5 Ottobre 2024
A che punto è la notte

A che punto è la notte 19 – Tornati dall’aldilà

Con questa rubrica facciamo il punto sui mysteri di vecchia data, che esercitano ancora tutto il loro fascino pur essendo già stati smentiti e razionalmente spiegati. Oggi parliamo di persone che sono sopravvissute dopo essere state seppellite vive.

Una cospicua parte della strada che mi ha portato fin qui (se mai voleste l’elenco dei responsabili con cui prendervela) è stata lastricata dagli episodi di CSI – Crime Scene Investigationforse la prima serie di questo tipo mai andata in onda, almeno nel genere crime, sicuramente mio personale varco verso il mondo del metodo scientifico. Uno degli elementi caratterizzanti che preferivo era l’ambientazione e la sua messa in scena: in maniera niente affatto casuale, la squadra protagonista di CSI era quella del turno di notte, il che permetteva di giocare con l’oscurità degli esterni e le luci livide, in freddi toni blu e verdi, degli interni, con una costante colonna sonora di musica elettronica che serviva a evocare inconsciamente il rumore dei pensieri degli investigatori alle prese con le indagini.

Fra di loro, almeno nelle prime stagioni, i protagonisti si riferivano al turno di notte come “graveyard shift” e ci volle poco per scoprire l’origine della locuzione: il “turno cimitero” era quello che si svolgeva nell’Inghilterra vittoriana presso le tombe di recente sepoltura, per poter accorrere nel caso si fosse sentita suonare la campana di sicurezza installata sulle bare. Tanto frequenti erano infatti i casi di persone sepolte vive e tanto era il terrore che si verificasse una simile eventualità, che per l’appunto furono brevettate queste speciali casse da morto all’interno delle quali era fatto calare un filo collegato a una campanella esterna, che il “defunto” risvegliatosi poteva far suonare per chiamare aiuto.

Tutto falso, compreso l’utilizzo effettivo di tali bare (furono usate solo in rare occasioni e non funzionarono) e il legame con un’altra frase idiomatica anglosassone, “saved by the bell” (derivante invece dal gong degli incontri di boxe), ma tutto troppo affascinante perché possa essere cancellato definitivamente.

Storie di sepolti vivi, infatti, si raccontano ancora oggi e da almeno sette secoli, la letteratura orrorifica e gore ne hanno spesso narrato (La sepoltura prematura di Edgar Allan Poe è raggelante), così come il cinema: celeberrimo il “funerale texano” di Uma Thurman in Kill Bill, che lo stesso regista, Quentin Tarantino, ha poi ripreso di sana pianta nei due episodi conclusivi della Stagione 5 proprio di CSI, mentre è di pochi anni fa il film Buried, raccontato interamente dall’interno di una bara. Ma se la finzione è inquietante, molto peggio è pensare ai casi reali: le storie del passato sono abbastanza difficili da verificare, con decenni di leggenda ormai depositati sull’eventuale strato di verità storica, ma le probabilità che si verificassero casi del genere non erano poi così remote ai tempi in cui le tecniche mediche e scientifiche per decretare la morte di qualcuno non andavano molto oltre lo specchietto vicino le narici. Inoltre, la sepoltura da vivi è stata usata spesso come forma di pena di morte, frequentemente riservata alle donne (Antigone e Rea Silvia ne sono celebri mitizzazioni), mentre in epoca contemporanea si sono dati casi di persone che hanno scelto deliberatamente di farsi sotterrare (e ci sono morte).

Tranne la prima e l’ultima, comunque, le storie che seguono sono di epoche recenti e quindi ragionevolmente comprovate. E naturalmente abbiamo preferito casi a lieto fine.

1) Marjorie Elphinstone (o McCall)

Sebbene alcune fonti la riportino come l’unico caso acclarato fra quelli che sono stati ricollegati alla leggenda della Signora con l’anello, né Marjorie Elphinstone, né la sua versione irlandese, Margorie McCall, sembrano essere mai esistite.

La leggenda narra di una ricca signora seppellita nel cimitero del villaggio, e dei tombaroli che la notte del funerale aprono la bara per sottrarre alla salma i preziosi gioielli con cui è stata ornata per l’ultimo viaggio, ma la trovano ancora viva (e comprensibilmente terrorizzata). La storia è declinata un po’ ovunque in Europa (e più ci penso, più sono convinta che raccontassero anche a noi ragazzini in vacanza una faccenda del genere successa nel paese accanto in un non troppo lontano passato), ma, come dicevamo, non è mai stato possibile ottenere prove incontrovertibili di casi simili, e la diffusione della storia a tutte le latitudini fa propendere molto per l’origine immaginaria. La lapide tuttavia esiste, ed è uno dei monumenti nazionali irlandesi.

Disegno di Christian Henry Eisenbrandt per una bara di sicurezza (1843), da Wikimedia Commons, pubblico dominio

2) Essie Dunbar

La storia è raccontata come vera, e corredata di foto, nel volume Buried Alive: The Terrifying History of Our Most Primal Fear, che raccoglie decine di casi del genere: nel 1915, Essie viene dichiarata morta dopo un attacco epilettico e ne viene organizzato il funerale. La bara è stata appena deposta nella tomba quando finalmente la sorella riesce ad arrivare e chiede di poter salutare Essie un’ultima volta. Il pastore acconsente e il coperchio viene scardinato: fra il terrore degli astanti, Essie si solleva a sedere e saluta sorridente la sorella.

Dopo questo episodio, la donna è vissuta per altri 40 anni, ma secondo l’autore del libro le rimase addosso un’aurea inquietante, vicini e amici la guardarono sempre con un lieve sospetto, i più superstiziosi credendo addirittura che si trattasse di uno zombie o di uno spirito.

3) Angelo Hays

Si tratta probabilmente di uno dei casi più celebri, riportato praticamente in ogni articolo dedicato all’argomento.

Era il 1937 e Angelo aveva 19 anni, quando un giorno fu sbalzato dalla moto e batté la testa contro un muretto vicino. L’impatto fu così violento da sfigurarlo completamente, al punto che ai genitori fu proibito di vederne il corpo anche quando fu dichiarato morto e preparato per il funerale.

Tuttavia, pochi giorni prima dell’incidente il padre di Angelo aveva sottoscritto una cospicua assicurazione sulla vita del figlio e la compagnia chiese un’indagine più approfondita: il cadavere fu quindi riesumato, per scoprire che non si trattava affatto di un cadavere. L’urto dell’incidente aveva mandato in coma Hays, pertanto il corpo aveva avuto minor bisogno di ossigeno ed era potuto sopravvivere a più di 48 ore sottoterra.

Angelo Hays si sottopose a diverse operazioni di chirurgia plastica e recuperò pienamente le proprie facoltà, ottenendo anche una discreta fama dall’esperienza vissuta e dalla bara di sicurezza che brevettò alcuni anni dopo.

Dipinto di Antoine Wiertz (1806–1865), da Wikimedia Commons, pubblico dominio

4) Lyudmila Steblitskaya

Le fonti in italiano e inglese che ho trovato per questo caso non sono fra le più affidabili dell’universo, diciamocelo: Daily Mail e Mirror sulla stessa pagina di risultati dovrebbero attivare un plug-in automatico di Google che annulli la ricerca e proponga link a siti di cucina inglese (decisamente sottovalutata). Personalmente quindi non metterei la mano sul fuoco per difendere la veridicità di questa storia; tuttavia – a differenza di quanto accade di solito – qui ci sono nomi e luoghi precisi, perciò ve la propongo comunque, con in omaggio un grano salis.

Un giorno del 2011, Lyudmila Steblitskaya venne ricoverata in ospedale per dei disturbi imprecisati. Il venerdì successivo, quando la figlia andò a farle visita, fu informata che la donna era morta, ma ormai l’obitorio era chiuso e prima di lunedì non avrebbe potuto vedere il corpo di sua madre. La giovane passò il fine settimana ad organizzare il funerale, ma quando il lunedì si recò di nuovo in ospedale scoprì – con sorpresa e spavento – che i medici avevano fermato l’autopsia essendosi accorti che Lyudmila era ancora viva. Tre giorni in una camera mortuaria sono una rarità persino fra i già rarissimi casi di sepolti vivi, ma quello che rende la storia ancora più incredibile è che l’anno successivo Lyudmila Steblitskaya ebbe un attacco di cuore, e fu dichiarata morta per la seconda volta, prima che i medici riuscissero a riportarla di nuovo in vita alcune ore dopo.

5) Rosa Manichelli

Non sono stata in grado di trovare casi di sepolti vivi sopravvissuti alla loro ordalia in Italia (se qualcuno ne è a conoscenza, come sempre non si periti di farsi avanti). Tuttavia, durante le ricerche sono incappata in una storia intrigante raccontata su diversi siti alternativisti: negli anni Cinquanta, il professore di anatomia Giuseppe Stoppoloni (o Stoppolini) partecipò a una seduta spiritica condotta da una celebre medium della sua zona. Durante la seduta, si manifestò lo spirito di una giovane donna, Rosa Manichelli (o Menichelli o Monichelli) vedova Spadoni, che con parole inquietanti raccontò di essere stata sepolta viva nel cimitero di Castelraimondo, paesino in provincia di Macerata. Con alcune ricerche nei registri, il professore e altri partecipanti alla seduta furono in grado di individuare la tomba della donna: quando ne riesumarono il corpo, si trovarono davanti lo spettacolo straziante del cadavere riverso supino, le dita in bocca, il coperchio della bara graffiato dall’interno.  Alcune versioni del racconto, che non risulta essere stato riportato su alcuna fonte ufficiale, forniscono particolari più raccapriccianti, e descrivono le dita come tranciate di netto, con la fede nuziale finita in fondo alla gola. Questo dettaglio è piuttosto significativo, in quanto rievoca abbastanza nitidamente quello della storia di Mrs. Boger, seppellita viva da un marito inconsapevole della sua malattia (“hysteria”, che voleva dire tutto e niente) dopo appena un anno di matrimonio e che – quando fu riesumata – venne trovata senza dita, forse mangiate per follia o in un estremo tentativo di sopravvivenza. A riprova che in casi come questi, che pure sono accaduti più di quanto sarà mai possibile verificare con certezza, realtà e mito fondono inestricabilmente storie e luoghi lontanissimi fra loro.

Immagine di apertura: Foto di Alexia Rodriquez da Unsplash 

2 pensieri riguardo “A che punto è la notte 19 – Tornati dall’aldilà

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  • Forse non svelo nulla di nuovo, ma ad Urbania (PU) si trova un piccolo museo che raccoglie cadaveri mummificati di gente povera sepolta per pietà,credo in epoca medievale,dai frati nel campo di un convento, conservati da una particolare composizione chimica del terreno. Uno di questi, spiega il “cicerone”, creduto morto, sarebbe stato sepolto ancora vivo, e si sarebbe risvegliato. Lo testimonierebbe il rossore della pelle e l’espressione terrorizzata rimasta sul volto.

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