1 Ottobre 2024
Fanta-scienza

L’INAF “fa finta” di credere a Gravity… e noi?

Il 3 ottobre sulla Stampa appare un articolo del famoso astrofisico Giovanni Bignami, presidente dell‘Istituto Nazionale di Astrofisica, che denuncia quanto ai suoi occhi Gravity, il film di Alfonso Cuaròn, appaia ben poco plausibile. Tra gli aspetti che suscitano la sua incredulità ci sono i detriti spaziali, la distanza tra il telescopio spaziale Hubble e la Stazione Spaziale Orbitante e la composizione della tuta spaziale. Ma come avremmo dovuto vedere queste scene, perché fossero plausibili?

Quanto è sporco lassù

Nei primi minuti del film vediamo le operazioni di manutenzione del telescopio spaziale Hubble che vengono interrotte dall’arrivo di alcuni detriti spaziali, derivati dalla frammentazione di un satellite russo. Sfortuna vuole che l’orbita di questa immondizia spaziale sia simile a quella del telescopio, e uno scontro sembra perciò essere inevitabile. I poveri astronauti, personificati da George Clooney e Sandra Bullock, devono perciò rientrare di corsa nello Shuttle, mentre i frammenti si avvicinano minacciosi. Ma non fanno in tempo. Lo Shuttle e il telescopio vengono ridotti in brandelli e i due protagonisti restano in balia del vuoto spaziale.

Il problema dei rifiuti spaziali è reale, dal momento che dagli anni Cinquanta abbiamo continuato ad intasare le orbite utili con un sempre crescente numero di satelliti dismessi. Se continuiamo così arriverà il momento in cui sarà molto difficile immettere un satellite in orbita senza che venga danneggiato. Tuttavia, secondo il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Giovanni Bignami, “nella realtà, i detriti hanno velocità di diversi chilometri al secondo, per cui si vedrebbero arrivare molto meno di una palla di fucile, anche se abbastanza grossi… Mentre nel film sembra che arrivino svolazzando come sassi che cadono da una parete”. In una scena reale avremmo visto perciò gli astronauti cercare di ripararsi da una mitragliata di oggetti grandi anche quanto un uomo, senza però riuscire a vederne nemmeno uno.

Distanze relative

Il secondo aspetto che ha non ha convinto Bignami è stata la distanza cinematografica tra la ISS e il telescopio spaziale Hubble. Subito dopo lo sfortunato incidente, Clooney trasporta infatti la collega al riparo sulla Stazione Spaziale, che guarda caso era proprio lì nelle vicinanze. E lo fa usando il (quantomeno sospetto) getto di stabilizzazione della tuta. “Ennesima dose di FFDC”.

Nella realtà, per arrivare fino alla ISS, occorre scendere di 150 chilometri e passare a un orbita praticamente perpendicolare. Sempre pensando che i due manufatti siano nei punti più vicini, ma potrebbero anche essere dall’altra parte della Terra. Inoltre tutta l’operazione viene svolta grazie al getto di stabilizzazione della tuta. Per dare l’idea, sarebbe un po’ come scendere con un triciclo da una montagna alta diciotto volte il monte Everest.

Anche l’astronauta è sexy

In ogni caso, una volta fuggita a tutti i pericoli dello spazio facendo largo uso della fiducia del pubblico, Sandra Bullock riesce a raggiungere la ISS e a mettersi comoda togliendosi la tuta spaziale. Si sfila la parte dorsale e, con qualche colpo di reni, anche la parte inferiore della tuta se ne va. Quello che le resta addosso dopo questa operazione è soltanto un paio di calzoncini molto corti e una canotta scollata. Un abbigliamento capace di mettere in crisi il più serio degli astronauti. Nella realtà, tuttavia, la bella astronauta non avrebbe avuto occasione di mostrare le sue forme.

Come riferisce Luca Parmitano, sotto la tuta va indossata anche la sottocombinazione (una specie di biancheria intima che copre tutto il corpo) e la sottotuta LCVG (uno “strato” deputato al raffreddamento liquido e tramite ventilazione). Particolare meno poetico è il pannolone che viene indossato da tutti gli astronauti durante le missioni extraveicolari. Sì, perché gli astronauti devono restare fuori dai moduli abitativi per diverse ore e non possono scappare dentro ogni volta che hanno bisogno di andare al bagno. Nella realtà, quindi, il sex appeal sarebbe stato ben nascosto da pannolone e sottotute.

Esimio predecessore

E pensare che una versione fisicamente più plausibile era già stata scritta da Ray Bradbury, nel 1949. Il titolo era Caleidoscopio e raccontava di un simile incidente in orbita, con esiti meno fortunati.
In ogni caso, per quelli che prendono la deprecabile decisione di non leggere il racconto, ecco la versione fisicamente plausibile di Gravity.
— Abortire la missione: siete sulla possibile traiettoria di alcuni detriti.
— Da dove arrivano?
— La direzione è…
Il telescopio spaziale si squarcia di colpo, sullo Shuttle si aprono enormi fenditure. La Bullock si disperde nello spazio, Clooney resta aggrappato al relitto dello Shuttle. I protagonisti sono impotenti e continuano a parlare tramite la radio fino a che non finisce l’ossigeno o finchè uno dei due si incendia nell’atmosfera.
Fine.

Alessio Francesco Brunetti
www.fantascienza.com

Immagine di gene1970 da Pixabay

13 pensieri riguardo “L’INAF “fa finta” di credere a Gravity… e noi?

  • non avete pensato alle realtà alternative con leggi fisiche diverse e tecnologia più avanzata! 😉

    Rispondi
  • è solo intrattenimento. Lo si vede per divertirsi. Come un tempo i letterati snobbavano il cinema perché privo di consistenza storica.

    Rispondi
  • In qualsiasi spettacolo, teatrale, cinematografico o di magia, c’è una parte inverosimile che lo spettatore deve accettare, viceversa praticamente nessuna opera di finzione sarebbe passabile.
    E’ cuirioso che, per una volta che il regista fa grandi sforzi e assume consulenti per rendere l’opera aderente alla realtà, pur prendendosi qualche licenza altrimenti sarebbe stato tutto noiosissimo, si sia scatenata la caccia all’errore anche da parte di tecnici spaziali e scienziati.
    A me sa tanto di quell’atteggiamento da spocchioso che “io che la so lunga sono capace di trovarci gli errori”.
    Che dovremmo dire allora di Independence Day o di Armageddon?

    A me, nonostante tutto, è piaciuto e sono lieto che abbia riacceso per qualche settimana l’attenzione del grande pubblico per lo spazio.

    Rispondi
  •  
    Volendo fare i pignoli, allora, anche il primo astronauta in tuta spaziale morto col volto trapassato da un detrito che gli ha nettamente asportato parte della faccia, doveva avere schizzi di sangue (poi subito congelato) ovunque. E i suoi colleghi dentro lo shuttle sventrato sarebbero prima parzialmente esplosi per immediato contatto con ambiente esterno a pressione 0, con grandi schizzi di sangue e poi, subito dopo, congelati assieme agli schizzi.
     
    E la scena in cui Clooney si sgancia eroicamente dalla Bullock trattenuta per un piede da una cinghia di paracadute e viene portato via dalla forza centrifuga non avrebbe avuto senso se i due non fossero stati in rotazione attorno a un punto assieme a tutto ciò che era collegato alla fune, l’intera stazione spaziale compresa, e questo non si nota dalle stelle circostanti la scena.
    E… ma è inutile fare i pignoli, perché questo è un film che racconta una storia, non un documentario scientifico.
    Nei film, è ammesso il “patto col regista” (un po’ come la licenza poetica), che consiste nel mandar giù una dose ragionevole di cose improbabili in cambio di una contropartita artistica gradevole.
    Ve lo immaginate Clooney che si separa dalla Bullock, semplicemente perché sbaglia manovra come un fesso qualsiasi?
    E soprattutto ve la immaginate la Bullock che si spoglia fino al col pannolone, che date le traversie subite non poteva essere candido?
    Io no. Io preferisco di gran lunga il film così com’è
     

    Rispondi
  • Beh, sì, in fondo si tratta di una storia romanzata e non di un documentario scientifico…

    Rispondi
  • In questo commento mi pare che si perda di vista (in modo abbastanza grave) che il cinema è per sua stessa definizione finzione, “fiction”. Ogni volta che andiamo al cinema lasciamo fuori dalla porta l’analisi scientifica di ciò che vediamo e firmiamo al regista una cambiale in bianco di veridicità perché è importante quello che ci vuole dire, le emozioni che intende suscitare piuttosto che la completa verosimiglianza dei fatti mostrati.
    Forse chi scrive frequenta poco i cimema altrimenti saprebbe che le pallotte non sibilano, i cazzotti non fanno svenire la gente, le auto non esplodono e via di questo passo.
    Parafrasando Bogart: “E’ il cinema bellezza!”

    Rispondi
  • Per la proprietà transitiva, se gli Americani riescono a falsificare così bene la loro stessa Storia, al Cinema (vedi i tanti Western ispirati alla strage dell’ Ok Corral) non si vede perché non debbano riuscire, sempre al Cinema, a falsificare la Scienza.

    Rispondi
  • Relativamente al punto “Quanto è sporco lassù” ho un dubbio:
    anche gli astronauti sono in orbita, e quindi si muovono a veolocità orbitale. Quindi la velocità dei detriti deve essere quella relativa alla loro stessa velocità, ed essendo entrambe elevatissime è verosimile che gli astronauti vedano i detriti muoversi lentamente. é come pensare ad una pallottola di fucile vista da un’altra pallottola di fucile che le viaggia vicinissima.
    Non è così?

    Rispondi
  • So che c’entra poco ma a me la Bullock con la faccia rifatta è la cosa che mi ha dato più noia. 

    Rispondi
  • Samantha Cristoforetti ha commentato il film punto per punto. Si stà addestrando per restare sei mesi sulla ISS, quindi mi pare che i suoi commenti siano i più calzanti. Però dice che i suoi colleghi (astronauti) hanno apprezzato il film!
    Forse perchè dopo i supereroi, dopo gli alieni, dopo i mondi alternativi, qualcuno si spreca in un avventura per quei miseri astronauti che oggi volano su mezzi antidiluviani, poveretti. Vuoi mica metterli a confronto con i luccicanti dischi volanti? Che figuraccia con quelle goffe tute e le navette (ormai pensionate), che sembrano più dei grossi giocattoloni per nerd.
    Oggi, Apollo 13: è fantascienza o un film d’attualità? Fantascienza.
    Quanto al pattume spaziale, il vero pericolo non sono i satelliti, ma i frammenti di satelliti esplosi più o meno accidentalmente, che producono pezzi anche molto piccoli. E’ vero che viaggiano a 26.000 km/h, ma occorre anche valutare l’inclinazione con cui colpiscono per via della loro orbita. Se viaggiano dietro a me sulla mia orbita, non mi prendono. Se arrivano angolati, fanno tanto più danno tanto più sono angolati.
    Un satellite impiega un certo tempo per cadere naturalmente sulla Terra, non rimane lì in eterno. Il tempo di permanenza dipende dall’altezza. La cronaca ci racconta di satelliti che appena disattivati iniziano a cadere. Sono quelli che si trovano nelle orbite più basse.
    Il NORAD americano monitora (non solo il NORAD) le orbite e cataloga ogni oggeto rilevabile dai loro radar, anche minuti frammenti. Appena i computer stabiliscono che c’è il rischio di collisione con la ISS, subito questa viene spostata. Ciò non impedisce che spesso sia colpita da oggetti. per fortuna sono piccoli e si disintegrano all’impatto, lasciando un piccolo foro sulle struture della ISS, che però è protetta da questo genere d’impatti. Lo era anche la navetta spaziale, che subì collisioni anche sui finestrini, senza pregiudicare la missione. 

    Rispondi
  • @Starcruiser: ora capisco perché hai scelto quel nickname. Complimenti!

    Rispondi
  • @Corrado
     
    Prendo atto e ti ringrazio.
    Pensavo peggio. Facendo il subacqueo so che se si porta uno a 10 m sott’acqua di colpo, come minimo gli implodono i timpani e la maschera, che non viene compensata in tempo, produce una depressione relativa all’ambiente esterno che riempie la cornea di sangue per rottura dei capillari. Mi è capitato di vedere amici con un lieve “colpo di ventosa”  (così si chiama la maschera non compensata bene)  riemergere con gli occhi rossi come il conte Dracula. Ma questo non si noterebbe nel film.
     

    Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *