4 Ottobre 2024
Il terzo occhio

Una fibrilla per la Sindone – la replica di Di Lazzaro

Lettera pubblicata ai sensi dell’articolo 8 della legge 47/1948 in riferimento all’articolo di Gigi Garlaschelli “Una fibrilla per la Sindone”, pubblicato qui.

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Gentile Professore,

vorrei ringraziare Lei il CICAP e la UARR per l’attenzione prestata al nostro recente Rapporto Tecnico sulla colorazione similsindonica disponibile alla pagina opac.bologna.enea.it:8991/RT/2011/2011_14_ENEA.pdf.

Le critiche, se documentate, sono sempre bene accette da parte nostra. In particolare, gran parte delle critiche che appaiono sui siti web si basano sui suoi commenti pubblicati online alla pagina http://www.queryonline.it/2011/12/28/una-fibrilla-per-la-sindone/

Personalmente, ho apprezzato il tono distaccato e quasi “neutrale” dei suoi commenti. Viceversa, ho meno apprezzato il contenuto tecnico degli stessi, laddove non ho trovato corrispondenza tra alcune sue affermazioni e il contenuto del Rapporto. Nello specifico, qui sotto elenco alcuni punti salienti

A) Lei scrive: “Gli autori affermano che «i ricercatori STURP conclusero che l’immagine corporea non è dipinta, né stampata, né ottenuta tramite riscaldamento», forse riferendosi ai risultati negativi di Jackson sopracitati. In realtà secondo lo STURP l’ingiallimento potrebbe essere dovuto a degradazione e ossidazione della cellulosa del lino, a sua volta indotta da cause termiche o chimiche.

Non è vero che ci riferiamo ai risultati di Jackson. Come lei sa, i ricercatori STURP conclusero che l’immagine sindonica non è dipinta, né stampata, né ottenuta tramite riscaldamento sulla base delle misure in situ di spettroscopia (sia X che UV che visibile) effettuate sul telo sindonico nel 1978 e di spettroscopia Raman e pirolisi su frammenti prelevati tramite nastro adesivo. I risultati di queste analisi sono stati pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali (Applied Optics, X-ray spectrometry, Analytica Chimica Acta e altre). Questi articoli nel Rapporto Tecnico ENEA sono citati come referenze 5, 6, 7, 9, 10, 11, 12. Il lavoro di Jackson, che abbiamo citato come referenza 14, conferma con altre metodologie i risultati ottenuti precedentemente. Questi risultati del 1978 rappresentano una ragguardevole mole di dati sperimentali e la lettura delle referenze sopra citate è un must per chiunque voglia occuparsi degli aspetti scientifici dell’immagine sindonica. Da questi risultati sperimentali emerge al di là di ogni ragionevole dubbio che l’immagine presenta caratteristiche incompatibili con una origine pittorica, da stampa o da riscaldamento.

Per quanto concerne la sua frase a chiusura del commento sopra riportato, l’eventuale causa termica dell’ingiallimento è stata esclusa dagli stessi chimici STURP Heller, Adler e Rogers che, sulla base di misure di fluorescenza sul telo, erano concordi nel ritenere che lo sconosciuto processo di colorazione doveva essere a bassa temperatura, inferiore ai 200 °C. Infine il fatto che secondo lo STURP l’ingiallimento è dovuto a disidratazione ossidativa è chiaramente scritto nel punto “d” dell’Introduzione del Rapporto e ribadito nel paragrafo 8.1, ma evidentemente queste citazioni le sono sfuggite.

B) Lei scrive: “Più recentemente, abbiamo sperimentato l’ipotesi della degradazione chimica (…) Tuttavia, le caratteristiche di fibre sottoposte a degradazione chimica non sono nominate nel rapporto in esame.

Caro Professore, ma le pare possibile che non abbiamo citato il suo lavoro sulla degradazione chimica? Ovviamente lo abbiamo fatto, si trova al numero 20 della lista delle referenze. Ci dispiace che le sia sfuggito anche questo dettaglio.

C) Lei inoltre scrive: “Gli autori scartano inoltre l’ipotesi termica in quanto, dopo un loro esperimento con un laser termico a CO2, «l’analisi microscopica ha evidenziato una colorazione troppo profonda …

Non è vero, noi non abbiamo fatto irraggiamenti di lino con laser a CO2. Nel Rapporto si fa un chiaro e inequivocabile riferimento ai risultati riportati nella referenza 21 che descrive gli esperimenti con laser a CO2 effettuati da Ferrero, Testore, Tonin e Innocenti e pubblicati sulla rivista AUTEX. Solo una superficiale e affrettata lettura sia del testo che delle referenze può generare questo fraintendimento.

D) Lei scrive: “I risultati della colorazione del lino con laser UV sono stati valutati principalmente ad occhio nudo, basandosi sulla colorazione (nessuna, gialla, marroncina, marrone scura) di fili dopo il trattamento, fino ad ottenere la “giusta” tonalità.

Questa affermazione si riferisce alla sola tabella del Rapporto ENEA e non rende giustizia alle analisi dei risultati (cui abbiamo dedicato un intero paragrafo) e alle diverse microfotografie e misure spettrali. La invito a leggere le figure 6, 7, 10, 11, 12, 13 e poi ne riparliamo. Si tratta di misure quantitative di spessori di colorazione, riflettanza assoluta e assorbimento spettrale, struttura cristallina, temperatura del tessuto durante l’irraggiamento. Altroché valutazioni ad occhio nudo! Ancora una volta, quello che emerge da questi commenti è una lettura dell’articolo affrettata e superficiale.

E) Lei aggiunge: “Una sola fibra con le caratteristiche desiderate, la cui colorazione potrebbe interessare solo la pellicola più esterna della fibra, su migliaia o centinaia di migliaia non sembra certo un risultato così eclatante come ci si aspettava, tale da meritare tanto clamore.

Questa osservazione determina anche il titolo delle sue considerazioni, e quindi merita un commento particolare. Il “clamore” suscitato dal nostro lavoro sarebbe “immeritato” se il nostro scopo fosse stato la replica esatta dell’immagine sindonica tramite luce laser. Viceversa, come spiegato in diverse parti del Rapporto, il nostro scopo principale era di individuare e comprendere i processi fisici e chimici che possono aver portato alla formazione dell’immagine. In questo ambito, il laser eccimero si è rivelato uno strumento adatto ad indurre processi fotochimici in grado di generare alcune caratteristiche della colorazione sindonica, ma non tutte, come spiegato nel Rapporto. Aver ottenuto una fibrilla colorata con uno spessore di 0,2 millesimi di millimetro ogni mille fibrille irraggiate è comunque un risultato interessante, perché significa che esiste un valore di irraggiamento specifico che permette di ottenere una colorazione sub micrometrica analoga a quella sindonica. Ma significa anche che è estremamente difficile ottenere questo risultato.

Paradossalmente, questo parziale insuccesso ha dato maggiore risalto e interesse al nostro lavoro, perché ha confermato una volta di più che è quasi impossibile riprodurre in laboratorio una colorazione microscopicamente simile a quella sindonica. L’analisi del suo lavoro di colorazione chimica similsindonica pubblicato sul JIST porta alle stesse conclusioni: nemmeno lei è riuscito a ottenere un risultato vicino all’immagine della Sindone (vedi www.acheiropoietos.info/proceedings/HeimburgerWeb.pdf e Letter to the Editor Comments on “Life-Size Reproduction of the Shroud of Turin and Its Image” by L. Garlaschelli”, Journal of Imaging Science and Technology, Vol. 55, 2, March/April 2011, pp. 020102 )., anzi è assai probabile che la profondità di colorazione da lei ottenuta sia nettamente maggiore dei 7 millesimi di millimetro mostrati nella figura 6a del Rapporto ENEA. La conclusione logica, ovviamente sintetizzata dai media, è la seguente: se Garlaschelli non ci riesce, se il team ENEA ci va vicino ma non ci riesce, se in 113 anni illustri studiosi come Vignon, Pesce Delfino, Rodante, Pellicori, Rogers, Nickell, Moroni, Fanti, Judica Cordiglia, Accetta e tanti altri non ci sono riusciti, sorge qualche dubbio che ci sia riuscito un falsario con la tecnologia disponibile nel medioevo.

F) Lei inoltre scrive: “Non sono prese in considerazione le caratteristiche che potrebbero possedere fibre ingiallite per effetto chimico per confrontarle con quelle della Sindone.

Il significato di questa frase non è chiaro, e si presta a diverse interpretazioni. Se lei si riferisce alle caratteristiche delle fibre colorate chimicamente nel suo esperimento, ne abbiamo parlato nel primo punto del paragrafo 2 (pagine 8 e 9) e inoltre la seconda delle referenze 20 contiene una lista dettagliata delle differenze tra le fibre da lei colorate chimicamente e quelle di immagine della Sindone. Se invece si riferisce alle proprietà chimiche della colorazione sindonica, queste sono riportate in dettaglio nel paragrafo 8.1 e nelle referenze connesse.

G) Lei scrive, ancora: “Non sono prese in considerazione le caratteristiche di fibre ingiallite per semplice invecchiamento, per esempio quelle di vecchi tessuti di lino, per confrontarle con quelle della Sindone (ricordiamo la presenza di fibre ingiallite sulla Sindone, anche al di fuori dell’immagine).

Anche in questo caso, sembra che lei abbia saltato ampie parti del Rapporto. Noi dedichiamo l’intero paragrafo 5 ai risultati di invecchiamento del tessuto di lino, e come questo invecchiamento possa aver contribuito alle immagini cosiddette latenti. L’articolo che abbiamo citato come referenza 43 affronta inoltre esplicitamente il tema dell’invecchiamento (disidratazione) della cellulosa, vale la pena di leggerlo.

H) Lei quindi si avventura nell’ipotesi di un “moderno falsario” (ma non si parlava del 1260?) che usa un forno a microonde o luce solare o chimica o luce UV “per invecchiare la sua opera” e conclude che “questo ovviamente non vorrebbe dire che l’opera originale che sta cercando di imitare sia stata prodotta, secoli prima, grazie a microonde o con un laser UV, quindi i risultati dei ricercatori dell’ENEA non bastano a escludere l’ipotesi di un falsario medioevale.

In questo caso lei fa un esercizio di logica, che sfortunatamente ignora la sostanza. Infatti, lei sembra ignorare che nel Rapporto noi reputiamo “non ragionevole” l’ipotesi del falsario medioevale a causa della impossibilità di replicare contemporaneamente tutte le caratteristiche microscopiche dell’immagine sindonica e delle altre macchie presenti sul telo. C’è bisogno che le ricordi le caratteristiche più difficili da replicare? Forse sì: 1) la superficialità sub-micrometrica della colorazione, 2) l’intensità del colore determinata dalla densità aerolare delle fibrille colorate tutte aventi lo stesso valore RGB, 3) la compresenza di sangue umano ed elevata concentrazione di bilirubina (quest’ultima invisibile a occhio nudo, e visibile tramite fluorescenza da lampade UV che non erano a disposizione del falsario medioevale), 4) l’assenza di immagine sotto le macchie di sangue, 5) la perfetta rispondenza delle macchie di sangue ed essudato alle moderne conoscenze di medicina legale, sconosciute nel medioevo. Tutte queste caratteristiche sono riportate in articoli peer reviewed su riviste scientifiche, se si ha la pazienza di leggerli. E’ dal 1898 che decine di scienziati e studiosi cercano di riprodurre la colorazione sindonica senza riuscirci, nemmeno con le conoscenze attuali, incomparabilmente migliori di quelle disponibili nei secoli passati. Tornando quindi al suo “moderno” falsario medioevale, mi spiega come abbia potuto realizzare questa immagine? Caro

Professore, il suo tentativo, i cui risultati sono pubblicati sul JIST nel 2010, è un esempio perfetto: sapendo esattamente quello che doveva fare, un prestigioso chimico in un laboratorio attrezzato non è riuscito a riprodurre nemmeno una delle cinque caratteristiche che ho riassunto qui sopra. Io non credo alla possibilità che un falsario chimico medioevale sia più bravo di lei.

I) Lei infine scrive: “Dello stesso parere (riportato anche da Antonio Lombatti) è anche Christopher Ramsey

Sono andato a cercare sul link http://blogs.telegraph.co.uk/news/tomchiversscience/100125247/the-turinshroud-is-fake-get-over-it/ la frase di Ramsey che lei cita. Non l’ho trovata. Lei ha controllato la fonte? Oppure si è solo “fidato” di Lombatti e ha fatto copia/incolla? Mi può spiegare dove l’avete letta?

Caro Professore, spero che queste brevi note aprano la possibilità di un dialogo sereno e una migliore comprensione reciproca, allo scopo di migliorare la nostra conoscenza degli aspetti scientifici dell’immagine sindonica.

In attesa di un suo cortese e solerte riscontro, la saluto con grande simpatia e cordialità e le auguro un anno nuovo ricco di soddisfazioni.

Paolo Di Lazzaro
Dirigente di Ricerca
Centro Ricerche ENEA di Frascati, CP 65 00044 Frascati
Frascati, 5 Gennaio 2012

14 pensieri riguardo “Una fibrilla per la Sindone – la replica di Di Lazzaro

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  • E quindi mandiamo al macero il C14…. dimenticando che 7 secoli di invecchiamento sono sempre molto difficili da riprodurre.
    Attendo con ansia una spiegazione che non tiri in ballo un evento miracoloso.
    (ovviamente chi vuol credere al miracolo a tutti i costi può sempre farlo, ma non cerchi di spacciarlo per scienza…)

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  • Ho una domanda per il professor Di Lazzaro. Vorrei sapere che senso ha una ricerca di questo genere. Cercherò ora di spiegarmi. Se accettare l’autenticità della sindone è questione di fede, perché cercarne conferma nella scienza? Non è uno spreco assoluto di risorse che potrebbero essere dedicate ad altro?
    Voglio dire, in quanto reliquia accettata, né la sua, né altre ricerche possono in alcun modo scalfire la sua autenticità, possono solo confermarne ancora una volta la falsità. Il fatto che siano state supposte caratteristiche particolari della salma di Gesù Cristo a conferire al tessuto le sue proprietà, non è per sua natura l’ultima delle ipotesi da prendere in considerazione dal punto di vista scientifico? Quali che siano le conclusioni che lei propone in base ai dati raccolti, non potranno mai definirne l’autenticità se non storpiando il significato stesso di quella autenticità.
    Si sta offrendo una stampella alla fede? Perché nel caso si tratta ovviamente di uno spreco caricaturale di risorse. Domando da profano quale sia allora la motivazione che spinge in prima battuta a ricerche di questo genere. Cosa muove a studiare la sindone, a parte appunto l’aspetto dell’autenticità che per definizione stessa tira in ballo il soprannaturale, ed è quindi a sua volta per definizione al di fuori del suo campo (e di quello di qualunque altro scienziato)? Che interesse particolare ha la sindone rispetto a un altro manufatto? Giustifica il dispiego di energie? Perché così (sempre da profano, bene inteso) si ha tutta l’aria di una corsa spasmodica alla confutazione dei risultati già ottenuti a partire dai risultati della datazione per finire alla replica fatta dal CICAP.
    In conclusione, l’obiettivo dichiarato della ricerca, provando a escludere la questione falsità/verità, mi sembra identico a quello del CICAP: avvicinarsi il più possibile alla riproduzione della sindone, un tessuto di lino che, però, non dovrebbe avere più attenzione di qualunque oggetto della stessa epoca. Non ci sono cose più importanti, e alla portata di tutti, che meriterebbero altrettanta attenzione? Come ho detto, parlo da profano e non mi sono permesso di entrare nel merito dei risultati da lei ottenuti e dichiarati, e lungi da me dirle “si occupi di questo o quest’altro”, solo per capire, in tanti si pongono le stesse domande.
    Saluti.

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  • Gentile signor Claudio, vorrei rassicurarla: qui nessuno vuole mandare al macero la misura del C14.  Più semplicemente, prendiamo atto che i fatti concreti, i risultati degli studi non sono di semplice interpretazione.
    Da una parte abbiamo una immagine e delle macchie di sangue ed essudato che presentano caratteristiche osservabili solo al microscopio che sono molto, molto particolari, veda il punto H nella mia lettera.  Sono caratteristiche che, nel loro insieme, non riusciamo a replicare nemmeno oggi. Sarebbe un miracolo, quello si, se un falsario medioevale fosse riuscito a fare quello che un valente chimico come il Prof. Garlaschelli non riesce a fare oggi, avendo a disposizione microscopi e conoscenze inimmaginabili nel 1300.
    Dall’altra parte, abbiamo un metodo di misura generalmente affidabile come il C14 che ci dice che il tessuto è stato realizzato con lino raccolto tra gli anni 1260 e 1390.
    Come possiamo risolvere questa contraddizione? Questa è la sfida scientifica che dobbiamo affrontare tutti, scettici e credenti.
    Molti dei miei Colleghi Studiosi della Sindone risolvono questo problema pensando che la datazione al C14 effettuata nel 1988 abbia sofferto di errori di calcolo, di violazione del protocollo di misura (i laboratori si sono comunicati i reciproci risultati preliminari prima che tutti avessero finito le misure), o perché è stato analizzato un pezzetto all’angolo aggiunto nel medioevo, non rappresentativo del resto del tessuto.
    Io vorrei tentare un’altra strada: facciamo finta che la misura del 1988 è valida, che il pezzetto prelevato sia coevo della Sindone, che gli errori di calcolo (che sicuramente ci sono, è stato dimostrato) non influiscono molto sul risultato finale. Facciamo pure finta che la misura del 1988 è perfetta. Come risolviamo il problema? Sul sito http://blogs.telegraph.co.uk/news/tomchiversscience/100126480/the-shroud-of-turin-forgery-or-divine-a-scientist-writes/ ho rivolto queste domande al Prof. Ramsey, uno degli ultimi scienziati ancora in attività che fecero la misura del C14 sulla Sindone: ” Lei ha una idea di come risolvere questa contraddizione? Possiamo collaborare per trovare una soluzione? E’ possibile organizzare una task force di esperti che riconsidera daccapo con la tecnologia attuale sia la datazione che le proprietà dell’immagine sindonica?”
    Ad oggi, non ho ricevuto risposta. Anche questo fa pensare.

    Rispondi
  • Gentile signor Dalla Casa, la sua domanda (che senso ha una ricerca di questo genere) è assolutamente legittima.
    Non esiste una sola risposta, ce ne sono diverse. Innanzitutto questa ricerca era mirata a risolvere un problema scientifico insoluto, se cioè sia possibile riprodurre in qualche modo una immagine simile a quella sindonica anche a livello microscopico. Visto che tutti i tentativi effettuati dal 1898 ad oggi sono falliti, e la grande maggioranza di questi tentativi era tramite metodi chimici a contatto, abbiamo provato una strada diversa.  Il perché abbiamo tentato con radiazione UV è spiegato in dettaglio nel Rapporto che lei avrà avuto la bontà di leggere, si trova alla pagina  opac.bologna.enea.it:8991/RT/2011/2011_14_ENEA.pdf. In sintesi, ci sono diverse proprietà fisiche della luce UV che potenzialmente possono riprodurre alcune delle caratteristiche dell’immagine più difficili da replicare.
    In secondo luogo, c’è la molla della curiosità di cimentarsi con un problema insoluto, e questa molla è una componente fondamentale di ogni ricercatore: se non si è curiosi di provare nuovi esperimenti, è meglio fare un altro mestiere.
    Per quanto riguarda la sua seconda domanda “Non è uno spreco assoluto di risorse che potrebbero essere dedicate ad altro?”  devo rassicurarla, perché non c’é stato nessuno spreco di risorse. Gli esperimenti si sono svolti aldifuori dell’orario di lavoro, e il nostro stipendio non è cambiato per questo (i ricercatori non vengono pagati per le ore di straordinario). Lo Stato inoltre non paga la strumentazione e abbiamo usato lino da noi reperito che avesse le stesse proprietà ottiche del lino sindonico, come mostrato dai risultati spettroscopici nella figura 10 del Rapporto.
    Viceversa, noto che UARR/CICAP hanno speso denaro per pagare il tentativo di replicare l’immagine sindonica  del Prof. Garlaschelli.
    Potevamo occuparci di altro? Forse si, avremmo potuto stare più in famiglia, seguire qualche film, giocare con i figli o scrivere su un blog. Ma in noi ha prevalso la curiosità scientifica. Che forse non la lascia indifferente, visto che lei ha ritenuto di impiegare il suo tempo per intervenire su questo blog.
    Ricambio i saluti

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  • Grazie per la risposta. Specifico solo che quando parlavo di risorse ed energie non alludevo affatto a se e come la sua ricerca avesse pesato sui bilanci dell’ENEA, ma di risorse ed energie in quanto tali. Se anche lei non lavorasse per l’ENEA o per un altro ente pubblico, avrei posto esattamente le stesse domande negli stessi termini.
    Per quanto riguarda UAAR e CICAP, e chiedo alla redazione di correggermi se sbaglio su questo punto che mi sembra non da poco, i soldi necessari sono stati dal primo all’ultimo messi a disposizione dalle due associazioni (se non direttamente da alcuni soci).

    Rispondi
  • Egregio Dott. Di Lazzaro,
    lei scrive:
    Molti dei miei Colleghi Studiosi della Sindone risolvono questo problema pensando che la datazione al C14 effettuata nel 1988 abbia sofferto di errori di calcolo, di violazione del protocollo di misura (i laboratori si sono comunicati i reciproci risultati preliminari prima che tutti avessero finito le misure), o perché è stato analizzato un pezzetto all’angolo aggiunto nel medioevo, non rappresentativo del resto del tessuto.
    Sono obiezioni già lette (e discusse) molte volte e a mio giudizio sottindendono:
    1 – errori di calcolo del C14 di ordini di grandezza superiori a quelli definiti (perchè come lei certamente saprà, il C14 da un range, non un anno, ed ha un margine di errore noto)
    2 – una assoluta incompetenza del team di esperti che prelevò il campione, incapace di riconoscere un rammendo…
    3 – malafede da parte dei laboratori incaricati delle misure.
    In generale, ritengo che l’effetto ‘invecchiamento naturale’ sia enormemente sottostimato. Sono interessanti le descrizioni della Sindone date nei resoconti delle ostensioni fatte secoli addietro, da dove sembra di capire che l’immagine era molto più evidente, e molto simile ad un dipinto (cosa che sarebbe in accordo con le tracce di ocra trovate sul telo).
    Il tutto senza tirare in ballo i documenti del 1300 che parlano del telo, e che devono essere dimostrati falsi per poter poi discutere di origine della Sindone antecedente a quel periodo, noto per il fiorire di reliquie in ogni dove.
     
    Cordiali saluti

    Rispondi
  • Gentile signor Della Casa, temo di essere stato frainteso riguardo il finanziamento all’esperimento del Prof. Garlaschelli.  Avendo capito che lei paventava uno spreco di risorse di denaro, il senso della mia frase era: noi abbiamo speso poco e di tasca nostra; ma se per lei queste ricerche sono uno spreco, allora lo sono anche quelle pagate da CICAP/UARR.
    Una volta chiarito che lei parlava di risorse di tempo ed energia, credo di averle risposto nell’ultimo capoverso della mia risposta “Potevamo occuparci di altro? …”
    Aggiungo che a parer mio il finanziamento CICAP/UARR per realizzare una copia della Sindone è assai meritorio, magari ci fossero altre iniziative di questo tipo.  Finanziare un laboratorio attrezzato e professionisti seri per realizzare queste ricerche, infatti, permette di capire meglio la complessità dell’argomento, e permette anche di scartare alcune ipotesi a vantaggio di altre.
    Ad esempio, i risultati degli esperimenti del Prof. Garlaschelli hanno dimostrato che realizzare una immagine simil-sindonica con tecniche chimiche a contatto permette di ottenere risultati apprezzabili a occhio nudo, ma inadeguati a livello microscopico, per la incapacità di riprodurre una serie di caratteristiche dell’immagine sindonica (vedi punto H) peculiari e difficilissime da riprodurre sia singolarmente sia tutte insieme.

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  • Gentile signor Claudio, se legge con attenzione la mia precedente risposta “Io vorrei tentare un’altra strada: facciamo finta che la misura del 1988 è valida….” capirà che io parto da un atteggiamento diverso da quello che lei commenta. Tuttavia, rimane il problema di arrivare ad una sintesi tra due risultati apparentemente incompatibili: la datazione medioevale e la impossibilità pratica di creare un falso con una tale complessità microscopica. Lei ha qualche proposta per risolvere il dilemma?
    Tempo fa sono stato invitato ad assistere alla anteprima del documentario “La notte della Sindone” presentata al festival del cinema di Roma. Si tratta di una raccolta di testimonianze, lettere inedite e interviste che coinvolgono molti protagonisti della datazione C14 della Sindone. Alcuni documenti mostrati sono impressionanti. Forse, quando lo trasmetteranno in televisione, lei sarà meno sicuro della correttezza formale e sostanziale delle misure effettuate nel 1988.
    Infine, mi permetta una domanda. Quando lei afferma ” che l’effetto ‘invecchiamento naturale’ sia enormemente sottostimato” lo fa sulla base di misure/esperimenti che lei ha effettuato oppure per averlo immaginato o sentito dire? Perché vede, quando si parla di Sindone tutti si sentono autorizzati a sparare sentenze e insegnare agli altri cosa è accaduto o di cosa si tratta, ma a vedere bene, sono pochissimi coloro che lo fanno a ragion veduta, cioè dopo aver studiato i sessanta e più articoli scientifici pubblicati su riviste peer review, e le risultanze sperimentali di chi ha analizzato con strumenti tecnologicamente avanzati questo lenzuolo. Tutti gli altri, parlano di qualcosa che non conoscono, scientificamente parlando.
    Nel caso da lei citato dell’invecchiamento, tutta la Sindone è ingiallita dall’invecchiamento, ma le fibrille superficiali dei fili di immagine sono ancora più gialli, ancora più invecchiati. Cosa ha prodotto questo invecchiamento accelerato? Nel paragrafo 7 del nostro Rapporto presentiamo alcuni esperimenti che tentano di dare una risposta a quest6a domanda.

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  • Dott. di Lazzaro,
    afferma l’origine dell’immagine per proiezione ortogonale di radiazione riscontrando la assenza di deformazione che caratterizza la traccia che un solido lascia se avvolto in un telo: afferma anche che il “sangue” si è depositato precedentemente a tale fenomeno, non essendo presente sotto il perimetro della figura (sostenuto in questo anche dalle teorie del prof. Fanti): come mai le tracce di detto “sangue” le vediamo coerenti con la figura quando invece dovrebbero trovarsi visibilmente fuori dal suo perimetro risentendo, queste sì, della deformazione di cui sopra?

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  • Dott. di Lazzaro,
    gradirei mi spiegasse la compatibilità tra la posizione delle macchie di “sangue” col resto della figura in quanto, come più volte da Lei e altri studiosi affermato, quelle si sono formate per diretto contatto corpo (solido) telo e l’immagine per emissione ortogonale di radiazione al momento in cui il corpo si rese “trasparente alla materia” e perciò non più tridimensionale (difatti la figura sindonica non riporta la vistosa deformazione che caratterizza la traccia che un solido lascia se avvolto in un panno): detta deformazione, però, deve apparire sulle macchie di “sangue” che dovrebbero di conseguenza trovarsi ben al di fuori dal perimetro della figura, in special modo, riguardo a detrminati distretti del corpo.
    Grazie.

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