6 Novembre 2024
Approfondimenti

Risolto il mistero del segnale WOW? Purtroppo no

Il 15 agosto 1977, nel corso di una ricerca di possibili segnali extraterrestri, l’astronomo Jerry Ehman notò un segnale insolitamente forte nel tabulato che riportava le osservazioni del telescopio “Big Ear”, nell’Ohio. Accanto al segnale annotò il commento “Wow!”, e da allora quello è passato alla storia come “il segnale WOW”. Non si è mai riusciti a trovargli una spiegazione convincente, per cui probabilmente si tratta dei migliore candidato ad un segnale artificiale extraterrestre. La storia è raccontata con un sacco di dettagli tecnici dallo stesso Ehman, a 30 anni da quell’osservazione.

La ricerca di segnali radio extraterrestri, il SETI, è un’impresa assolutamente disperata. Per ricevere il segnale proveniente dalle sonde Voyager, a solamente 3 giorni luce dalla Terra, si adoperano i più grossi radiotelescopi esistenti,  e anche se il telescopio Square Kilometre Array potrebbe in linea di principio rilevare un grosso trasmettitore a qualche centinaio di anno luce di distanza, i radiotelescopi oggi usati potrebbero rilevare solamente un segnale deliberatamente rivolto a noi. Anche il tipo di segnale è sconosciuto. Dovrebbe essere particolarmente semplice per poterne individuare la natura artificiale, e quindi si assume sia composto da una semplice portante, un’onda radio di frequenza fissa. Le possibili frequenze utilizzate dovrebbero essere comprese tra 1 e 10 GHz, regione in cui l’emissione radio naturale è minore. Le frequenze di alcune sorgenti naturali sono particolarmente indicate, in quanto gli astronomi le osservano già per scopi scientifici, e le emissioni naturali possono essere distinte in quanto tipicamente occupano una banda più larga dell’ipotetico segnale artificiale.

I radioastronomi lottano in continuazione con segnali artificiali, prodotti però da noi. Un tipico radiotelescopio sarebbe in grado di ricevere anche un normale cellulare che trasmettesse da Marte, quindi qualsiasi trasmettitore terrestre, anche se non si trova nella direzione puntata dal telescopio, crea grossi disturbi. In ogni osservatorio radioastronomico alcune persone hanno il compito di andare a caccia di trasmettitori “abusivi”: amplificatori d’antenna o telecomandi di cancelli malfunzionanti, isolatori di linee ad alta tensione che scaricano, circuiti elettronici di ogni tipo schermati male, forni a microonde che disperdono… Anche un detrito spaziale può riflettere verso il telescopio onde radio prodotte a terra. Quindi la ricerca di SETI è doppiamente difficile, perché esistono moltissimi segnali evidentemente artificiali che non sono extraterrestri.

Il telescopio Big Ear era (è stato smantellato nel 1997 per far posto ad un campo da golf) un telescopio di transito. Ogni giorno veniva puntato verso una direzione fissa e grazie alla rotazione della Terra osservava una sottile striscia di cielo nell’arco delle 24 ore. In questo modo, striscia dopo striscia, poteva osservare tutto il cielo: si tratta del tipo di strumento ideale per survey di grandi zone di cielo. Ma ogni posizione può essere osservata solo per pochi secondi (circa un minuto, nel suo caso) e non è possibile ripuntarlo in una direzione arbitraria, occorre aspettare che questa gli ritorni davanti. Dal 1973 al 1995 venne impiegato per quella che è stata probabilmente la più lunga ricerca sistematica di possibili segnali extraterrestri mai realizzata. Era equipaggiato con un ricevitore sintonizzato alla frequenza di emissione dell’idrogeno, a 1420 MHz. Il ricevitore misurava la differenza tra l’emissione in due zone di cielo vicine, in modo da cancellare il rumore dovuto al ricevitore e al fondo del cielo, e scomponeva il segnale in strette bande da 10 kHz ciascuna. Il risultato veniva stampato ogni 12 secondi su un tabulato, usando numeri e lettere per rappresentare l’intensità del segnale.

Wow_signal_profileIl segnale WOW era costituito dalla sequenza di caratteri “6AQU J5”, che trasformato in un grafico rappresenta un segnale che gradatamente aumenta di intensità, fino a raggiungere un valore di 30 unità arbitrarie (54 Jansky, per i radioastronomi), e poi cala. Il profilo corrisponde precisamente a quello che avrebbe un segnale extraterrestre, visto dal telescopio mosso dalla rotazione della Terra. Il segnale è stato visto solo in un canale di frequenza, come ci si aspetterebbe da un segnale artificiale. Ma in teoria un segnale extraterrestre dovrebbe vedersi due volte, in quanto transita davanti ad entrambi i “fasci” del telescopio. Il fatto che si sia visto solo una volta indica che nei cinque minuti necessari per passare da un fascio all’altro la sorgente si è spenta (o accesa, se è stata vista dal secondo fascio).

In questi quasi 40 anni si è inutilmente cercata ogni spiegazione per questo segnale. La regione di cielo è stata riosservata, senza successo. Non conteneva all’epoca pianeti o asteroidi noti, neppure stelle vicine al Sistema Solare. Anche se ogni trasmissione è vietata a questa frequenza, è possibile si tratti di un segnale terrestre – in fondo i guasti non rispettano le regolamentazioni. Ma avrebbe dovuto variare esattamente come farebbe un segnale proveniente dallo spazio, cosa alquanto improbabile. Non può essere causato da un aeroplano o un satellite artificiale, che si muovono molto più velocemente. Potrebbe essere un segnale riflesso da un asteroide, abbastanza lontano dalla Terra da non muoversi apprezzabilmente in quel minuto, ma questo richiederebbe un trasmettitore a terra molto potente, non compatibile con una trasmissione accidentale. Potrebbe essere dovuto ad un malfunzionamento del ricevitore, ma ancora è molto strano che questo si sia verificato una sola volta, e con le esatte caratteristiche di un segnale extraterrestre. Sono stati proposti, ed esclusi, i meccanismi più improbabili, come l’effetto di una lente gravitazionale che avrebbe amplificato il segnale di una galassia lontana. Alla fine rimaniamo con il classico problema dei casi unici: abbiamo solo quel tabulato e tante ipotesi che non possono essere verificate.

Recentemente un astrofilo, il prof. Antonio Paris (professore di astronomia al St. Petersburg College di Tarpon Springs, Florida, e fondatore di un gruppo ufologico, “The Aerial Phenomenon Investigations Team”),  ha reso disponibile sul web un articolo, annunciato in via di pubblicazione sul Journal of the Washington Academy of Sciences (fascicolo inverno 2016) in cui suggerisce che il segnale sia dovuto al gas nella chioma di una cometa, che accidentalmente è passata nel fascio del radiotelescopio (risulta anche un secondo autore, Evan Davies, che però non si è mai esposto pubblicamente sulla teoria). Secondo i calcoli di Paris le traiettorie della cometa 266P/Christensen e della  P/2008 Y2 (Gibbs) hanno attraversato appunto uno dei fasci all’incirca al momento giusto. E suggerisce di riosservarle quando ripasseranno per lo stesso punto,  il 25 gennaio 2017 e il 7 gennaio 2018.

La cosa però presenta diversi problemi. Nella chioma di una cometa è presente acqua, e la radiazione ultravioletta del Sole la scompone producendo ossidrile (ione OH), e idrogeno, che genera appunto un segnale radio a quella frequenza. Ma l’idrogeno ha un’emissione radio estremamente debole, e per produrre il segnale osservato servirebbe la quantità di questo gas liberata da alcuni chilometri cubi di ghiaccio. Il gas normalmente presente in una cometa è meno di un milionesimo di questo, e quindi produrrebbe un segnale alcuni milioni di volte minore di quanto osservato. L’ossidrile, che ha una emissione molto più intensa, è stato osservato diverse volte nella chioma di comete, ma non esistono osservazioni radio di idrogeno in comete. L’idrogeno viene osservato correntemente in galassie esterne, ma in nessuna immagine di queste è mai apparsa accidentalmente una cometa. Anche assumendo che la cometa fosse molto vicina alla Terra, e che la velocità di evaporazione del nucleo fosse estremamente alta, non si riesce a raggiungere la luminosità radio del segnale WOW. Questa critica è già stata mossa da astronomi professionisti, ad esempio dal prof. James Bauer del JPL.

Analizzando in dettaglio l’articolo emergono altre grosse incongruenze. Le comete indicate come sorgenti del segnale non erano nel fascio del telescopio, ma a diversi gradi di distanza, al momento dell’osservazione. Il radiotelescopio quindi non era in grado di vederle. Inoltre gli oggetti nel Sistema Solare hanno velocità relative piuttosto alte, e questo causa uno spostamento Doppler della riga, che ancora per le due comete era molto differente da quello osservato. Le due comete erano oltre la fascia degli asteroidi e quindi poco attive, il che riduce ulteriormente l’intensità di un eventuale segnale. Infine non si capisce perché aspettare un anno per riosservare le comete: visto che il problema è se una cometa possa essere visibile a quella frequenza, la teoria potrebbe essere provata osservandone una qualsiasi.

In conclusione le comete non erano nella direzione osservata, si muovevano ad una velocità differente da quella del segnale, e l’idrogeno prodotto da una cometa emette un segnale talmente debole da non essere mai stato osservato finora, mentre il segnale WOW era particolarmente intenso. Appare molto improbabile che questa ne sia una spiegazione.

Segnale Wow!: immagine da Wikimedia Commons, pubblico dominio

Un pensiero su “Risolto il mistero del segnale WOW? Purtroppo no

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *