1 Novembre 2024
Dal mondo

A cosa serve il deposito di semi dell’Apocalisse?

Se avete letto un po’ delle teorie cospirative pre-2012, sicuramente vi sarete imbattuti nel “deposito di semi dell’Apocalisse”: un bunker sotterraneo situato a 1200 kilometri dal polo Nord, nelle remote isole Svalbard, eletto a “banca globale” per le sementi di tutto il mondo. Costruito in un’ex-miniera abbandonata di carbone, il deposito è stato progettato in modo da poter resistere anche a una guerra nucleare.

Fin dalla sua inaugurazione, nel 2006, lo Svalbard Global Seed Vault aveva acceso le fantasie dei cospirazionisti: perché cercare di salvare il maggior numero possibile di varietà agronomiche – si chiedevano in molti – se non perché è in arrivo una minaccia globale, un asteroide, un cataclisma che è destinato a riportarci tutti nel Medioevo? E perché fondazioni come quella di Bill Gates si sono impegnate per la sua promozione, finanziando le nazioni in via di sviluppo e i loro centri di ricerca agrari perché confenzionassero e inviassero i semi nel “bunker dell’Apocalisse”?

La vera funzione del Seed Vault, in realtà, è la stessa delle altre banche dei semi sparse per il globo: quella di salvaguardare la diversità genetica delle colture, contro la perdita accidentale di patrimonio genetico tradizionale; una sorta di backup a cui ricorrere nel caso in cui cambiamenti climatici, catastrofi naturali o guerre mettano a rischio particolari varietà botaniche.

Cary Fowler, ex-direttore esecutivo del Global crop diversity trust, lo aveva profetizzato nel febbraio 2012:

“Il deposito verrà usato con molta probabilità prima di quanto si possa pensare”.

Nemmeno tre anni dopo, nel corso del 2015, è avvenuto il primo prelievo. E no, non c’entrano improbabili asteroidi in arrivo o supervulcani in eruzione. A farne richiesta è stata l’ICARDA (International center for agricultural research in dry areas), che gestiva la banca delle sementi di Aleppo, in Siria, andata distrutta a causa della guerra.

La drammatica situazione del paese ha infatti influito anche sulle coltivazioni. Abdusalam Hajhamed, Ministro dell’Agricoltura, lo ha raccontato lo scorso 10 dicembre nel corso del 27° Forum di medicina vegetale di Bari: in Siria la maggioranza degli agronomi sono morti o emigrati, i fitofarmaci si trovano ormai solo al mercato nero, e questo ha fatto sì che la ruggine del grano distruggesse il 50% dei raccolti; gli agricoltori non hanno pezzi di ricambio per le macchine agricole e abbattono gli olivi secolari per scaldarsi e cucinare; e anche le varietà locali sono a rischio, perché le banche dei semi di Aleppo e Damasco sono andate distrutte, e le sementi mandate in Siria tramite aiuti umanitari stanno di fatto soppiantando le colture precedenti.

Per questo ICARDA ha chiesto al Global Seed Vault la restituzione di 130 campioni (circa 116.000 semi) depositati in precedenza nel bunker delle Svalbard, tra cui alcune varietà locali di orzo e grano particolarmente adatte al clima arido: in questo modo potrà ripartire con le sue attività a Beirut, in Libano. Riavviato il centro, ICARDA ha annunciato che provvederà a un nuovo invio del materiale al deposito delle Svalbard, in modo da avere nuovamente un backup nel caso si verifichino altri problemi. Questo è esattamente lo scopo per cui il Global Seed Vault è stato pensato: proteggere la biodiversità dalle possibili minacce. E a quanto pare i maggiori rischi non vengono dal cielo, ma dagli uomini.

Foto di Frode Ramone, da Wikimedia Commons, licenza CC BY 2.0

Sofia Lincos

Sofia Lincos collabora col CICAP dal 2005 ed è caporedattrice di Queryonline. Fa parte del CeRaVoLC (Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee) e si interessa da anni di leggende metropolitane, creepypasta, bufale e storia della scienza.

Un pensiero su “A cosa serve il deposito di semi dell’Apocalisse?

  • “Questo è esattamente lo scopo per cui il Global Seed Vault è stato pensato: proteggere la biodiversità dalle possibili minacce. E a quanto pare i maggiori rischi non vengono dal cielo, ma dagli uomini.”

    C’è biodiversità e biodiversità.

    Nella fattispecie si tratta di piante domesticate per selezione attiva dall’uomo a proprio beneficio che non esisterebbero se non fosse per l’opera creativa dell’uomo.

    In altre parole: se non ci fossero gli uomini non ci sarebbero nemmeno quelle piante, che sono una biodiversità sì, ma di un tipo più artificiale.

    Infatti la Natura non ne prevede l’esistenza e, lasciate a se stesse, perderebbero in breve quelle caratteristiche utili all’uomo (ma inutili alla loro sopravvivenza) tornando selvatiche, oppure si estinguerebbero anche in assenza di bombardamenti ai depositi semenzieri della Siria, magari grazie solo alla naturalissima ruggine del grano.

    Dunque al di là che le catastrofi siano naturali o causate dall’uomo, è buona cosa fare scorta del patrimonio genetico. E chi aveva predetto che il deposito sarebbe presto stato utilizzato, ha, a mio avviso, fatto una previsione molto…prevedibile.

    M.

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