26 Aprile 2024
Misteri vintage

Il giorno in cui Mussolini e Hitler uccisero il mostro di Loch Ness

Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo

Da sempre voci, dicerie e leggende facilmente disponibili perché già circolanti sono state utilizzate a scopi di propaganda politica. L’articolo di oggi riguarda il tempo terribile della Seconda Guerra Mondiale e gli anni che la prepararono.

Una serie di vicende documentate durante il conflitto per un arco di tempo di almeno due anni. Riguardano la più famosa bestia leggendaria della storia contemporanea, il mostro scozzese del Loch Ness.

Nella prima fase della guerra, quella in cui le sorti sembravano a favore dell’alleanza tra dittature fasciste, sulla stampa internazionale fece la sua comparsa una serie di racconti secondo i quali “Nessie” era stato ucciso, di solito in modo non volontario, ad opera delle forze dell’Asse.

Per quanto ne sappiamo questa storia cominciò a circolare alla fine del 1940. Dagli inizi dell’estate i tedeschi controllavano l’intera sponda dell’Oceano Atlantico, dalle acque dell’Artico norvegese a quelle del Golfo di Biscaglia, tra Francia e Spagna. L’Impero Britannico si ergeva da solo contro Hitler, Mussolini e le altre tirannie europee. Unione Sovietica e Germania nazista, unite contro l’Occidente da un patto assai ampio, si stavano spartendo l’Europa orientale. I collegamenti navali fra Gran Bretagna e Commonwealth erano minacciati dai sottomarini. Anche Nessie, dunque, era a rischio, anche nelle profondità del  suo lunghissimo lago, sulle rive occidentali dell’arcipelago britannico.

Le prima tracce di questa storia sono ambigue: battute sulla sorte di Nessie in funzione degli eventi bellici le si trova già nell’estate-autunno del 1940 (William Ritt nel Daily-News Times, Wisconsin, 9 luglio, e in un articolo di Joseph Landau su quotidiani come The Courier-Journal, Kentucky, 24 novembre).

Cominciamo però ad esaminare meglio le cose che ci riguardano partendo da posti per noi ancora più remoti. Il 28 dicembre del 1940, quotidiani come il New Zealand Herald,  l’australiano Advertiser e The Tribune, che usciva nelle Filippine – solo per citarne tre – riferivano che, secondo un dispaccio dell’Associated Press da Londra, il  giorno 27 (la data parrebbe confermata da un altro dispaccio dell’agenzia INS), il servizio d’ascolto della BBC aveva annunciato che la radio di Parigi (si noti bene: emittente della Francia occupata dai tedeschi) aveva affermato che il mostro di Loch Ness aveva urtato una mina e che i suoi resti erano finiti sulle coste occidentali scozzesi. Nessuna conferma dalla capitale britannica! Particolare subito interessante: la storia ha il sapore di una voce diffusasi da un luogo all’altro: secondo la BBC, che aveva riferito della trasmissione della radio collaborazionista francese, il racconto era giunto a Parigi partendo da Glasgow, arrivando da lì alla neutrale Stoccolma e, infine, a Parigi. Quotidiani scozzesi come il Daily Record and Mail del 28, ridendone, spiegavano che Radio Parigi ne aveva parlato il 27. Non si capiva, comunque, se il riferimento fosse a mine navali tedesche o inglesi, ma tutta la nostra storia, come vedremo subito, va nella prima direzione.

Con stile british il dispaccio spiegava che

 Da Londra non ci sono conferme del fatto. 

La cosa interessante è che la storia comparve anche in Francia, ma pure stavolta in maniera piuttosto contorta. Su Le Temps, edizione di Lione del 29 dicembre, Jean Lefranc si faceva beffe dei “telegrafisti scherzosi” che rinverdivano la storia di Nessie, spiegando che il nostro dispaccio proveniva da Stoccolma e che era datato al giorno 26. Il percorso iniziale di questa versione rimane dunque poco chiaro. Si pensi inoltre che Lione in quel periodo era in una zona della Francia formalmente “libera” dall’occupazione tedesca (in realtà parte del regime-fantoccio del marescialo Pétain), ma che comunque aveva uno status diverso da Parigi (occupata dai nazisti) la cui radio avrebbe dato anch’essa la notizia…

La cosa, comunque, transitò anche in Italia. Il 29 riprese la storia addirittura Il Popolo d’Italia, il quotidiano del partito fascista, stavolta però usando un dispaccio dalla neutrale Berna.

La versione prevalente, quella dell’uccisione  del mostro da parte degli aerei dell’Asse ci risulta esser comparsa dopo. Fu preceduta però da fantasie come quella che si legge sul Corriere della Sera (ediz. pomeriggio) del 23-24 gennaio 1941. Un tenente colonnello della Luftwaffe, Siegfried Fidorra, che un mese prima aveva effettuato un’azione di bombardamento in solitaria su una fabbrica scozzese, a Fort William, raccontava di aver sorvolato il Loch Ness sperando che “venisse fuori il mostro”. 

Noi, comunque, le storie sul “bombardamento di Nessie” le vediamo comparire a metà di giugno del 1941. L’Advocate australiano del giorno 11 accennò che era stato riferito che di recente “la radio italiana” aveva annunciato che il mostro era stato “colpito in pieno” (non si sa bene da quale mezzo, e non si parla in modo esplicito di nazionalità italiana) e che era stato ucciso. Il titoletto ironico si domandava se non fosse stato silurato.

Sappiamo poco di quello che si mosse in quell’estate, ma tutto dà da pensare che la storia abbia subito varie contorsioni. Probabilmente l’accelerazione decisiva ci fu lunedì 18 agosto.

Quel giorno il quotidiano popolare londinese Daily Mail riferiva da  Inverness, il principale centro alla foce del fiume Ness, la notizia secondo il quale un certo J. MacFarlan-Barrow e i suoi tre figli avevano osservato il mostro per dieci minuti. La storia si diffuse rapidamente, ripresa subito da un dispaccio della INS.

Il fatto è che, probabilmente per fare dell’ironia, il Daily Mail metteva in dubbio la testimonianza dei quattro, per il semplice motivo – scriveva – che “di recente”  Il Popolo d’Italia stavolta non si era limitato ad un cenno di cose dette da altri, come nel dicembre precedente, ma aveva scritto che Nessie era stato ucciso in un bombardamento aereo.

 Come potrebbe MacFarlan-Barrow aver visto il mostro dato che Il Popolo d’Italia sa che è stato ucciso? 

Si trattava naturalmente di prendere in giro le sparate tragicomiche della stampa italiana, ma è qui che si delinea la cosa più interessante per noi che ci divertiamo col leggendario contemporaneo: l’impiego a fini di propaganda politica della leggenda moderna del mostro lacustre più famoso del mondo. Il giorno dopo, il 19, il quotidiano scozzese Scotsman accennava a un qualche altro scherzo giornalistico secondo il quale Nessie si era arruolato nella Regia Marina italiana…

Il pezzo uscito sul Daily Mail fu comunque ripreso da quotidiani anglofoni di ogni parte del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti. Il 21 agosto il Daily Mail presentò nuove testimonianze: un certo signor Cook, ex-direttore scolastico di Glasgow, lo aveva visto due volte.

L’estate calda preparò la vera sorpresa, il punto più alto della nostra storia, che doveva arrivare a inizio autunno.

L’apice giunse il 5 ottobre, quando l’American Weekly, il supplemento domenicale della catena editoriale Hearst che un numero enorme di giornali inseriva nel giorno festivo, dedicò un’intera pagina all’uccisione del mostro di Loch Ness da parte degli aerei italiani.

Il Popolo d’Italia, scriveva l’American Weekly, datando un suo servizio “Londra, 26 settembre”, aveva sostenuto che Nessie era stato ucciso da uno dei “grandi aerei” italiani, secondo il quale in uno dei raid, sulle acque del lago era stato bombardato e “distrutto” un enorme animale simile a un serpente. La presa in giro era feroce: si trattava di una delle poche vittorie navali italiane rimaste indiscusse sino a pochi giorni prima. Beh, niente da fare nemmeno questa volta: la testimonianza di J. MacFarlan-Barrow aveva smentito anche questa volta la propaganda fascista. Nessie, trasformato in un emblema di resilienza patriottica, era vivo e vegeto.    

Ecco il colpo di scena. L’American Weekly disponeva di una lettera al riguardo, datata 5 settembre 1941, che era stata messa “gentilmente a disposizione” dal conte Goffredo Pantaleoni.

Una cosa curiosa, e una lettera ancora più strana, come vedremo. Goffredo Pantaleoni (1889-?), figlio del grande economista Maffeo, era un funzionario del Touring Club Italiano (TCI), allora strumento importante per la cultura e per la politica estera italiana. Nel 1940 era a capo dell’Ufficio di New York del TCI, dunque si trovava in una sede prestigiosa. Probabilmente da tempo insofferente alla dittatura, il 1° giugno del 1940, dieci giorni prima del nostro ingresso in guerra, si dimise dal suo posto denunciando il totale asservimento dell’Italia all’espansionismo tedesco. Chiederà di rimanere negli Stati Uniti, Paese nel quale vivrà per il resto della sua vita.    

La presunta lettera era datata 3 settembre 1941. Chi scrive (un certo “G.”) diceva di avere in mano la lettera con la quale Pantaleoni si era dimesso dal partito fascista e da capo dell’ufficio TCI di New York. Ma chi scriveva passava poi, con apparente stupore, a parlare di una “fantastica coincidenza”.

Si direbbe che i due si fossero frequentati in passato, e G. ricordava di quando Pantaleoni gli spiegava di un suo zio scozzese, il medico Harrison Cripps, che aveva una villa nell’Argyllshire e delle vacanze che lì trascorreva. Al rientro dalle scampagnate gli raccontava le storie del folklore locale, mostro compreso.

Ma in che cosa consisteva la “fantastica coincidenza” di cui parlava G.? In questo: era lui il pilota che, nel suo ultimo raid aereo condotto sull’Inghilterra insieme ad aerei tedeschi, aveva colpito e forse ucciso Nessie!   

Sarebbe andata così: in una notte illuminata dalla Luna le formazioni tedesche e italiane dovevano incontrarsi sulla parte orientale della Manica. I tedeschi dovevano colpire Londra, gli italiani Ipswich e Harwich, più a nord. L’azione italiana però fu disturbata dalla contraerea e dalla caccia. Gigi, il navigatore del bombardiere, perse la rotta e l’aereo per errore volò verso nord, sino alla Scozia, con ancora il suo carico di bombe. Si abbassarono sul Loch Ness (bell’errore di rotta, non c’è che dire, anche per le tecniche di volo del tempo) e Gigi (o Luigi, come lo chiama in qualche punto) vide una massa sulle acque. Era il mostro, un animale lungo forse 16-17 metri! G. volò in tondo sul lago, per guardarlo meglio. Dominick, il bombardiere (l’articolo lo definisce così, con nome di battesimo in inglese), dopo che l’aereo fu risalito di 2000 piedi sganciò le bombe. Il mostro fu colpito, affondò, poi l’intero corpo riemerse dall’acqua. Per G. non era chiaro se l’animale era morto o se fosse solo ferito: essendo a corto di benzina diresse verso la base senza poter accertarne la sorte.

Sulla realtà storica del raccontino ci sarebbe parecchio da dire, in specie in relazione al periodo in cui la Regia Aeronautica agì davvero contro il territorio britannico: aveva infatti cessato di farlo, dopo pochi mesi di attività, a inizio gennaio 1941. Anche se il racconto di G. non fosse stato una mera invenzione avrebbe dovuto riferirsi a un periodo assai precedente la diffusione delle notizie sulla morte per bombardamento aereo di Nessie: non ne abbiamo, infatti, prima della metà di giugno del 1941.

Ma queste con ogni probabilità sono considerazioni oziose, visto il contenuto fantastico della vicenda.

La strana missiva si concludeva con un “a risentirci alla tua prossima lettera”. Beh, tutto è molto improbabile. Stiamo parlando di un antifascista italiano negli Stati Uniti da un annetto o più, che avrebbe avuto una corrispondenza postale con un ufficiale della Regia Aeronautica – pilota di bombardiere impegnato in missioni strategiche sulla Gran Bretagna – con il primo che ne scrive su tutti i principali quotidiani americani, e da lì in mezzo mondo.  A prescindere dal contenuto leggendario della missiva, anche se i due in qualche modo avessero davvero avuto una fortunosa corrispondenza clandestina, pubblicizzandola Pantaleoni avrebbe messo a rischio la stessa vita di G.

Ancora più strano, l’articolo dell’American Weekly proseguiva riportando altre testimonianze e opinioni su Nessie, quasi come se la lettera di Pantaleoni fosse un’inserzione nel corpo di un discorso principale già disponibile. Una specie di masso erratico, insomma, cascato dal cielo come un meteorite e piazzato nel cuore del ragionamento.

L’impressione – ma si tratta di un’impressione basata sul complesso delle narrazioni sulla morte di Nessie per mano dell’Asse – è che Pantaleoni, uomo fine, verso la conclusione dell’estate 1941 abbia colto l’occasione per prendere in giro il fascismo. In quei mesi, infatti – anche l’American Weekly ne è un esempio – Nessie diventa inaffondabile. I tedeschi e (soprattutto) i poveri italiani possono poco contro la Royal Navy. I loro successi sul mare sono sporadici e isolati.

Alla fine, pretendono di aver colpito un fantasma, quello del bestione del lago, ma a ben vedere anche quello riemerge, e gli fa marameo dalle acque.

Guardate a questo proposito (qui sotto) la magnifica illustrazione che accompagna l’American Weekly. Gli italiani, commentava in un occhiello il giornale, pensavano che quello che pensavano fossero gli spasmi dell’agonia in realtà “per gli inglesi erano un gesto familiare di derisione”.

“American Weekly”, 5 settembre 1941.

Poi, più sotto, date uno sguardo a come lo dipinse un altro giornale che riprese la storia, il World’s News australiano del 22 novembre 1941. Il gesto di disprezzo di Nessie è ancora più netto che nella prima versione.

“The World’s News”, Sydney, Australia, 22 novembre 1941.
“The World’s News”, Sydney, Australia, 22 novembre 1941.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La funzione bellica del mito diventò rapidamente più chiara. Il 10 ottobre 1941 l’idea che Nessie fosse fuggito in Germania era già su vari quotidiani americani (esempio: il Minneapolis Sunday Tribune and Star Journal). Il 17 dicembre il neozelandese Rodney and Otematea Times spiegava che alcuni abitanti delle sponde del lago ritenevano che Nessie potesse essere addestrato a dare la caccia ai sottomarini tedeschi nell’Atlantico e che l’importante era che la Royal Navy promettesse di sfamarlo adeguatamente (a dire il vero le battute su Nessie addestrato a mangiare sottomarini tedeschi erano già comparse su quotidiani americani come il Port Huron Times-Herald il 27 dicembre 1940). Ci avrebbero comunque pensato loro a spiegare alla Marina come fare a prendere il mostro. Secondo un altro intervistato a Edimburgo correva voce che Nessie avesse tradito la causa britannica e che fosse fuggito verso le coste tedesche, ma quello smentiva indignato la diceria.

Lo status di soggetto folklorico della leggenda moderna che da ora chiamiamo del mostro ucciso accidentalmente in guerra è rafforzato con decisione dalla presenza di racconti del genere prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, al momento dell’esplosione iniziale di interesse per il mostro scozzese, che aveva cominciato a prender forma tra la primavera e l’estate del 1933 e che dall’autunno era diventato una mania.

Il 19 ottobre di quell’anno, infatti, il quotidiano berlinese Deutsche Allgemeine Zeitung pubblicò la testimonianza di prima mano di un ex-ufficiale di marina e nobile tedesco, il barone Georg-Günther von Forstner (1882-1940), il quale spiegava di aver già ucciso senza volerlo, nella fase iniziale della Prima Guerra Mondiale, UNO dei mostri che abitavano il Loch Ness! Il 10 febbraio successivo ne apparve addirittura un disegno in un altro articolo dedicato alla storia di von Forstner, sul Kölnische Illustrierten Zeitung.

I dettagli della storia possono esser letti qui, ma ciò che ci interessa di questo racconto non è tanto la sua ovvia implausibilità (von Forstner raccontò di aver colpito un mostro lungo quasi venti metri, simile a un coccodrillo, insieme al vapore “Iberian”, che affondò al largo delle coste sud-occidentali irlandesi), ma per ciò che testimonia.  La leggenda del mostro di Loch Ness, di fatto, fu utilizzata sin dall’inizio a fini satirici, e fu usata come vicenda retrodatata, collocata dai perdenti nel contesto della Prima Guerra Mondiale, quale narrazione revanscista nei confronti degli ex-nemici che avevano prevalso. Poi probabilmente – purtroppo per le fonti tedesche e italiane le nostre lacune sono eccessive – la storia fu ripresa, ampliata e usata più volte nel nuovo conflitto mondiale ad opera della propaganda dell’Asse, per prendere in giro gli inglesi.

Essa però in una certa misura parve ritorcersi contro i suoi promotori italiani e tedeschi, perché la stampa del Commonwealth e poi quella statunitense fecero di Nessie un simbolo di inaffondabilità delle Isole britanniche. Un’araba fenice che risorgeva dalle acque ogni volta con nuovi avvistamenti – o, al limite, con storie di recuperi di carcasse che smentivano comunque gli italo-tedeschi – ma comunque raccontando che Nessie c’era.

La necessità della propaganda bellica, in un certo senso, inverava la realtà del mostro. Sia pure a fini retorici, era utile narrare della creatura del lago come una presenza sfuggente e inattaccabile. L’uso della fantasia di massa a fini bellici, d’altro canto, era ormai affermatissima. Il 1° agosto del 1942 uscì The Ducktators, uno dei cartoni animati americani della serie Looney Tunes, in cui Mussolini, Hitler e Hideki Tōjō sono rappresentanti come anatre stupide e fanatiche. Nello stesso 1942 il folklore dei gremlins, folletti dell’aria che disturbano gli aviatori e la cui matrice rimane incerta, era esploso tra gli equipaggi delle aviazioni dei Paesi del Commonwealth, generando racconti che poi saranno incorporati, un paio d’anni dopo, nel mito dei foo fighters, corpi luminosi imprendibili raccontati dagli aviatori alleati – uno dei rivoli da cui nel 1947 nascerà la saga dei dischi volanti.

Nessie nel 1941-42 è un vero, duro, coriaceo, squamoso suddito di Sua Maestà britannica, una creatura dell’acqua contro cui il continente europeo in gran parte in mano ai nazisti e ai loro alleati si sarebbe rivelato impotente.  

Non a caso, quando si parlò di “un altro” cetaceo malridotto rinvenuto a fine gennaio 1942 sulle rive dell’imboccatura del Loch (in realtà probabilmente si trattava di uno squalo di un mesetto prima di cui diremo meglio fra poco, come si deduce da fonti di stampa) si pensò a un ritrovamento del corpo di Nessie. Allo stesso tempo, queste storie sulla scoperta di carcasse “mostruose” furono l’occasione per la stampa anglosassone per asserire che recenti (nuove?) affermazioni della radio di Berlino secondo le quali Nessie era stato ucciso da un bombardiere della Luftwaffe erano falsità (The Macleay Chronicle, Australia, 11 febbraio 1942).

In questo modo, peraltro, nelle storie sull’annichilimento del mostro si stava passando dalla fase delle attribuzioni italiane a quelle tedesche, più o meno vaghe che fossero. Da qui in poi, diventeranno la norma. Il 30 luglio 1942 l’Advocate australiano scrisse che Radio Berlino aveva di nuovo assegnato alle forze del Reich l’uccisione “con un colpo in pieno”. “Una perdita spaventosa”, scherzava il giornale, sghignazzando.

A inizio estate la notizia del ritrovamento dello “squalo di quasi otto metri di lunghezza”  (in realtà lo squalo elefante spiaggiato alle Orkney a fine dicembre ’41) cui diede diffusione su vasta scala il settimanale americano Time del 29 giugno (p. 32) diventò tempo dopo l’occasione per dire qualcosa sulla prima notizia, quella della smargiassata italiana. Dopo che gli abitanti del posto avevano raccontato di aver visto Nessie vivo (un riferimento alle storia dell’agosto ‘41?) forse i nazisti si erano mossi per conto loro, stavolta uccidendo davvero l’animale… che però in realtà sarebbe stato un grosso squalo, non Nessie! (Evening Post, Nuova Zelanda, 1° dicembre 1942).

Il 16 dicembre 1942 quest’ulteriore giro di vite della saga del Nessie-morto-e-risorto riuscì ad attraversare le barriere belliche. Su La Stampa, Italo Zingarelli, giornalista importante, spiegava che forse il mostro non era morto per i bombardamenti aerei, ma ucciso dalla vecchiaia, come il recupero della carcassa dello squalo dimostrava…  

Dopo la guerra la versione dell’affondamento di Nessie da parte italiana avrà vita abbastanza lunga. La si trova sui quotidiani anglosassoni per almeno dieci anni, con il Newcastle Morning Herald (Nuova Zelanda) dell’11 novembre 1950 e con il Mirror (Australia) del 25 febbraio 1956 (e in quest’ultimo caso l’articolo pare mescolare la versione per la quale sarebbe uscito un articolo con un comunicato del “Ministero della Propaganda” italiano  sul Popolo d’Italia con le “rivelazioni” ironiche di Pantaleoni).

Un limite di questa piccola ricostruzione è il fatto che disponiamo quasi esclusivamente del versante anglo-americano della storia. Non abbiamo trovato, almeno per ora e se mai esistette, il pezzo con il quale nell’estate del 1941, di certo per ironizzare sui britannici, lo stesso organo ufficiale del Partito Nazionale Fascista, Il Popolo d’Italia, avrebbe annunciato l’eliminazione di Nessie.

E il ritrovamento, oltre che interessante, sarebbe piuttosto divertente. Quasi come quello della carcassa di Nessie squarciata dalle bombe dell’Ala Littoria.

Immagine in evidenza: un falso mostro fluviale creato dai protagonisti della commedia inglese The Whopper (regia di Gilbert Gunn, 1961) perché il loro libro sul mostro di Loch Ness non trova un editore.

 

Gli autori ringraziano Roberto Labanti per le copiose fonti giornalistiche gentilmente  fornite.

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