12 Aprile 2024
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Lo specchio magico di John Dee, il mago di Elisabetta la Grande

In piena età elisabettiana, in Inghilterra, viveva John Dee, matematico, filosofo naturale ed occultista. Laureato a Cambridge nel 1548, divenne presto un matematico di spicco della corte reale inglese. Fu parte notevole delle esplorazioni geografiche del Nuovo Mondo, insegnando ai capitani le nozioni matematiche e geografiche necessarie alla navigazione. Dopo un periodo in Olanda, ritornò in patria diventando astrologo privato della regina Elisabetta . Si occupò a lungo di filosofia naturale, come all’epoca si chiamava l’abbozzo di fisica che cercava di spiegare con una teoria universale tutto il mondo naturale, rifacendosi anche a scienziati antichi come Euclide (del quale Dee tradusse un’opera in inglese.)

Negli ultimi anni della sua vita, a partire dal 1583, Dee si dedicò in modo intenso all’occultismo, in particolare affermando di poter comunicare con gli angeli tramite il medium Edward Kelley e grazie all’uso di specchi o cristalli.

È probabilmente in questo periodo che entrò in possesso di uno specchio molto particolare, nero, di ossidiana, proveniente dal lontano ed esotico regno degli Aztechi. Questo specchio è oggi conservato al British Museum.

Da dove arriva? Che significato aveva nel suo contesto d’origine e quanto ne era consapevole Dee? Come ne entrò in possesso e quali significati gli vennero attribuiti in seguito?

Lo studio più recente

In un articolo intitolato The mirror, the magus and more: reflections on John Dee’s obsidian mirror  apparso sulla rivista Antiquity, un team di scienziati coordinati da Stuart Campbell, dell’università di Manchester, oggi prova a dare una risposta a queste domande.

Dagli studi storiografici e archivistici non si possono ricostruire con certezza la storia iniziale di questo oggetto e tutti i passaggi di proprietà che subì nel corso del tempo. Specchi di questo tipo compaiono negli inventari delle prime spedizioni di oggetti precolombiani versi l’Impero asburgico. Non sarebbe stato impossibile per Dee, che spesso viaggiò all’estero come studioso e diplomatico, anche presso la corte asburgica, acquistare o ricevere in dono uno di questi oggetti. In più, dal 1583 al 1589 visse in Polonia e in Boemia, parte del territorio asburgico, insieme all’occultista Kelley.

Dopo la morte di Dee i suoi beni andarono dispersi, ma forse è possibile ricostruire la storia di questo manufatto. Secondo gli atti redatti e registrati nel 1624, dopo la morte dell’amico a allievo di Dee, John Pontois, prima che questi partisse per servire nella Virginia Company, in casa sua era presente “una specie di pietra rotonda e piatta come cristallo che Pontois disse essere una pietra che un angelo aveva portato al dottor dye (sic) con la quale lavorava e conosceva molte cose strane”.

Purtroppo anche i beni di Pontois furono dispersi dopo la sua morte. Nel 1770 lo specchio ricompare nella collezione del politico ed antiquario Horace Walpole, quarto conte di Oxford e celebre autore del romanzo gotico Il Castello di Otranto, uno dei classici di quel genere. Un’etichetta scritta a mano presente sulla custodia lignea che accompagna lo specchio, vergata dallo stesso Walpole, recita: “la pietra nera nella quale il dott. Dee era solito chiamare i suoi spiriti V. il suo libro. Questa pietra fu menzionata nel Catalogo delle Collezioni dei conti di Peterborough dalle quali è arrivato a Lady Elizabeth Germaine.”

Probabilmente lo specchio fu acquistato dal primo conte di Peterborough dopo la morte di Pontois e poi conservato dal secondo conte, Henry Mordaunt, come parte della propria collezione ispirata all’interesse per l’occultismo. Nel 1705 passò a Sir John Germain, e poi alla moglie Elizabeth Germain che lo vendette a Walpole. Seguirono altri passaggi, fin quando, nel 1966, fu acquistato dal British Museum. Se John Dee entrò in possesso dello specchio per le sue origine azteche e per il suo aspetto misterioso, con la sua superficie riflettente nera, i proprietari successivi lo acquistarono e lo conservarono in quanto oggetto appartenuto al famoso e carismatico occultista elisabettiano.

La storia di una cosa

Per il team di Campbell, oltre la la storia europea dello specchio, divenuto famoso proprio per la sua connessione con Dee, è necessario studiarne l’intera vicenda, e dunque considerarlo come oggetto in sé, veicolo di significati anche complessi e mutevoli nel corso del tempo.

A tal fine, i ricercatori hanno utilizzato una metodologia prettamente archeologica: i confronti. Hanno cioè esaminato tutti i manufatti simili presenti in Europa e in particolare presso il British Museum, dove sono conservati altri tre specchi di ossidiana, due circolari, accuratamente levigati su entrambi i lati, di forma molto simile a quello di Dee, e uno rettangolare, lucidato su un solo lato.

Per tutti e quattro gli specchi l’utili di un analizzatore XRF portatile ha consentito di identificare i composti presenti nei reperti e dunque la provenienza geografica degli oggetti. Il risultato, argomentato e discusso nello studio, è che tutti gli specchi hanno provenienza centro-americana. Lo specchio di John Dee e un altro di quelli circolari provengono probabilmente dalle cave di ossidiana di Pachuca, oggi in Messico, all’epoca in territorio azteco, mentre gli altri due, uno di forma rotonda e quello rettangolare, provengono dalla cava di Ucareo, oggi sempre in Messico, ma anticamente ai confini orientali dell’impero Tarascan.

All’epoca della conquista spagnola erano presenti in Mesoamerica artigiani specializzati nella realizzazione degli specchi di ossidiana, oggetti dotati di alto valore religioso. Secondo recenti stime, oggi se ne conservano appena diciotto in tutto il mondo. Li si considera oggetti di passaggio tra l’era precolombiana e quella della dominazione spagnola, dato che continuarono ad essere realizzati anche più tardi. Alcuni specchi di ossidiana avevano cornici lignee, altri, come quelli conservati al British Museum, presentano fori utilizzati per attaccare i manufatti ai vestiti delle persone o alle sculture. Specchi circolari compaiono anche nei pochi codici illustrati di epoca precolombiana sopravvissuti ai roghi dei missionari, spesso fissati dentro a cornici.

L’ossidiana, con il quale sono stati realizzati, che probabilmente ebbe un ruolo importante nell’attirare l’attenzione di Dee per il suo colore nero intenso e per la lucentezza, era molto importante sotto l’impero azteco. Veniva utilizzato per produrre oggetti diversi, da quelli di uso militare, come i pugnali, a quelli domestici, fino a quelli con funzione religiosa. In questo ultimo senso, gli specchi di ossidiana erano impiegati come scudo contro gli spiriti maligni o per catturare l’immagine di una persona.

Anche diverse divinità vi erano associate, come nel caso Tezcatlipoca, il cui nome significa specchio affumicato, un dio che veniva spesso raffigurato con specchi neri cuciti sui vestiti, sulla testa o posizionati al posto del suo piede mancante. Nel suo contesto originario, quindi, lo specchio di ossidiana rivestiva significati vari e complessi, ma in generale associabili alla sfera della premonizione, della rivelazione e del potere.

Quando Dee ne entrò in possesso, lo giudicò probabilmente un manufatto non comune e stimolante, portatore di conoscenze esotiche e arcane. Quanto conoscesse davvero del suo uso primario non possiamo saperlo, ma dato il suo interesse verso il Nuovo mondo, e anche in relazione alla sua funzione di matematico e cartografo alla corte elisabettiana, poteva avere qualche conoscenza sulla funzione dell’ossidiana in Messico e sull’onniscienza di Tezcatlipoca. A questa conoscenza pregressa si somma l’importanza che nel XVI secolo assunsero in Europa gli specchi, ed in particolare quelli neri, nelle pratiche occultistiche legate alla rinascita del pensiero magico un po’ in tutto il continente.

La storia complessa di questo oggetto, che passa dall’essere uno strumento collegato al culto nell’America centrale di epoca precolombiana o nei primi anni della colonizzazione a oggetto collegato ai riti occulti di John Dee, famoso mago di età elisabettiana, per poi passare di mano in mano proprio grazie a questa associazione con un personaggio carismatico come a lui, fino a giungere alle collezioni del British Museum, mostra come i manufatti possono essere studiati in quanto tali, come oggetti che cambiano significato di volta in volta a seconda di ciò che li circonda.

Immagine in evidenza: Vassil, CC0, via Wikimedia Commons

Un pensiero su “Lo specchio magico di John Dee, il mago di Elisabetta la Grande

  • È la pratica della catattromanzia, che qualcuno ha rispolverato anche in tempi recenti (penso a Raymond Moody col suo psychomanteum, a causa del quale i suoi parenti lo fecero ricoverare…).

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