oggetto artificiale: lo sappiamo perché l’abbiamo fatto noi. Uno dei payload più importanti di Perseverance e di qualsiasi rover marziano è il trapano, che serve per estrarre dal suolo campioni di roccia da studiare. Come i trapani da bricolage, anche quello di Perseverance può montare diversi tipi di punte con funzioni differenti. L’oggetto avvistato su Marte è una punta da abrasione a testa piatta, che viene usata per erodere lo strato esterno di roccia in modo da poter analizzare ciò che si trova sotto la superficie. Questa punta è stata montata sul mandrino del trapano qualche tempo prima del lancio e probabilmente ha subito una certa contaminazione atmosferica durante il tempo trascorso in attesa della partenza. Una volta che Perseverance è atterrato su Marte, dopo un breve collaudo iniziale, la punta è stata depositata al suolo e abbandonata, per evitare di contaminare accidentalmente i campioni raccolti dal rover con materiale terrestre. Il mandrino non era stato lasciato vuoto durante il viaggio per evitare che all’arrivo su Marte entrassero al suo interno dei detriti che gli avrebbero impedito di funzionare.
Circa un anno dopo l’inizio delle sue esplorazioni, quando Perseverance è ripassato nello stesso punto, ha fotografato la punta da trapano, suscitando anche qualche critica alla NASA per il materiale di scarto abbandonato su Marte. Un utente ha commentato su Reddit:
«Non abbiamo ancora messo piede sul pianeta e cominciamo già a lasciare immondizia in giro».
Il rischio di trasportare involontariamente microrganismi terrestri è un serio problema per le sonde di esplorazione spaziale, tanto che tutti i programmi devono prendere misure di “planetary protection” richieste da accordi internazionali per evitare di introdurre contaminazione biologica di origine terrestre su altri corpi celesti che potrebbero aver ospitato forme di vita.
Se mettiamo da parte i presunti manufatti alieni, però, le scoperte autentiche fatte da Perseverance a partire dal suo atterraggio nel febbraio 2021 sono affascinanti. L’ultimo rover della NASA arrivato su Marte sta esplorando il cratere Jezero alla ricerca di tracce di vita. Esaminando la composizione delle rocce, Perseverance ha trovato prove della presenza di magma e di acqua e ha scoperto molecole organiche, ancora conservate nella roccia. Queste scoperte forniscono importanti indizi sulle condizioni ambientali di questa regione alcuni miliardi di anni fa. All’epoca il cratere Jezero ospitava un lago e ancora oggi sono chiaramente visibili le tracce del delta di un fiume.
Il ritrovamento di molecole organiche non implica necessariamente che siano state prodotte da forme di vita. Per accertare l’origine di queste molecole bisognerà aspettare fino intorno al 2031, quando l’ambiziosa missione congiunta ESA-NASA Mars Sample Return riporterà sulla Terra i campioni prelevati da Perseverance per farli analizzare al Johnson Space Center. Diversi possibili indizi di vita sono stati recentemente individuati su Marte, come particolari combinazioni di isotopi del carbonio e tracce di metano. Ma non è ancora sufficiente per concludere con certezza che in qualche momento della sua storia il Pianeta Rosso abbia ospitato la vita: la ricerca continua.
Image Credit: NASA/JPL-Caltech/ASU