Quattro fantasmi fotogenici
di Andrea Berti
I fantasmi – così come altre misteriose “presenze” di vario genere – sono un grande classico del paranormale ma, di fatto, nessuno è mai riuscito a portare prove della loro esistenza. Vederne uno con i propri occhi sembra un evento davvero poco probabile, eppure il Gruppo Indagini del CICAP riceve ogni anno decine e decine di foto che rientrerebbero in questa casistica del mistero.
In sostanza, sembra che questi fantasmi siano un po’ ovunque ma che preferiscano di gran lunga essere fotografati piuttosto che comparire “in carne ed ossa” davanti a noi o, men che mai, presentarsi in qualche laboratorio scientifico per essere sottoposti a tutti i test del caso; se così fosse si aprirebbero innumerevoli, ricchi scenari d’indagine e avremmo davvero tanto da spiegare.
Per render conto di questa predilezione degli spiriti a comparire principalmente su fotografie (o in video), bisogna riflettere sui progressi tecnologici dei dispositivi di ripresa. Con l’avvento degli smartphone, il numero di fotografie che vengono fatte ogni giorno è salito ina maniera vertiginosa; siccome facciamo foto di ogni tipo e in qualsiasi situazione è piuttosto probabile trovare strani particolari che i non addetti ai lavori, possono scambiare per qualcosa di “paranormale”. In realtà, si tratta di fenomeni che hanno una spiegazione razionale (si vedano le precedenti edizioni di questa rubrica) ma che, comprensibilmente, possono allarmare molti. E
basta davvero poco: una fonte di luce, un vetro, qualche effetto ottico, una foto poco sgranata… e il fantasma è servito!
Ma andiamo con ordine. Tempo fa siamo stati contattati da una gentilissima signora che, confidando nell’esperienza del Comitato, ci ha inviato una foto scattata in una abitazione in fase di ristrutturazione; l’appartamento era rimasto vuoto dopo la recente scomparsa del padre della donna (vi riportiamo qui accanto solo il particolare utile dell’immagine originale). La signora, pur ritenendosi del tutto scettica, non sapeva darsi una spiegazione della presenza di quello che sembra essere un teschio luminoso sospeso a mezz’aria nella stanza.
Si tratta, in realtà, di due effetti ottici molto comuni dei quali abbiamo già parlato. La luce del lampadario, infatti, ha generato un lens flare all’interno del sistema di lenti dell’obiettivo, e la la presenza delle gocce di cristallo, tipiche dei lampadari di un tempo, unità all’illusione della pareidolia, ha creato l’effetto del teschietto luminoso, non visibile a occhio nudo ma soltanto in foto.
Il secondo caso che vi propongo riguarda una strana presenza fotografata da un turista durante la visita a un castello dell’Italia del nord. Nel riguardare le foto della giornata, una volta a casa, chi ci ha scritto aveva scorto un particolare che non gli quadrava: al centro della sala era ben visibile qualcosa di bianco, eppure l’uomo era ben certo che quella cosa non ci fosse mentre scattava la foto (anche in questo caso, per rispetto della privacy, riportiamo solo una parte dell’immagine originale in nostro possesso). Si chiedeva, quindi, se era pensabile aver fotografato uno spettro.
Osserviamo bene: nella sala sono presenti eleganti sedie di colore rosso, disposte attorno a un tavolino in legno sopra il quale è posato un servizio d’argento. Sullo sfondo si vedono un caminetto e altri arredi. Come spiegare la presenza di quell’alone chiaro semitrasparente?
Per capire la situazione, bisogna risalire alle condizioni in cui è stata fatta la foto. Al momento dello scatto, il fotografo non si trovava all’interno della sala; l’immagine è stata ripresa da dietro una porta a vetri chiusa. Molti musei, infatti, per preservare i preziosi arredi esposti, non sempre consentono al turista di penetrare in certi locali, consentendone soltanto l’osservazione a distanza di sicurezza. La presenza di una superficie riflettente davanti all’obiettivo della macchina ha permesso una sovrapposizione di immagini tra ciò che era presente nella stanza (le sedie rosse, il tavolino con l’argenteria ecc.) e ciò che si trovava al di fuori, di lato rispetto al fotografo.
Come accade sovente, la nostra concentrazione su un certo particolare è andato a eclissarne altri. Mentre era intento ad osservare l’elegante salotto dalla porta di ingresso, l’uomo aveva scorto di sicuro i fastidiosi riflessi presenti sul vetro, eppure essi non sono stati registrati nella memoria perché classificati come “non importanti” rispetto alla scena.
Se si guarda bene il presunto fantasma si capisce con una certa facilità semplicemente di… una tovaglia bianca posta su un tavolo rotondo. Difficile ricordarsi di quel particolare, con tutto quello che di solito c’è da vedere in un’antica residenza.
Non ci resta, purtroppo, che archiviarlo come un caso di “fantasma vintage”!
Il terzo episodio di oggi riguarda ben due fotografie che un signore ha scattato qualche tempo fa durante una passeggiata in un bosco. Era una giornata un po’ nebbiosa e la zona in cui si trovava era particolarmente suggestiva. Chi scrive ci ha raccontato di aver scattato alcune foto per documentare le bellezze paesaggistiche locali; tornato a casa, però, si è accorto che in due di queste c’erano due presenze alquanto curiose, figure che – tanto per cambiare – non erano state notate a occhio nudo nel momento dello scatto.
Nella prima foto si vede quello che potrebbe somigliare allo spirito di un daino, in piedi proprio in centro al sentiero. Qui la pareidolia la fa da padrona! La foto è davvero molto sgranata e presenta parecchie zone di contrasto luminoso. Se si ingrandisce un po’ l’immagine, ci si
accorge che il daino è un’illusione ottica: si tratta infatti del sentiero nel sottobosco, che crea quell’inganno soprattutto nei tratti in cui il percorso esce dal fitto della vegetazione; il passaggio dal buio alla luce del giorno genera un contrasto che il cervello può interpretare in modo davvero anomalo.
Nell’ultima foto, quella con la mucca bianca, che vedete in evidenza sopra il titolo di questo articolo, si scorge una sagoma in basso sulla sinistra – una figura che a molti potrebbe ricordare Pinocchio. Possibile che anche il personaggio di Collodi abbia un’anima disincarnata (e non di legno) che vaga nei boschi, pronta a comparire in foto? Sembra infatti che ci sia davvero qualcosa lì a pochi passi da chi ha scattato la foto.
Anche stavolta la pareidolia ci consente di “vedere” in quella sagoma un po’ tutto ciò che vogliamo, Pinocchio compreso, ma in questo caso possiamo usare solo il buonsenso e affilare il nostro indispensabile rasoio di Occam per spiegare quella pinocchiesca presenza.
L’ipotesi che ci pare più plausibile è che si sia trattato di un pezzo di plastica trasparente (come quelli da imballaggio) un po’ strappato che, trasportato dal vento, si è impigliato ai rami di un cespuglio. Potrebbe non essere stato notato dal fotografo perché in quel momento la sua attenzione era tutta rivolta all’animale poco più distante. Questo meccanismo di attenzione selettiva è ben noto, ed è quello che ci consente di mettere in luce la discrepanza che spesso si crea tra un ricordo e un dato oggettivo, quello con cui possiamo metterlo a confronto. Con esiti, troppo spesso, assai deludenti.