18 Aprile 2024
Dal mondo

Area 51: eravamo noi gli UFO.

Pochi luoghi al mondo possono vantare l’alone di mistero che avvolge l’Area 51.

Mistero che spesso è stato associato a teorie del complotto e contatti con presunte forme di vita o tecnologia aliene. Va detto che in questa nube di teorie, in genere piuttosto stravaganti, non si è mai riusciti a scorgere nitidi dettagli delle reali attività svolte nel sito militare più enigmatico degli Stati Uniti. Si tratta, dopotutto, di un’area militare la cui stessa esistenza è appena accennata a livello ufficiale dallo stesso governo statunitense, sebbene sia sotto gli occhi di tutti il fatto che si tratti di una base militare nel deserto del Nevada.

L’Area 51 nasce come area di test per ordigni bellici durante la Seconda Guerra Mondiale. I documenti ufficiali si riferiscono all’area utilizzando diversi nomi (Dreamland, Paradise Ranch, Home Base, Watertown Strip, Groom Lake), tuttavia il nome con cui tutti la conosciamo è la classificazione AEC (l’Atomic Energy Commission, scioltasi nel 1974) della zona, ereditata dal precedente impiego dell’area. Oggi, tuttavia, è possibile sapere qualcosa di più su questa base e sulle attività che vi sono state svolte in passato.

U-2 in flight
Uno scatto d’epoca di un U-2 in volo

I documenti militari relativi alla base nel periodo della Guerra Fredda sono infatti stati declassificati in buona parte e ciò ha permesso ad alcuni autorevoli testimoni di riportare pubblicamente interessanti resoconti su quanto accadeva in quegli anni presso l’Area 51. Si tratta di testimonianze di ufficiali e ingegneri impiegati nella base.

Ciò che emerge è uno scenario decisamente più verosimile rispetto alle stravaganti teorie elaborate fino ad oggi, ma non meno affascinante e per certi aspetti pure buffo. Una delle testimonianze più dettagliate viene dalle parole di Thornton “T.D.” Barnes, un esperto di contro misure elettroniche dedicate ai voli ipersonici, oggi 72enne e intervistato da ABC news. Secondo Barnes, la base venne impiegata negli anni ’50 e ’60 per il progetto Oxcart, dedicato allo sviluppo di velivoli spia destinati al pattugliamento ad alta quota in territorio nemico. Il progetto Oxcart rappresenta la stirpe di alcuni tra i velivoli più celebri della storia dell’aviazione: l’U-2 Dragon Lady, il CL-400 Suntan, l’A-12 Archangel, l’YF-12 Kedlock, gli M-21 e D-21 Tagboard, ed infine l’SR-71 Blackbird.

YF-12C at Dryden Reseach Center
Un YF-12C al Dryden Flight Reseach Center (NASA)

Si tratta di velivoli che hanno introdotto concetti notevolmente innovativi (garantendo quote e velocità operative elevatissime e bassa tracciabilità radar), indispensabili per gli scopi del progetto Oxcart e la cui segretezza era perciò fondamentale. Lo sviluppo degli aeroplani era affidato ad un gruppo scherzosamente denominato SkunkWorks (letteralmente, “lavori da puzzola”), nomignolo del Lockheed Martin’s Advanced Development Programs group; il termine SkunkWorks viene oggi utilizzato proprio per indicare gruppi di lavoro cui è concesso un alto grado di autonomia, slegati dalla burocrazia ordinaria ed impiegati in progetti avanzati o segreti.

A-12 Archangel Radar Testing
Il moke-up di un A-12 Archangel durante i radar test nell’Area 51 (1959)

La testimonianza di Barnes descrive le meticolose procedure necessarie a tutelare la segretezza del progetto, che necessitava di test radar su prototipi a terra, perciò col rischio concreto di essere avvistati e fotografati dai satelliti russi. Procedure spesso grottesche; una sorta di “gioco del gatto e del topo”:

Nei nostri meeting mattutini sulla sicurezza ci consegnavano una lista dei satelliti che i sovietici avevano in orbita, conoscevamo esattamente la programmazione dei loro passaggi. Era come l’orario dell’autobus e ci diceva se si trattava di un satellite infrarosso o di che altro tipo si trattava.
Se un aereo era all’esterno mentre un satellite era in arrivo all’orizzonte, si correva nell’hangar.

Jim Freedman, procurement manager nell’Area 51, conferma:

Ciò rendeva il lavoro molto, molto difficile. Cominciare a lavorare sul velivolo e dover rientrare nell’hangar e dunque riportarlo all’esterno e all’interno ed ancora all’esterno – cominciava ad essere piuttosto problematico.

Nonostante tutte le precauzioni, le spie statunitensi riferirono che i sovietici disponevano di un disegno di uno dei velivoli del programma Oxcart, ottenuto probabilmente grazie ad un rilevamento all’infrarosso. Secondo Barnes, infatti, la traccia termica lasciata dall’ombreggiatura sul terreno rendeva comunque visibile la sagoma del velivolo anche dopo che questo era stato spostato nell’hangar. Per ingannare i satelliti, vennero prodotte sagome di cartone di finti velivoli (anch’esse messe al riparo prima del passaggio dei satelliti) e il terreno in alcuni punti venne riscaldato per simulare l’effetto dei motori. Strategie che ebbero successo, visto che i sovietici – a detta delle spie – non riuscirono a carpire informazioni sui successori del primo velivolo della serie Oxcart.

A-12 Archangel in volo
Una rara immagine di un A-12 Archangel in volo a bassa velocità

Non c’erano solo i sovietici a scrutare dal cielo ciò che accadeva nell’Area 51. I successori dell’U-2, velivolo d’alta quota relativamente lento, furono aeroplani di straordinarie doti velocistiche che, sebbene difficilmente intercettabili in volo da un satellite o da un radar, potevano essere avvistati ad occhio nudo. Secondo Barnes, il successore dell’U-2, l’A-12 Archangel, effettuò circa 2850 voli presso l’Area 51. Tuttavia, la velocità e la quota operativa elevate (Mach > 3.1 a 90mila piedi), unitamente alla caratteristica livrea in titanio satinato, non permettevano di scorgere che un lampo al passaggio dell’aeroplano. Un aspetto che Barnes considera verosimilmente uno dei motivi alla base delle leggende sulle tecnologie aliene custodite nell’Area 51.

Eravamo noi gli UFO.

Conclude Barnes, mentre Harry A. Martin, supervisore dei rifornimenti dei velivoli-spia per quattro anni, oggi 77enne, afferma:

Le persone hanno immaginazione. Noi ci ridevamo su.

Tre SR-71 al Dryden Flight Research Center (NASA)
Tre SR-71 Blackbird al Dryden Flight Research Center (NASA). Dopo il ritiro dal servizio operativo l’ultimo velivolo della serie Oxcart è stato utilizzato per ricerche condotte dalla NASA sui voli ad alta velocità

Insomma, mentre l’occhio indiscreto dei sovietici stentava a vedere dal cielo ciò che stava cercando a terra, i curiosi spettatori da terra vedevano in cielo qualcosa di apparentemente inspiegabile. Le testimonianze citate ed i documenti oggi disponibili confermano la verità più plausibile riguardo l’Area 51: si tratta di un’area militare dove vengono svolti test di sviluppo su velivoli di importanza strategica, che in quanto tali devono rimanere segreti. Dunque, nessuna evidenza di omini verdi né astronavi, né tanto meno oscure congiure ordite dal governo nei confronti del popolo. L’Area 51 è stata, e probabilmente lo è tutt’ora, il banco di prova di tecnologie che hanno significato il progresso tecnologico in campo aerospaziale. Tecnologie un passo avanti rispetto alle conoscenze delle persone comuni e perciò terreno fertile per ipotesi strampalate e poco razionali.

Foto di apertura di Oliver Pacas su Unsplash. Foto A-12 e U-2 pubblicate dalla CIA e di libero utilizzo. Foto YF-12C e SR-71 pubblicate dal NASA Dryden Flight Research Center e di libero utilizzo.

8 pensieri riguardo “Area 51: eravamo noi gli UFO.

  • Pingback: Area 51

  • Piccola testimonianza: Nell’ Agosto del 1977 tentai di raggiungere la nostra “Area 51”, la base missilistica e, allora, base di lancio dei satelliti italo-europei di Perdasdefogu, in Sardegna. Nonostante fosse segnata sulle cartine, mi fu impossibile arrivarci: le strade, tutte rigorosamente non asfaltate, portavano altrove e non c’ erano cartelli, nè abitanti cui rivolgermi, perché era veramente una zona desertica che sembrava appartenere ad altri continenti. Finii comunque in un Paese allora ai confini della realtà, Escalaplano. Ricordi indelebili.

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  • Wowww…
     
    Perdasdefogu… Ci ho fatto qualche mese quando ero sotto naja…. Che postaccio… Era soprannominato Merdas de logu!!!
     
    Hihihihih….

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  • Wowww…

    Perdasdefogu… Ci ho fatto qualche mese quando ero sotto naja…. Che postaccio… Era soprannominato Merdas de logu!!!

    Hihihihih….
     
    Che commento sciocco, come ha fatto a passare la moderazione ?
     
    Diego

    Rispondi
    • Diego, semplice, perché la moderazione non c’è. I commenti possono essere cancellati a posteriori dalla redazione, ma non ci sono filtri in ingresso (a parte quello automatico anti-spam).

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  • Diciamola tutta, ha fatto comodo  lasciare e forse far credere agli ufo,nella base 51. Quando si mischiano le carte è più difficile capire la verità. Giusto?
    Anzi , dato che nel deserto non c’è una grande attività economica , forse un giro turistico per vedere gli alieni,non sarà serio ,scientificamente parlando ma economicamente  si.
    E come dice il proverbio ,due piccioni con una fava.
     
     

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  • “Si tratta, dopotutto, di un’area militare la cui stessa esistenza non è ufficialmente dichiarata dallo stesso governo statunitense”. In realtà sembra di sì, pur se potremmo definirla “un’ammissione parziale”:

    The federal government explicitly concedes (in various court filings and government directives) that the USAF has an “operating location” near Groom Lake, but does not provide any further information.

    http://en.wikipedia.org/wiki/Area_51

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  • Grazie della precisazione. Diciamo che gli stessi cartelli che delimitano l’area hanno valore ufficiale, tuttavia “No comment” è la risposta tipo a qualsiasi domanda rivolta ad un ente o personaggio governativo in merito alla base, della quale – come ho riportato nell’articolo – non si conosce nemmeno il nome ufficiale. Sono particolari curiosi, tipicamente “all’americana” come diremmo noi, che hanno dipinto scenari loschi nella mente di chissà quanti complottisti.

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