Omeopatia: le basi
Quali sono le basi dell’omeopatia? Su che principi si fonda? Quali sono le principali obiezioni scientifiche? Articolo adattato da “Omeopatia: farmaci senza molecole” di Luigi Garlaschelli. La versione integrale dell’articolo è disponibile qui.
L’omeopatia deve la sua nascita al medico tedesco Samuel Hahnemann (1755 – 1843), il quale, traducendo un’opera del medico e chimico scozzese William Cullen, è colpito da ciò che legge sulle proprietà della corteccia di China, importata dal Perù il secolo precedente e presentata – giustamente – come arma eccellente contro le febbri malariche.
Hahnemann nota che la china provoca nella persona sana un attacco di febbre come quello che combatte nella persona malata. Da questo fatto nasce la sua grande intuizione: con un assunto tutto da dimostrare, egli afferma che la corteccia di china «usata contro la febbre intermittente agisce perché può produrre nella persona sana sintomi simili a quelli della febbre intermittente». La riprova a dosi maggiori per vari giorni: fino a quattro dracme due volte al giorno (12 grammi!). Ogni volta ha freddo, stanchezza, sonnolenza, palpitazioni, ansia calore, sete, poi ritorno alla normalità. Prova su di sé altre sostanze: arsenico, digitale, belladonna (dà febbre e mal di testa e arrossa la pelle, quindi cura la scarlattina), mercurio (dà “febbre mercuriale”, quindi cura la sifilide). Nelle sue parole:
tra le medicine … quella che nei suoi sintomi conosciuti sarà più simile alla totalità dei sintomi di una data malattia naturale sarà per essa il rimedio omeopatico più adatto e più giusto. In essa si sarà ritrovato lo specifico di quella data malattia (S. Hahnemann, Organon dell’arte del guarire, 1810. Trad. it. Edizioni Red, Com)
Le teorie di Hahnemann nascono in un’epoca in cui la medicina, soprattutto la terapia e la farmacologia, stavano muovendo i primi passi seguendo un metodo più rigoroso. Ma erano ancora comuni salassi, purganti, abluzioni, clisteri, sanguisughe, coppette. La prima vaccinazione era avvenuta quindici anni prima, la microbiologia stava nascendo allora, alle esperienze di Pasteur mancavano ancora 40 anni. E in effetti agli occhi di Hanehmann, poteva esserci una somiglianza tra il principio della vaccinazione e quello da lui proposto (il simile cura il simile).
Ancora si proponevano i “sistemi medici”, soprasemplificazioni dell’enorme complessità degli organismi. Come Ippocrate aveva elencato i temperamenti bilioso, sanguigno, nervoso, e linfatico, così anche Hahnemann (Le malattie croniche, 1828) sostiene la teoria dei 4 miasmi, disordini dell’intero organismo in cui incasellare ogni malattia, e i cui nomi rivelano cultura e credenze dell’epoca: Psora (malattia della pelle, simile alla scabbia), Sicosi (ritenzione o perdita idrica) Luenismo, Tubercolinismo. Questa parte dell’opera di Hahnemann è oggi riveduta e corretta, ma più spesso dimenticata, dai suoi moderni seguaci.
Formulato il suo primo principio, Hahnemann sembra capire che non può curare i pazienti somministrando loro i vari rimedi in altissime dosi al limite della tossicità acuta. Afferma così che la guarigione arriva dopo un peggioramento iniziale; ma la cura è attiva anche a dosi sempre più basse, e la dose utile è quella che provoca un peggioramento iniziale appena percepibile. Ecco dunque la necessità di operare delle diluizioni sulle “tinture madri” iniziali: diluirle molto, moltissimo.
Il suo tipico procedimento consisteva nel prendere una parte della “tintura” iniziale, di solito un estratto idroalcoolico, portarla a 100 parti con acqua, agitare due volte, ottenendo la “prima diluizione centesimale” (1CH). Di questa si prende ancora una parte, la si diluisce a 100 (agitando) ottenendo la seconda centesimale (2CH), e così via fino alla decima, ventesima, trentesima centesimale (30CH), diluizione ancora oggi usatissima. Il numero di volte che si doveva agitare il boccettino (verticalmente) fu poi standardizzato a 100 “succussioni”.
I primi problemi: Avogadro
Nel 1810, quando Hahnemann scrive l’ Organon della Scienza Medica razionale, nessuno aveva idee chiare sui concetti di atomo e molecola; il principio di Avogadro, formulato in sordina per la prima volta nel 1811, fu accettato universalmente solo nel 1860 (a Karlsruhe nel primo congresso chimico internazionale). Ora si sa che una grammomolecola di qualunque sostanza contiene un numero di Avogadro N di molecole, pari a 6,022 x 1023 (60.220.000.000.000.000.000.000, cioè sessantamiladuecentoventi miliardi di miliardi di molecole).
È facile fare qualche calcolo, ogni volta che diluiamo una soluzione di un centesimale perdiamo due zeri, cioè restano un centesimo delle molecole; consideriamo per semplicità una sostanza con peso molecolare pari a 100 (per esempio il carbonato di calcio, CaCO3). Se prendiamo un grammo di CaCO3 e lo sciogliamo in 100 millilitri di acqua otteniamo una diluizione 1CH e avremo all’interno 6,022 x 1021 molecole. Una diluizione 2CH (prendendo un millilitro della diluizione appena ottenuto e diluendolo a sua volta in 100 millilitri di acqua) conterrà 6,022 x 1019 molecole. Una diluizione 11CH conterrà 6,022 x 10 molecole (cioè 60 molecole). Una diluizione 12CH (attenzione) conterrà 0,6022 molecole, cioè nei 100 ml non resta nemmeno una molecola. Se ora si continua (fino alla 30CH e oltre) si diluirà dell’acqua con altra acqua.
Agitazioni, succussioni, energie, memoria
Tornando alle “succussioni” delle boccettine tra una diluizione e l’altra, forse Hahnemann le effettuava semplicemente per essere certo di avere ben disciolto e mescolato le sue sostanze. Ora che si sa che non vi è nulla da diluire, risulta difficile capire come mai questo passaggio venga mantenuto. Le succussioni vengono anche denominate dagli omeopati “dinamizzazioni”, ed “energizzazioni” e si afferma che esse siano essenziali all’instaurarsi dell’efficacia della sostanza diluita. Le spiegazioni diventano fumose e diverse a seconda degli autori.
Alla luce delle teorie della fisica moderna, il metodo della succussione provoca la liberazione dell’energia di un farmaco. L’intuizione di Hahnemann concorda con il concetto di radiazione di Planck-Einstein: un frammento di materia, quando viene bombardato da una fonte esterna di energia, emette energia. (Franco Ferrari, I sotterranei della medicina, Tattilo Ed., 1974)
Poiché le diluizioni devono essere accompagnate da vigorosa agitazione per osservarne gli effetti, la trasmissione dell’informazione biologica potrebbe essere correlata all’organizzazione molecolare dell’acqua. (Jacques Benveniste e al. “Human Basophil Degranulation Triggered by Very Diluted Antiserum Against IgE”, Nature, 333, 816, 1988)
È, quest’ultima, la famosa teoria della “memoria dell’acqua” su cui torneremo tra poco. Sorgono però subito spontanee alcune ingenue domande: se è la diluizione a provocare l’attività, come mai tale attività non acquistano, da un certo punto in poi, anche le impurezze? Se invece la sola sostanza che viene attivata è quella presente all’inizio in alte dosi, come mai il procedimento funzionerebbe anche per le sostanze insolubili in acqua (o alcool) che inizialmente sono diluite per rimescolamento con lattosio in polvere fino alla 3CH? Esiste dunque anche una “memoria del lattosio”?
Rimedi e patogenesi
Nel 1821 Hahnemann pubblicò Materia Medica, un elenco di circa 100 rimedi che curerebbero le malattie di cui, come si ricorderà, riproducono i sintomi se assunti in alte dosi da persone sane. L’individuazione di queste correlazioni costituisce lo studio della patogenesi in omeopatia. Il numero di questi rimedi salì rapidamente e nei volumi della Materia Medica a cura di Constantine Hering se ne elencano 1500. Si tratta di minerali, estratti vegetali, animali e anche prodotti chimici. Alcuni (non più molto usati) erano assai curiosi: Mustela foetida (estratto di ghiandola anale di puzzola), Periplaneta americana (scarafaggio americano), Pediculus capitis (pidocchio dei capelli), Cuprum (rame metallico), Pulex felis (pulce di gatto). I bioterapici (ora vietati) derivavano da materiale biologico (per esempio la saliva di malati di morbillo).
In base al principio che “il simile cura il simile”, si prescriverà per esempio (alle opportune diluizioni) caffeina per curare l’insonnia, estratto di api contro le infiammazioni cutanee, eccetera. Resta, naturalmente, la curiosità del profano di sapere come viene determinata la patogenesi del Pediculus capitis. Un problema è che alcuni di questi studi vengono effettuati con sostanze diluite, così che i sintomi non sono di facile individuazione.
Ma i problemi più grossi per l’omeopatia emergeranno man mano che gli scienziati impareranno a verificare sperimentalmente l’efficacia di una terapia. Ne parliamo negli altri articoli dello speciale.
Pingback: Omeopatia: facciamo il punto
Pingback: salvate il soldato avogadro « Il Blog di Caccia Al Fotone
Pingback: 10:23 – Si chiudono i rubinetti per l’Omeopatia inglese « Oggi Scienza
Pingback: Omeopatia: i trial clinici
Pingback: Omeopatia: le basi « Oggi Scienza
Pingback: Omeopatia: i trial clinici « Oggi Scienza
Pingback: The 10:23 Challenge 2011 « A little Skeptic
Pingback: Tweets that mention Omeopatia: le basi -- Topsy.com
Pingback: La triade omeopatica: medico, farmaco, paziente. | Bernardo d'Aleppo
Pingback: Acqua fritta « Oggi Scienza
Pingback: Acqua fritta
Pingback: Omeopatia: facciamo il punto
Pingback: Omeopatia: gli studi clinici
Pingback: 10:23 – Omeopatia: i trial clinici
Gentile dottor Garlaschelli, non mi è chiaro il passaggio in cui afferma che arrivati a 0.6 molecole siamo arrivati a non avere più molecole. Una singola molecola è irriducibile? Perché se ho una mela potrò iniziare a mangiucchiarla fino a renderla 0.9 mele, 0.7, 0.6…. anche a 0.000000000000001 la mela non sarà ancora scomparsa, lo sarà a 0. Le molecole arrivate a 1 una molecola sono irriducibili?
Inoltre, proprio perché arrivati a 0 vorrà dire che la molecola è scomparsa… Dove sarà andata a finire? Le molecole possono scomparire? Se io vado sempre più a fondo troverò il nulla a un certo punto?
La ringrazio per l’attenzione.
Aggiungo alla mia domanda: una molecola non è formata da 602230000000000000000000 atomi? Se è così una volta arrivata a 1 molecola credo di poter diluire ancora un bel po’ prima di arrivare a un singolo atomo. E una volta arrivati a un singolo atomo, se lo diluisco ancora cosa accade?
Cara (o caro?) Titi, visto che il caro Luigi (dopo anni che ha scritto) non risponde, chiedendo scusa ad entrambi rispondo io, che non sono interpellato. E’ vero che non si arriva mai a diluire fino ad annullare del tutto qualcosa in H2O. Ma è altrettanto vero che se la quantità di soluto farmacologicamente attivo scende, semplicemente, sotto la dose minima efficace, chi la assume non ha effetti rilevabili, secondo le teorie farmacologiche. Quindi, da un punto di vista teorico, avete entrambi ragione. Purtroppo per gli Scettici l’ Omeopatia, invece, ha un effetto sia agonista che antagonista, a diluizioni incredibili e non rilevabili. Mi sembra evidente che le sostanze farmacologicamente attive hanno come una “anima” nella loro molecola, o cellula, che ne conserva tutte le caratteristiche da sola (la memoria dell’ acqua mi sembra una teoria ancor più fantasiosa ed improbabile). Più la diluiamo più questa proprietà intrinseca emerge. In sostanza, assumendo un farmaco efficace a dosi farmacologiche in diluizione omeopatica, vediamo con sorpresa che conserva l’ efficacia farmacologica, nelle sue caratteristiche principali, e che, addirittura, inverte le sue proprietà tossiche fino a rivelarsi efficace in terapia. Diciamo che, da un punto di vista materialista e pratico (se una cura fa bene me ne frego del perché fa bene, la uso e basta) avete entrambi torto. Odiatemi.